giovedì 20 ottobre 2011

Dentro al partito dell'amore chiedi cinque desideri e sarai soddisfatto


“DIMMI COSA VUOI E LO AVRAI”


Dopo l’onorevole Di Biagio, anche Muro di Fli rivela: “Verdini mi disse: chiedimi cinque cose. Berlusconi era d’accordo”

di Sandra Amurri

La denuncia dell’on. Aldo Di Biagio di Fli consegnata al Fatto ha squarciato quel velo che copriva la bassezza di una politica ridotta a merce di scambio. La diga si è rotta e il coraggio scorre senza freni. Anche l'onorevole di Futuro e libertà, Luigi Muro decide di raccontare la sua storia di resistenza. Avvocato, 51 anni, sposato padre di tre figli, finiano da sempre, una lunga esperienza amministrativa: dieci anni sindaco di Procida, uno dei pochi a dimettersi da consigliere regionale una volta nominato assessore provinciale, Muro il 15 dicembre, giorno dopo la fiducia della vergogna, subentra a Domenico De Siano del Pdl eletto consigliere regionale in Campania.

“HO RESISTITO due mesi, poi non ce l’ho fatta più e a febbraio ho comunicato a Gasparri che sarei passato a Fli”, racconta Muro che spiega: “Mi piacerebbe andare sui giornali per ciò che faccio, ma di fronte all’antipolitica è importante che si sappia che ci sono anche persone che antepongono l’etica e la dignità al mercimonio”. E Gasparri? “Sei folle! Devi ripeterle a Verdini queste cose”. Le ho ripetute a Verdini, ma a lui non interessava proprio il piano politico, mi ha sopportato più che ascoltato e al termine mi ha chiesto: dimmi cinque cose che desideri dopodiché mettici il timbro e considerale fatte. Vieni a vivere a Roma, tu fai l’avvocato ci penso io. E io continuavo a fare ‘no’ con la testa. Il giorno dopo Gasparri mi ha detto: è opportuno che tu parli anche con Berlusconi. Non gliel’ho detto ma avevo deciso di non accettare. Era giovedì, sono tornato a Procida, la sera a tavola ne ho parlato con la mia famiglia. Mio figlio mi ha detto: papà sbagli, devi dire in faccia a Berlusconi le ragioni che ti spingono ad andartene, in fin dei conti sei avvocato hai una storia politica alle spalle che ti importa se non farai più il deputato. Ho comunicato a Gasparri che avrei incontrato il premier. Mi ha ricevuto a Palazzo Chigi, con me c’era Gasparri, il 17 marzo, giorno in cui era in corso il Consiglio dei ministri per decidere se aderire alla missione umanitaria in Libia. Ero molto imbarazzato: ‘Presidente non credo di essere così importante, ci vediamo un’altra volta’. E lui: ‘No, no è importante altroché! Dimmi, che problemi hai?’. I miei problemi riguardavano la politica, gli ho spiegato che venivo da una storia di passioni sulla scia di Tatarella, ho denunciato la situazione in Campania con Cosentino con gli annessi e connessi. Lui ha cominciato a disquisire dei massimi sistemi, poi ha contestato duramente la scelta di Fini, infine come un vecchio patriarca mi ha messo la mano sulla spalla: ‘Che ti importa di tutto questo, te ne vieni a Roma, fai politica nazionale, qui ci siamo noi e starai bene’. Prima

di salutarci, dopo oltre un’ora, mi ha chiesto se avevo parlato con Verdini. Sì, sì. ‘Bene, condivido tutto quello che ti ha offerto Verdini’. Il 20 marzo ho partecipato all’assemblea nazionale di Fli. Il giorno dopo ho ricevuto un sms di Gasparri in cui mi dava del traditore e molto altro. A Pasqua, in virtù della lunga militanza in An gli ho inviato gli auguri aggiungendo che la mia era stata una scelta giusta e non di convenienza. Mi ha risposto, guardi l’ho conservato” dice mostrandomi il cellulare: “‘Altro che Buona Pasqua, sei un miserabile, meriti tutte le disgrazie possibili e immaginabili. Vedrai che fine farai!’. Alla delusione politica si è aggiunta quella umana che ha rafforzato le mie convinzioni: per due mesi nel Pdl mi sono sentito come in carcere, ora faccio il parlamentare da uomo libero”. Il fattore umano spesso sfugge alla logica della convenienza che avrebbe consigliato a Verdini di tacere.

INVECE, l’addetto alla compravendita dei parlamentari, dopo aver letto sul Fatto l’intervista all’on. Di Biagio e la storia di Ricardo Merlo è entrato nel-l’aula della Camera, e come una furia gli ha urlato: “Ti chiameranno i miei avvocati”. Pronta la risposta di Di Biagio: “Fai pure porto al magistrato le registrazioni, che problema c’è?!”. È stato come parlare al diavolo di acqua santa. “Allora non ti querelo più, però tu sei un pezzo di merda” espressione non propriamente oxfordiana, ma coerente con lo stile della maggioranza. “Vuoi scommettere che io ti faccio rimangiare queste parole?” rilancia Di Biagio. Provvidenziale per Verdini l’arrivo di Bocchino: “Lascia perdere, non conosci Aldo, dai retta a me, non ti conviene” . Scena appetitosa per colleghi e fotografi e anche per il presidente Fini che se la gustava dallo scranno trattenendo a fatica il sorriso. Un attimo dopo ecco il mea culpa: “Ti chiedo scusa non volevo offenderti”. Epiteto pronunciato a sua insaputa. Poco dopo il portavoce di Verdini chiama la segreteria di Di Biagio rinnovando le scuse a nome del “Dimmi cinque cose che desideri” annunciando un comunicato per renderle pubbliche. Ma dall’altra parte del filo una voce ha risposto con un gentile: non importa. Mentre l’on. Luigi Bellotti, che in cambio del suo passaggio da Fli al Pdl ha portato a casa una poltrona da sottosegretario al Welfare, come raccontato ieri al Fatto da Al-do Di Biagio, non ha avuto alcun sussulto nel leggere la sua storia di “acquistato”. “E cosa possono dire? Si sono venduti la nostra anima in cambio, come fece Giuda Iscariota, di trenta denari” esclama Di Biagio.



Un vero e proprio bazar di bassa lega,dove comunque le offerte risultano appetitose,resistere vuol dire andarsene e non avere scheletri nell'armadio,altrimenti la campagna monnezza salta fuori automaticamente.

Davvero una bella democrazia,non c'è che dire!

&& S.I. &&

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