venerdì 31 maggio 2013
L'evasione fiscale delle grandi imprese
E' sufficiente osservare le percentuali dell'evasione fiscale e confindustria tramite l'attuale presidente dovrebbe fare parecchia autocritica,se questo paese è alla canna del gas dobbiamo ringraziare una buona parte di classe dirigente a tutto tondo.
giovedì 30 maggio 2013
Il patetico smacchiatore di giaguari

I ragazzi del coro
di Marco Travaglio
L’altra sera il giornalismo indipendente ha fatto un altro passo da gigante a Ballarò con l’intervista, si fa per dire, di Giovanni Floris a Pier Luigi Bersani. Parevano due compari che si ritrovano al bar dopo tanto tempo e il più cazzaro dei due racconta all’altro che lo voleva la Juve come centravanti, ma lui ha rifiutato perché merita ben di meglio. Solo che al bar, di solito, l’altro compare guarda il cazzaro con un misto di simpatia e commiserazione, e se è molto buono lo asseconda, altrimenti gli ride in faccia. Floris invece assisteva alle bugie di Bersani con compunta partecipazione, alzandogli lui stesso la palla per aiutarlo a mentire meglio. Così lo smacchiatore di giaguari ha potuto raccontare la favola del “governo del cambiamento” con i 5Stelle, abortito per il no di Grillo (tutti sanno che era un governo Bersani di minoranza, in cui i 5Stelle non avrebbero avuto alcun ministro e alcuna voce in capitolo sul programma, che Bersani si era premurato di preparare in anticipo: i famosi otto punti di sutura). La frottola della sua proposta ai grillini di votare Prodi al Quirinale (proposta mai fatta né in pubblico né in privato, mentre fu Grillo a proporgli pubblicamente di votare Rodotà e poi discutere di un governo insieme). La balla del no del Pd a Rodotà perché “non avrebbe avuto i voti” (e allora perché proporre Marini e Prodi, che non avevano neppure i voti del Pd, ed escludere in partenza Rodotà, che aveva già i voti dei 5Stelle e di Sel e avrebbe potuto essere eletto anche senza un terzo del Pd?). La bufala della sua disponibilità a farsi da parte (lo disse solo il 2 aprile, dopo aver ripetuto per un mese e mezzo “governo Bersani o elezioni”, e poi non lo fece mai). La patacca del “sempre stato contrario al finanziamento pubblico dei partiti” (celebre il refrain della campagna elettorale: “anche Clistene era favorevole, sennò fan politica solo i ricchi”). E via balleggiando.
L’unica volta che Bersani ha detto qualcosa di vero, e cioè che sa chi sono i 101 “o forse 110” parlamentari del Pd che han tradito Prodi e il partito, ma non intende svelarli, Floris ha lasciato pietosamente cadere la questione. Meglio non metter troppo in imbarazzo l’ospite. Meglio servirgli altri assist spiritosi, tipo: “È più facile governare con Alfano o con Casaleggio?”. Ah ah, zuzzurellone. Il clima è da quiete dopo la tempesta: ce la siamo vista brutta, ma ora è passata, tutto è tornato al suo posto: Grillo perde, i partiti vincono (mettono in fuga 4 elettori su 10, ma è un trionfo), i giornalisti tornano a sdraiarsi dopo tanta paura, la cadrega è salva e si può anche riscrivere la storia a uso e consumo dei presunti vincitori. È lo stesso clima che si respira nei giornali, che celebrano il record dell’astensionismo con titoli virili del tipo “Una domanda di governo” (Corriere), “Il riscatto dei partiti” (Repubblica), “Il voto sveglia la sinistra” (l’Unità). Anche gli onanisti di twitter si scatenano. Il neomartire Pigi Battista (Grillo l’ha insultato per le balle che scrive, dunque tutti solidali, mentre chi viene insultato da Battista non merita nulla) cinguetta: “Per Ingroia l’anno della catastrofe: arrestato il suo pataccaro Ciancimino jr.”. Strana esultanza, da parte di uno che passa il tempo a travestire da Tortora qualunque potente arrestato o inquisito. Figurarsi se avessero ingabbiato uno a scelta fra i suoi editori evasori: pianti a dirotto e alti lai contro le manette facili e l’accanimento delle toghe cattive. Trattandosi invece di Ciancimino, viva la garrota. Peccato che il primo a far arrestare Ciancimino per calunnia e porto di esplosivi sia stato proprio Ingroia, che poi lo fece rinviare a giudizio per minaccia a corpo dello Stato e concorso esterno. E peccato che l’arresto per evasione fiscale non c’entri nulla con la veridicità o meno di quel che Ciancimino ha detto sulla trattativa e dei 50 documenti che ha prodotto (già autenticati dalla Scientifica). Queste cose le sanno tutti i giornalisti, anche i meno dotati. Dunque non Battista.

Lungi dall'assistere a trasmissioni tipo "ballarò",se quella è informazione corretta nammo bene,in ogni caso la trascrizione del giornalista su questo articolo a riguardo del mancato smacchiatore pare beffarda,chiunque avesse perso le elezioni in quel modo perdendo milioni di voti,regalando un recupero spaventoso a colui che pareva finito,avrebbe dovuto presentarsi affermando la propria sconfitta,invece è stato sufficiente il consolatorio risultato amministrativo molto parziale per far si di alzare nuovamente la cresta.
Caro mancato smacchiatore di giaguari,se nella propria città nativa riesce a far vincere quell'inguardabile destra,sarebbe meglio fare altro nella vita!
Direi un caso umano,stategli vicino....
&& S.I. &&
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mercoledì 29 maggio 2013
L'amore con il proprio carnefice

Prima che sia tardi
di MASSIMO GRAMELLINI
Come ci si comporta con una donna innamorata in pericolo di vita che non vuole essere salvata? C’è la ragazza di Caserta con la milza spappolata dai calci del fidanzato che rilascia un’intervista per dirgli che lo perdona e lo ama ancora. E c’è la ragazza di Nettuno che torna a casa col setto nasale rotto e sostiene di essere caduta, ma quando il padre viene a sapere da altri che sono stati i pugni del moroso a ridurla in quello stato, lei si rifiuta di sporgere denuncia. Per noi che le osserviamo da fuori, le gesta dei due trogloditi sono le prove generali del prossimo delitto. Ma per chi le subisce sotto l’effetto di un’emozione malata e di una sconsolante immaturità sentimentale, appariranno forse una forma estrema e «macha» di passione.
Quando nutrivo una fiducia illimitata nelle parole, pensavo che gli amori sbagliati fossero incantesimi dissolvibili da una frase pronunciata al momento giusto. Per esempio: chi alza le mani su di te, non ti ama e non merita il tuo amore. Ma le vittime non sanno di essere in trappola. Sperano di redimere il bruto e si smarriscono dentro spirali psicologiche che contemplano di tutto, dal masochismo all’istinto protettivo, all’orgoglio di chi non accetta di essersi sbagliata. Esaurite le parole, a scuotere le coscienze obnubilate rimangono i gesti. Il padre della ragazza di Nettuno ha denunciato il picchiatore contro la volontà della figlia. E l’avvocata della ragazza di Caserta ha rinunciato al mandato: si è rifiutata di continuare a difenderla. Azioni forti, provocatorie. Luci accese nei crepacci di certi amori sbagliati, affinché qualcuno li veda e si fermi, prima che sia tardi.

Al di là delle mancate denunce e dei ricongiungimenti con i carnefici,mi auguro che per i casi più efferati,tipo la ragazza di Caserta con la milza spappolata,l'iter della giustizia vada ugualmente avanti,e i criminali vengano ugualmente condannati a qualche anno di reclusione.Se poi un certo iper masochismo porterà le vittime a desiderare il violento troglodita,e non essendoci i requisiti di trattamento sanitario obbligatorio,ognuno il proprio destino se lo gioca come crede,e per questi casi sbalorditivi non ci sarà alcuna pena aggiuntiva per reato di femminicidio che potrà tenere.Siamo o non siamo in un'epoca per molti versi incomprensibile?
&& S.I. &&
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martedì 28 maggio 2013
Femminicidio:Il solito assenteismo della politica

di MASSIMO GRAMELLINI
La foto testimonia l’interesse travolgente con cui i deputati della Repubblica hanno seguito il dibattito sulla ratifica della convenzione di Istanbul, che finalmente riconosce la violenza contro le donne come violazione dei diritti umani.
Esprimo solidarietà alla presidente Boldrini (quel puntino scuro sulla destra) e ai pochi superstiti. Se qualcuno volesse sapere perché le urne della politica sono sempre più vuote, gli basterebbe osservare le aule. Le urne si adeguano soltanto, partecipando a quel senso diffuso di impotenza che è il male sottile della democrazia.

A prescindere dal tema molto importante e naturalmente snobbato dalla solita casta con l'aggiunta a cinque stelle questa volta,chissà magari stavano cercando alloggi a prezzi modici i grillini,sono i soldi che percepiscono da tutti noi e con l'indolenza che dimostrano il siparietto degradante fa ancora più incazzare.Sarebbe come se tutti i lavoratori dipendenti o autonomi che siano,fossimo pagati per disertare i nostri impegni,un sistema che non potrebbe reggere,vero? Ma il fascino discreto del fankazzismo ha coinvolto da sempre tutti quanti,dai padani federal-secessionisti ai tradizionali mangia pane a tradimento,sino ad arrivare ai novelli stellini....
&& S.I. &&
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lunedì 27 maggio 2013
Minchiate sparse di fine maggio

Ma mi faccia il piacere
di Marco Travaglio
Il Fico Fioroni. “Noi del Pd non possiamo continuare con una linea politica oscillante. I problemi di Formigoni e Berlusconi erano già noti a tutti quando abbiamo deciso di far parte di questo governo. E l'ineleggibilità non è nel programma approvato dalle Camere. Oltretutto ne abbiamo discusso per vent'anni... Il continuo botta e risposta Pd-Pdl non va bene, altrimenti agli italiani diamo l'idea che abbiamo sbagliato a fare il governissimo e che avremmo dovuto fare altro” (Giuseppe Fioroni, Pd, Corriere della sera, 17-5). Viceversa, votando Formigoni presidente di commissione e Berlusconi eleggibile gli italiani si fanno l'idea che il governissimo è cosa buona e giusta. E profumata, anche.
Papi-2 la vendetta. “Sa qual è una considerazione che ho fatto? Che i miei due figli Cristiano e Federico sono coetanei dei figli di Enrico Letta e delle nipoti di Anna Maria Cancellieri. Nunzia De Girolamo ha una bambina piccola. Al Quirinale ho visto i ragazzi di Josefa Idem. Una caratteristica di questo governo è che tutti hanno dei bambini in casa. Se questo governo dice di voler regalare giorni migliori ai propri figli non è una metafora, non è un'immagine letteraria; è esattamente l'idea di un'Italia che pensa al futuro, con lo sguardo di un padre che lo vorrebbe regalare bellissimo ai propri figli” (Angelino Alfano, vicepremier Pdl, Corriere, 19-5). Se ne approfitta perchè gli infanti non possono parlare. Qualcuno, per favore, chiami il Telefono Azzurro.
Definitiva, cioè provvisoria. “Le argomentazioni della Cassazione sono erronee e sconnesse rispetto alla realtà fattuale e processuale, saranno oggetto di impugnazione” (onn. avv. Niccolò Ghedini e Piero Longo, difensori di Silvio Berlusconi, 23-5). Ora chiamano i caschi blu.
Logica pura. “Se potesse leggere simili motivazioni, il giudice Falcone, ne sono certo, si rivolterebbe nella tomba” (Alessandro Sallusti, il Giornale, 24-5). Ma, se potesse leggere le motivazioni, Falcone sarebbe vivo e dunque non si rotolerebbe nella tomba, semplicemente perchè non sarebbe nella tomba.
Grasso che coda (di paglia). “Ritengo inappropriato sostenere che proposte di contrasto alla corruzione o al voto di scambio possano essere considerate divisive. Su questi temi bisogna convergere” (Piero Grasso, presidente del senato Pd, 23-5). Giusto: tutti contro.
Battista, le pantofole! “Il Movimento 5Stelle non dà un'immagine molto diversa da quella offerta dai partiti tradizionali. Le sirene del Palazzo lo stanno conquistando. La 'società civile' tanto lodata, alla fine sparisce” (Pierluigi Battista, Corriere, 24-5). In effetti i 5Stelle sono all'opposizione e rinunciano a 42,7 milioni di “rimborsi elettorali”, mentre i partiti tradizionali sono al governo e ne incassano 100. Niente da fare, sono tutti uguali.
Angelino, il caffè! “Ho lo stipendio base, tutto il resto lo faccio gratis” (Angelino Alfa-no, “Quinta Colonna”, Rete4, 20-5). Tipo portare a Berlusconi caffè e cornetto mattutini, o spolverare la casa. Non lo fa per soldi, ma per passione. Che amore.
L'Abbronzato e il Visopallido. “Obama-Letta: prima il lavoro. La telefonata del presidente statunitense Barack Obama al premier Enrico Letta, centrata sul problema della disoccupazione giovanile, manda messaggi di grande importanza per il governo italiano e per l'Europa. Si tratta di un vero e proprio endorsement che il presidente americano ha voluto fare a Letta in riconoscimento delle posizioni che egli ha assunto verso l'Europa e verso i giovani” (Nicola Cacace, l'Unità, 21-5). La notizia è che Obama conosce Enrico Letta. Ora si tratta di avvertire l'Europa.
Il raccomandato ignoto. “Caro Presidente, mi è stato richiesto di richiamare la tua attenzione sulla richiesta di assunzione in AMA del sig... di cui ti allego il curriculum e la copia di una sua lettera all'AMA. Non conosco personalmente il sig... ma mi vengono garantite le sue capacità professionali e la sua correttezza personale. Con viva cordialità” (lettera di Luigi Zanda al presidente dell'azienda municipale per rifiuti di Roma, Corriere, 21-5). Lei non sa chi raccomando io. Houdini. “Aboliremo le Province” (Graziano Delrio, ministro per le Autonomie, Corriere, 26-5). Questa ci pare di averla già sentita da qualche parte, ma dove?
Scalfarusti. “Il sindacato e in particolare la Cgil ha anch'esso notevoli responsabilità. In tutti questi anni s'è trincerato dietro la difesa dei privilegi esistenti accogliendo col contagocce la flessibilità di un mercato del lavoro che, ingessato nella normativa, è diventato di fatto non già flessibile, ma caotico” (Eugenio Scalfari, la Repubblica, 26-5). Questa l'abbiamo già sentita da Sallusti: la Cgil avrebbe dovuto firmare senza neppure leggerle le Grandi Riforme di Brunetta, Sacconi, Fornero, invece s'è trincerata. È talmente poco flessibile che non le riesce proprio di piegarsi a 90 gradi.

Le minchiate migliori:La palma non quella di Cannes,naturalmente se la dividono P.G. Battista e lo Scalfari nazionale,tutti e due con il prosciutto sugli occhi per non dire altro,a proposito dei rimborsi elettorali e dei sindacati genuflessi a confindustria.
Mamma mia che fior di giornalismo c'e' in Italia!
&& S.I. &&
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domenica 26 maggio 2013
La vita dopo Andrea Gallo

L’Italia che si aggrappa ai don
di Antonio Padellaro
Forse più delle parole giuste di don Ciotti e di Moni Ovadia si parlerà delle parole sbagliate del cardinale Bagnasco nella chiesa del Carmine, davanti alla bara di don Gallo. Perché dire che Andrea “ha sempre considerato il cardinale Siri un padre e un benefattore”, quando tutti a Genova sanno che fu il padre-padrone della curia genovese a trasferire in punizione l’allora viceparroco di quello stesso Carmine, è sembrata un’inutile provocazione. Oppure utile a riaffermare il potere della gerarchia, adesso che il prete degli “ostinati e dei contrari” (letto su un grande lenzuolo bianco) non c’è più.
Molti si chiederanno cosa ci faceva il solenne presidente della Cei accanto ai sacerdoti che nelle strade si sporcano le mani, mentre altri avranno apprezzato la presenza del porporato in una situazione e in un clima non facili. Oltre però agli applausi e ai fischi, la colonna sonora della città erano i tamburi dei camalli che martellanti, dietro il don, sembravano il tuono che precede il temporale. Perché ieri a Genova, grigia di pioggia e di rabbia, era come se sfilasse l’intero Paese che non ne può più. Cantava la folla Bella ciao, ma le note battagliere e festose tante volte intonate da Gallo ora erano quasi laceranti, un grido collerico contro il lavoro che manca e la politica delle promesse vane.
Farebbero molto male gli uomini delle cattedrali e dei palazzi a pensare: in fondo se n’è andato un rompiscatole, un piantagrane, un agitatore di poveri cristi che tanto neppure votano per noi. Perché senza più quegli argini morali e perfino fisici, senza quell’energia e quel prestigio conquistati in una vita spesa sul marciapiede, la crisi che incattivisce gli animi può tracimare. E allora possono essere guai, come teme non un pericoloso sovversivo, ma perfino il premier Enrico Letta quando parla di un assai diffuso “risentimento” tra la gente.
Succede allora che, a tendere la mano a questo popolo derubato e offeso, siano proprio quelli che stanno “non dalla parte di chi fa la storia, ma di chi la subisce” (don Ciotti). Non certo gli uomini dei partiti che ieri, nella navata del Carmine, latitavano, salvo rare eccezioni. È l’Italia salvata dai mille fermenti del volontariato, dai santi laici che si sbattono in silenzio per i loro simili, dal coraggio generoso di “Libera”. L’Italia dei don Gallo e dei padri Puglisi che, porca miseria, devono morire per essere celebrati.

Sono questi gli uomini che saranno ricordati,da Andrea Gallo al compianto padre Puglisi,sino ad arrivare al salvadoregno padre Romero trucidato perchè denuciava i crimini della dittatura.E questi uomini come don Ciotti sono un modello che fa scuola e quelle strade saranno percorse da altri uomini.
E se al potere politico o ecclesiastico che sia,danno fastidio questi personaggi è la verifica che sapersi distinguere,è la dote che non potranno mai possedere.
&& S.I. &&
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venerdì 24 maggio 2013
Alcune considerazioni sulla trattativa "stato-mafia" che fu e dei nostri giorni
Il personale commento sta nel titolo del post,non si potranno mai chiarire le responsabilità di quel tempo e degli anni successivi,fino ad arrivare ai nostri giorni.
La cosiddetta "ragion di stato" e la convivenza con la criminalità organizzata non lo potranno permettere.
giovedì 23 maggio 2013
Il baratro economico enunciato da Squinzi e i rimedi quasi impossibili

“Il Nord è sull’orlo di un baratro economico che trascinerebbe tutto il nostro Paese indietro, escludendolo dal contesto europeo che conta. Vogliamo questo?”. Sono le parole di Giorgio Squinzi dal palco dell’assemblea di Confindustria, dove interviene davanti a una platea di imprenditori e a una larga rappresentanza del governo, compresi premier e il vicepremier. “Per tornare al nord trainante – dice – le vie sono quelle che abbiamo detto: credito, fisco, giustizia, semplificazione, infrastrutture, uno Stato amico”. In gioco, secondo Confindustria, c’è la tenuta sociale del Paese: “La tenuta del tessuto sociale è messa a dura prova. Le unità di lavoro sono calate di 1,4 milioni. L’occupazione è diminuita pericolosamente, crollata tra i più giovani. I disoccupati sfiorano i tre milioni”. Ma, prosegue, “a onor del vero non è tutta colpa della crisi. Dal 1997 al 2007 il tasso di crescita dell’economia italiana è stato mediamente inferiore di circa un punto percentuale l’anno a quello dei paesi dell’area euro”.
In un passaggio del suo intervento Squinzi ha parlato della percezione che si ha all’esterno dell’associazione industriali: “Non siamo una casta, potere forte o debole che sia, salotto più o meno buono. Noi siamo la casa del capitalismo reale: quello produttivo e dell’innovazione”.
Prima di Squinzi ha preso la parola Enrico Letta, che si è rivolto proprio al presidente di Confindustria spiegando di essere consapevole che la missione è difficile: “Il compito è difficile sento tante aspettative, forse troppe. Non so se ce la faremo, ma so per certo che la metteremo tutta”. Il premier ha tracciato gli obiettivi per “arrivare a una nuova leadership europea in campo industriale”. Quale traguardo? “Raggiungere nel 2020 il 20% del Pil prodotto dall’industria e dalla manifattura in Italia e in Europa. E’ uno sforzo importante ma credo che ce lo dobbiamo dare come obiettivo se vogliamo che l’Europa e l’Italia siano leader nel mondo”.

Forse Squinzi s'è reso conto dell'inutilità della delocalizzazione globalizzante,puoi investire nel breve termine e arricchirti robustamente,ma se crei una landa disperata in occidente, quelle produzioni saranno fini a se stesse,ormai il danno è stato fatto e ci vorranno decenni per invertire la rotta,anche chi sta bene momentaneamente non lo sarà più tra qualche tempo.
In aggiunta noi con altre realtà mediterranee siamo l'anello debole comunitario,non potremo mai competere con una buona parte delle realtà europee.
&& S.I. &&
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mercoledì 22 maggio 2013
A quarant'anni con la paghetta
e per i più fortunati....
Debiti e paghette
di MASSIMO GRAMELLINI
Un quarantenne su quattro vive grazie alla paghetta dei genitori. Detto con più precisione: secondo una ricerca commissionata dalla Coldiretti, in Italia il 28 per cento degli adulti fra i 35 e i 40 anni (mi rifiuto di chiamare giovane un quarantenne) ha bisogno del sostegno dei familiari. Perché è disoccupato, cassintegrato, parzialmente o saltuariamente occupato, superoccupato ma sottopagato. In ogni caso: preoccupato. Sono i numeri di un terremoto sociale. I nonni mantengono i figli con i soldi che avrebbero voluto lasciare in eredità ai nipoti. E quando il risparmio delle famiglie si esaurirà, magari dopo la prossima spremuta fiscale benedetta dalla signora Merkel, cosa ne sarà dei superstiti? E a chi venderanno i beni di consumo le aziende che, per fabbricarli a prezzi sempre più bassi, sono costrette a tagliare posti e retribuzioni?
Nel mucchio dei percettori di paghette ci sarà sicuramente qualche parassita indisponibile al sacrificio e una percentuale di illusi che si ostina a perseguire un corso di studi o un mestiere che la rivoluzione tecnologica ha confinato nel museo delle cere. Ma la maggioranza è composta da giovani o ex giovani disposti a tutto e condannati al niente. Torrenti di energia ristagnante. Il costo emotivo della crisi è superiore persino a quello economico. Penso all’umiliazione e al senso di fallimento di un adulto costretto a chiedere aiuto ai suoi vecchi. Chissà se in Europa qualcuno ha ancora la forza di fermare questo treno che corre verso il buio. Non è tempo di pagare i debiti del secolo scorso, adesso. Per pagare i debiti servono stipendi, non paghette.

Al di là delle severissime condizioni imposte dai teutonici,questi non avendo debiti e una condizione economica-produttiva ben diversa da noi e da parecchi altri in Europa,è la globalizzazione che ha creato lo sconquasso sociale che abbiamo davanti ai nostri occhi,che sia del tutto plausibile che le economie in tutto il mondo debbano innalzarsi su questo non ci piove,ma quando tutto ciò diventa sfruttamento sempre a livello globale l'idea non regge più,troppo comodo investire nelle aree emergenti e vendere in occidente con dei costi come se il prodotto fosse prodotto qui,poichè se a poco a poco non ci saranno più acquirenti tutto il sistema fallirà,insieme al welfare familiare e lo sconquasso sociale che verrà a determinarsi.
&& S.I. &&
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Alla memoria di Don Andrea Gallo
Una delle sue ultime apparizioni
Più che un prete un grande uomo,ha lasciato un segno notevole di umanità lungo il suo cammino e mi auguro che ci sia la continuazione delle sue idee.
martedì 21 maggio 2013
Rossano Ercolini:L'insegnante premiato da Obama

Il maestro ecologista ignorato in Italia premiato da Obama
di Martina Castigliani
Quando la segreteria del Goldman Prize 2013 lo ha chiamato per annunciare la vittoria, Rossano Ercolini a tutto ha pensato meno che a Obama. Avrebbe preso un aereo, attraversato un oceano, e ritirato un riconoscimento. Mai avrebbe immaginato lui, omino di Capannori, paese alle porte di Lucca, che avrebbe stretto la mano al Presidente degli Stati Uniti per il Nobel alternativo all’ambiente. Racconta che il cuore batteva senza più nessun senso e le ginocchia non facevano che tremare. Maestro elementare, nato e cresciuto sulle colline di una Toscana poco conosciuta, Ercolini i politici non li incontra molto spesso. Se capita è perché ha fatto qualcosa di sbagliato. Presidente del movimento Zero Waste Europe, dirige un centro di ricerca che studia il modo per ridurre la produzione di rifiuti. Ora ha un assegno da 150 mila dollari per quella militanza che credeva conoscessero in pochi. Ercolini ha un ufficio nel Comune del suo paese, ci arriva in ritardo ogni giorno dopo le lezioni e i consigli di classe per decidere il programma. Poi ci passa serate intere. Dietro la scrivania, una parete di articoli di giornale racconta di quando si è battuto contro l’inceneritore di Pietrasanta: espulso dai Verdi, criticato da tutti, ha incassato la prima di mille altre vittorie. Quella decisiva è stata convincere il Vescovo di Lucca che bruciare i rifiuti è immorale. Una svolta per tutte le sue battaglie sull ambiente. Ha scoperto che le cose se si vuole si cambiano e poi ci ha fatto il vizio. Ora la rivoluzione la insegna ai suoi studenti, solo perché hanno gli occhi giusti e una vita intera davanti.
Perché ha vinto lei Ercolini?
Non sa quante volte me lo sono chiesto. Deve averli colpiti il fatto che sono un educatore. Alla giuria è piaciuta l’idea che sono un leader di una comunità e che insegno l’ecologia ai bambini.
E Obama?
Le mie colleghe ci scherzano sempre. Mi fermano nei corridoi di scuola e mi chiedono: “è bello il Presidente?”. Io ricordo solo il suo sorriso. Ci siamo stretti la mano. E ho pensato che la seconda volta che sono andato negli Stati Uniti ho incontrato Obama, mentre ancora non mi aveva ricevuto Enrico Rossi, il presidente della Regione Toscana. Al mio ritorno ha fatto una telefonata. Ci vedremo, ma ce n’è voluto di tempo.
Da dove è partito tutto?
La mia storia comincia con un inceneritore. A Pietrasanta nel 1994 il sindaco decide di costruire l’impianto. A pochi passi c’era la scuola dove insegnavo. Sentivo che dovevo fare qualcosa.
Una lotta impossibile.
Finché non abbiamo chiamato il Vescovo. Lucca è così, una città conservatrice e cattolica. Abbiamo fatto un incontro pubblico, e chiesto all’autorità religiosa di venire. Mi hanno detto: Rossano devi colpirlo. A quel punto mi sono inventato che bruciare i rifiuti è immorale. Ho pronunciato proprio quelle parole. E mi ha creduto. Il resto è la storia di una vittoria.
E dell’inizio di un movimento contro i rifiuti.Non ho più smesso. Mi sono interessato a Zero Waste e ho pensato che fosse la giusta battaglia per cambiare il mondo, partendo dal locale e pensando globale. Così Capannori è diventato il primo comune in Italia ad aderire a Rifiuti Zero. Ora siamo 125, tra cui anche Napoli con la firma di De Magistris.
E nella pratica vuol dire?
Arrivare entro il 2020 maledettamente vicino alla produzione zero di rifiuti. La strada è quella di applicare dieci punti, strategie che parlano di riciclo, riutilizzo e raccolta differenziata. Ma anche premi o tasse a seconda dei comportamenti. A Capannori abbiamo un centro di ricerca.
Nel suo ufficio?
Lo spazio me lo ha dato il Comune, è una stanza piccola, ma perfetta. Vengono i volontari e analizziamo la spazzatura. Guardiamo cosa resta dalla raccolta differenziata. Non solo bisogna recuperare, ma capire come fare a produrre meno materiali di scarto non riutilizzabili. Quel 20/30% che resta è la patologia da curare.
Ad esempio?
Qui abbiamo allestito una "galleria degli errori". Si chiama proprio così. Ci sono le cialde per le macchine del caffè ad esempio. O i brick degli EstaThe. Un orologio e alcune confezioni. Prendiamo i prodotti, li analizziamo e scriviamo alle industrie per spiegare il problema. Bisogna interrompere la catena. La cosa più sorprendente? Ci ascoltano e vogliono sapere quali soluzioni proponiamo .
Lo ha spiegato ad Obama?
Sì. A lui come ai miei studenti ogni giorno. Non possiamo parlare solo di rifiuti ma anche di educazione, lavoro e progettazione di un nuovo mondo. Come energie rinnovabili e cibi a km zero. Si cambia così.
Sembra quasi un politico.
Militante dei Verdi?
All’epoca della battaglia contro l’inceneritore, io fui sbattuto fuori dai Verdi. Erano favorevoli a bruciare i rifiuti e io non ne volevo sapere di piegarmi a quell’idea. Sono convinto che abbiano distrutto l’idea ambientalista e siano crollati sotto l’arrivismo politico.
Un giudizio molto duro, non le sembra?
La cultura ecologista è altro. Produzione di saperi, ascolto dei cittadini. Altro.
Quali battaglie lo aspettano?
Portare Rifiuti zero in tutta Italia è la prima. Poi la proposta di legge popolare contro gli inceneritori. Siamo ancora alla raccolta firme, ma abbiamo già ottenuto tantissimi risultati.
Come si spende un assegno da 150 mila dollari?
Non credo di averli mai visti. All’inizio lo ammetto, ho pensato che avrei potuto almeno cambiare la macchina, la mia è talmente sgangherata. Ci ho ripensato subito, darò tutto per il centro di ricerca sulla raccolta differenziata. Poi penserò alla formazione per i comuni, voglio creare uno staff di esperti e girare un documentario. Li ho già finiti in pratica.
Pensa che con questo riconoscimento arriveranno altri soldi dall’Italia?
Vedremo. Ma ho capito che la politica spesso è un tappo e noi dobbiamo organizzarci da soli. Non voglio dire che sono anarchico. Dagli anni ‘70 e dalle prime occupazioni del liceo, ho sempre creduto che fosse importante credere nella partecipazione. Nel corso di tutte queste battaglie però, ho scoperto una cosa meravigliosa: la società può vincere anche senza l’aiuto della politica.
Dipende dal basso e non dall’alto?
Ai miei alunni a scuola lo dico sempre. Funziona così. Voi cosa fate per cambiare? Con la mia classe ricicliamo la carta. La gara è a chi di loro porta più giornali vecchi. Arrivano con dei pacchi grandissimi. Semplicemente credono che un’alternativa è possibile e lavorano per costruirla. E quando vedo lo spirito nei loro occhi, la mia battaglia è già vinta.

Sono anni che il piccolo comune di Capannori fa notizie per essere la realtà più virtuosa ambientalista d'Italia,che si materializzasse il riconoscimento a stelle e strisce il passo poteva apparire lunghissimo,invece come una favola molto reale il maestro Ercolini ha potuto vivere la brillante esperienza.
Ed è per questo motivo che il metodo adottato a Capannori dovrà essere diffuso il più possibile,i rifiuti zero con la collaborazione di tutti quanti si potrà raggiungere.
@ Dalida @
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lunedì 20 maggio 2013
Minchiate sparse quasi da esondazione

Ma mi faccia il piacere
di Marco Travaglio
Viva la libertà. “Il referendum tra i deputati scuote il Movimento: 'Restituire la diaria? Vogliamo libertà di coscienza'” (Corriere della sera, 7-5). Dicesi coscienza quella cosa che sta lì accanto al portafogli. Location. “Un'altra Brescia e lascio” (Enrico Letta al suo vice Angelino Alfano sul pullmann verso l'abbazia di Spineto, Repubblica, 13-5). Vorrà dire che la prossima marcia contro i giudici la faranno direttamente a Milano. Sollevare. “La Boldrini da domani non ci rompa più i coglioni” (Alessandro Sallusti, La7, 11-5). “La mia colpa? Avere sollevato in tv... il problema della presidente silente” (Alessandro Sallusti, il Giornale, 13-5). Ecco, lui aveva solo sollevate il problema.
Italiapassata. “Il think thank di Montezemolo. ItaliaFutura torna alle origini: 'Non siamo una corrente'” (La Stampa, 15.5). Manco quella?
I ladri e i penati. “Sbaglia chi oggi vuole mettere della distanza tra me e i Ds. La storia dei Ds è anche la storia di un pezzo della mia vita. E sbaglia chi pensa che io sbatta la porta” (Filippo Penati, Corriere, 15-5). Anche perchè non c'è nemmeno più la porta.
Ineleggibile ma eleggibile. “Il tema, in tutta evidenza, non è l'ineleggibilità di Berlusconi. Restiamo convinti che la legge 361 del 1957 escluda l'eleggibilità di un signore, che è anche proprietario di un'azienda concessionaria dello Stato. Ma è evidente che una maggioranza politica non potrebbe oggi, senza esercitare violenza ai danni di tanti elettori, ribaltare il giudizio già espresso in sei legislature consecutive” (Claudio Sardo, direttore de l'Unità, 17-5). Giusto: siccome han violato la legge sei volte, violiamola anche la settima.
Fessina. “Noi scommettiamo sulla nostra cultura politica alternativa al berlusconismo, ma autonoma dal berlusconismo. Una cultura politica in fieri, segnata da contraddizioni. Ma autonoma e sufficientemente forte per affrontare la sfida del governo di compromesso e respingere la reazionaria retorica dell'inciucio dei Travaglio e della Trilateral Grillo-Casaleggio e Associati” (Stefano Fassina, viceministro dell'Economia e finanze, l'Unità, 17-5). Alternativa al berlusconismo, ma autonoma dal berlusconismo, ma alleata di Berlusconi. Lo portano via.
Lib-crax. “Il programma di Chiamparino segretario del Pd? Un partito che sappia tenere insieme la tradizione socialista e quella liberale. Aspetto segnali per rompere gli indugi” (Sergio Chiamparino, presidente della fondazione bancaria Compagnia di San Paolo, Repubblica, 17-5). Lo dico per tutti i compagni della mozione “B. Craxi”: Bettino Craxi è morto!
La Storia siamo lui. “Quando la Rai ha deciso di non rinnovarmi il contratto ho pensato a quando Allegri, l'allenatore del Milan, ha fatto fuori Andrea Pirlo in scadenza di contratto dicendo: 'È un giocatore che non serve più'. Pirlo è andato alla Juve e ha fatto vincere due scudetti” (Giovanni Minoli, Repubblica, 17-5). Minoli come Pirlo. Quasi quasi compro una vocale.
Tiro Longo. “Frase choc del legale di Berlusconi, Piero Longo: 'Per fermare Kabobo gli avrei sparato alle gambe con la mia pistola'” (Repubblica, 17-5). Longo sta talmente sul culo a tutti che gli danno torto anche l'unica volta che ha ragione.
La Moretti sbagliata. “Certo quella della Boccassini per Berlusconi è una richiesta pesantissima” (Alessandra Moretti, Pd, ex portavoce di bersani, La Stampa, 14-5). In effetti 6 anni per concussione e prostituzione minorile sono troppi. Meritava un premio.
Voce dal verbo. “Il gassificatore non s'adda fare” (Pina Picierno, deputata Pd su twitter, 16-5). Quando si dice risciacquare i panni in Adda.
Commissione Condono. “Il condono edilizio è necessario perchè in Campania esiste una città abusiva grande come Padova” (Francesco Nitto Palma, magistrato, deputato Pdl e neo-presidente della commissione Giustizia, La Stampa, 10-5). Giusto: già che ci siamo, facciamola diventare grande come la Campania.

Quella del "fenomeno" Fassina spicca tra le altre,come si possono affermare in poche parole delle minchiate cosi' oceaniche pare sbalorditivo,eppure ce l'ha fatta,pure quelle dell'ex sindaco di Torino datosi alla fondazione bancaria non e' male,un auto-promo davvero notevole,del resto va d'accordissimo con l'enfante Sprodige di Firenze,il che e' tutto detto.
Non cito l'ultimo condono,e' un super sponsorizzato dalla destra caimana,in sintonia col resto della compagnia,un politico di specchiata rispettabilita' conclamata....
&& S.I. &&
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domenica 19 maggio 2013
Piazza San Giovanni:Prove tecniche di alternativa al Pd
Pd, la solitudine degli elettori
di Antonio Padellaro
Di bandiere del Pd ce n’era una soltanto, ma siamo convinti che di elettori del Pd ce ne fossero davvero molti, forse la maggioranza tra i centomila di piazza San Giovanni a Roma dove, ieri, intorno alla Fiom-Cgil di Maurizio Landini, c’erano con la sinistra del lavoro, della legalità e della dignità, Stefano Rodotà, Sergio Cofferati, Gino Strada, Antonio Ingroia, Nichi Vendola e i 5Stelle.
Lavoro e diritti che teoricamente dovrebbero stare a cuore al Pd dell’ex leader della Cgil Epifani, così come a Bersani e agli altri esponenti del sinedrio democratico che, sempre molto teoricamente, di sinistra dovrebbero sentirsi. È un caso unico, quello di un gruppo dirigente che, come paralizzato da una forza potente quanto misteriosa, abbandona i propri militanti nella solitudine politica anche a costo di perderli per sempre. Una coazione a ripetere gli stessi errori che dura guarda caso da un decennio, da quando (era il 2002) sempre in quella piazza San Giovanni un milione di cittadini dissero: basta con Silvio Berlusconi. Sembrò la volta buona, ma poi furono lasciati soli dai Ds, e si è visto come è finita.
Oggi la situazione si presenta ancora più grave. È comprensibile che, dopo il vergognoso tradimento del contratto con gli elettori, quei dirigenti che firmando la resa nelle mani di Napolitano sono andati al governo con il Pdl non abbiano più il coraggio e la faccia per mostrarsi a un popolo che forse non li riconosce più. Solo in due non hanno avuto paura di andare in piazza: Fabrizio Barca e Matteo Orfini. Gli altri sono o ministri o sottosegretari. Esiste anche il problema opposto, poiché farsi vedere accanto a Landini e Rodotà potrebbe scatenare le ire dei Brunetta e dei Cicchitto, e ciò per i colonnelli delle larghe intese pd è oltremodo disdicevole. Michele Serra sull’Espresso ha narrato da par suo la triste condizione dei deputati e senatori democratici, costretti a convivere nella stessa maggioranza con i berluscones: “Le inventano tutte, dai sedativi alla cannabis, e i più audaci tagliano la testa al toro e diventano di destra”.
C’è poco da ridere: con il sesto senso della satira, Serra ha colto nel segno. È il destino di chi, a furia di arretrare sui principi e di fare compromessi con la propria storia, non si ricorda più chi era e da dove veniva. Del resto, la classe operaia è dispersa e anche il lavoro si va estinguendo. Non è meglio allora “fare spogliatoio” con Alfano e Quagliariello?

Direttore,se ieri non ci fosse stata l'assenza della dirigenza Pd in piazza non ci sarebbero manco i presupposti della notizia,per ciò che mi riguarda la loro waterloo c'è stata durante la mancata votazione di Prodi a Presidente e con la successiva mancata adesione ad appoggiare Rodotà,due mosse da plateali autogol,da quel momento il Pd collaborando col caimano è clinicamente morto,tutti gli scenari futuri saranno diversi, e ieri con la manifestazione a Roma si stanno delineando,c'è un tempo ragionevole per costruire una valida alternativa,poichè se non nascesse l'assenteismo arriverebbe a percentuali mai viste.
Il non essersi presentati ieri è la migliore decisione che hanno potuto interpretare,una tantum diamo gliene atto,e continuino a ballare col caimano!
&& S.I. &&
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sabato 18 maggio 2013
Al di là della condanna del bunga,bunga

Berlusconi e Ruby: il problema non è il sesso, ma i cortigiani
di Peter Gomez
Dimenticatevi le tette, i lustrini, le donnine seminude travestite da infermiera sexy o da Ilda Boccassini. Smettete anche di chiedervi come stia di testa un tizio ultrasettantacinquenne che una volta alla settimana organizza cene con una ventina di ragazze in cui è (quasi sempre) l’unico uomo: tavolate durante le quali si mangia sempre lo stesso menù e si raccontano sempre le stesse barzellette. Non perdete nemmeno tempo a interrogarvi su cosa succede dopo. E se davvero credete alla versione di nonno Silvio - “niente sesso, sono Berlusconi”, viene da dire – non fatevi poi domande sulla solitudine un po’ triste di un vecchio tycoon prestato alla politica che, per piacere e avere la casa piena di giovani, è costretto a pagare le sue ospiti.
In questa storia, intanto, il vero problema non sono le ossessioni di un anziano signore, i reati eventualmente commessi (di questo se ne occupano i tribunali) o la disinvoltura delle sue cortigiane. Il problema sono i cortigiani. Sono gli uomini (e le donne) che (solo per ipocrisia) non farebbero mai commercio delle loro parti basse, ma che vendono, per denaro, potere, opportunismo e carriera, qualcosa d’infinitamente più prezioso: il cervello.
Discutere se ci sono o non ci sono le prove per condannare il leader del Pdl è infatti legittimo. Negare invece che con i suoi comportamenti Berlusconi, quando era premier, abbia consapevolmente messo a rischio la reputazione e la sicurezza del Paese, è da bugiardi.
Se ti porti a casa decine e decine di perfette sconosciute a pagamento, tra cui vi sono escort (per esempio Iris Berardi o Michelle Conceicao) o donne legate a personaggi implicati con il grande traffico di droga (il fidanzato di Marysthell Polanco), ti esponi al probabilissimo pericolo di ricatti, di incidenti e, proprio come è accaduto, di un loro coinvolgimento in clamorose indagini giudiziarie. La cosa, se sei un privato cittadino, ovviamente riguarda solo te, la tua famiglia e i tuoi amici. Se invece rappresenti una Nazione ha conseguenze su tutti. Anche economiche (vi ricordate come veniva trattato il Cavaliere durante i vertici internazionali?)
Oggi invece con fiumi di parole, in tv, sui giornali e in Parlamento, pure questo semplice principio, che non ha nulla da spartire con la morale o peggio ancora il moralismo, viene confuso, annacquato, nascosto.
E le interessate discussioni sul caso Ruby diventano nel mondo il simbolo di un Paese che sta scivolando dal declino al degrado, non perché lei fosse minorenne, ma perché le gattopardesche classi dirigenti italiane restano popolate da personaggi minori. Gente brutta. Gente pagata che pagherebbe per servire.

Non mi stuferò mai di ripetere che se è pur vero che abbia organizzato un vero e proprio esercito di cortigiani,i quali sono programmati a difendere anche l'indifendibile,come la votazione sulla nipote di Mubarak che il parlamento ha sentenziato,sommando l'altra barriera quella mediatica,la quale difende anch'essa,oscura,stempera tutti i comportamenti che in ogni democrazia seria sarebbero imperdonabili,tutto ciò è possibile perchè c'è il terreno fertile rappresentato da milioni di italiani che ritengono assolutamente normali tutte le malefatte del caimano,che siano penalmente punibili o solamente di estrema maleducazione.
Come molti ricorderanno quando si scoperchiò il verminaio bunga,bunga con tutte le ragazze implicate,ci furono dei genitori che affermarono il rammarico della loro figlia che non ne riuscì a farne parte,e se queste furono le poche voci udibili,nel silenzio chissà quanti avranno pensato allo stesso modo.
Ed è per queste situazioni che al di là della magistratura,per una parte consistente del paese il caimano è e lo sarà per sempre assolutamente innocente.
&& S.I. &&
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venerdì 17 maggio 2013
Da nessuno tocchi Caino all'assoluto rispetto di Abele

Attenuanti ipocrite
di MASSIMO GRAMELLINI
Il 12 gennaio 2012 il vigile milanese Niccolò Savarino era di turno in un parcheggio della Bovisa quando un ladro di Suv lo travolse, trascinandolo sull’asfalto per duecento metri: una morte orribile. L’assassino fu fermato in Ungheria, ma solo dopo lunghe indagini si conobbe la sua reale identità. Remi Nikolic, nato in carcere da una detenuta. Il tribunale dei minorenni (all’epoca dei fatti non aveva ancora 18 anni) gli ha quasi dimezzato la pena - da 26 a 15 anni - riconoscendogli le attenuanti generiche con questa motivazione: la sua unica scuola di vita sono stati i delinquenti fra i quali è cresciuto.
A me sembra una sentenza ipocrita e pericolosa. Mentre la mano civile dello Stato frappone mille ostacoli all’inserimento dei piccoli rom (sono note, nella stessa Milano, le peripezie delle eroiche maestre di via Rubattino per garantire la scuola ai bambini di quella comunità), la mano giudiziaria trasforma quel fallimento sociale in attenuante: un bel modo per sciacquarsi la coscienza, contrapponendo ingiustizia a ingiustizia. Ma si tratta anche di un precedente pericoloso: adesso qualsiasi persona cresciuta in un ambiente disagiato, e Dio sa quante ne sta producendo la crisi, potrà pretendere un analogo sconto di pena. Questa retorica vittimista, che tutto è tranne che la virtù dei buoni, darà purtroppo voce alle gole sguaiate dei razzisti e accrescerà il consenso sociale verso i dispregiatori delle minoranze, sempre più identificate come destinatarie di trattamenti privilegiati, in una guerra fra poveri che è il vero incubo da scongiurare.

Condivido l'analisi,si trascura e di parecchio l'aspetto della tragica importanza nel togliere la vita umana colpevolmente,tra riti abbreviati che scontano la pena assommando i successivi durante la detenzione,l'aver mandato una vita all'altro mondo si riduce a pochi anni di detenzione,e per la vittima stessa e i suoi familiari tutto cio' risulta un eufemismo chiamarla giustizia.Al contrario una equa detenzione darebbe al paese una corretta visione democratica di vita e di regole.
&& S.I. &&
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giovedì 16 maggio 2013
La saggezza infantile

Il piccolo stopper
di MASSIMO GRAMELLINI
Questa foto in bianco e nero ha già fatto il giro del mondo. È stata scattata su qualche campetto delle Canarie e immortala un Alejandro di 5 anni mentre si erge a paciere tra arbitro e allenatore, con l’aria seria e scocciata che hanno i bambini quando incrociano l’ottusità dei grandi. Avrete riconosciuto i due litiganti. Sono gli ospiti dei talk show («Capra capra capra», «Lasciami parlare, io non ti ho interrotto»), gli assatanati che in strada si insultano per un parcheggio, i gladiatori da tastiera che al terzo messaggio si stanno già mandando reciprocamente a quel paese. L’aggressività è lo smog dell’anima e ovunque ci sia un conflitto futile la respiriamo.
In realtà l’uomo con la maglietta bianca sono io, appena qualcuno ha la sfrontatezza di rifiutarmi la patente di uomo più irresistibile del pianeta. E il tizio in giacchetta nera è il mio alter ego interiore, al quale regalo energia ogni volta che mi arrabbio. In mezzo a noi si staglia un bimbo offeso dalla nostra stupidità, che vuole vivere in pace e cerca di separarci. Ma il bimbo sono sempre io, anche se l’ho dimenticato. Perché da adulto non diventi come quei due, quei due dovrebbero ricordarsi di essere stati come lui.

Ho idea che a quel bambino i suoi genitori non facciano vedere la Tv,tra cartoon orientali,almeno li rammento cosi',che inneggiavano alla competizione e al successo,farciti di spot che abituano al consumismo e all'arroganza gia' da piccolini,crescere in un certo modo,come un certo critico d'arte con la sua permanente stupidita' in tasca mista a cortigianeria piu' sfrenata,anche se ai suoi tempi c'erano Yoghi e Bubu,il passo pare davvero breve,che continuino a crescerlo cosi'!
&& S.I. &&
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mercoledì 15 maggio 2013
Dal pistolotto della P.M. al pistola adpersonam
Il pistola fumante
di Marco Travaglio
Diversamente dai servi, incrollabilmente convinti dell’innocenza del padrone (ma lo sarebbero anche se venisse filmato mentre si apre l’impermeabile in un giardino d’infanzia), noi non siamo affatto sicuri della colpevolezza di B. nel processo Ruby. Perciò attendiamo fiduciosi il verdetto dei giudici, che conoscono le carte meglio di tutti e sono pagati apposta. Ci diranno loro se B., telefonando in questura la notte del 27 maggio 2010, commise “induzione indebita a dare utilità” e se, nelle dieci notti trascorse ad Arcore con Ruby, la indusse alla prostituzione minorile con se medesimo (la legge punisce “chiunque compie atti sessuali con un minore tra i 14 e i 18 anni, in cambio di denaro o altra utilità economica”, e fra gli atti sessuali la Cassazione comprende anche la “palpazione concupiscente”). I fatti fanno sospettare i soliti malpensanti che si sia macchiato di entrambi i reati. Ma può sempre darsi che i giudici ritengano le prove insufficienti o contraddittorie; o persino che i funzionari della questura abbiano affidato Ruby alla Minetti, che l’affidò a una prostituta, contro ogni legge e prassi, mossi da un empito spontaneo di umana pietà, per nulla intimiditi dalle chiamate del premier; o addirittura che il Cavaliere di Hardcore, notoriamente allergico al sesso, ospitasse 35 ragazze a botta (fra cui diverse squillo), anche la notte, per mostrare loro la sua celebre collezione di farfalle, e poi le coprisse d’oro perché quell’hobby decisamente poco virile non si sapesse in giro. Il guaio è che è stato proprio lui a farci intendere tutt’altro: “Ero alla notte bianca di Parigi, poi un amico mi ha invitato a questa festa e non ho saputo resistere. Se dormo tre ore, poi ho ancora energia per fare l’amore per altre tre...” (4.10.2008, uscendo alle 6 del mattino da una festa alla discoteca milanese Lotus). Poi l’avevano confermato molte ragazze e/o squillo presenti nelle varie magioni: alcune esaltando le sue virtù amatorie, altre lamentando che sul più bello si assopisse, altre ancora deplorando un “culo flaccido” che dovevano aver constatato de visu.
Sarebbe davvero sorprendente, e deludente, se proprio e solo Ruby avesse fatto eccezione, tantopiù che lui giura di non essersi accorto della sua minore età, dunque ai suoi occhi era come tutte le altre. C’è poi tutta la letteratura di corte, che per anni ha decantato la possanza sessuale dello stagionato macho brianzolo: “Il guaio di Silvio è la gnocca” (Libero, 27.6.2008); “Certo, ricoprendo un incarico d’una certa visibilità e avendo un discreto numero di nemici, Berlusconi alcune scappatelle se le potrebbe pure evitare, anche se gli scappano in casa propria... Ma meglio un vecchio porco, di tanti giovani ipocriti tipo Fini” (Maurizio Belpietro, Libero, 16.1.2011). Oggi leggiamo, con grande spaesamento e un filo di delusione, su Libero: “Alla Boccassini manca il pistolino fumante” (ma come, il vecchio porco non ha più il pistolino? E dove l’ha messo? E chi gliel’ha portato via?). E sul Foglio: “La certezza non provata delle notti di sesso ad Arcore”. E sul Giornale, addirittura: “Forca per Berlusconi. Condannato a morte. Il teorema: due reati, ma senza le vittime”. Titolo purtroppo contraddetto da Sallusti che, non sapendo quel che fa, scrive: “Credo che anche la signora Ilda abbia fatto e magari faccia tutt’ora sesso a casa sua”. Quell’“anche” la prova che persino Zio Tibia non crede alla versione del padrone (“niente sesso, solo cene eleganti”). Noi, sinceri ammiratori dell’anziano latrin lover, restiamo delusi e affranti. Eravamo persino disposti a concedere che, nel 2013, non c’è una grande differenza fra una ragazza di 18 anni compiuti e una di 17 anni e mezzo. E allora ci siamo domandati: chi avrà mai fatto leggi così severe contro chi va con prostitute minorenni? Poi purtroppo abbiamo scoperto che le leggi sono la Prestigiacomo n. 38/2006 e la Carfagna (Carfagna!) n. 48/2008. Cioè se l’è fatte lui da solo. Bel pistola fumante.

Il retroscena delle leggi targate Carfagna-Prestigiacomo danno ancora un certo tono in piu' all'intera storia,ovvero di un potentissimo imprenditore che ha letteralmente paralizzato il paese alla proprie dipendenze,siamo talmente scassati economicamente che ancora i suoi sostenitori non se ne sono resi conto.
Piu' che condannarlo per i suoi esborsi legati alla dipendenza sessuale,dovrebbe essere condannato insieme ai suoi elettori,di bancarotta fraudolenta dell'Italia insieme ad una opposizione assolutamente asservita ai suoi voleri,naturalmente la condanna sara' senza condizionale.
&& S.I. &&
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Il senso della legalita' inesistente

Diritto all’illegalità
di MASSIMO GRAMELLINI
A Palermo la decisione provocatoria di multare i parcheggiatori abusivi ha suscitato la prevedibile reazione delle vittime, che hanno marciato per le strade del centro brandendo cartelli di protesta. «Non siamo mafiosi», era il loro urlo di dolore, e in effetti non c’è chi non veda la differenza fra chiedere denaro in cambio di protezione e chiederlo in cambio della garanzia di ritrovarsi la macchina non rigata (o la macchina, tout court).
La persecuzione dei parcheggiatori abusivi - gente perbene che si guadagna onestamente da vivere rimanendo ferma sotto il sole a non fare nulla anche per ore - rientra in un quadro di vessazioni più generale. Davanti ai tentativi, sporadici ma pur sempre arroganti, dello Stato di far rispettare la legge, stupisce che solo i parcheggiatori abbiano trovato il coraggio di ribellarsi apertamente. Cosa aspettano i borseggiatori a sfilare sotto le finestre del municipio per rivendicare la sacrosanta libertà di scippo? E gli usurai, i contrabbandieri, gli spacciatori? Immagino che il loro riserbo nasconda, più che una qualche forma di pudore, il sospetto che uno stillicidio di proteste potrebbe non sortire l’effetto sperato. Sarebbe decisamente più efficace una manifestazione nazionale che riunisse tutte queste professioni sotto il nobile vessillo del diritto all’illegalità. Additando il corteo dei parcheggiatori abusivi che rivendicavano con orgoglio l’appartenenza alla categoria, sembra che un agente provocatore appena sceso da una Panda abbia fatto notare ai vigili che finalmente esisteva la possibilità di coglierli in flagranza di reato. Non mi stupirei se gli avessero dato una multa.

Le medesime scene lei se le potrebbe immaginare su altre latitudini? E mi riferisco alle democrazie piu' evolute d'Europa,se il senso della legalita' per parecchi abitanti dello stivale e' pressocche' vicino allo zero,non dobbiamo meravigliarci se il caos regna sovrano e parecchie new entry da alcuni anni riescono ad inserirsi alla perfezione nell'ingranaggio delinquenziale del paese.Vivere in modo onesto in Italia pare sempre di piu' una mission impossible o quanto meno mortificante.
&& S.I. &&
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martedì 14 maggio 2013
Joe Bastianich: “Berlusconi? Lo caccerei dal mio ristorante, ha solo combinato disastri”

Dov'e' questo ristorante,se potessi andrei a congratularmi con il proprietario della sua franchezza,in un paese dove quasi nessuno osa esporsi nel prendere posizione con colui che sarebbe inguardabile in quasi tutte le democrazie occidentali.
Mi sono informato i suoi ristoranti sono negli States,in ogni caso il personale chapeau al grande chef!
&& S.I. &&
lunedì 13 maggio 2013
Brescia-caimano:La rassegna stampa molto compiacente

Pronto Intervento Vaselina
di Marco Travaglio
Ieri il Pronto Intervento Vaselina (PIV) ha avuto il suo daffare per sminuire, minimizzare, indorare,edulcorare, sopire e troncare le scene eversive di sabato a Brescia, dove un noto delinquente condannato a 4 anni per frode fiscale, che è anche il leader del secondo partito di governo, ha arringato una piccola folla di fan esagitati minacciando la magistratura sotto gli occhi estasiati del vicepresidente del Consiglio nonché ministro dell'Interno, del ministro delle Riforme istituzionali e del ministro delle Infrastrutture e Trasporti. Scene che anche in Mozambico avrebbe provocato, nell'ordine: l'intervento del capo dello Stato e del presidente del Consiglio, con immediata revoca delle deleghe ai tre gaglioffi e caduta del governo. Anche perchè la libera stampa non avrebbero dato tregua al premier, per sapere se condivida il gesto dei tre ministri e soprattutto se davvero si sia impegnato con B. a “riformare” la Giustizia e la Consulta come indicato, anzi intimato da B. Fortuna che in Italia, salvo rare eccezioni, la libera stampa non c'è. Ecco dunque all'opera le truppe scelte dei salivatori, vaselinisti, pompieri e anestesisti, addestrati a ingoiare e a far ingoiare qualunque rospo o pantegana, per convincere gli italiani che sabato a Brescia, in fondo, non è successo niente. Anzi, i contestatori devono scusarsi molto col Pdl per i fischi divisivi e gli slogan eversivi.
Polito Lindo. Il quotidiano più ardito e marziale, nel descrivere la maschia prestazione di B., non è il Giornale di Sallusti (che si accontenta di un fiacco “Berlusconi: io resto qui”). Ma il Corriere della sera, che titola senz'alcuna virgoletta: “Berlusconi: non mi fermeranno”. Così qualcuno penserà che i giudici impegnati nei processi Mediaset e Ruby intendano “fermarlo”. Il virilissimo titolo è compensato da un editoriale del noto emolliente Antonio Polito, che riesce a scrivere restando serio: “Il discorso di Berlusconi è di forte sostegno al governo, nonostante la sentenza” Mediaset. Il titolo è già tutto un programma: “Il pagliaio”. La tesi è che purtroppo la politica italiana è minacciata dal rischio di “altri fuochi”, a causa della troppa “paglia lasciata in eredità dalla seconda Repubblica”. Per cui a mettere a repentaglio le istituzioni non sono gli attacchi eversivi di B. al terzo potere dello Stato, ma fenomeni di autocombustione che, “da entrambe le parti”, potrebbero riattizzare l'incendio.
Del resto, spiega Polito Lindo, “è un diritto del Pdl quello di sventolare le sue bandiere, anche sulla giustizia”:che sarà mai. Ciò che “è inquietante e non tollerabile”, piuttosto, è “la riapparizione nelle piazze di gruppi di facinorosi” che osano contestare l'eversore che insulta la magistratura e non ne riconosce le sentenze (ma solo quelle a lui sfavorevoli). L'unico “errore” di B. è stato quello di “pretendere” che alla sua gazzarra “fosse presente anche Alfano”. Ma per fortuna l' “Alfano e i ministri presenti se ne sono dimostrati consapevoli, andando sì ma senza mettersi troppo in mostra”. Ecco, sono andati a Brescia, ma quasi di nascosto, dunque meritano un encomio solenne per il loro “salutare autocontrollo”. Evidentemente Polito el Drito si aspettava che facessero anche un salto a Milano per orinare sul portone del Tribunale, invece se ne sono sobriamente astenuti, il che fa ben sperare per la tenuta del governo, che “è sempre bene ricordare che è l'unico che abbiamo” (di solito di governi ne abbiamo due o tre insieme: stavolta, invece, uno solo).
Vaselina severgnina. Molto utile, per spegnere i fuochi nel pagliaio, anche lo scoop di Beppe Severgnini che intervista il direttore della Polizia Postale che gli annuncia in esclusiva mondiale l'imminente nascita di “un nuovo portale web della Polizia con finestre di dialogo, compresi i social network”. Strumento decisivo per stroncare sul nascere la minaccia della “violenza digitale” che “annuncia quella fisica”. Strepitosa l'ultima domanda: “Una cosa che la rende orgoglioso?”. E pure l'ultima risposta: “La soddisfazione di aver mosso i primi passi per la creazione di reti di cooperazione tra organismi che contrastano il cyber crime in tutto il mondo”. Con scappellamento a destra.
È stato un caso. La Stampa ha meditato molto sulle parole per non dire quel che è accaduto a Brescia, poi ha optato per uno splendido “Pdl in piazza, un caso nel governo”. Così il lettore distratto può pensare a una casualità fortuita: per pura combinazione, senza mettersi d'accordo prima, B. e i suoi ministri si sono ritrovati nello stesso giorno alla stessa ora nella stessa piazza di Brescia. Guarda un po', alle volte, i casi della vita. Nel puntuto editoriale, Marcello Sorgi spiega che il problema non è quel che B. ha detto dei magistrati, ma che le sue parole possano “indebolire l'equilibrio del governo” e soprattutto il fatto che “a dettare la linea sono ancora le frange estreme dei due schieramenti, contrarie a qualsiasi tregua o pacificazione orientate a riprendere appena possibile la guerra civile degli ultimi vent'anni”. Naturalmente Sorgi non spiega quale guerra civile si sia combattuta negli ultimi vent'anni, ma soprattutto quale “frangia estrema” del Pd (ormai estinto, e dunque sprovvisto di parola) sia paragonabile allo stato maggiore del Pdl, tutto in piazza a Brescia. Struggente l'esortazione finale a B. perchè “lasci al suo posto il ministro dell'Interno, senza coinvolgerlo nell'ennesima battaglia sulla giustizia”: Alfano ne risulta come un ficus, una pianta grassa che viene spostata da un luogo all'altro dal padrone di casa a seconda di dove batte il sole.
Villa Arzilla. Fiacco nel titolo di apertura, il Giornale di Sallusti si riscatta nelle cronache grazie alla vivacità di Gabriele Villa, già responsabile delle pagine del golf, poi promosso alla cronaca dopo l'ottima prova fornita nel caso Boffo. Con uno scoop degno di miglior evidenza, il Villa rivela che prima del comizio, “proprio sotto il palco”, s'è svolta “una lunga, drammatica, estenuante trattativa tra gli uomini della scorta, le forze dell'ordine e lui, Silvio Berlusconi. Visto “il rischio altissimo di un attentato”, quelli “si sfozano in tutti i modi di convincere il cavaliere a indossare il giubbotto antiproiettile”, ma lui niente: “come sempre, non cede. Non si cura delle preoccupazioni”. E impavido “attacca a parlare, senza indugi, senza tentennamenti. Come sempre”. Nessuno sparo, per fortuna, a parte le cazzate sparate da lui medesimo. Alla fine però “la commozione per l'accoglienza e l'entusiasmo della folla prende il sopravvento”. E i suoi – rivela il Villa - “lo vedono sbiancare in volto. Ma fortunatamente è solo un calo di zuccheri. Il Cavaliere è pronto a rimontare in sella per nuove avventure”. Slurp.
Un po' statista un po' no. “Lo statista Berlusconi veste da eversore”, titola l'Unità. Il giornale di Letta e di governo va capito: deve contemporaneamente sostenere il governo Berlusconi-Letta e fingere di attaccare Berlusconi per non perdere anche gli ultimi lettori. Dunque si produce in equilibrismi mai visti neppure al circo Togni. Sentite Claudio Sardo, il pensoso direttore affetto da inguaribile sindrome bipolare: “Di fronte a noi c'è il Berlusconi centauro. Per metà responsabile, per metà eversore. Un giorno veste i panni da statista, l'altro giorno esprime violenza istituzionale”. Ecco, resta da capire quando mai, nella sua vita, B. sia stato “statista” o “responsabile”. Ma Sardo lo vede così, forse in sogno. A questo punto un eventuale lettore, letto il titolo dell'editoriale (“Il punto di ripartenza”), si domanda: e allora, che si fa? Si continua a governare con quel tipaccio, eversore e violento? La risposta purtroppo non arriva. C'è invece un esilarante accenno alla “tenaglia Berlusconi-Grillo”. Ma certo, dimenticavamo: il Pd governa con B., Letta non dice una parola contro la marcia su Brescia, e la colpa di chi è? Dei 5Stelle, che vanno in piazza a contestare B. e vogliono sbatterlo fuori dal Parlamento.
Che sia l'ultima volta. Anche Eugenio Scalfari ha le visioni: “Letta, parlando nella mattinata di ieri all'assemblea del Pd, aveva già manifestato il suo dissenso sulla presenza di ministri del suo governo all'iniziativa di Berlusconi”. Purtroppo quel fatto non è mai avvenuto: sia perchè l'“iniziativa di Berlusconi” (quanto soave pudore in quest'espressione!) si è svolta dopo le 18 e Letta ha parlato appunto “in mattinata”; sia perchè Letta non ha detto un monosillabo contro la marcia di Alfano , Lupi e Quagliariello su Brescia. Poi però Scalfari gliele canta chiare al governo: “Segnaliamo la necessità assoluta che mai più si ripetano fatti analoghi... Sarebbe intollerabile che questo 'vulnus' si ripetesse”. Per non trarre le conclusioni e non dire che non si può stare al governo con chi va in piazza contro la magistratura, Scalfari fa come i pretini da oratorio con i ragazzini che vanno a confessare una pugnetta: “Vabbè, ti assolvo, ma non farlo più”. Ecco: una volta passi, purchè sia l'unica (peccato che la stessa scena sia già accaduta un mese fa, per giunta davanti al Tribunale di Milano). Nemmeno una parola sul dettagliato programma contro la giustizia enunciato per un'ora dal Cainano sul palco di Brescia: Scalfari non l'ha sentito o, se l'ha sentito, preferisce sorvolare, se no poi la gente capoisce che la piazzata dell'altroieri non è una fiammata solitaria, ma è solo l'antipasto di un'offensiva appena cominciata che nei prossimi mesi ci porterà fin dentro il finale de “Il Caimano”. Mirabile la chiusa scalfariana: “Il presidente Letta intervenga ancora (sic, ndr) con la massima ed esplicita chiarezza (ri-sic, ndr). Un aut aut è indispensabile se il governo vuole continuare a esistere con l'appoggio del Pd e della pubblica opinione democratica”. Chissà dove l'ha vista, Scalfari, tutta questa “pubblica opinione democratica” entusiasta per l'inciucio. Forse in un'altra visione. Ora si attende il terribile aut aut del tonitruante Letta per mettere in riga i tre ministri: pare che li abbia già severamente strapazzati stanotte, portandoli in camera sua sul letto a castello nell'abbazia di Spineto, per fare spogliatoio.
Ucci ucci Sabbatucci. I migliori elementi del Pronto Intervento Vaselina li schiera il Messaggero. Anche per Giovanni Sabbatucci il guaio non è il fatto del giorno, cioè l'ennesimo bombardamento berlusconiano contro magistrati e Consulta, ma il fatto che le sue parole “complicano al vita al governo e fasnno montare l'insofferenza non solo dei gruppi radicale e pentastellati, ma anche di un bel pezzo del popolo della sinistra, nell'editoriale, A pagina 2, come spesso si usa fare in nome del pluralismo, ecco due interviste contrapposte sui fatti di Brescia: una pro e l'altra invece pro. “Lupi: una bella manifestazione, le identità non vanno temute”. “Caldoro: non sono andato ma l'uso politico delle toghe c'è”. È la nuova par condicio della pompa, il neo-contraddittorio della saliva. Meraviglioso il retroscena a pagina 3: “La moral suasion del Colle: scontro frontale disinnescato”. Uno scoop mica da ridere, purtroppo senz'alcun riscontro fattuale, ma con molti riferimenti medianici e telepatici: “verosimilmente Napolitano avrebbe preferito che la manifestazione di Brescia fosse evitata”. Il Colle non ha mai detto nulla in proposito, ma “verosimilmente“ l'ha pensato, dunque è senz'altro così. In ogni caso, grazie alla fantomatica “moral suasion del Quirinale” (che però oppone il “no comment”), “il peggio è stato evitato, anche perchè il Pdl non ha esasperato i toni oltre misura”. E chissà qual è l'unità di misura dei toni esasperati e del peggio per i ventriloqui napolitani, se dire – come ha fatto B. - che i magistrati lo odiano ed emettono sentenze politiche per eliminarlo e che la Consulta è al servizio della sinistra è sintomo di “toni non esasperati”, anzi di un “peggio evitato”. Evidentemente il Pronto Intervento Vaselina si attendeva che B. e i suoi tre ministri sganciassero l'atomica sul Tribunale di Milano o lo bombardassero col napalm o vi sbarcassero con truppe aviotrasportate. In fondo, ci è andata di culo.

Le larghe intese accentuano i toni accomodanti,se qualcuno spande letame dal palco di Brescia mediaticamente il tutto diventa cioccolato di prima qualita',se si vuole lavorare e raccontare i fatti in un certo modo ormai la categoria non finge piu',si e' assolutamente convinta di cio' che esprime!
[ Kenzo ]
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domenica 12 maggio 2013
Quel "Io come Tortora" senza il solito pudore

Un altro illustre personaggio che da ieri si rivolterà nella tomba!
Berlusconi, un governo ai suoi ordini
di Antonio Padellaro
Dopo ciò che è successo ieri a Brescia, un governo degno di questo nome dovrebbe cessare all’istante di esistere e il premier dovrebbe altrettanto inevitabilmente dimettersi. Per tre ragioni almeno.
Primo: in una piazza spaccata a metà, da una parte i fans azzurri, dall’altra i contestatori grillini e quelli con le bandiere rosse, il “delinquente” confermato in appello per evasione fiscale Silvio Berlusconi ha sferrato l’attacco finale alla magistratura, annunciando che imporrà al governo, che lui controlla, la sua personale riforma volta a neutralizzare l’azione penale e a ridurre i pm al rango di obbedienti funzionari al servizio dei politici.
Secondo: Alfano vicepremier e ministro degli Interni e Lupi ministro delle Infrastrutture erano lì, in prima fila, ad applaudire le frasi eversive, malgrado fino all’ultimo il Pdl avesse smentito la partecipazione di membri del governo. Un colpo reso ancora più efficace perché sferrato di sorpresa.
Terzo: attorniato dai suoi ministri festanti, il Caimano ha detto, chiaro e tondo, che si deve a lui se questo governo è nato e che solo per generosità non lo farà cadere “con un fallo di reazione” dopo la sentenza Mediaset che l’altroieri l’ha condannato a 4 anni di carcere e a 5 di interdizione dai pubblici uffici.
Insomma, con schietta ruvidezza Berlusconi ha finalmente detto ciò che tutti avevano capito: Enrico Letta non conta niente e se non ubbidisce alle disposizioni di palazzo Grazioli – oggi l’abolizione dell’Imu, domani la demolizione della giustizia e della legalità – può tranquillamente tornarsene all’amato subbuteo.
Di fronte a tanta insultante arroganza, il Pd riunito a Roma ha reagito con alcuni pigolii e l’unica dichiarazione maschia è di Rosy Bindi. Dopo il suicidio assistito (da Napolitano) del partito, l’Assemblea nazionale è parsa una mesta cerimonia funebre con tanto di esecutore testamentario, l’ottimo Guglielmo Epifani. Non parliamo naturalmente dei milioni di elettori e militanti traditi da un gruppo dirigente desideroso, a quanto pare, di farsi annettere dal Cavaliere. A un certo punto Epifani ha detto: “Abbiamo rischiato di toccare il fondo”. Non è esatto, segretario. Dopo i ceffoni di Brescia, adesso state scavando con buona lena.

Sono osservazioni che spiegano l'orribile realta' in cui stiamo vivendo,il potere indiscriminato che gode costui e' stato possibile grazie a due fattori,da una opposizione che non e' mai riuscita a contrastarlo per dabbenaggine e volutamente,le prove ci sono state con i franchi tiratori su Prodi,e soprattutto dai suoi sostenitori elettorali,i quali non riescono a vergognarsi nel dare fiducia ad un tipo del genere.
L'orribile incubo puo' continuare....Anche Enzo Tortora è stato preso a modello dal solito noto,non ha alcuna vergogna.
&& S.I. &&
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Ma quanto è simpatico Brunetta....

La manifestazione di Berlusconi a Brescia è conclusa. I contestatori se ne sono andati e i berluscones raggiungono i loro pullman. Ma un entusiasta Renato Brunetta non ne ha abbastanza, e continua a camminare scortato dai carabinieri per stringere le mani agli ultimi simpatizzanti rimasti. Le poche contestazioni non lo toccano: “Vergogna”, gli gridano, ma lui nemmeno si volta. Poi si accorge delle telecamere che continuano a seguire i suoi siparietti. “Lei che contratto ha?”, domanda al giornalista de il Fatto Quotidiano. “Ah, è stato precario anche lei, al Fatto”, sottolinea vantandosi delle sue riforme contro la precarietà, “che tristezza”. Ma l’ex ministro ignora che il cronista ha sempre avuto un regolare contratto giornalistico con il nostro giornale. Non contento, il capogruppo alla Camera del Pdl torna all’attacco. E sulla possibile condanna definitiva per Berlusconi nel processo Mediaset taglia corto: “Nessuna soluzione politica, giustizia, giustizia, giustizia”. E ancora: “E se condannano Travaglio? Ciao Travaglio”
di Franz Baraggino

Non poteva che far parte della scuderia caimana un personaggio del genere,insieme a Ferrara,Sgarbi,Sallusti e compagnia bella di Libero,se dovessi elencarli tutti il commento si autodistruggerebbe....Meglio passare oltre anche se l'orribile incubo continua!
&& S.I. &&
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venerdì 10 maggio 2013
Le solite benedizioni della stampa amica del caimano
Gli interdetti
di Marco Travaglio
Mette sempre di buonumore leggere i giornali di B. all’indomani di una sentenza su B. Intanto perché denotano una preoccupante penuria lessicale, ai limiti dell’analfabetismo di ritorno (e anche di andata). Usano sempre le stesse 3 o 4 parole: persecuzione, politicizzazione, orologeria e – ultima new entry – pacificazione. Si domandano il perché di tanti processi a B., con la stessa impudenza con cui Riina si domanda il perché di tanti processi a Riina: l’idea che il numero dei processi di un imputato mai denunciato da nessuno derivi dalla sua capacità criminale non li sfiora proprio. E soprattutto abbandonano ogni barlume di logica: usano le sue presunte “assoluzioni” (quasi sempre prescrizioni del reato commesso o depenalizzazioni del delitto contestato) per dimostrare che B. è un perseguitato, senz’accorgersi che i perseguitati non vengono assolti; e che, dando credito alle sentenze che assolvono, si dà automaticamente credito anche a quelle che condannano. Un altro refrain è quello di inquadrare le sentenze nel clima politico del momento. Se B. viene condannato prima delle elezioni, è una manovra per fargliele perdere; se dopo aver vinto le elezioni, è una rappresaglia contro la vittoria; se dopo averle perse, è un complotto per fiaccare l’opposizione; se mentre va al governo col Pd, è un colpo mortale alla pacificazione del Paese. Qualunque sia la durata dal processo, è sempre troppo breve. Quello sui diritti Mediaset iniziò nel 2006: eppure il Giornale titola sulla “sentenza a tempo di record” e Libero sulla “sentenza lampo”: in effetti appena sette anni per due gradi di giudizio denotano una fretta sospetta. Ci vuole una riforma per rallentare un altro po’. Per Sallusti, “B. è l’unico capitano d’industria che per i giudici non poteva non sapere”. E il suo gemello con le mèches, su Libero, lamenta che in appello non siano stati risentiti tutti i testi e gli imputati (non sa, lo sventurato, che salvo casi eccezionali l’appello si fa sugli atti del primo grado) e che i giudici milanesi, dunque persecutori, hanno “scelto” di confermare i 5 anni di interdizione, Ma “è lecito dubitare” che la “scelta” verrà confermata dalla Cassazione, che per fortuna “non è ancora a Milano”, dunque immune dal virus. Non sa, il poveretto, che per le condanne superiori ai 3 anni è obbligatoria e automatica l’interdizione di 5 anni, e per quelle sopra i 5 anni l’interdizione perpetua (art. 29 Cp). Lorsignori, poi, fingono di ignorare le carte del processo, da cui emerge che B. non è stato condannato perché non poteva non sapere, ma perché sapeva e faceva. Confalonieri “è fortemente plausibile che fosse a conoscenza della frode e, violando i suoi precisi doveri, nulla abbia fatto”, ma in mancanza di prove ulteriori è stato assolto. Su B. invece esistono – si legge nella prima sentenza, confermata l’altroieri – pesano “piene prove orali e documentali”. La testimonianza dell’ex Ad Fininvest Franco Tatò: “L’area dei diritti tv era assolutamente chiusa e impenetrabile, gestita da Bernasconi che dava conto direttamente a Berlusconi e non al Cda”. Quella dell’ex responsabile contratti Silvia Cavanna: “Bernasconi mi diceva ‘picchia giù con i prezzi’ solitamente dopo incontri ad Arcore con Berlusconi”. Una mail del contabile della Fox, Douglas Schwalbe: “Non si vuole che Reteitalia (Fininvest, ndr) faccia figurare utili... i profitti vengono trattenuti in Svizzera”, le reti tv “sono state ideate per perdere soldi... L’impero di Berlusconi funziona come un elaborato shell game con la finalità di evadere le tasse”. La lettera-confessione del produttore-prestanome Frank Agrama: “Ero loro rappresentante” (di Mediaset). Altre formidabili prove non sono disponibili solo perché – racconta la Cavanna – dopo le prime perquisizioni “furono fatti sparire 15 anni di carte in Lussemburgo, credo con camion”. In qualunque altro paese del mondo, uno così non farebbe le marce davanti ai tribunali. Ma al gabbio, nell’ora d’aria.

Ci mancherebbe che la stampa amica del caimano non accorresse come suo solito,un po' ripetitiva ma il lavoro continua a rendere,del resto chi si comporta bene avra' sempre la sua scrivania con stipendio incorporato,ormai anche quando si guardano allo specchio a furia di ripetere gli stessi concetti ci credono senza alcun dubbio.
Pare normale che un paese essendo diviso in questo modo,non potra' che continuare l'inarrestabile deriva,sara' curioso e drammatico visualizzare un giorno il disastro e soprattutto se e quando si porra' rimedio.
&& S.I. &&
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Il minuto di silenzio della curva filadelfia granata

Non posso che essere d'accordo con la scelta della curva filadelfia durante il minuto di silenzio per la morte di Andreotti,ne' fischi,ne' insulti,bensi' la memoria di chi si e' sacrificato per la giustizia.
&& S.I. &&
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giovedì 9 maggio 2013
Le precise considerazioni sulla condanna del caimano per evasione fiscale
Pacificare l’evasione
di Marco Travaglio
Per la prima volta nella sua lunga carriera di imputato, Silvio B. è stato condannato in appello, ultimo grado di merito, a conferma della prima sentenza che gli infliggeva 4 anni di reclusione, 5 di interdizione dai pubblici uffici e 10 milioni di danni da pagare al fisco per una mega-frode fiscale durata dieci anni. Ora gli resta soltanto la Cassazione, presieduta proprio da ieri da un vecchio amico di Previti. Che però può valutare solo i profili di legittimità, mentre i fatti sono definitivamente accertati, così come illustrati dalle motivazioni del Tribunale: B. è un criminale matricolato che ha mostrato “particolare capacità di delinquere nell’architettare” e “ideare una scientifica e sistematica evasione fiscale di portata eccezionale” che gli ha procurato “un’immensa disponibilità economica all’estero, ai danni non solo dello Stato, ma anche di Mediaset e, in termini di concorrenza sleale, delle altre società del settore” tv. Il noto delinquente ha governato l’Italia, direttamente o indirettamente (nascosto dietro Monti e Letta jr.), per 11 anni su 19. È con questo delinquente che il mese scorso il Pd s’è appena alleato per rieleggere Napolitano e fare il governo che deve “pacificare” l’Italia dopo vent’anni di “guerra civile”. La guerra fra guardie e ladri, fra chi non paga le tasse e chi le paga anche per lui. Mentre plotoni di finti tonti rimuovono la biografia penale e politica di B., chiamando “pace” l’impunità al delinquente, e mentre si attende che il Pd trovi le parole per definire il suo pregiato alleato, è il caso di ricordare l’oggetto del processo Mediaset.
Checché ne dicano i servi di Arcore, la Procura ha dimostrato “con piene prove orali e documentali” che nel 1995-'98 (quando B. era già in politica da un pezzo) la Fininvest e poi Mediaset acquistarono 3mila film dalle major Usa con 13mila passaggi contrattuali per gonfiare i costi, abbattere gli utili, pagare meno tasse e accumulare una fortuna per B. e famiglia nei vari paradisi fiscali, con due diversi sistemi: i film rimbalzavano da una società fittizia all’altra, aumentando ogni volta di prezzo (le decine di offshore create ad hoc dall’avvocato Mills, tutte riferibili al mandante B.); e altri passaggi-fantasma venivano assicurati da “intermediari fittizi” come il produttore Frank Agra-ma, prestanome di B., anche lui condannato. Risultato: costi maggiorati per 368 milioni di dollari, con evasioni fiscali sulle varie dichiarazioni fino a quella del 2004. L’inchiesta partì nel 2002, il dibattimento nel 2006. In origine i reati erano tre: falso in bilancio, appropriazione indebita e frode fiscale. Poi i primi due caddero in prescrizione, così come gran parte delle frodi (restano 7,3 milioni). E non solo per il naturale passare del tempo: anzi è un miracolo che il processo sia giunto in fondo, visto che in 11 anni s’è trasformato in una corsa a ostacoli, costellata da ben 11 leggi ad personam. Nel 2001 il primo scudo fiscale. Nel 2002 la controriforma del falso in bilancio che, per le società quotate, abbatte le pene e dimezza la prescrizione; il condono fiscale, che sanava un bel po’ di frodi berlusconiane. Nel 2003 il condono fiscale per i coimputati; il lodo Maccanico-Schifani; lo scudo fiscale-bis. Nel 2005 la ex-Cirielli che tagliava ancora la prescrizione e salvava dall’arresto i condannati ultrasettantenni. Nel 2006 l’indulto del centrosinistra, che condonava 3 anni ai condannati passati e futuri (perciò, se questa sentenza diventerà definitiva prima della prescrizione nel luglio 2014, B. non andrà in galera, ma dovrà lasciare il Senato). Nel 2008-2010 il “lodo” Alfano, il legittimo impedimento (due leggi scritte dall’attuale vice-premier e ministro dell’Interno, poi dichiarate incostituzionali) e lo scudo fiscale-tris.
Ora, per pacificarci definitivamente col delinquente evasore, manca soltanto l’ultimo passaggio: che l’amico Napolitano lo nomini senatore a vita. S’è liberato il posto di Andreotti, lo impone l’ordine alfabetico.

Il delinquente sara' con tutta probabilita' nominato senatore a vita,i silenzi dopo la sentenza tra le fila del Pdl e del Pd meno elle ne sono la verifica.
Ma non diamo tutte le colpe alla politica,alle leggi adpersonam e dalla complicita' di una opposizione che e' andata a braccetto da sempre,diamogliele pure in buona percentuale al popolo sovrano,che in vent'anni e' stato,e lo e' ancora piu' complice.
&& S.I. &&
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mercoledì 8 maggio 2013
Umberto Ambrosoli e l'uscita dall'aula piu' che giustificata

Se l’è andata a cercare
di MASSIMO GRAMELLINI
Mentre il consiglio regionale della Lombardia rendeva omaggio al fantasma di Andreotti, il capo dell’opposizione Umberto Ambrosoli è uscito dall’aula. Suo padre, l’avvocato Giorgio, fu ammazzato sotto casa in una notte di luglio per ordine del banchiere andreottiano Sindona: aveva scoperto che costui era un riciclatore di denaro mafioso. Trent’anni dopo Andreotti commentò l’assassinio di Ambrosoli con queste parole: «Se l’è andata a cercare».
Il perdono è una cosa seria. E’ fatto della stessa sostanza del dolore e si nutre di accettazione e di memoria, non di ipocrisie e rimozioni forzate. La morte livella, ma non cancella. Con buona pace del quotidiano dei vescovi che ieri titolava: «Ora Andreotti è solo luce». Per usare una parola alla moda, Andreotti era divisivo. Lo era da vivo e lo rimane da morto. Purtroppo anche Ambrosoli. Perché esistono due Italie, da sempre. E non è che una sia «buona» e l’altra «cattiva», una di destra e l’altra di sinistra (Giorgio Ambrosoli era un liberale monarchico). Semplicemente c’è un’Italia cinica e accomodante - più che immorale, amorale - che non vuole cambiare il mondo ma usarlo. E un’altra Italia giusta e severa - più che moralista, morale - che cerca di non lasciarsi cambiare e usare dal mondo. Due Italie destinate a non comprendersi mai. Un’esponente lombarda del partito di Berlusconi ha detto che il figlio di Ambrosoli ha mancato di rispetto al morto. Non ricorda, o forse non sa, che anche Andreotti aveva mancato di rispetto a un morto. Quell’uscita dall’aula se l’è andata a cercare.

Al posto del figlio di Ambrosoli mi sarei comportato nello stesso modo,ma non esiste solo l'affermazione andreottiana "se l'e' cercata",al funerale del generale Dalla Chiesa non ci ando' sempre il considerato grande statista,perche' preferiva i battesimi.Caro Gramellini chi detiene il potere per quasi mezzo secolo non puo' che avere un pelo sullo stomaco mica da ridere,ma tra affermazioni orribili e frequentazioni di cui e' stato condannato e prescritto,la storia ha gia' scritto tutto....
&& S.I. &&
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martedì 7 maggio 2013
Giulio Andreotti a tutto tondo!
Giulio, eri tutti loro
di Marco Travaglio
Uno straniero atterrato ieri in Italia da un paese lontano durante la lunga veglia funebre per Andreotti a reti unificate, vedendo le lacrime e ascoltando le lodi dei politici democristi e comunisti, berlusconiani e socialisti, ma anche dei giornalisti e degli intellettuali da riporto di tutte le tendenze e parrocchie, non può non pensare che l’Italia abbia perso un grande statista, il miglior politico di tutti i tempi, un padre della Patria che ha garantito al Paese buongoverno e prosperità, e ciononostante fu perseguitato con accuse false da un pugno di magistrati politicizzati, ma alla fine fu riconosciuto innocente e riabilitato agli occhi di tutti nell’ottica di una finalmente ritrovata pacificazione nazionale. La verità, naturalmente, è esattamente quella opposta. Non solo giudiziaria. Ma anche storica e politica. È raro trovare un politico che ha occupato tante cariche (7 volte premier, 33 volte ministro, da 13 anni senatore a vita) e ha fatto così poco per l’Italia: nessuno - diversamente che per gli altri cavalli di razza Dc, da De Gasperi a Fanfani a Moro - ricorda una sola grande riforma sociale o economica legata al suo nome, una sola scelta politica di ampio respiro per cui meriti di essere ricordato. Andreotti era il simbolo del cinismo al potere, del potere per il potere, fine a se stesso, del “meglio tirare a campare che tirare le cuoia”. Il primo responsabile, per longevità politica, dello sfascio dei conti pubblici che ancora paghiamo salato. Un politico buono a nulla, ma pronto a tutto e capace di tutto. Il principe del trasformismo, che l’aveva portato con la stessa nonchalance a rappresentare la destra, la sinistra e il centro della Dc, a presiedere governi di destra ma anche di compromesso storico, a essere l’uomo degli Usa ma anche degli arabi. Un politico convinto dell’irredimibilità della corruzione e delle collusioni, che usò a piene mani senza mai provare a combatterle, perchè - come diceva Giolitti e come gli suggeriva la natura - “un sarto che deve tagliare un abito per un gobbo, deve fare la gobba anche all’abito”.
Eppure, o forse proprio per questo, era il politico più popolare. Perchè il più somigliante a quell’“italiano medio” che non è tutto il popolo italiano. Ma ne incarna una bella porzione e al contempo la tragica maschera caricaturale. Se però Andreotti spaccava gli italiani, affratellava i politici, che han sempre visto in lui - amici e nemici - il proprio santo patrono e protettore. La sua falsa assoluzione, in fondo, era anche la loro assoluzione. Per il passato e per il futuro. Per questo, quando le Procure di Palermo e Perugia osarono processarlo per mafia e il delitto Pecorelli, si ritrovarono contro tutto il Palazzo. Il massimo che riusciva a balbettare la sinistra era che, sì, aveva qualche frequentazione discutibile, ma che stile, che eleganza in quell’aula di tribunale dove non si era sottratto al processo (il non darsi alla latitanza già diventava un titolo di merito). Fu parlando del suo processo che B. diede dei “matti, antropologicamente diversi dalla razza umana” a tutti i giudici. Fu quando si salvò per prescrizione che Violante criticò l’ex amico Caselli per averlo processato e la Finocchiaro esultò per l’inesistente “assoluzione”. Anche i magistrati più furbi e meno “matti”, come Grasso, si dissociarono dal processo e fecero carriera. Oggi le stesse alte e medie e basse cariche dello Stato che l’altroieri piangevano la morte di Agnese Borsellino piangono la morte di Giulio Andreotti. Ma non è vero che fingano sempre: piangendo Andreotti, almeno, sono sincere. Enrico Letta, alla notizia che la Cassazione aveva giudicato Andreotti mafioso almeno fino al 1980, si abbandonò a pubblici festeggiamenti: “Quante volte da bambino ho sentito nominare Andreotti a casa di zio Gianni. Era la Presenza e basta, venerata da tutti. Io avevo una venerazione per questa Icona!”. E giù lacrime per l’“ingiustizia” subìta dalla venerata Presenza anzi Icona, fortunatamente “andata a buon fine” tant’è che “siamo tutti qui a festeggiare” (un mafioso fino al 1980). L’altro giorno Letta jr. è divenuto presidente del Consiglio. È stato allora che il Divo ha capito di poter chiudere gli occhi tranquillo.

Il titolo dell'articolo di ieri sul Fatto quotidiano online "rinviato a giudizio" e' perfetto, la prescrizione dei reati prima degli anni 80 e' una delle tante vergogne del paese.
Naturalmente lo psicopatico della gnocca non ha perso occasione nell'accusare le solite toghe rosse,nulla di nuovo all'orizzonte..
&& S.I. &&
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