lunedì 31 ottobre 2011

Non puoi donare sangue se sei lesbica,almeno al Policlinico di Roma





La denuncia di una 39enne: mandata via dal Policlinico perché vivo con una donna, sono considerata «a rischio». Ma l'ospedale: nessuna discriminazione

ROMA - «Non puoi donare il sangue perché il tuo rapporto sentimentale è considerato a rischio». È la risposta che un sanitario, al Policlinico Umberto I di Roma, avrebbe dato a una donna lesbica di 39 anni che sabato mattina era andata al centro trasfusionale dell'ospedale per donare il sangue. È quanto racconta lei stessa.


CONVIVENTE - «È una cosa assurda e discriminatoria nei miei confronti», ha detto la donna, impiegata in uno studio di un commercialista, che abita a Roma e convive con la sua compagna da quattro mesi. «Vivo e ho rapporti stabili con lei da quattro mesi, quindi rientro nella possibilità di donare», ha osservato riferendosi al limite previsto, secondo quanto spiegato dai medici della struttura, per escludere fattori di rischio legati ai rapporti sessuali. «Prima non avevo mai donato il sangue - ha raccontato - Quando sono giunta negli uffici del centro trasfusionale mi hanno fatto parlare con una persona, credo un medico, il quale mi ha fatto una serie di domande private, anche sulla mia vita sessuale. Quando gli ho detto che sono omosessuale lui mi ha risposto che purtroppo non potevo donare il sangue in quanto il mio rapporto sentimentale è considerato 'a rischiò per la trasmissione di malattie veneree. Ma io e la mia compagna siamo una coppia normale, ci amiamo e rispettiamo come e forse più di tante altre coppie».
«NESSUNA DISCRIMINAZIONE» - «Non esiste alcuna legge che vieta agli omosessuali di donare il sangue. In generale non possono farlo le persone 'a rischiò. Pertanto è il medico che esegue la visita a stabilire se la persona è a rischio, sulla base di quello che gli viene riferito e, a sua coscienza, decide se possono esserci rischi per chi deve ricevere il sangue. Ovviamente ognuno è libero di avere la propria vita privata e non si giudica nessuno». Così il direttore del Centro trasfusionale del Policlinico Umberto I di Roma Gabriella Girelli replica alla denuncia della donna. «Bisogna in ogni caso - ha precisato - avere un rapporto stabile con una persona da quattro mesi, ma dopo aver somministrato un questionario il medico deve 'reinvestigarè sulla situazione del potenziale donatore con un colloquio e valutare con scrupolo. L'omosessualità non è motivo di esclusione e bisognerebbe verificare nell'ambito del colloquio che cosa in realtà è emerso, ma c'è un segreto professionale da garantire». «A volte si esagera nello scrupolo, ma i rischi vanno valutati scrupolosamente - ha spiegato Girelli - È capitato addirittura che padri di bambini malati, che si erano proposti di donare il sangue, abbiano mentito. In quei casi avevamo avuto riscontri rassicuranti nel questionario e durante i colloqui, ma poi ai test del sangue, erano risultati positivi ad alcune malattie e solo dopo avevano ammesso».

ARCIGAY: FARE CHIAREZZA - «Vietare la donazione di sangue a una persona per il suo orientamento sessuale è una violazione delle norme in materia in vigore nel nostro Paese. Ci auguriamo che sull'episodio sia fatta piena luce». Lo sostengono, in una nota congiunta, il portavoce del Gay Center Fabrizio Marrazzo ed il presidente di Arcigay Roma Roberto Stocco. «Non bisogna creare - aggiungono - allarmismo sociale sul tema della donazione di sangue, nell'interesse di tutti i cittadini, anche lesbiche, gay e trans, che con senso civico donano il sangue, sia per chi lo riceve. Si tratta di una questione che va affrontata dal punto di vista medico e scientifico. Come associazioni - concludono - monitoriamo costantemente le procedure e lavoriamo per evitare ogni forma di discriminazione»



Conosco anch'io la prassi,essendo coinvolto nella donazione,la donna avesse dichiarato d'essere eterosessuale e di convivere da quattro mesi col partner non ci sarebbe stata alcuna obiezione,dichiarando il contrario in questo paese si va automaticamente in discriminazione,magari come sffermato su questo articolo d'essere molto cauti in certi casi.

La responsabilità è di chi sottoscrive il documento con la propria firma,e sarà lui a subire le conseguenze legali d'una falsa dichiarazione,quella interpretata dal Policlinico suona come attaccarsi ai vetri,per evitare d'ammettere che ci sono due pesi e due misure.

&& S.I. &&


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domenica 30 ottobre 2011

Il trend dell'imprenditore che scende in politica



Dopo Montezemolo e Della Valle, tra gli imprenditori si è scatenata la corsa alla politica. Ed è sceso in campo anche il re della pasta abrasiva per la rimozione delle piastrelle. Però qui si tifa per Paki Elkan, il fratello sconosciuto di Lapo e John


Non solo Marcegaglia, Montezemolo e Della Valle. Anche altri imprenditori italiani avrebbero intenzione di scendere in campo per salvare il Paese, secondo la fortunata tendenza inaugurata dal loro collega Silvio Berlusconi nel 1994.

Paride Sorbole. Modenese, sessantenne, miliardario, è il re della pasta abrasiva per la rimozione delle piastrelle in vetrocemento. Ama dire agli amici: "Se sono diventato il re della pasta abrasiva per la rimozione delle piastrelle in vetrocemento, non vedo perché non potrei governare il mio Paese". Secondo i sondaggisti, milioni di italiani pensano che il ragionamento sia inappuntabile e non vedono l'ora di votarlo. Per evitare il conflitto di interessi, ha già annunciato che in caso di vittoria elettorale il suo primo atto sarà la cessione della sua fabbrica ai figli Loris, Lorena e Luana. Il secondo sarà nominare i tre figli ministro dell'Economia, dell'Industria e del Tesoro.

Dorino Pantaleon. Vicentino, sessantenne, miliardario, è il re della pasta abrasiva per la rimozione delle piastrelle di linoleum. Non aveva alcuna intenzione di scendere in campo, ma quando ha saputo che il suo grande rivale Paride Sorbole intende candidarsi, ha deciso di raccogliere la sfida. Il suo motto è: "Il re della pasta abrasiva per la rimozione delle piastrelle di linoleum non può essere da meno del re della pasta abrasiva per la rimozione delle piastrelle in vetrocemento". Secondo i sondaggi milioni di italiani sono affascinati dalla sfida tra Sorbole e Pantaleon e, se potessero, voterebbero per entrambi.

Furio Oto Melara. E' l'ultimogenito della celebre dinastia di industriali delle armi. Allontanato anni fa dalla gestione aziendale perché collaudava personalmente i nuovi pezzi d'artiglieria sparando dalla finestra dell'ufficio, secondo voci incontrollate intenderebbe prendersi una clamorosa rivincita scendendo in campo con pochi fedelissimi, armato fino ai denti, e occupando il Parlamento. Assumerebbe il titolo di Gran Maresciallo d'Italia e si stabilirebbe al Quirinale. Un gruppo di giornalisti, che si era recato nel suo quartier generale per chiedergli il programma di governo, non ha mai fatto ritorno.

Lapo Elkann. Non scende in campo da solo, ma con la forza d'urto del suo "Brain Lab for a New World", la fondazione che ha messo in rete migliaia di cervelli sotto i trent'anni. Costato cinque miliardi di euro, nei primi due anni di lavoro il Brain Lab di Lapo ha progettato un pettine di nuova concezione, in grado di orientare i capelli ogni giorno in una direzione diversa, e una felpa con la scritta "I love NY" che ha già superato con successo i primi due gradi del processo per plagio intentato da un centinaio di marchi d'abbigliamento sparsi in tutto il mondo. Sono già trapelate le prime righe del discorso con il quale Lapo annuncerà il suo impegno politico. "Saremo e faremo qualcosa di grosso per voi, perché viviamo per cambiare e cambiamo per vivere, con tutti gli italiani l'appuntamento è stanotte al Polly Studium, nella Sessantesima Strada, da mezzanotte in poi. E ricordatevi, noi non siamo l'idea, l'idea siete voi".

Paki Elkann. E' il fratello maggiore di Lapo e John Elkann. Fino ad oggi era rimasto in ombra: a dodici anni la famiglia lo aveva chiuso in un convento per disintossicarlo dal gioco dei dadi. Paki, in vent'anni di clausura, è profondamente cambiato. Ha sviluppato una fortissima sensibilità ambientalista e ha progettato, con l'aiuto delle suore, un motore alimentato a trifoglio che ai primi collaudi ha dimostrato di funzionare perfettamente. Ha donato ai poveri tutti i suoi beni, veste con un saio bianco, coltiva l'orto e sostiene la decrescita. Medita di scendere in campo con una coalizione ambientalista ma secondo i servizi segreti ha una possibilità su mille di scampare ai molteplici attentati che Marchionne, Confindustria e Confcommercio stanno preparando contro di lui.



Con la globalizzazione rischiano di rimanere disoccupati anche loro,sfruttare una certa notorietà potrebbe risultare appetibile,e poi tramite i figli con quel che rimane delle imprese in occidente possono pensarci loro,gli stipendi da politico non sono male,e con i vitalizi ci si mette apposto tutta la vita,tanto paghiamo noi!

[ Kenzo ]


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sabato 29 ottobre 2011

Servizio pubblico di Santoro e lo spot del berlusca



Dall'idea di Vauro lo spot del caimano



Essendo il miglior imbonitore del globo,penso che lo spot avrà sicuramente successo,consiglio a Vauro di dargli la paghetta per il servizio,con un pò di gnocca lo farà contento…

&& S.I. &&


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Il big bang di Renzi,la naturale prosecuzione berlusconiana



[ vignetta dall'inserto satirico ]

Renzi diverte, dirige, partecipa, stringe mani senza sosta, parla con tutti. Tocca le corde dell’emotività dei presenti, proponendo spezzoni di film come “21 grammi”. Si dimostra un comunicatore d’eccezione, uno stratega del messaggio politico trasmesso in modo incisivo, spesso con un particolare taglio personalistico, per molti in pieno stile berlusconiano. Qualcuno lo dice a chiare lettere che gli somiglia. “E’ il Berlusconi del Pd” rumoreggia un fiorentino. Dopotutto i segnali sono molti. C’è la finta libreria riprodotta sulla schermata che fa da sfondo alla postazione che ospita gli interventi, e che ricorda molto quella della discesa in campo di Berlusconi. C’è la comunicatività tra la gente, ben rappresentata dal modo di girare tra i tavoli allestiti per il buffet, e c’è Renzi che non perde occasione per fare pubbliche relazioni e concedere foto. Sempre mantenendo il sorriso stampato sul volto, mai rigato dalla stanchezza. A contribuire alla sua “immagine”, poi, ci sono le iniziative collaterali: il servizio di babysitting, gli stand pieni di penne, t-shirt e gadget con il logo dell’evento. E il campetto da basket e quello da calcetto, allestiti davanti alla Leopolda, che hanno rappresentato un segnale di accoglienza perfetto – volontario o meno – per Billy Costacurta, il difensore del Milan che a sorpresa ha fatto tappa a Firenze per la kermesse renziana.


Le dichiarazioni negative su Renzi il rottamatore


Intanto arrivano le reazioni politiche a distanza di chi alla Leopolda non c’è: “Renzi sei il vecchio”, afferma il leader di Sel Nichi Vendola dai microfoni di Radio 24. “Considero Renzi una persona molto interessante, molto simpatica, con una cultura politica essenzialmente di destra”. E dunque “incapace di porre il tema della fuoriuscita dal disastro che il liberismo, in un trentennio, ha compiuto nel mondo intero e quindi mi sento molto antagonista delle ragioni di Renzi”. Vendola rimarca invece “una sensibilità comune a quella di Pierluigi Bersani nella ricerca di quella giustizia sociale che deve essere il cuore di una politica di alternativa”. Stoccata finale: “Renzi è molto più giovane di me e di Bersani ma è molto più vecchio culturalmente e politicamente di me e di Bersani. Renzi è vecchio quanto è vecchia la rivoluzione liberista nel mondo”.



Che dire di Renzi,come titolato per questo paese è il naturale proseguimento berlusconiano,pur partendo dal Pd,meglio dire da una apparente opposizione,anche senza di lui le idee da quelle parti rimangono confuse come una maionese impazzita,lo stesso aggiunge una notevole spinta al liberismo che ha già creato dei danni notevoli all'economia non solo nazionale.

Direi per riassumere che nelle misure prese dalla destra in questa settimana,ovvero nella più palese macelleria sociale,lui con la classica puzza sotto al naso e dalla brillante parlantina toscana,può aggiungere un pò di sale per condimento!

&& S.I. &&


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I deliri leghisti e l'assistenzialismo senza fondo del Mezzogiorno



La rappresentazione di Dante e Virgilio nel girone infernale

Quel terrone di Virgilio

di Massimo Gramellini


Leggo sul blog «L’Indro» che un assessore leghista di Mantova (capitale delle zucche, anche di quelle vuote) si oppone fieramente alle celebrazioni con cui la città sta onorando in queste settimane il suo figlio più famoso, Publio Virgilio Marone.

Già la professione del Marone, poeta, deve aver insospettito l’assessur. I poeti sono gente che produce chiacchiere, mica truciolato e tantomeno fatturato (se non molti secoli dopo la morte, sotto forma di libri di testo adottati dalle scuole rosse). Inoltre il Marone era un traditore. Scriveva in una lingua astrusa: il latino. Ed era emigrato al Sud. Non solo a Roma ladrona, dove aveva bazzicato il governo centralista di un certo Augusto Imperatore. Addirittura più giù, nelle ville campane e sicule del suo sponsor Mecenate.

Non pago, era andato a morire in Puglia, che allora si chiamava Calabria (tant l’è i’stess), e si era fatto seppellire a Napoli, in attesa di finire giustamente all’Inferno con quel cattolico di sinistra, il Dante. E nessuno salti su a parlare di macchina del fango: il Marone ha confessato tutto. Nel famoso epitaffio: «Mantua me genuit, Calabri rapuere, tenec nunc Parthenope». Mantova mi generò, la Calabria mi rapì, ora mi custodisce Napoli. Ecco, se lo tenga, è il pensiero dell’assessore Vincenzo Chizzini. Che al posto di Virgilio ha proposto di festeggiare un mantovano doc, Teofilo Folengo. Poeta anche lui (nessuno è perfetto), ma inventore del maccheronico, penultima evoluzione del linguaggio padano prima di quella, definitiva, rappresentata dal dito medio del Bossi.



La classe dirigente leghista e il suo popolo è spinta dal razzismo più becero,certo è senza generalizzare che il sud,più propriamente chiamato Mezzogiorno gliene ha dati di alibi per sostenere certi deliri,ad iniziare dai centinaia di guardia parco in Calabria e tutto lo statalismo meglio chiamato assistenzialismo,ma Virgilio può riposare in pace alla faccia dell'assessore.

&& S.I. &&


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venerdì 28 ottobre 2011

Campagna abbonamenti al Fatto quotidiano,l'ambizione d'arrivare a trentamila



Da oggi essere liberi costa un po’ meno
Abbònati (con sconto) al Fatto Quotidiano





Cari abbonati, cari lettori,

parte in questi giorni la seconda campagna abbonamenti al Fatto Quotidiano. Per un giornale come il nostro, che ha rifiutato il finanziamento pubblico, è importante guardare al 2012 sapendo di avere già in bilancio uno zoccolo duro di sostenitori. Anche per questo vi chiediamo, se potete e volete farlo, di abbonarvi o rinnovare il vostro abbonamento cliccando qui.

In questi ultimi mesi ci siamo rafforzati. Abbiamo assunto nuovi giornalisti di talento, abbiamo allargato il numero dei collaboratori, abbiamo inaugurato un inserto culturale e abbiamo deciso, in nome della libertà d’informazione, di partecipare economicamente al progetto di Michele Santoro che metterà in onda Servizio Pubblico. Nelle prossime settimane vedrà la luce la nostra web tv e proprio per questo stiamo ora investendo risorse in nuovi mezzi tecnici e collaboratori.


Tutto questo, è bene dirlo chiaramente, è solo merito vostro. Grazie a voi, senza avere alle spalle editori ricchi di capitali e senza doverci prostituire con le banche andando a caccia di prestiti e mutui, siamo riusciti nel nostro intento: quello di avere tra le mani un giornale non ricattabile da nessuno. Né dalla politica, né dalla finanza, né dalla pubblicità. Un quotidiano, cartaceo e online, che non ha alcuna intenzione di smettere di crescere.

Insomma, vi siamo riconoscenti. Ma vogliamo, col vostro aiuto, fare ancora di più e meglio. Sarebbe una grande impresa, oltreché un grande orgoglio, riuscire a superare il record di abbonati dell’anno scorso. Su Facebook abbiamo ormai oltre 600 mila amici e la pagina Marco Travaglio veleggia ben oltre il milione. Per questo pensiamo che sia possibile andare oltre l’attuale quota di 30 mila abbonati. E per questo ci sembra giusto applicare uno sconto a tutti coloro che si abboneranno (per esempio, l’abbonamento in pdf torna a 100 euro, come nel 2010). Perché, se è vero che la libertà ha un prezzo, al Fatto Quotidiano essere liberi costa un po’ meno.

Grazie per quello che potrete e vorrete fare.

Antonio Padellaro, Peter Gomez e Marco Travaglio



Fiero d’esserlo dal 2010 e lettore da qualche giorno fino ad ottobre del 2012,come un’onda anomala senza causare alcun danno,anzi un forza impressionante d’informazione.

Avanti così state e stiamo facendo preoccupare non solo la concorrenza,bensì quasi tutto l’arco politico!

[@#& blog Freedom &#@]


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La tragedia Simoncelli e le altre dimenticate

Alla memoria di Marco Simoncelli e delle altre quotidiane discretamente dimenticate





Quelli che muoiono presto

di Massimo Gramellini

Da sempre la morte rende mitici i giovani che la incontrano lungo la strada dei propri sogni. Ma forse la tantissima Italia che si è innamorata post mortem di un motociclista che fino alla settimana scorsa era noto soltanto agli appassionati cerca di raccontarci qualcosa di più.

Il fenomeno Simoncelli ha colto di sorpresa persino i suoi amici, che continuano a ripetere: non immaginavamo fosse così amato. Infatti non lo era, prima della tragedia, se non nel cerchio magico che ieri si è stretto intorno alla sua bara, in uno dei funerali più coinvolgenti a cui mi sia capitato di assistere in televisione: confesso che quando Valentino Rossi ha fatto rombare la Honda numero 58 in mezzo alla navata centrale della chiesa, le lacrime sono franate a valle senza incontrare resistenza.

Da qualche giorno Simoncelli è il nome più ricercato sul Web e il titolo più letto sui giornali. Certo: è morto giovane come il Grande Torino, come James Dean. E in quel modo orribile, riproposto ossessivamente dalla tirannia delle immagini che governa le nostre emozioni. Però c’è dell’altro. C’è che Simoncelli non era un campione consacrato, ma una potenzialità. Era quel verbo futuro che non riusciamo a coniugare nelle nostre vite, appiattite in un eterno presente senza traguardi né desideri che non siano la difesa angosciata dell’esistente.

La sua fine ci commuove e ci spaventa. Perché è come se ci avessero ammazzato il futuro, dando forma a una nostra paura profonda. E mette i brividi, adesso, riascoltare i versi della sua canzone preferita, l’anacoluto più famoso e terribile di Vasco e dell’intera musica italiana: «Siamo solo noi. Quelli che poi muoiono presto. Quelli che però è lo stesso».



Con tutto il rispetto e la commozione possibile per una vita spezzata così giovane,a me pare sia stata enfatizzata più del dovuto la tragedia,nell'era della spettacolarizzazione mediatica non poteva che essere così,delle vite spezzate sui cantieri o in qualsiasi posto di lavoro ci siamo abituati,mi creda Gram c'è molto altro per commuoversi quotidianamente,basti pensare a buona parte dell'umanità!

&& S.I. &&


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giovedì 27 ottobre 2011

Un aiuto concreto per il levante ligure e la Toscana

Il disastro a Monterosso (cinque terre)





Un aiuto per le zone alluvionate

Raccolta fondi del Corriere e del Tg La7

Il Corriere della Sera e il Tg La7 hanno promosso una raccolta fondi per aiutare le popolazioni colpite dal maltempo nel Levante ligure e in Lunigiana. I versamenti si possono effettuare al conto corrente IT 80 O 03069 05061 100000000567 , indicando come beneficiario «Un aiuto subito. Alluvione Levante ligure e Lunigiana» presso Banca Intesa Sanpaolo, filiale di Roma, viale Lina Cavalieri 236.

[@#& blog Freedom &#@]

Tutto frana e a Montecitorio s'azzuffano



Una delle tante figuracce all'estero,ormai troppo numerose per avere delle possibilità di tornare ad essere un paese considerato serio.

Camera bassa

di Massimo Gramellini

Franano pezzi di Liguria e di Toscana, trascinandosi un fardello pesante di morti. L’Italia si gioca quel che resta della sua faccia (forse solo il cerone) con una lettera d’intenti all'Unione Europea. Fini ricorda a Ballarò che la moglie di Bossi riceve la pensione dall’età di 39 anni. Secondo voi quale di queste tre notizie ha catalizzato ieri l’interesse dei nostri deputati?

Non ci sconvolge l’idea che due di loro si siano picchiati: siamo arrivati persino a pensare che la vera riforma istituzionale potrebbe essere una rissa collettiva, come quelle che Sergio Leone ambientava nei saloon e dalle quali non si rialzava più nessuno. Ma è davvero umiliante che un bossiano e un finiano si siano strappati a vicenda la camicia per una disputa che riguardava solo i rispettivi capi e i loro cerchi più o meno magici. E neanche per la strada, dove almeno avrebbero potuto essere arrestati per disturbo della quiete pubblica e condannati a un lavoro socialmente utile: qualunque altro. Si sono scazzottati nell’aula di Montecitorio, davanti a una scolaresca che assisteva allo spettacolo circense dalla tribuna del pubblico. E proprio quando la nostra reputazione all’estero, mai così bassa dai tempi dei Visigoti, suggerirebbe ai rappresentanti della Nazione di assumere atteggiamenti compatibili con lo scranno indegnamente ingombrato dai loro glutei. Ecco a cosa si è ridotto il Parlamento del Porcellum: manipoli di sgherri fedeli a questo o a quel capo-bastone che sguainano le mani per bisticci di bottega, mentre fuori tutto frana.



Stamattina sono entusiasta faccio parte anch'io dei precari e mi sento più giovane,finalmente potrò lavorare fino a 67 anni quasi alla soglia della dipartita.Ma soprattutto sono felice d'avere una classe politica pagata lautamente e con vitalizio incorporato.Davvero un "wonferful world",grazie casta non potevate fare di meglio!

&& S.I. &&


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mercoledì 26 ottobre 2011

Dal caimano & company la soluzione più facile,da oggi siamo tutti precari




Come al solito sono le soluzioni più facili quelle interpretate da questa destra inguardabile,sarà possibile licenziare in qualsiasi momento così la precarietà sarà generale,per chi rimarrà disoccupato dovrà arrangiarsi,sono impensabili in Italia le protezioni dei lavoratori in Germania e in altri paesi più civili del nostro.

Grazie per far diventare dei potenziali barboni moltissimi lavoratori!

&& S.I. &&


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Bossi & Berlusca:Come Totò e Peppino



Punto e virgola

di Massimo Gramellini


Grazie alla cortese collaborazione dei magistrati intercettatori Totò Stalin e Peppino Guevara, siamo in grado di fornirvi il testo della storica lettera all’Unione europea che Bossi ha dettato ieri sera a Berlusconi.

«Giovanotto, carta penna e calamaio. Scriviamo… Hai scritto? Comincia, su. Signora Merkel, veniamo noi con questa mia a dirvi , una parola sola: adirvi, che, scusate se sono poche, ma 5 ville in Sardegna noio ci fanno comodo, specie quest’anno che c’è stata una grande moria delle vacche, come voi ben sapete. Punto, due punti, ma sì, Silvio, fai vedere che abbondiamo: abbondandis in abbondandum. Queste ville servono a che voi vi consola-

consolate, non Consuelo a Linate, non mi far perdere il filo, che ce l’ho tutta qui… a che voi vi consolate dai dispiacere che avreta.. avreta, smetti di fare quella faccia: avreta è femminile, Merkel è una femmina, no? Perché - aggettivo qualificativo, ho chiesto a Calderoli - dovete lasciare in pace i pensionati, ché i ministri, che siamo noi medesimi in persona, vi mandano questo… Incartami il contratto delle tue ville, su. Perché i pensionati sono vecchi che invecchiano, che si devono prendere una pensione e che hanno la testa al solito posto che a voi signora Merkel manca, e cioè sul collo. Punto e punto e virgola. Lascia stare, abbonda, che poi dicono che noi padani siamo tirati, siamo provinciali. Salutandovi indistintamente. I ministri Bossi e Berlusconi , apri una parente, (che siamo noi) . Silvio, hai aperto la parente? Chiudila e andiamo a casa. S’è fatto tardi».



Provi lei a lavorare in produzione fino a 67 anni,c'è lavoro e lavoro,e siccome qui in Italia i "padroni" non distinguono le potenziali prestazioni tra un trentenne e un sessantenne,e se si perde il lavoro dopo i 50 anni si diventa barboni,senza nominare tutti i servizi presenti nelle democrazie più evolute e qui mancanti o alquanto pessimi.Meglio lavorare su una comoda
scrivania,vero!Che lavorare in Production più di 50 anni,in Italia poi dove va sempre di moda "armatevi e partite e soprattutto arrangiatevi".

Sulla coppia che comanda adesso in Italia che dire,siamo nelle loro mani,e proprio per questo siamo derisi a livello planetario,uno per le escort l'altro per i gestacci.

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martedì 25 ottobre 2011

Tav:Ovvero l'inutilità allo stato puro



Troiate ad Alta Velocità

di Marco Travaglio

Spiace per i gufi e gli sciacalli dei partiti e dei giornali, ma alla manifestazione anti-Tav è filato tutto liscio: 10-15 mila persone a volto scoperto, armate soltanto delle proprie ragioni, come nella stragrande maggioranza dei cortei degli ultimi vent’anni in Val di Susa. Che non sono ideologici o emotivi: sono basati sui dati e non c’entrano nulla con la sindrome Nimby (non nel mio quartiere). La gente della Valsusa, come ogni italiano sano di mente, non è contro le opere pubbliche. È contro quell’opera. Perché non serve a nulla, costa uno sproposito, devasta ambiente e paesaggio molto più dello smog causato dai tir. Chi avesse ancora dei dubbi si riveda su Internet la prima puntata di Report. Emanuele Bellano ha messo a confronto le ragioni dei Sì Tav e dei No Tav e, per i primi, è stato un bagno di sangue. Anzi di ridicolo. Il giornalista sbatteva i dati ufficiali in faccia allo sgovernatore del Piemonte, l’acuto Roberto Cota. Il quale, con lo sguardo penetrante tipico della triglia lessa, rispondeva con supercazzole del tipo: “La Tav (per lui, treno è famminile, ndr) apre il Piemonte e tutto il sistema-Paese all’Europa. Prima di tutto è un’apertura psicologica, di prospettiva”. Inutile far notare che la linea ferroviaria storica Torino-Modane è sottoutilizzata per un sesto della sua capacità: “Se vuole intervistarmi sulla Tav, prenda appuntamento”. Poi se la dava a gambe. Come tutti i politici di destra, di centro e del Pd quando s’imbattono nei fatti e nei dati. Nel 1991 il primo studio di fattibilità commissionato dalla Regione al comitato Alta Velocità prevedeva che il traffico passeggeri fra Italia e Francia sarebbe passato da 1 milione e mezzo di persone a 7,7 milioni nel 2002. Invece, vent’anni dopo, è precipitato a 7-800 mila. Dunque il Tav non serve per il trasporto passeggeri. Infatti, per giustificarlo ex post, si prese a dire che era indispensabile per le merci e gli cambiarono nome: da Alta Velocità ad Alta Capacità. Purtroppo, secondo l’Ufficio Federale Trasporti della Svizzera, il traffico merci fra Italia e Francia sta colando a picco da 10 anni: dagli 8 milioni di tonnellate del 2000 ai 2,5 del 2009. Infatti gli interporti di Susa e Orbassano sono semideserti e i treni merci sulla linea storica Torino-Modane sono vuoti all’80%: potrebbero trasportare 20 milioni di tonnellate, invece ne scarrozzano meno di un sesto. Il grosso delle merci passa dal Gottardo e dal Brennero. Ma ecco la trovata geniale del sottosegretario ai Trasporti, Mino Giachino: “Il progetto è stato riconvertito da passeggeri a merci perché è caduto il muro di Berlino (in verità era già caduto nel 1989, due anni prima che partisse il progetto, ndr). Ma la Tav (e dàgli, ndr) consentirà di collegare le merci da Lisbona a Torino fino a Kiev”. Resta da capire quali merci il Portogallo dovrebbe spedire in Ucraina alla velocità della luce, e viceversa. Ma ecco l’ultima scusa inventata da Cota: l’“apertura psicologica”. Un bel buco psicologico, anzi psichiatrico di 50 km che in 15 anni di lavori asporterà 1 milione di tonnellate di detriti da una montagna ricca di amianto e radioattività. Il tutto per la modica cifra di 22 miliardi, salvo rincari. “Li pagheranno – osserva Milena Gabanelli – i nostri figli disoccupati”. Ma di queste cose è vietato parlare. Soprattutto per il Pd, passato da Falce&Martello a Calce&Trivello. Chiamparino, l’ex sindaco-banchiere, invita Bersani a farsi fotografare con Di Pietro e Vendola “solo se dicono pubblicamente che sono per la Tav (e ridàgli, ndr)”. Il sindaco-fossile Fassino definisce i No Tav “antistorici”. E il segretario regionale Morgando ha minacciato gli iscritti tentati dal manifestare contro il Dio Tav: “È dirimente per gli iscritti al Pd la non partecipazione. Non consideriamo legittimo che aderiscano alla manifestazione di domenica. Sarà messa in discussione la convivenza nel partito con queste persone”. Manco fossero dei pregiudicati. Anzi no, fossero pregiudicati verrebbero iscritti d’ufficio.



Le opere faraoniche sono appetite dalla comunità europea,anche quando diedero la risposta positiva su quel ponte sullo stretto,che sarebbe diventato come una cattedrale nel deserto,poichè nel Mezzogiorno servirebbero opere ben più prioritarie.

Mi auguro che la comunità valsusina non debba soccombere nei lavori che dureranno almeno una trentina d'anni,e come ben spiegato da Travaglio e da altri esperti non è assolutamente prioritaria,anzi,essendo già sotto dimensionati i passaggi dei treni passeggeri e merci nell'attuale via ferrata.

&& S.I. &&


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lunedì 24 ottobre 2011

L'Italia ad un passo dalla secessione





Ormai l’Italia si spacca,gli sprechi inammissibili una realtà quotidiana diventeranno intollerabili con le ultime imposizioni della Ue,poichè seppur vero che in Europa si vada più tardi in pensione,il range dei servizi sociali,del welfare,della sanità risultano ben più alti rispetto ai nostri,in aggiunta al tenore di vita e degli stipendi presenti nell'Europa centro-settentrionale.
Qui si pretende di lavorare di più,grazie ad una evasione fiscale senza eguali,al parassitismo,allo statalismo,e con i conti dell’inps assolutamente in positivo,per chi ha iniziato a lavorare tra i 15-18 anni,ci vorranno 50-52 di contributi per avere uno straccio di pensione,magari ad un passo dal viale del tramonto della vita.

Non ho mai dato ragione alla Lega,ma questa volta complici le imposizioni Ue,le do pienamente il mio appoggio,in piazza ci sarò anch’io,a costo della spaccatura dell’Italia,poichè non si possono imporre sacrifici di questo tipo,sapendo a priori che buona parte della ricchezza del nord prende la via del mezzogiorno nel solito e consolidato voto di scambio,ovvero posti di lavoro parassitari per un certo numero di voti.

Insieme all'evasione fiscale,agli appalti pubblici gonfiati a dismisura rispetto la media europea,tutto ciò è insopportabile,ho idea che quest'ultima riforma pensionistica potrebbe diventare la classica goccia che farà traboccare il vaso,con le conseguenze riportate dal titolo del post.

&& S.I. &&

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L'inutile premier manco più da barzelletta

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Risultavano quasi tutte banali tendente alla volgarità più insensata,dall'ultimo vertice Ue ormai non serve manco più per le stronzate!

&& S.I. &&

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domenica 23 ottobre 2011

Il terzo incomodo chiamato Movimento cinque stelle




Ex-voti

di Marco Travaglio


Abbiamo sempre pensato e scritto che B. e i finti oppositori che gli hanno garantito così lunga vita non siano uguali, ma complementari. Da 17 anni, in questa eterna Bicamerale strisciante, si sostengono a vicenda. A B. fa comodo un centrosinistra per metà molliccio e compromissorio che gliele dà tutte vinte (i sedicenti “riformisti”, in realtà inciucisti); e per metà parolaio e inconcludente, che gli serve a perpetuare la leggenda del comunismo in agguato (la sedicente “sinistra radicale” che di radicale non ha nulla, ieri con Bertinotti e oggi con Vendola). E al centrosinistra fa gioco una destra impresentabile, guidata da un tale manigoldo che consente loro di vantarsi di non essere come lui, nel senso che sono un po’ meno peggio, e di lucrare di rendita sulla paura del babau. Poi qualcuno si meraviglia se Cinquestelle sfiora il 6% in Molise, rischiando di eguagliare il Pd, sceso addirittura sotto il 10. E c’è pure qualche buontempone che dà la colpa (o il merito) a Grillo se lo sgovernatore plurinquisito Michele Iorio viene rieletto per la terza volta. Lo dice il Pd, lo ripete il giorno dopo B. Ora, non si vede perché mai Cinquestelle avrebbe dovuto allearsi col Pd, che ha sempre considerato i grillini come dei pericolosi facinorosi. Né si comprende di quale “tradimento” sarebbero colpevoli, visto che si sono sempre detti alternativi a questa destra e a questa sinistra: non per puzza sotto il naso, ma per totale incompatibilità programmatica. Se tengono tanto all’alleanza coi grillini, i partiti non hanno che da far proprie alcune delle loro proposte. A cominciare da un nuovo modello di sviluppo e di progresso, fondato sulla decrescita e non sul pil del consumo e del cemento. E da una nuova politica, leggera, giovane, trasparente, di servizio, senza soldi pubblici né strutture elefantiache. Si è pure evocato, a proposito del caso Molise, il parallelo con il caso Piemonte, dove due anni fa la governatrice Bresso fu battuta dal leghista Cota perché i grillini non avevano votato Pd. Se è per questo, non avevano votato neppure per Cota. Senza la lista Cinquestelle, non avrebbero votato per nessuno. Perché mai infatti un grillino piemontese dovrebbe votare Pd, o Lega, o Pdl, o Udc, visto che sono tutti d’accordo sul mostro insensato chiamato Tav? Quello che questi partitocrati rincoglioniti, presunti “professionisti della politica”, non riescono proprio a capire è un dato banalissimo: Grillo non è la causa delle loro disgrazie, ma è l’effetto. I suoi voti sono ex-voti che i partiti hanno perduto da un pezzo e non li riconquisteranno più, almeno finché seguiteranno a esibire certe facce, programmi e comportamenti. A comportarsi come una Casta di intoccabili. A sentirsi molto più vicini agli altri soci della Politica Spa che ai cittadini. Per quanto si sforzi, Grillo non riuscirà mai a danneggiare il Pd quanto lo danneggiano certi suoi dirigenti. Il caso Penati è colpa di Grillo? È colpa di Grillo se D’Alema volava a scrocco sui jet di una compagnia privata che pagava tangenti al rappresentante del Pd all’Enac in cambio di favori nelle gare e finanziava la fondazione Italianieuropei? E come può pensare di cavarsela pagando il disturbo dopo che l’hanno scoperto come un Minzolini qualunque? La legge sui finanziamenti ai partiti è una vergogna, perché aggira il referendum del ‘93 col trucchetto dei “rimborsi elettorali”. Ma si è riusciti ad aggirare pure quella, accettando contributi privati (volare gratis è un modo per farsi finanziare di nascosto) senza dichiararli alla Camera e senza che chi li ha versati li registrasse a bilancio. Perché il Pd ha un “responsabile per il trasporto aereo”? Perché l’ha piazzato all’Enac, che poi favoriva nelle gare chi gli pagava tangenti e finanziava la fondazione dalemiana? E perché, come il Fatto chiede da mesi, Italianieuropei non rende pubblico l’elenco dei suoi inserzionisti e finanziatori? Sarà mica colpa di Grillo?



Rammento la Bresso in Piemonte circa un paio d'anni fa,lamentarsi del voto dispersivo dovuto al Movimento cinque stelle,quei voti non sono da considerare un emorragia dall'elettorato di csx e men che mai di quello del cdx,coloro che votano questa parte politica ne devono avere di stomaco,un pò meno pelo di chi decide di scegliere gli incapaci e inconcludenti dei democratici.

Sono voti quelli del Movimento cinque stelle che seppur isolati dal resto delle coalizioni,i quali non si materializzerebbero,fino a quando una buona parte dell'elettorato non si sveglierà dal torpore,e riuscirà a metabolizzare una casta indecente,il movimento di Grillo rimarrà all'Aventino,anche se per qualsiasi movimento nato da poco tempo,è necessaria la naturale maturazione e conoscenza dello stesso,con gli anni sono destinati con tutta probabilità ad aumentare notevolmente.

Almeno me lo auguro!

&& S.I. &&


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La pessima distorsione del sistema Italia

La tabella riportata è stata prelevata da Lara Ferri tramite la piattaforma di google+

click Lara Ferri



La pubblicazione su Freedom non poteva mancare,una palese distorsione del sistema Italia risulta evidente.

Purtroppo non posso inserirla nella bacheca (parte sinistra del blog) essendo troppo spaziosa,affinchè rimanesse indelebile nel tempo.

&& S.I. &&


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sabato 22 ottobre 2011

Max D'Alema e l'insostenibile leggerezza del potere






Il gabbiano Max


di Massimo Gramellini


Lo scandaletto dei cinque voli aerei regalati a D’Alema da un arzillo faccendiere finirà probabilmente nel vuoto cosmico. E non perché D’Alema sia un comunista amico di magistrati comunisti, come sostengono i gladiatori stilografici dell’imperatore, ma in quanto si tratta solo di una piccola sciatteria di potere, ramo in cui Max è maestro.

La carriera di quest’uomo è stata avversata da continui problemi coi mezzi di trasporto. Ha cominciato muovendosi a piedi e gli hanno contestato le scarpe, troppo di lusso per un leader proletario. Pur di non sporcarle ha chiesto un passaggio al pullman elettorale di Prodi, che però non lo ha lasciato salire e lui giustamente gli ha bucato le gomme. Poi si è comprato la barca, ma le critiche degli invidiosi rimasti sul molo lo hanno affondato.

Così, come il gabbiano Jonathan Livingston, ha deciso di volare più alto. Sopra le umane miserie. Mentre i suoi amici facevano affari con gli amici di Bersani, uno dei quali - arrestato nel luglio scorso - era il responsabile del trasporto aereo per il Pd. (Lo scrivo fra parentesi e col dovuto rispetto: perché il Pd ha un responsabile del trasporto aereo? I dirigenti non possono farsi da soli il check-in?).

Respinto per terra per aria e per mare, a Max non rimaneva che chiudersi in casa. Una parola. Quando ci ha provato, gli hanno contestato anche quella, obbligandolo a traslocare. E poi dicono che c’è immobilismo a sinistra.



Ormai non è più da considerare un ex comunista,è da considerare un uomo costantemente alla ricerca del potere,comunque vada con i risultati ottenuti,sarà sempre un insuccesso.

&& S.I. &&


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Er pelliccia è il "Sic transit gloria mundi"




Ovvero con questa classe dirigente è lui a passare la gloria del mondo


Cave nanum

di Marco Travaglio

C’è un che di geniale nell’autodifesa di Er Pelliccia, arrestato per lancio di estintore alla manifestazione di sabato: “Volevo spegnere l’incendio di un cassonetto”. In effetti a che servono gli estintori?Il fatto che poi uno,anzichè azionarli per spruzzarne il liquido ignifugo, li lanci contro l’oggetto incendiato, è un dettaglio. Dietro la rocciosa linea difensiva di Er Pelliccia s’intravede lo zampino di uno degli avvocati del premier: un Ghedini, un Longo, un Paniz. Si deve infatti a questi principi del foro se B., sorpreso a finanziare una prostituta minorenne, s’è difeso dicendo: “La pagavo perchè non si prostituisse”. O se, beccato a telefonare in questura per farla rilasciare dopo un fermo per furto, ha dichiarato: “Per forza, è la nipote di Mubarak”. E se la sua maggioranza alla Camera e poi al Senato ha certificato unanime la sua credibilissima versione. Ora, delle due l’una: o il premier, i suoi avvocati e parlamentari sono dei dementi assoluti, convinti di trovare un giudice disposto a credere alle baggianate che dicono, e allora nemmeno Er Pelliccia può sperare di esser assolto per aver cercato di domare l’incendio; oppure sono dei geni incompresi (almeno da noi), e allora i processi a B. per Ruby e al Pelliccia per l’estintore finiranno trionfalmente in assoluzione. Ci sarebbe pure una terza ipotesi: che certe boiate vengano credute solo se l’imputato è un politico. Ma non vogliamo nemmeno pensarci: significherebbe che l’art. 3 della Costituzione è stato abrogato a nostra insaputa. A questo proposito: Er Pelliccia che spegne incendi lanciando estintori è un filino più credibile di Scajola che compra casa ma gliela paga un altro senza dirgli niente; o di Minzolini che spende 65mila euro per fatti suoi con la carta di credito Rai e poi dice: “Sono innocente: ho restituito i soldi all’azienda” (come se un topo d’appartamenti potesse cavarsela restituendo la refurtiva e sostenendo che dunque non ha rubato). Si spera vivamente che i giudici di Roma, se condanneranno Er Pelliccia, facciano altrettanto con Scajola e Minzolingua. Altrimenti qualcuno potrebbe pensare che la legge è più uguale per qualcuno. Idem per D’Alema: viaggia sei volte gratis sul jet di un impreditore che finanzia la sua fondazione e paga tangenti al suo defelissimo Morichini.I pm lo indagano per illecito finanziamento (ogni volo a scrocco vale 6mila euro), ma lui fa il vago:“Pensavo pagasse Morichini”. E certo: uno s’imbarca su un aereo senza biglietto e non s’informa su chi paga. Poi c’è Alemanno, che pare incredibile ma è il sindaco di Roma. Venerdì piove tre ore: càpita, specie in autunno. Ma lui non se l’aspetta, così non fa pulire i tombini, alcuni quartieri paiono Atlantide e ci scappa pure il morto. Lui, anzichè andarsi a nascondere, chiede lo stato di calamità e se la prende con la Protezione civile: “Non ha lanciato l’allarme meteo”. Da giorni le previsioni del tempo davano pioggia per venerdì. Ma a sua insaputa: lui, essendo solo il sindaco, scambia la Protezione civile per il servizio meteo. Poi c’è Bossi: a Bankitalia voleva Grilli. Ma non perchè è bravo: perchè “è nato a Milano”. Gli avessero proposto Vallanzasca, che è nato a Milano e con le banche se la cava benino, avrebbe accettato. Poi c’è ancora B.: ammazzano Gheddafi, che lui ha prima baciato e poi bombardato, e si rifugia nel latinorum per dire qualcosa senza dire niente: “Sic transit gloria mundi”. Come Totò e Macario ne “Il monaco di Monza”, che biascicano giaculatorie a base di “cave canem” e “linoleum”, poi partono con le orazioni: “Tony Curtis… ora pro nobis… Kurt Jurgens… ora pro nobis… Sophia Loren… ora pro nobis… Brigitte Bardot… Bardot…”. Aveva anche pensato di commentare: “Baciavo Gheddafi perchè non facesse il tiranno”, o “non ci ho messo la lingua”, o “l’ho scambiato per un’Olgettina”, o “non era un bacio,ma un morso”, o “il bacio è un apostrofo rosa tra le parole ‘ti’ e ‘sparo’”. Ma era troppo rischioso. Molto meglio linoleum.



Repubblica delle banane,degli estintori,e perchè no delle nipoti minorenni di Mubarak che gli si danno soldi per non prostituirsi.

Ormai abbiamo sdoganato tutto,tramite lui e chi lo vuole scimmiottare,si perchè il clone vivente senza soldi e televisioni,ma la sua evidente macchietta,è lui.




&& S.I. &&


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venerdì 21 ottobre 2011

Il blocco nero intervistato dal Fatto quotidiano:Portiamo il conflitto in tutta Italia



Sabato 15 Ottobre,

Scontri Parla il blocco nero: “Gli indignati? deboli
e destinati a sparire. Ci vuole l’insurrezione” L'ala dura del movimento rivendica gli episodi di Roma: "Per chi vuole la rivoluzione e subisce la violenza quotidiana della crisi è stata una giornata di rivalsa". Ma rimanda al mittente le accuse di terrorismo urbano: "Non è il nostro orizzonte" Questo documento arriva direttamente dal cuore del cosiddetto blocco nero. E’ una bozza di manifesto politico che getta nuova luce sugli episodi di violenza di sabato scorso a Roma. Ilfattoquotidiano.it è riuscito ad entrare in contatto con alcuni di loro e, dopo una lunga trattativa, ha ottenuto il filmato che è arrivato in redazione già con la voce modificata. Nel video un esponente di questa area politica risponde ad alcune nostre domande che gli abbiamo recapitato via Skype. Ci sarebbe piaciuto controbattere e replicare a molte delle affermazioni fatte, ma non è stato possibile. Tuttavia, in virtù del suo valore documentale abbiamo comunque deciso di pubblicarlo.





In Val di Susa ci siamo sempre stati e ci saremo finché vivrà quella lotta. Perché gli abitanti lo hanno detto: ‘Siamo tutti black bloc’. Quella lotta è giusta e non ci sono né buoni né cattivi”. L’anonimato è la condizione per parlare con noi. Questo che segue è il pensiero di molti di quelli che hanno partecipato agli scontri sabato a Roma. Questo è quello che emerge da una lunga conversazione mai pubblicata prima d’ora da un organo di stampa. Una bozza di manifesto politico, che, rivendicando gli episodi di violenza nella Capitale, getta lo sguardo sul futuro. E questo futuro si chiama insurrezione. L’attacco è frontale: dai pacificisti (“massa di cittadini belanti”) agli indignati (“espressione di un mondo che sta morendo”), fino al riferimento ai disobbedienti di Luca Casarini, “pronti a vendersi per quattro poltrone a sinistra del Parlamento”. Così tutto assume una luce diversa: quello che è stato – G8 di Genova, roghi di Terzigno e manifestazioni studentesche più recenti – e quello che sarà. A partire da domenica prossima sulle montagne della Val di Susa.

Cosa succederà alla manifestazione dei No Tav?
Si dirimeranno una serie di ambiguità. Penso alla motivazione della protesta, a ciò che è stato indetto. Qualcuno ha detto: “Andremo a tagliare le reti del cantiere per aprire spiragli di democrazia”. Questa è retorica volgare e falsa, crea solo ambiguità. Perché se gli abitanti, i compagni della Val di Susa hanno deciso che ci sarà una chiamata nazionale per tagliare le reti del cantiere vuol dire che si commetteranno più reati: tagliare una rete è danneggiamento, entrare nel cantiere è invasione di proprietà privata e sfondare il plotone della celere è resistenza. Non sarà un atto democratico, ma è un atto che va fatto. La Tav non si farà mai e lo sa anche Maroni.

Roma, sabato 15 ottobre: cosa è stato?
Quando la storia compie un tornante, ci sono sempre dei moti di piazza. Sono anche questi ad accelerare o a far rallentare il corso della storia. Non so se è stata una vittoria, ma per qualcuno – specie per chi ha chiamato alla guerra per poi ricondurre il tutto a un democratico pascolo mirato a vendersi questa massa di cittadini belanti per qualche poltrona a sinistra del parlamento – beh, per loro è stata una sconfitta sonora. Per la rivoluzione e per chi la vuole, invece, è stata una giornata importante, vittoriosa, seppur con molti problemi, contraddizioni e limiti. E con tutta una serie di questioni che andrebbero ripensate. Di sicuro per tutti quelli che subiscono la violenza quotidiana della crisi, è stata una giornata di rivalsa.

Quali sono i vostri rapporti con gli Indignati?
Prima del 15 ottobre si poteva pensare che fossero ingenui e naif, che rincorressero una triste utopia, che fossero espressione di un mondo che sta morendo, di riferimenti politici anacronistici. Non scacciano la casta e si fanno strumento per mantenerla in vita, perché vogliono mandar via il cattivo governo per avere il buon governo. Quest’ultimo però non esiste, è un’illusione così come la rivoluzione democratica. Qualcuno che era al nostro fianco a Roma, il giorno dopo ha avuto la viltà di accettare la delazione, la social delation tramite il web, Facebook e gli altri social network. È stato terribile vedere sui giornali e su Facebook la caccia alle streghe, cercando le foto dei manifestanti da indicare alla polizia. È un atteggiamento che a livello storico è identico a quello del bravo cittadino italiano che indicava alle Ss il suo vicino ebreo. È un comportamento vergognoso. E comunque è un movimento che in Italia non potrà mai attecchire: è un progetto politico nato monco e morto giovane.

Qual è il vostro obiettivo?
La rivoluzione, la distruzione e il superamento dello stato di cose presenti. Il terrorismo, la logica dei gruppetti armati contro lo Stato è una logica perdente, noiosa e non ci appartiene minimamente. Pensiamo che la situazione attuale è insostenibile e che ci voglia una forza che sappia spazzare via il passato, la politica classica, la finta illusione di libertà, il capitalismo mercantile e forse la democrazia stessa. Questo sì. Ma non sarà né il terrorismo, né la lotta armata né la clandestinità il nostro orizzonte. Non cadremo in questa trappola. Una delle evidenze della nostra epoca è che i canali di mediazione tra governo e popolazione governata sono chiusi. Finisco con una citazione di un libro: ‘Non c’è più da aspettare un miglioramento, la rivoluzione, l’apocalisse, nucleare o un movimento sociale. Aspettare ancora è una follia. La catastrofe non è qualcosa di imminente, ma è il presente. Già adesso ci situiamo all’interno del crollo di una civiltà. E’ qui che bisogna prendere partito. Smettere di aspettare significa entrare in qualche modo nella logica insurrezionale. Significa tornare a percepire nella voce dei nostri governanti, quel leggero tremolio di terrore che mai li abbandona. E governare non è mai stato altro che rinviare attraverso mille stratagemmi il momento in cui la folla vi impiccherà. Ogni atto di governo non è che un modo per non perdere il controllo della popolazione’”.



La globalizzazione in pochi anni ha creato una moltitudine di generazioni senza futuro e con nulla da perdere,le conseguenze viste in Grecia arriveranno anche da noi,rendersene conto oggi è come cadere dal pero,quando la forbice si allarga a dismisura tra chi è ricco e chi fa fatica a vivere,la reazione oltre che essere umanamente comprensibile,è matematica.

&& S.I. &&

Da Gheddafi alla Merkel:Le metamorfosi del caimano



Malasirte

di Marco Travaglio

Frattini Dry l’aveva detto al Meeting di Rimini il 26 agosto: “Si deve garantire a Gheddafi un processo equo, dignitoso, rispettoso della persona umana, anche se ha commesso tanti crimini. La taglia su di lui è stata messa da un imprenditore di Bengasi, non dal Cnt, che altrimenti avrei criticato pubblicamente. Abbiamo detto al presidente Jibril che ci attendiamo un processo che tratti Gheddafi con dignità umana”. Infatti, appena il rais è uscito dal buco e ha detto “non sparate”, l’hanno subito ammazzato. Forse perché Frattini Dry non se lo fila nessuno in Italia, figurarsi in Libia. O forse perché anche in Libia tutti pensano che il ministro degli Esteri italiano sia Valter Lavitola. Sta di fatto che Gheddafi non parla più e questo, per il nostro regimetto, è un bel vantaggio. Se i libici avessero dato retta a Frattini Dry garantendogli un processo equo, dignitoso e rispettoso, quello magari avrebbe cominciato a parlare, raccontando certi affarucci con l’amico Silvio, quello che due anni fa siglò con lui il Trattato di amicizia e partenariato militare, che lo sbaciucchiava e riceveva con tutte le palandrane, le tende e le amazzoni, che lo elogiava come “leader di libertà”, che ancora sei mesi fa, durante le feroci repressioni, non lo chiamava “per non disturbarlo” e che, a lasciarlo fare, l’avrebbe presto candidato al Nobel per la Pace. Invece l’han fatto secco, pace all’anima sua. Anzi, come dice l’amico Silvio, “sic transit gloria mundi”. Lui non lo sa, ma è una citazione dall’“Imitazione di Cristo” che, nel rito antico, il cardinale protodiacono recitava al nuovo Papa appena eletto al soglio pontificio spegnendo un cero, per rammentargli la transitorietà del potere temporale. Ora la recita Papi per rammentare agli altri la propria immortalità. Alla notizia della morte del rais, il premier ha subito annunciato che “la guerra è finita”, a riprova del fatto che l’unico scopo era ammazzare Gheddafi e cancellare le tracce. Missione compiuta. Ma ogni giorno ha la sua pena. Domenica sarà un’altra giornata campale per il fine diplomatico che ci sgoverna: B. incontrerà Angela Merkel, che lui chiama familiarmente “culona inchiavabile” e che purtroppo parla ancora. Anzi, se diventa un tantino più nervosa, ci fa fallire e ci sbatte fuori dall’Europa. In vista del cruciale appuntamento, tra Palazzo Grazioli e la Farnesina si segnala, oltre al consueto assembramento di mignotte, un viavai di feluche e dossier per predisporre la migliore strategia al fine di scongiurare il temuto incidente diplomatico e placare la furia della cancelliera teutonica. Varie le ipotesi allo studio. 1) Il premier italiano manda avanti Lavitola, nominato in fretta e furia ambasciatore italiano a Berlino, a comunicare alla Merkel che la visita di Stato è rinviata a data destinarsi perché lui è troppo impegnato con Sabina Began. 2) Si traveste da Gheddafi (basta fargli la permanente al toupet d’asfalto e appiccicargliene un altro sul mento, per il resto il trucco è identico) e rivela alla Merkel che quello ammazzato a Sirte non è Gheddafi, ma Berlusconi. 3) Affronta a pie’ fermo le proprie responsabilità di statista e confessa alla Merkel di averla chiamata “culona inchiavabile”, ma solo perché sapeva di essere intercettato e voleva nascondere la sua irrefrenabile passione per lei, depistando il gossip della sinistra. 4) Come captatio benevolentiae, ripete il celebre scherzo del cucù, nascondendosi dietro una colonna e poi spuntando fuori all’improvviso con l’impermeabile spalancato: “Tu metti i crauti e io il würstel”. 5) Smentisce categoricamente l’intercettazione: “La sinistra dell’odio, per screditare l’immagine dell’Italia all’estero, mi ha volutamente frainteso: io non ho detto culona inchiavabile, ma bensì troiona intrombabile”. 6) La butta sul ridere e saluta la Merkel, confidando nel suo sense of humour, con un affettuoso “Ehi, bella culona, ma lo sai che ti chiaverei subito?”. 7) Salta i convenevoli di rito e le zompa addosso davanti a tutti.



Non so voi,ma l'esser rappresentati da costui risulta raccapricciante,non per l'orrore sia chiaro,ma per la vergogna catastrofica che fa fare all'intero paese.

Se poi i tedeschi tramite la Merkel ci manderanno a quel paese,sarà inutile piangere sul latte versato,e mi riferisco agli affezionati che in cabina elettorale da quasi vent'anni riescono ancora a compiacersi di questo piccolo uomo,in tutti i sensi.

&& S.I. &&

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giovedì 20 ottobre 2011

Dal baciamano alle frecce tricolori,è sempre lui,più che caimano un camaleonte d'hoc



Invece di commentare “sic transit gloria mundi”,l’amicissimo di Gheddafi con tende al seguito,ragazze convertite musulmane e frecce tricolori a Tripoli,dovrebbe presenziare al suo funerale e piangere sulla tomba,dopo il baciamano l’ultimo bacio in fronte tocca a lui.

Ma il caimano cambia amici e strategie in un batter d’occhio!

Dalle nostre parti si dice aver la faccia come il c... ma non è da oggi che ne da ampie dimostrazioni!

&& S.I. &&


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Dentro al partito dell'amore chiedi cinque desideri e sarai soddisfatto


“DIMMI COSA VUOI E LO AVRAI”


Dopo l’onorevole Di Biagio, anche Muro di Fli rivela: “Verdini mi disse: chiedimi cinque cose. Berlusconi era d’accordo”

di Sandra Amurri

La denuncia dell’on. Aldo Di Biagio di Fli consegnata al Fatto ha squarciato quel velo che copriva la bassezza di una politica ridotta a merce di scambio. La diga si è rotta e il coraggio scorre senza freni. Anche l'onorevole di Futuro e libertà, Luigi Muro decide di raccontare la sua storia di resistenza. Avvocato, 51 anni, sposato padre di tre figli, finiano da sempre, una lunga esperienza amministrativa: dieci anni sindaco di Procida, uno dei pochi a dimettersi da consigliere regionale una volta nominato assessore provinciale, Muro il 15 dicembre, giorno dopo la fiducia della vergogna, subentra a Domenico De Siano del Pdl eletto consigliere regionale in Campania.

“HO RESISTITO due mesi, poi non ce l’ho fatta più e a febbraio ho comunicato a Gasparri che sarei passato a Fli”, racconta Muro che spiega: “Mi piacerebbe andare sui giornali per ciò che faccio, ma di fronte all’antipolitica è importante che si sappia che ci sono anche persone che antepongono l’etica e la dignità al mercimonio”. E Gasparri? “Sei folle! Devi ripeterle a Verdini queste cose”. Le ho ripetute a Verdini, ma a lui non interessava proprio il piano politico, mi ha sopportato più che ascoltato e al termine mi ha chiesto: dimmi cinque cose che desideri dopodiché mettici il timbro e considerale fatte. Vieni a vivere a Roma, tu fai l’avvocato ci penso io. E io continuavo a fare ‘no’ con la testa. Il giorno dopo Gasparri mi ha detto: è opportuno che tu parli anche con Berlusconi. Non gliel’ho detto ma avevo deciso di non accettare. Era giovedì, sono tornato a Procida, la sera a tavola ne ho parlato con la mia famiglia. Mio figlio mi ha detto: papà sbagli, devi dire in faccia a Berlusconi le ragioni che ti spingono ad andartene, in fin dei conti sei avvocato hai una storia politica alle spalle che ti importa se non farai più il deputato. Ho comunicato a Gasparri che avrei incontrato il premier. Mi ha ricevuto a Palazzo Chigi, con me c’era Gasparri, il 17 marzo, giorno in cui era in corso il Consiglio dei ministri per decidere se aderire alla missione umanitaria in Libia. Ero molto imbarazzato: ‘Presidente non credo di essere così importante, ci vediamo un’altra volta’. E lui: ‘No, no è importante altroché! Dimmi, che problemi hai?’. I miei problemi riguardavano la politica, gli ho spiegato che venivo da una storia di passioni sulla scia di Tatarella, ho denunciato la situazione in Campania con Cosentino con gli annessi e connessi. Lui ha cominciato a disquisire dei massimi sistemi, poi ha contestato duramente la scelta di Fini, infine come un vecchio patriarca mi ha messo la mano sulla spalla: ‘Che ti importa di tutto questo, te ne vieni a Roma, fai politica nazionale, qui ci siamo noi e starai bene’. Prima

di salutarci, dopo oltre un’ora, mi ha chiesto se avevo parlato con Verdini. Sì, sì. ‘Bene, condivido tutto quello che ti ha offerto Verdini’. Il 20 marzo ho partecipato all’assemblea nazionale di Fli. Il giorno dopo ho ricevuto un sms di Gasparri in cui mi dava del traditore e molto altro. A Pasqua, in virtù della lunga militanza in An gli ho inviato gli auguri aggiungendo che la mia era stata una scelta giusta e non di convenienza. Mi ha risposto, guardi l’ho conservato” dice mostrandomi il cellulare: “‘Altro che Buona Pasqua, sei un miserabile, meriti tutte le disgrazie possibili e immaginabili. Vedrai che fine farai!’. Alla delusione politica si è aggiunta quella umana che ha rafforzato le mie convinzioni: per due mesi nel Pdl mi sono sentito come in carcere, ora faccio il parlamentare da uomo libero”. Il fattore umano spesso sfugge alla logica della convenienza che avrebbe consigliato a Verdini di tacere.

INVECE, l’addetto alla compravendita dei parlamentari, dopo aver letto sul Fatto l’intervista all’on. Di Biagio e la storia di Ricardo Merlo è entrato nel-l’aula della Camera, e come una furia gli ha urlato: “Ti chiameranno i miei avvocati”. Pronta la risposta di Di Biagio: “Fai pure porto al magistrato le registrazioni, che problema c’è?!”. È stato come parlare al diavolo di acqua santa. “Allora non ti querelo più, però tu sei un pezzo di merda” espressione non propriamente oxfordiana, ma coerente con lo stile della maggioranza. “Vuoi scommettere che io ti faccio rimangiare queste parole?” rilancia Di Biagio. Provvidenziale per Verdini l’arrivo di Bocchino: “Lascia perdere, non conosci Aldo, dai retta a me, non ti conviene” . Scena appetitosa per colleghi e fotografi e anche per il presidente Fini che se la gustava dallo scranno trattenendo a fatica il sorriso. Un attimo dopo ecco il mea culpa: “Ti chiedo scusa non volevo offenderti”. Epiteto pronunciato a sua insaputa. Poco dopo il portavoce di Verdini chiama la segreteria di Di Biagio rinnovando le scuse a nome del “Dimmi cinque cose che desideri” annunciando un comunicato per renderle pubbliche. Ma dall’altra parte del filo una voce ha risposto con un gentile: non importa. Mentre l’on. Luigi Bellotti, che in cambio del suo passaggio da Fli al Pdl ha portato a casa una poltrona da sottosegretario al Welfare, come raccontato ieri al Fatto da Al-do Di Biagio, non ha avuto alcun sussulto nel leggere la sua storia di “acquistato”. “E cosa possono dire? Si sono venduti la nostra anima in cambio, come fece Giuda Iscariota, di trenta denari” esclama Di Biagio.



Un vero e proprio bazar di bassa lega,dove comunque le offerte risultano appetitose,resistere vuol dire andarsene e non avere scheletri nell'armadio,altrimenti la campagna monnezza salta fuori automaticamente.

Davvero una bella democrazia,non c'è che dire!

&& S.I. &&

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mercoledì 19 ottobre 2011

Michele Santoro intervista due poliziotti sui fatti di sabato a Roma




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Prima la casta,poi viene il resto,quindi i poliziotti accerchiati e le devastazioni del centro storico.

&& S.I. &&


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Tutte le prese di distanza dai bamboccioni,brutti,cattivi e precari



Prendo le distanze

di Marco Travaglio

Siccome in Italia siamo specializzati nel passare dalla tragedia alla farsa, va di moda lo sport di “prendere le distanze dalla violenza”. Anche se non si sono mai commessi atti di violenza né si conosce alcuno che ne abbia commessi. Io, per esempio, mi autodenuncio: mai frequentato black bloc. Se vedo Er Pelliccia armato di estintore, ne prendo le distanze, onde evitare di beccarmelo in testa. Quindi non vedo da chi dovrei prendere le distanze, né perché. Eppure ogni volta che esplode qualche caso di violenza politica, scopro di esserne un mandante morale. Lo dissero, col mio nome e il mio cognome, Sallusti e Cicchitto quando un matto tirò un souvenir in faccia a B. L’ha ripetuto l’altroieri senza nominarmi il Giornale, elencando i “cattivi maestri“ che armerebbero la mano ai black bloc: i miei amici di Libertà e Giustizia e MicroMega. Il Foglio, alla lista degli “ipocriti agitatori”, aggiunge anche il Fatto, e se lo dice Ferrara c’è da credergli: lui da sessantottino veniva giù da Valle Giulia col bastone in mano e da comunista impugnava manici di piccone per menare gli occupanti dell’Università di Torino. Del resto la giaculatoria del “prendere le distanze” ce la siamo ciucciata dopo tutte le manifestazioni pacifiche degli ultimi dieci anni, dal Palavobis ai Girotondi ai V-Day di Grillo. L’altroieri i tre tenori Cazzullo, Battista e Ostellino, i Vavà-Didì-Pelé del monito pompieresco, invitavano pensosi chiunque li leggesse a prendere le distanze dalla violenza. Chi non lo fa diventa ipso facto “indulgente”, “giustificazionista”, praticamente complice, forse mandante. Tesi curiosa, almeno da parte di Ostellino, che un mese fa definiva “delazione” l’invito dell’Agenzia delle Entrate a denunciare gli evasori fiscali. Denunciare chi brucia un cassonetto è un dovere civico, invece denunciare chi ruba milioni alla collettività è spionaggio. Poi ci sono i politici: quanto a violenza, hanno una coda di paglia talmente lunga (molti han trattato con la mafia e candidato picchiatori neri e rossi degli anni ‘70) che prendono le distanze da tutto e tutti, anche da chi tampona con l’auto sottocasa. Il Giornale e Libero invocano pene esemplari per Er Pelliccia, quello che lancia l’estintore a due metri rischiando di darselo sui piedi (il reato dovrebbe essere getto pericoloso di cose, 1 mese di arresto o 206 euro di multa) e, quel che è peggio, mostra il doppio dito medio. Noi giustizialisti siamo d’accordo, anche perché, a dar retta al Giornale e a Libero, Bossi e la Santanchè girerebbero coi moncherini. Belpietro vuole intercettare i black bloc. Perfetto. Speriamo che non dicano, come B. a Lavitola, “facciamo la rivoluzione, ma vera, portiamo in piazza milioni di persone, facciamo fuori il palazzo di Giustizia di Milano, assediamo Repubblica”, sennò l’ergastolo non glielo leva nessuno. Si auspica pure il gabbio per gli incappucciati. Bene, si proceda: ma come la mettiamo con i piduisti B. e Cicchitto e con tutti gli onorevoli massoni? Il ritorno alla legge Reale ha i suoi pro e i suoi contro. Fra i contro, il fatto che non basta autorizzare i fermi preventivi (peraltro già previsti, come le misure di prevenzione: obbligo di firma, divieto o obbligo di dimora etc.): bisogna prima individuare chi sta per commettere un reato. Cioè avere servizi di intelligence che funzionino, magari evitando che perdano tempo a trattare con la mafia. Invece qui sono tutti bravi a vantarsi di conoscere i violenti uno a uno, il giorno dopo. Mai, purtroppo, il giorno prima. Ieri Maroni ha intrattenuto il Senato con un peana ai poliziotti picchiati. Sacrosanto il peana, un po’ meno il pulpito. Maroni è stato condannato a 4 mesi e 20 giorni per aver picchiato alcuni agenti della Digos. Ed era imputato con Bossi, Calderoli e altri noti pacifisti per aver organizzato la Guardia nazionale padana armata di tutto punto, almeno finché il governo B. depenalizzò l’“associazione paramilitare a scopo politico” e li salvò tutti. Qualcuno ha preso le distanze?



Oltre alla nota cortigianeria mediatica,mancherà solo più che la Santanchè o la Mussolini dichiarino che "se il popolo ha fame dategli le brioches".

Per leggi adpersonam si affannano subito e lavorano anche di notte,sulla crescita economica equivalente allo zero a nessuno gli frega nulla,del resto i loro stipendi dai 20mila euro in su sono garantiti,più le mance profuse dal caimano.

&& S.I. &&

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martedì 18 ottobre 2011

Cucù e le Fiat di Marchionne non ci sono più!!



AIUTO, SONO SCOMPARSE TUTTE LE FIAT

Denuncia Fiom: dei modelli di punta si sono perse le tracce

di Salvatore Cannavò

Il 21 ottobre gli operai Fiom del gruppo Fiat scenderanno in piazza per chiedere conto a Sergio Marchionne del suo piano “Fabbrica Italia”. Quando era stato presentato, il 21 aprile 2010, i vertici del Lingotto avevano promesso di raggiungere nel 2014 1,4 milioni di vetture prodotte in Italia con un investimento complessivo di 20 miliardi di euro.

ORA LA FIOM provocatoriamente presenta un mini-dossier dal titolo: “Cars missing in action, Auto scomparse in azione”, ovvero dove sono andati a finire le vetture di Marchionne? La Fiom ha presentato così la sua manifestazione di venerdì prossimo quando a Roma – non si sa ancora se il corteo richiesto sarà definitivamente autorizzato dalla Questura come scriviamo in altra parte del giornale – scenderanno in piazza i lavoratori Fiat, affiancati da quelli della Fincantieri che protestano contro i rischi di licenziamento.

Il senso della manifestazione, spiega Giorgio Airaudo, responsabile nazionale Auto che affianca Maurizio Landini nel-l’incontro con la stampa, sta nello specchietto che spiega le “auto scomparse”. Rispetto ai piani di Marchionne, dice infatti la Fiom, “la nuova Panda che si deve fare a Pomigliano è scivolata in avanti di quattro o cinque mesi, la nuova Ypsilon che toccava a Termini Imprese è stata spostata in Polonia mentre per il prossimo anno le cose andranno peggio”. La nuova auto “entry level” di segmento B, infatti, non sembra sia stata ancora progettata e non si sa dove verrà costruita; la LO da 5 e 7 posti, che si farà in Serbia, slitta a metà 2012 e forse ancora fino al 2013, non è ancora confermato il restyling della 500 mentre non ci sono notizie di progettazione per la nuova berlina Lancia di segmento C, la “Nuova Giulia” Alfa Romeo e il Suv di segmento C sempre dell’Alfa. “Marchionne ci dica dove è finito il suo piano” chiede Airaudo che aggiunge di non avere notizia nemmeno della nuova “city car”mentre la futura Punto, cioè il modello più importante, “ha visto sospesa l’attività di progettazione e nessuna notizia giunge dalla Mito 5 porte e dalla nuova spieder Alfa/Chrysler”. Airaudo lancia anche un altro allarme, quello per i posti di lavoro nell’attività di progettazione nella quale la sovrapposizione tra il “cervello” Fiat collocato a Mirafiori e quello Chrysler, a Detroit, potrebbe far scaturire prossimamente una dichiarazione di esuberi.

Intanto, il progetto di costruire 1,4 milioni di auto nel 2014, sembra lontano visto che nel 2011, al 30 settembre, le auto Fiat prodotte in Italia sono state 486.190 comprendendo anche il veicolo commerciale Ducato (145.672 “pezzi”) che si fabbrica alla Sevel di Atessa. Un mercato in forte affanno che si riflette sulle giornate lavorati nei vari stabilimenti e sull’utilizzo della Cassa integrazione da parte della Fiat. Dei sei stabilimenti italiani presi in esame (Mirafiori, Cassino, Pomigliano, Melfi, Termini Imerese, Sevel) solo quest’ultimo tra il 1 gennaio e il 30 settembre di quest’anno ha riempito i 205 giorni lavorativi “teorici”. Gli altri si sono fermati molto al di sotto, con il record di Mirafiori che ha lavorato 35 giorni su 205 battendo anche Termini (94) e la stessa Pomigliano (37). Nell’insieme dei sei stabilimenti si è lavorato 687 giorni su 1230 teorici, con un’incidenza del 55,8 per cento. E il futuro non sembra migliorare se è vero che a Mira-fiori stanno per cessare le produzioni di Idea e Musa con ripercussioni già visibili nell’indotto: alla Lear, che produce i sedili, sarebbero a rischio 450 dipendenti su 700.

ECCO QUINDI le ragioni dello sciopero del 21 ottobre: “Tenere unite le ragioni dei vari stabilimenti e quindi i lavoratori”. Ma Maurizio Landini si sofferma sull’aspetto più politico: “Noi vogliamo rimettere al centro dell’attenzione la necessità di un piano industriale, non solo per Fiat ma anche per Fincantieri che invece è pubblica. La politica industriale è la grande assente in questo paese e – sottolinea il segretario Fiom – anche la scelta della Fiat di uscire da Confindustria è un’avvisaglia del disimpegno in questo paese. Il governo dovrebbe chiederne conto invece di regalare all’azienda l’articolo 8”. Alla manifestazione, che partirà da piazza della Repubblica, per concludersi in un luogo ancora incerto, prenderà parte anche il segretario della Cgil, Susanna Camusso, che ieri ha invece annunciato la manifestazione nazionale dell’intera Confederazione il prossimo 3 dicembre. Obiettivo: denunciare “la condizione drammatica delle lavoratrici e dei lavoratori, il futuro del lavoro dei giovani, il no al precariato e le proposte della Cgil per un lavoro stabile, dignitoso e sicuro”.



Prima il progetto Suv,da costruire a Mirafiori,con quale senso poi,fabbricare mezzi che al 90% sarebbero stati venduti sul mercato americano,evidentemente a Marchionne piacciono i cargo di spedizione.
Poi una piccola vettura,la nuova Panda,desaparecidas ancora adesso!

Passando davanti al cancello principale di Corso Tazzoli nello stabilimento di Mirafiori,esiste da qualche settimana un presidio dei sindacati cobas,evidentemente la puzza di bruciato sull'accordo siglato alcuni mesi fa,inizia a farsi sentire.

&& S.I. &&


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I dinosauri quasi immortali della politica italiana



L'autunno dei patriarchi
di Massimo Gramellini

D’Alema rilascia un’intervista dopo mesi di silenzio, ma non se lo fila nessuno: nel suo partito e oltre. Sul web spuntano le immagini eretiche dei leghisti varesini che osano contestare l’incontestabile Bossi, e l’audio di una telefonata col solito Lavitola in cui Berlusconi versione Caimano (o black bloc) minaccia di assaltare il Palazzo di Giustizia e i giornali di sinistra, ma con una voce così seria e sfibrata che non sai se averne paura o pietà. La giornata autunnale si chiude con Marco Pannella che chiede asilo politico alla Mongolia nella speranza che glielo respingano, perché in un Paese dove nessuno lo riconosce per strada e nessuna radio lo lascia parlare per dodici ore consecutive, il mobbizzato più famoso d’Italia non riuscirebbe a sopravvivere.

Se questi quattro personaggi - tutti piuttosto intelligenti o comunque perspicaci - si guardassero dal di fuori come li guardiamo noi, impiegherebbero un attimo ad accorgersi che la loro onda è passata. L’hanno avuta e sono riusciti a domarla, nonostante avesse assunto le proporzioni di un cavallone. Ma ora si trovano in bassa marea e nulla è più ridicolo e triste di qualcuno che nuota in una vasca vuota. Quando il presidente del Consiglio Massimo d'Azeglio fu messo alle corde dal più giovane Cavour, ebbe l’onestà intellettuale di farsi da parte. «Non sono più io l’uomo del momento», scrisse a un amico. «Però c’è stato un momento in cui lo sono stato». Non è da tutti congedarsi dal potere con tanta generosità. Ma insomma, un piccolo sforzo. (Anche se in giro non si vedono tanti Cavour).




Sono d'accordo con lei sui dinosauri nostrani della politica,ma il nuovo che avanza,si chiamano Renzi,Casini,Montezemolo,Della Valle e compagnia bella,e con questi c'e' poco da stare allegri,anche se il fondo e' da un pezzo che l'abbiamo toccato.

&& S.I. &&

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lunedì 17 ottobre 2011

L'intercettazione dell'eversivo Berlusconi con Lavitola








Solo un paese dittatoriale può permettersi un premier di questo genere,ormai tra il suo malessere e il delirio di onnipotenza è arrivato al capolinea,peccato che si rischi di sopportarlo ancora per due anni,grazie ai peones disposti a votare fiducia ed ogni sorta di schifezze adpersonam.

&& S.I. &&


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