martedì 10 maggio 2016

Con l'avviso di garanzia nessuna candidatura e dimissioni senza se e senza ma















La madre di tutte le confusioni

di Alessandro Gilioli

L'altro giorno qualcuno su Facebook (non ricordo chi e me ne scuso) notava che il sindaco di Livorno Nogarin (foto a sinistra) non dovrebbe dimettersi in base a nessun criterio, salvo quelli per molto tempo teorizzati dal Movimento 5 Stelle.

Un paradosso polemico, forse, ma non infondato.

C'è infatti un problema di criteri, oggi, nel decidere se è opportuno o meno che un politico rinunci a una carica o a una candidatura. Un problema grosso: che ingenera equivoci e incertezze, ma anche assurdità

Pensate ad esempio alla vicenda di Nathalie Naim, a Roma (foto a destra). Si tratta di una consigliera di zona uscente che voleva ricandidarsi in una lista civica pro Giachetti ma ne è stata esclusa da Giachetti stesso perché querelata per diffamazione dai Tredicine, la potente famiglia che controlla i bancarellai nella capitale e contro cui Naim aveva ingaggiato per tutta la consigliatura una battaglia di legalità. Alla fine è stata candidata dai Radicali, sempre in appoggio a Giachetti, che con questo nuovo cappello l'ha accettata.

Tutto bene quel che finisce bene (per Naim). Ma la case history dimostra la difficoltà nel trovare criteri oggettivi e giusti per decidere se un politico può candidarsi e/o deve dimettersi. Giachetti aveva stabilito che bastava un avviso di garanzia per essere tagliati fuori, e il caso Naim ha dimostrato che non è una regola giusta, di per sé, almeno nel non distinguere le ragioni di questo eventuale avviso di garanzia.

Il fatto è che, appunto, dobbiamo trovare i criteri giusti.

E che li stiamo cercando è evidente da tante cose.

Diversi candidati sindaci, a queste amministrative, hanno orgogliosamente spedito le loro liste alla Commissione antimafia (Bindi) e/o all'Autorità anticorruzione (Cantone): alla ricerca di un visto, di un placet. Di un'auctoritas (in senso medievale) che certificasse che le loro liste fossero pulite. Una sorta di marchio Doc o Iso 9000, per capirci.

Va bene, per carità, ma questa ricerca di una garanzia da Bindi e Cantone a me pare più la conferma di una domanda che il reperimento di una risposta, di una soluzione.

Anche perché alla base di tutto c'è un equivoco o meglio un ennesimo frutto avvelenato del ventennio berlusconiano: cioè la confusione tra testi di legge e opportunità politica.

Per gli obblighi legali c'è la magistratura (con tanto di legge Severino, quella sulla non candidabilità di chi ha riportato condanne definitive oltre i due anni di reclusione per reati non colposi).

È per l'opportunità politica che non c'è nessun criterio condiviso per dare un giudizio. Quindi si va alla cazzo, e di solito Il meccanismo è che si deve dimettere quello dell'altro partito, non il proprio. Il che non è il massimo, diciamo.

Come risolverla, non è cosa facilissima. Essendo l'opportunità politica un ambito impreciso, sfrangiato, che ciascuno può spingere di qua e di là a seconda della bisogna e delle simpatie.

Ma non mi sembra proprio non gli attuali sistemi funzionino: né quelli basati sulle "commissioni di garanzie" interne ai partiti, né le trovate una tantum per una campagna elettorale, né l'affidarsi all'umore del leader o degli iscritti.

Servirebbero forse garanti indipendenti ed esterni al partito (qualsiasi partito) ma dal partito delegati a dare una valutazione di opportunità politica. Insomma una sorta di "cessione di sovranità" a soggetti che valutano di caso in caso, mixando il buon senso e i criteri stabiliti (stabiliti dal partito stesso, visto che stiamo parlando di opportunità politica e non di leggi dello Stato).

In ogni caso, un partito che si vuole bene qualcosa farebbe - in termini di criteri e di persone a cui demandarne l'applicazione - per evitare il teatrino che tutte le sante volte si ripropone, chiunque sia l'indagato: e abbiamo fiducia nella magistratura, e si è tutti innocenti fino al terzo grado di giudizio, e qualche mela può esserci ma anche il mio avversario ha i suoi indagati, eccetera eccetera.

Che è uno spettacolo veramente penoso. E soprattutto continua a non distinguere tra testi di legge e opportunità politica: il che è la madre di tutte le confusioni.

DALL'ESPRESSO BLOG - PIOVONO RANE


Nel caso dei candidati a qualsiasi votazione,fortunatamente ci sono norme che escludono chi è indagato su reati gravi,nel caso della Naim,a torto o a ragione ha fatto male Giachetti ad accettare la candidatura rifiutata dalla porta d'ingresso e accettata dalla finestra,saranno gli elettori a decidere su questo particolare.

Su Nogarin a Livorno,a mio parere ha fatto male a non dimettersi,la giunta avrebbe potuto andare avanti col vice e mettere a votazione la fiducia,altrimenti le polemiche ci sono e ci saranno a prescindere dalla gravità dell'avviso di garanzia,il movimento avrebbe fatto un figurone,e avrebbe portato alla pubblica opinione un atto incontrovertibile di distinzione,purtroppo un'occasione ormai persa,e nel caso che fosse caduta la giunta,i livornesi non penso che possano ritornare al passato tramite coloro che li hanno portati a un grave indebitamento comunale.

Tanto per non fare pasticci come il Pd,tramite le imbarazzanti distinzioni tra Marino,lo sceriffo di Salerno,Josefa Idem,etc,etc.

I.S.

iserentha@yahoo.it

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