giovedì 23 maggio 2013

Il baratro economico enunciato da Squinzi e i rimedi quasi impossibili




“Il Nord è sull’orlo di un baratro economico che trascinerebbe tutto il nostro Paese indietro, escludendolo dal contesto europeo che conta. Vogliamo questo?”. Sono le parole di Giorgio Squinzi dal palco dell’assemblea di Confindustria, dove interviene davanti a una platea di imprenditori e a una larga rappresentanza del governo, compresi premier e il vicepremier. “Per tornare al nord trainante – dice – le vie sono quelle che abbiamo detto: credito, fisco, giustizia, semplificazione, infrastrutture, uno Stato amico”. In gioco, secondo Confindustria, c’è la tenuta sociale del Paese: “La tenuta del tessuto sociale è messa a dura prova. Le unità di lavoro sono calate di 1,4 milioni. L’occupazione è diminuita pericolosamente, crollata tra i più giovani. I disoccupati sfiorano i tre milioni”. Ma, prosegue, “a onor del vero non è tutta colpa della crisi. Dal 1997 al 2007 il tasso di crescita dell’economia italiana è stato mediamente inferiore di circa un punto percentuale l’anno a quello dei paesi dell’area euro”.

In un passaggio del suo intervento Squinzi ha parlato della percezione che si ha all’esterno dell’associazione industriali: “Non siamo una casta, potere forte o debole che sia, salotto più o meno buono. Noi siamo la casa del capitalismo reale: quello produttivo e dell’innovazione”.

Prima di Squinzi ha preso la parola Enrico Letta, che si è rivolto proprio al presidente di Confindustria spiegando di essere consapevole che la missione è difficile: “Il compito è difficile sento tante aspettative, forse troppe. Non so se ce la faremo, ma so per certo che la metteremo tutta”. Il premier ha tracciato gli obiettivi per “arrivare a una nuova leadership europea in campo industriale”. Quale traguardo? “Raggiungere nel 2020 il 20% del Pil prodotto dall’industria e dalla manifattura in Italia e in Europa. E’ uno sforzo importante ma credo che ce lo dobbiamo dare come obiettivo se vogliamo che l’Europa e l’Italia siano leader nel mondo”.



Forse Squinzi s'è reso conto dell'inutilità della delocalizzazione globalizzante,puoi investire nel breve termine e arricchirti robustamente,ma se crei una landa disperata in occidente, quelle produzioni saranno fini a se stesse,ormai il danno è stato fatto e ci vorranno decenni per invertire la rotta,anche chi sta bene momentaneamente non lo sarà più tra qualche tempo.

In aggiunta noi con altre realtà mediterranee siamo l'anello debole comunitario,non potremo mai competere con una buona parte delle realtà europee.

&& S.I. &&

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