a parte combattere Berlusconi e Marchionne,c'è da combattere buona parte del Pd.Per tutti questi soggetti vale il detto "o mangi la minestra o salti la finestra".l'orologio dei diritti dei lavoratori è tornato indietro al dopo guerra.
Spero che tu abbia ragione per le nuove generazioni,ovvero l'auspicio di tornare ad essere sereni e felici.
Grazie di sostenere chi non viene più sostenuto da nessuno
Dalla voce di Marco Pinti (consigliere provinciale a Varese) ai microfoni della radio leghista,commentando la caduta sulle scale di Vendola tra ghigni di contorno, "peccato non abbia avuto danni permanenti".
Puglia, come si divertono i giovani del Pdl
CALCI AL PORTONE E INSULTI, VENDOLA SI SPAVENTA E CADE. RADIO PADANIA: PECCATO NIENTE DANNI PERMANENTI
Nichi Vendola è arrivato alla conferenza stampa di fine d’anno zoppicante, addolorato e infastidito per la brutta nottata passata. “Ieri notte giovani del Pdl hanno pensato bene di venire a molestare il presidente della Regione a casa sua - ha rivelato - immaginando che l'abitazione privata possa essere una specie di protesi della lotta politica”. Nella notte tra mercoledì e giovedì, alcuni giovani si sono concentrati sotto la casa del leader di Sel a Terlizzi, comune vicino Bari. Qui, in una palazzina a ridosso del mercato vivono il Presidente della Puglia e i suoi familiari. “Alcuni ragazzi sono stati identificati dalle forze dell’ordine. È stata una notte brutta e antipatica perché ognuno ha diritto al sonno e alla sicurezza. Ho avuto paura, ho pensato che fosse accaduto qualcosa a mia madre”, ha spiegato il governatore ai giornalisti. “Dal videocitofono, alle tre di notte, ho visto delle ombre, battevano i pugni contro il portone, sputavano, lanciavano volantini con scritte contro di me”. “Poi - ha aggiunto - ho preso il telefonino e ho chiamato le forze dell'ordine; stavo scendendo le scale di casa di corsa, agitato per quello che stava avvenendo, e sono caduto facendomi male ad una gamba. Ho deciso di andare a vivere nel mio paese e non in una villa residenziale separata dal popolo. Spero che i giovani del Pdl abbiano motivo di imparare le regole della lotta politica”. Una brutta storia che ha turbato non poco il leader di Sel che ha ricevuto la solidarietà del Pd e delle altre forze politiche.NESSUN TURBAMENTO, invece, dalle parti di Radio Padania libera, emittente della Lega di Bossi. In studio i giovani di Busto Arsizio ed altri ospiti. Il conduttore della diretta ha chiesto ad un ascoltatore se c’erano novità, e questi, dopo aver augurato “buona Padania a tutti”, ha detto di aver sentito al tg che “Nichi Vendola è caduto dalle scale”. Risate in studio e conclusioni affidate al consigliere provinciale di Varese Marco Pinti: “Purtroppo non ha avuto danni permanenti”. Ancora risate, questa volta in abbondanza. Una frase che Vendo-la ha commentato seccamente: “Si tratta di piccineria morale, io auguro ai miei avversari lunga vita”. Imbarazzo, invece, nel centrodestra pugliese. “Reitero l’invito a tutti indistintamente– ha dichiarato Rocco Palese, capogruppo del Pdl in Consiglio - ad abbassare i toni. Spero che quanto accaduto non sia oggetto ed argomento di ulteriori polemiche e speculazioni e mi auguro che non vengano costruiti teoremi o film così in voga in questi ultimi tempi.
Che tra gli ambienti politici,Vendola sia temuto e dia fastidio,non c'erano dubbi,gli avvenimenti di ieri sotto casa sua a Terlizzi e i soliti commenti stile "bar del troglodita" dalla radio ormai famosa per un potenziale premio "Pulitzer della cultura",sono la verifica del timore della sua scesa in campo.
Da D'Alema alle più estreme frangie della destra,sanno quale sia il nemico da abbattere,tutto ciò non può che far riflettere sulla bontà del progetto Sel,l'unica alternativa alla politica monocolore italiana.
Le donne del Pdl sono in subbuglio. Dopo i casi Carfagna e Prestigiacomo (uscite dal partito sbattendo la porta e rientrate pochi minuti dopo perché fuori pioveva e faceva molto freddo), altre liti e altre crisi agitano il vivace mondo della destra femminile. Vediamo i casi più spinosi.
Alessandra Mussolini
Ha calato un cestino dal davanzale con un biglietto di dimissioni, per protestare contro la riammissione di Mara Carfagna, sua dirimpettaia a Napoli. Ma il cestino si è impigliato nei panni stesi. Con la mano a conchetta attorno alla bocca, la Mussolini ha invocato l'aiuto di Pulcinella, che transitava in quel momento sotto il suo davanzale. La Carfagna, attirata dal clamore, si è affacciata alla finestra e ha accusato la Mussolini di stropicciarle il bucato: le due finestre frontestanti distano solo un metro e mezzo, e il filo del bucato è in comune. Ne è nato un parapiglia spaventoso, al quale hanno partecipato posteggiatori abusivi, suonatori di mandolino, femminielli, pizzaioli e bambini vestiti da Maradona, nel pittoresco scenario dei vicoli, con il caratteristico suono della caccavella e del putipù sullo sfondo. I giornalisti, subito accorsi, sono stati accusati dalle due donne di voler fare solo del facile folklore.
Rosi Mauro
La vicepresidente del Senato, molto criticata per avere retto una seduta di Palazzo Madama sparando diversi colpi in aria con la sua Colt, ha giudicato strumentali le polemiche perché la pistola era regolarmente denunciata. Incompresa anche da Bossi, che non sopporta più i suoi modi rozzi e le ha chiesto più volte "ma dove cazzo li hai imparati, porca di quella vacca!", la Mauro ha in animo di lasciare la politica e tornare al suo precedente lavoro (ha brevettato la macellazione dei maiali a mani nude). Interprete genuina dell'animo popolare della Lega, oggi la giudica imborghesita: "Bossi non è più lui, si fa lavare e addirittura stirare le canottiere, sono cose da finocchi". È in dissidio con il partito anche a causa della decisione dei probiviri, che hanno abolito il tradizionale saluto leghista, "Uei!".
Alda della Bovisasca
Deputata leghista della Bovisasca, Alda della Bovisasca non è certo sospettabile di avere fatto carriera per meriti sessuali. È un'anziana cantante della Bovisasca, famosa per l'interpretazione della "Bela Gigugin", della "Bela lavanderina" e della "Bela Rosina", che ha riunito in una sola canzone, "La trilogia dela bela Gigugin, dela bela Lavanderina e dela bela Rosina". La cantò la prima volta per le truppe alleate, nel 1945, quando liberarono la Bovisasca, e venne pagata molti dollari purché la smettesse. Mai invitata a Villa Certosa, ignorata da Rai e Mediaset, evitata perfino da Pupo e Emanuele Filiberto, ha deciso di lasciare il Parlamento, troppo lontano dalla sua amata Bovisasca. Le sue dimissioni sono state accolte con grande sorpresa perché, non essendo mai stata a Roma in vita sua, nessuno sapeva che Alda fosse deputata.
Scybilla Promanzoni
Ex capezzolina del varietà di Mediaset "Tette! Tette! Tetteeeee!", chiuso dopo una sola puntata perché era sembrato indecente anche all'Associazione dei registi porno, che aveva scritto una vibrante lettera di protesta, Scybilla Promanzoni si è rassegnata, come ripiego, a entrare in politica. Berlusconi l'ha nominata ministro delle Finanze, ma in Bielorussia, per evitare strumentalizzazioni da parte dell'opposizione. Ben presto in rotta con il premier Popov, che pretendeva che imparasse il bielorusso, Scybilla si è dimessa e sta meditando un clamoroso rientro sulla scena italiana, o come capezzolina, o come vicepresidente del Consiglio, o tutt'e due le cose, sfidando le inevitabili polemiche sul doppio incarico.
E vissero felici e contente,con qualche bisticcio fino a quando regnerà il messia di Arcore
Ovvero,la verifica dei soliti bluff del sultano,il "ghe pensi mi" molto bauscia,dal concreto sapore di presa per i fondelli.
Napoli, 365 giorni di emergenza rifiuti Il 2010 sarà ricordato come l'anno del ritorno della monnezza. Ecco la cronologia di una crisi senza fine, tra scontri e promesse mai mantenute Dovevano essere tre giorni. Poi, qualche giorno fa la scadenza è stata spostata a Natale. Oggi invece, mentre Gianni Letta dava rassicurazioni sulla volontà di ripulire Napoli entro Capodanno, il premier prometteva l’impossibile: l’emergenza sarà definitivamente archiviata entro “pochi mesi” grazie ad una sua nuova “discesa in campo”. Risultato ad oggi: non è cambiato niente, e le festività sono trascorse con la città intasata di rifiuti inzuppati di pioggia.
Ma torniamo indietro alla prima dichiarazione: il 22 ottobre il premier certificò: “In dieci giorni ripuliremo Napoli”. Sei giorni dopo, il 28 ottobre, in una conferenza stampa in un’angusta saletta attigua al termovalorizzatore di Acerra, Berlusconi garantì che in tre giorni avrebbe ripulito tutto. In quel periodo Terzigno era stretta nella morsa di violente proteste contro l’apertura di una seconda discarica nel Parco Nazionale del Vesuvio. Una rivolta finita sulle prime pagine di tutto il mondo: molotov, cariche della polizia, camion in fiamme, arresti. Mentre Napoli e provincia si coprivano di monnezza che non si sapeva dove portare.
Il 2010 era iniziato con la Campania liberata per legge da 16 anni di emergenza e commissariamento. La rappresentazione plastica della Grande Vittoria del Premier Silvio Berlusconi, dopo lo spot della presidenza del consiglio dei ministri, recitato dall’amica del Cavaliere, Elena Russo, a simboleggiare il capoluogo partenopeo finalmente affrancato dalla morsa soffocante dei sacchetti neri.
Invece quello che sta per concludersi è stato l’anno del ritorno della monnezza. Che di fatto non se n’era mai andata: era solo stata momentaneamente messa sotto il tappeto. Pochi granelli di sabbia, intoppi facilmente prevedibili, e il meccanismo si è inceppato, i limiti della legge Berlusconi-Bertolaso si sono disvelati, il piano per risolvere definitivamente il problema dello smaltimento dei rifiuti in Campania è fallito. Tra inceneritori funzionanti a singhiozzo, o fermi al palo, discariche vicine all’esaurimento, rivolte delle popolazioni. Ecco la cronaca di un annus horribilis. L’ennesimo.
1 gennaio 2010. Il ministero dell’Interno scioglie tre comuni del casertano perché non hanno saputo fare la raccolta differenziata. Si tratta di Maddaloni, Castelvolturno e Casal di Principe.
8 gennaio 2010. Il sindaco di Salerno Vincenzo De Luca, che di lì a poco si candiderà invano alla presidenza della Campania per il Pd, contesta la provincializzazione del ciclo dei rifiuti prevista dalla legge che conclude l’emergenza e dichiara: “Si sta preparando un autentico disastro, una nuova emergenza rifiuti”. Avrà ragione.
21 gennaio 2010. Napoli è sufficientemente pulita, ma la differenziata non decolla. L’Asìa, la municipalizzata dei rifiuti, annuncia che non può avviare il porta a porta nei quartieri di Scampia e dei Colli Aminei. Motivo: “Oggettive difficoltà finanziarie”, spiega l’ad di Asìa, Daniele Fortini.
16 febbraio 2010. Nuove tensioni a Chiaiano, che ospita la discussa e contestata discarica di Napoli: i militari bloccano un camion che stava per sversare rifiuti radioattivi. Si scopre che trasportava iodio 131, sostanza utilizzata per i tumori alla tiroide, e che già tre camion erano stati fermati nei mesi precedenti per lo stesso motivo.
4 marzo 2010. La Corte Europea di Giustizia condanna l’Italia per il disastro rifiuti in Campania, concludendo così una procedura di infrazione aperta due anni prima con il congelamento di 500 milioni di fondi europei. L’Italia, si legge nella sentenza, “ha messo in pericolo la salute umana e recato pregiudizio all’ambiente”.
15 marzo 2010. Prime avvisaglie del ritorno dell’emergenza rifiuti. Le province di Caserta e Napoli sono assediate dai sacchetti neri rimasti in strada per gli scioperi e le proteste dei 1268 lavoratori del consorzio unico che reclamano due stipendi arretrati e bloccano i cdr e le discariche. La contestazione si scatena in prossimità dell’arrivo di Silvio Berlusconi a Napoli, atteso per un comizio in sostegno al candidato Governatore del Pdl Stefano Caldoro. Secondo Roberto Saviano la coincidenza è sospetta: “Se un politico come Cosentino, indagato per i rapporti con i casalesi, gode di un tale ascolto a Roma è perché ha un’arma puntata alla tempia del governo: l’immondizia. Se vuole, può di nuovo riempire la regione di rifiuti”. L’emergenza durerà diversi giorni. Si rivelano i primi limiti del piano spazzatura del governo, che si fonda su equilibri fragili.
Aprile 2010. La Provincia di Napoli aumenta dell’8% la Tarsu. L’anno prima il Comune di Napoli l’aveva raddoppiata dopo la scelta del governo di far ricadere l’intero costo del servizio sugli enti locali. Costi altissimi, servizi pessimi.
Maggio 2010. Riprendono nell’area tra Terzigno e Boscoreale le proteste dei comitati contro la paventata apertura di Cava Vitiello, la seconda discarica nel Parco Nazionale nel Vesuvio, a poca distanza da Cava Sari, già attiva da un anno, che assorbe parte dei rifiuti di Napoli e gran parte della spazzatura della provincia. Cava Vitiello, 3 milioni e 600mila metri cubi, è tra le dieci discariche campane individuate nel piano Berlusconi-Bertolaso, legge dello Stato. Dovrebbe diventare il più grande sversatoio d’Europa. In una manifestazione nell’Ente Parco, il sindaco di Terzigno Domenico Auricchio, pidiellino e amico di Berlusconi, annuncia: “Combatterò come un leone contro l’apertura di Cava Vitiello”. Ma viene subissato dai fischi e costretto ad abbandonare il palco.
13 maggio 2010. Il parlamentare Pdl Gaetano Pecorella, presidente della commissione sui rifiuti, fa a pezzi il piano Berlusconi-Bertolaso: “A Napoli c’è il rischio di una nuova crisi rifiuti, ci troviamo in una situazione da disastro ambientale. Vi è un problema economico del Consorzio unico di Napoli e Caserta, c’è gente in esubero che ha bisogno però di lavorare, poi ci sono i debiti dei comuni sui quali c’è un’attenzione della magistratura. Abbiamo anche un problema di esaurimento di un’unica discarica in funzione e soprattutto non sono stati avviati i lavori per il termovalorizzatore. Nell’ultimo anno poco è cambiato”. L’allarme viene minimizzato dagli stessi ambienti pidiellini dai quali proviene.
16 giugno 2010. Basta lo sciopero di un giorno dei netturbini e Napoli si sveglia con oltre 1000 tonnellate di spazzatura per le strade. Fioccano le disdette dei tour operator. Per riportare la città alla normalità ci vorrà qualche giorno.
Luglio 2010. Col caldo i miasmi provenienti dalla discarica di Terzigno diventano insopportabili. I cittadini si lamentano: “Siamo costretti a non uscire di casa”. E’ la scintilla che farà scoppiare nei mesi successivi la durissima protesta dei comitati locali.
21 luglio 2010. Tornato a Napoli per testimoniare al processo Bassolino-Impregilo, sette mesi dopo la fine della sua gestione commissariale, Guido Bertolaso dice “di aver trovato Napoli ordinariamente sporca”. L’ad di Asìa, Fortini, risponde: “Roma lo è molto di più”.
20 settembre 2010. Napoli è di nuovo sommersa dai rifiuti. Colpa, secondo Bertolaso “di problemi di raccolta legati alle difficoltà dell’azienda comunale”.
21-22settembre 2010. Nella notte scoppia la rivolta di Terzigno. Durerà settimane. I ribelli danno alle fiamme 13 autocompattatori diretti verso la discarica di Cava Sari. La tensione esplode in gesti di violenza dopo la pubblicazione, goccia che fa traboccare il vaso, di un articolo su Il Mattino che dà per certa l’apertura della seconda discarica di Cava Vitiello. La rotonda di via Panoramica, al confine tra Terzigno e Boscoreale, e lo spiazzo del Rifugio a Terzigno diventano i luoghi simbolo della lotta. Nei primi giorni i sindaci del comprensorio si associano alle proteste, sia pure prendendo le distanze dai violenti. Anche la Curia di Nola assumerà posizione contro la discarica. Il Vescovo parteciperà a un corteo. Nei giorni successivi carabinieri e poliziotti arriveranno in massa. E caricheranno i manifestanti che nella notte provano ad ostacolare o bloccare il passaggio dei camion. Il sindaco di Boscoreale Gennaro Langella inizia lo sciopero della fame, che termina quando riesce ad ottenere un incontro con i vertici della Provincia di Napoli. Anche a Napoli iniziano gli assalti ai mezzi della raccolta. La spazzatura non viene più presa per andare in discarica, o non riesce a raggiungere gli invasi. Resta nelle strade.
24 settembre 2010. Guido Bertolaso tuona: “Cesaro deve aprire Cava Vitiello, lo dice la legge e la legge va rispettata. La magistratura indaghi su alcune situazioni sospette atte a destabilizzare una realtà che funziona”. Non tutto in verità fila per il verso giusto. L’inceneritore di Acerra funziona a singhiozzo, come denuncia ripetutamente il consigliere provinciale di opposizione Tommaso Sodano. E sbucano le carte di un collaudo di luglio del quale pochissimi sapevano qualcosa. Le procure di Napoli e Nola discutono della competenza delle inchieste sull’impianto realizzato da Impregilo.
27 settembre 2010. I sindaci del vesuviano occupano per protesta la Provincia di Napoli. Vogliono un no chiaro alla discarica di Cava Vitiello. Non lo avranno.
29 settembre 2010. Il sindaco di Terzigno, Domenico Auricchio, assicura: “Berlusconi mi ha detto che Cava Vitiello non aprirà più”. E invita a stappare lo spumante.
Ottobre 2010. Napoli e provincia sono piene di rifiuti che tra proteste, scontri e impianti mal funzionanti o in via di esaurimento non si sa dove smaltire.
17 ottobre 2010. Ancora violenze a Terzigno. Bruciati diversi camion. Si susseguono notti di scontri e di cariche delle forze dell’ordine. A Napoli 1100 tonnellate di rifiuti per strada. Un poliziotto, consigliere comunale di Boscoreale, denuncia in un’intervista al sito web del Fatto Quotidiano : “Dai miei colleghi violenze gratuite e ingiustificate contro dimostranti inermi”.
22 ottobre 2010. Sulla crisi rifiuti a Napoli finalmente parla Silvio Berlusconi, lanciando date e scadenze: “In dieci giorni sarà tutto a posto”. Intanto manda nel capoluogo partenopeo Guido Bertolaso e la Protezione Civile, con il compito di rimettere ordine nel caos e trattare con le amministrazioni e le popolazioni locali.
28 ottobre 2010. Napoli è sempre sporca. Berlusconi è ad Acerra per visitare il termovalorizzatore e fare il punto sulla situazione. In conferenza stampa promette: “In tre giorni ripuliremo Napoli”. E annuncia la costruzione di un ulteriore termovalorizzatore oltre a quelli già previsti di Salerno e Napoli Est. Servirà a bruciare i 6 milioni di ecoballe stoccati da anni nel giuglianese.
29 ottobre 2010. Nuovo blitz di Berlusconi nel napoletano. Dopo un lungo vertice coi sindaci vesuviani, il premier cancella Cava Vitiello e la salerninana Serre dal piano discariche. I sindaci esultano, i comitati un po’ meno: nessuna garanzia sulla chiusura di Cava Sari a Terzigno, che comunque riceve solo la spazzatura dei 18 comuni della zona rossa. Napoli non sversa più qui e deve arrangiarsi tra Chiaiano e gli stir. E’ sempre emergenza.
31 ottobre 2010. La protesta si trasferisce a Giugliano. Violando un accordo di due anni prima sottoscritto dal governo Berlusconi e dal sindaco, il presidente Pdl della Provincia di Napoli Luigi Cesaro ordina la riapertura della piazzola 12 dell’impianto di Taverna del Re, affinché vi vengano conferiti i rifiuti di Napoli. I manifestanti provano a più riprese a impedire il passaggio dei camion, anche qui per giorni proseguiranno scontri con le forze dell’ordine, di lieve entità rispetto a quelli di Terzigno, dove nel frattempo sono riprese le manifestazioni. La Procura di Napoli apre un’inchiesta sulla riapertura di Taverna del Re.
11 novembre 2010. L’Arpac rende pubblici i risultati delle analisi delle falde acquifere di Cava Sari a Terzigno, effettuate insieme a tecnici di fiducia delle amministrazioni comunali. Evidenziano tracce di metalli pesanti, sostanze pericolose e cancerogene. Ma l’inadeguatezza dei sondaggi effettuati non permette di stabilire un nesso causa-effetto tra l’attività di discarica e l’inquinamento delle falde. Riesplode la protesta dei comitati cittadini. I sindaci, accusati di non chiedere l’immediata chiusura dello sversatoio, vengono duramente contestati durante un’assemblea nella sede del Parco del Vesuvio.
15 novembre 2010. Napoli è allo stremo, colma di spazzatura: 3500 tonnellate per le strade, 10000 calcolando quella dimenticata nelle città vicine. Pecorella torna a parlare di “rischio di disastro ambientale”. Il Governatore Caldoro firma un provvedimento che autorizza i conferimenti fuori provincia. A Terzigno ancora tensioni e ritrovamenti di ordigni.
21 novembre 2010. Ci sono 3000 tonnellate di rifiuti quando a Napoli arrivano gli ispettori dell’Unione Europea. Che sentenziano: “In un anno non è cambiato niente”. E si temono epidemie. Di fronte al disastro il governo Berlusconi ha prodotto un nuovo decreto che non è un piano: cancella tre discariche (Cava Vitiello, Serre e Andretta) ma nulla dice su come smaltire alternativamente la spazzatura.
23 novembre 2010. Berlusconi telefona a Ballarò e se la prende con il conduttore Giovanni Floris: “Sui rifiuti quando sono intervenuto ho risolto i problemi”. Il premier precisa che quando parlava dei ‘3 giorni’ ad Acerra si riferiva ai miasmi di Terzigno, che, dice, sarebbero stati eliminati. Quindi attacca la trasmissione. “Siete dei mistificatori”. E riattacca. Ma la puzza a Terzigno si avverte ancora adesso.
Fine novembre 2010. Berlusconi chiama i sindaci delle principali città italiane chiedendo aiuto per la risoluzione dell’emergenza rifiuti a Napoli. In pratica: l’uso delle loro discariche o l’invio di mezzi e personale per la raccolta straordinaria. Qualcuno accetta, qualcuno no.
1 dicembre 2010. Si sparge la voce che alcuni calciatori rifiuterebbero il trasferimento al Napoli perché preoccupati per l’emergenza rifiuti.
4 dicembre 2010. Intervendo al telefono durante una convention politica a Napoli, Berlusconi proclama: “Siamo in grado di poter riportare Napoli al suo doveroso splendore nel giro di qualche giorno”. Poi prova a convincere, invano, il sindaco di Serre a riaprire l’invaso di Macchia Soprana, con l’ok di Provincia di Salerno e Regione Campania. Ma il sindaco, Palmiro Cornetta, dice no. Serre, peraltro, era stata di nuovo esclusa dal piano discariche appena poche settimane prima, per decreto (anche se riguardo a un altro sito, ricompreso nello stesso comune).
8 dicembre 2010. Nuovi scontri a Terzigno. Bruciati alcuni camion.
20 dicembre 2010. Napoli è sempre colma di rifiuti. La ripulitura entro Natale è ormai impossibile. Viene definito in Provincia un accordo per trasferire una porzione della spazzatura napoletana in Spagna, ma avrà effetto solo a partire dal 2011. Intanto i grandi alberghi del lungomare denunciano il 70% di camere invendute. L’ad di Asìa, Daniele Fortini, interviene duramente: “La Regione Campania potrebbe smaltire un milione di tonnellate al giorno. Ma il capoluogo viene lasciato con l’immondizia in strada a Natale. Non parliamo di emergenza. Questa è una scelta politica”. “La situazione è gravissima e se non si metterà a punto un piano di raccolta straordinaria, i cittadini trascorreranno il Natale con i rifiuti, tanti, sotto casa” dichiara l’ assessore all’Igiene Urbana del Comune, Paolo Giacomelli, che chiede “di conferire i rifiuti negli impianti sia della provincia che in altre province”. Ma l’assessore regionale all’Ambiente Giovanni Romano replica: “La situazione è critica solo per colpa di chi gestisce il Comune e la sua Società”. Giacomelli: “Non è così e ci tuteleremo in sede legale”. Mentre le istituzioni litigano su chi ha ragione e chi ha torto, il Natale di Napoli e della provincia viene festeggiato nel segno dei sacchetti neri. Beffa finale: gli impianti stir non lavorano a Natale, deve intervenire l’esercito per sgomberare le strade dalla monnezza abbandonata. Buon anno.
Per chi è devoto al sultanato ormai realtà da un ventennio,potrà sempre giustificare "l'uomo dei mancati miracoli",trincerandosi nelle ripetute ossessionanti colpe della sinistra,poichè questo esecutivo quando deve festeggiare un successo,tipo la cattura di qualche boss,si batte sul petto fieramente,al contrario quando promette mari e monti,e non combina un emerito c... le colpe vengono dirottate in automatico ai precedenti governi durati alcuni mesi.
La Campania come moltissime aree del mezzogiorno non sono governabili,lo sanno anche i muri chi le controlla,e non sarà un federalismo o un unto dal signore,presunto,bontà sua,nel poter cambiare uno stato di fatto che dura da sempre.
Ivi compresa una giunta regionale o dei vari comuni,province comprese,fossero anche monocolore della destra.
Nella regione di Larzac ne esiste una gigantesca quantità
PARIGI - Un nuovo carburante naturale, l'oro nero dopo il petrolio. Il "gas di scisto" è il sogno di molte aziende energetiche per liberarsi dalla dipendenza dal greggio, ma fa tremare gli ambientalisti francesi. Sull'altipiano del Larzac, nel sud del paese, ci sarebbero infatti alcuni dei più grossi giacimenti di questo gas naturale. La regione è una delle più selvagge di Francia, ricoperta da boschi incontaminati, pascoli di pecore col cui latte si produce il famoso formaggio Roquefort. Un paesaggio lunare, ottocento metri sopra al mare, attraversato da molti corsi d'acqua.
Il sottosuolo argilloso è il terreno ideale per quello che gli americani chiamano "shale gas". L'Eldorado di questa nuova fonte di energia. Non a caso, il gigante texano Schuepbach Energy ha già ottenuto dalle autorità locali il permesso di condurre delle esplorazioni su oltre 4.400 metri quadrati del Larzac. Negli Stati Uniti, le trivellazioni per il gas di scisto si stanno sviluppano velocemente: da 47 pozzi censiti nel 1989, oggi se ne contano 6.200. Ma con il progresso delle tecniche di estrazione e con il costo del greggio in aumento, si è scatenata anche in Europa una corsa per accaparrarsi quello che il Wall Street Journal ha già battezzato come l'oro nero del futuro.
Secondo alcuni esperti francesi, i giacimenti nazionali di gas di scisto potrebbero addirittura garantire un giorno l'indipendenza energetica della Francia. Non basta a convincere gli ambientalisti che nel Larzac sono sul piede di guerra: le trivellazioni, dicono, rischiano di danneggiare le preziose falde acquifere locali. "Per rompere la roccia e trovare il scisto bisogna scavare molto in profondità e sprecare una quantità di acqua impressionante", racconta José Bové. Il contadino no global, che da anni vive in questo altipiano, è il portavoce della protesta. Dopo aver distrutto campi di Ogm e aver assaltato ristoranti McDonald's, Bové annuncia manifestazioni, blocchi stradali e ha diffuso sul web un documentario sui rischi ambientali 1. "I texani - annuncia con la solita enfasi - dovranno passare sui nostri corpi prima di poter condurre nel Larzac le loro trivellazioni"
Sarà un lungo e devastante braccio di ferro,il gas di scisto considerato una delle vie più semplici per garantirsi il futuro e l'alternativa principe del greggio e del metano,è assai appetito dalle forze politiche-economiche francesi,prevedo una lunga guerra senza esclusioni di colpi,anche perchè quando i francesi si incazzano,risultano davvero tosti,ed essendo effettivamente uno stravolgimento ambientale in quella regione,gli scenari saranno devastanti.
Resta solo un ultimo scrupolo: sentire nuovamente il caposcorta e provare a vedere se in questi tre mesi l’autista che aspettava in macchina si è ricordato qualcosa. Altrimenti, non resta che archiviare. L’attentato a Maurizio Belpietro non c’è mai stato. Ieri, è stato Il Giornale - in un inedito attacco ai colleghi che proprio in questi giorni raccontano di un altro presunto agguato, questa volta a Fini - a descrivere gli umori della Procura di Milano. Poi, la confermaè arrivata anche da altre fonti vicine agli inquirenti: il fascicolo per tentato omicidio a carico di ignoti aperto dai pm Pradella e Pomarici probabilmente finirà sepolto in un cassetto.PROPRIO il contrario di quel giovedì sera, era il 30 settembre, in cui Belpietro chiamò in redazione per far riaprire il giornale: “Hanno sparato fuori da casa mia - disse al telefono ai suoi redattori - Non ho capito cosa sia successo, ci sentiamo tra poco”. Ha appena sentito esplodere dei colpi fuori dalla sua porta, ma non fa in tempo a riattaccare la cornetta, che l’attentatore è già fuggito: ha provato a sparare al caposcorta ma la pistola si è inceppata, si è dileguato nel nulla dall’uscita secondaria, senza lasciare impronte, senza essere ripreso da nessuna delle telecamere della zona. È sparito per le vie di Milano, nonostante le decine di volanti subito mobilitate per la caccia all’uomo. L’identikit viene immediatamente diffuso, ma nessuno lo ha mai più trovato. Non a caso, l’indagine potrebbe essere archiviata. Ma nel frattempo, per tre mesi, ci hanno raccontato la favola del clima d’odio.L’agguato finisce in prima pagina il primo ottobre. Giusto il tempo di ricostruire la dinamica del “misterioso episodio” ed emettere la sentenza nella seconda riga di catenaccio: “Maroni l’aveva detto: ‘Attenti all’odio’”. Sono i giorni dei titoli a cinque colonne. A Repubblica, la sera stessa, Belpietro racconta che idea si è fatto su quei minuti di terrore: “Non credo proprio che fosse lì per offrirmi un mazzo di fiori, né credo che fosse un ladro. Sì, penso proprio di essere io l’obiettivo”. Ha fatto il callo alle “minacce”, spiega, “ne ho avute tantissime, alla fine uno ci si abitua, ma questo agguato proprio non me l’aspettavo”. Lo ripete il giorno dopo a La Stampa, anche se nel frattempo ha elaborato la sua teoria: “C’è un clima che non è dei più favorevoli (…) Se racconti fatti diversi sei un nemico da abbattere, questo può eccitare qualche animo”. Un’altra notte porta consiglio, e il 3 ottobre sul Corriere della Sera, Belpietro arriva a paragonarsi a Saviano costretto a “una vita da recluso” per quello che scrive. Ha ricevuto solidarietà da tutti, dice, tranne da Di Pietro. I distinguo tra buoni e cattivi sono cominciati. Perché se innocente, e comprensibile, era l’accorata ricostruzione del direttore che si è fidato del racconto del suo capo-scorta, innocente non è il fatto che nel giro di ventiquattr'ore l’episodio di cronaca serva a saldare vecchi conti in sospeso. Quello con Marco Travaglio, per esempio, che “con la sua consueta simpatia - ricorda Libero - definì Belpietro ‘più che un cane da guardia, un cane da riporto’”; con Eugenio Scalfari “un altro maestro di tolleranza”, colpevole di aver replicato chiamandolo “un alano da riporto”; con Massimo Giannini anche lui sostenitore della tesi per cui Belpietro fa parte di “una muta famelica di cani”. Il teorema è servito. A esporlo è lo stesso direttore: “Quando si sostiene che un giornalista è un servo, un cane, una prostituta, un leccaculo, uno che sguazza nella merda e opera nella fogna – tuona Belpietro – certo poi non c’è da stupirsi se c’è chi mette in pratica il proposito di levare di mezzo un personaggio tanto spregevole”. Su un’altra prima pagina, quella de Il Giornale, il suo futuro socio in affari Vittorio Feltri(ora insieme sono editori di Libero) confermava la tesi, aggiornando la lista dei mandanti morali: “Belpietro, che oltre ad aver steso articoli sulla vicenda scottante di Montecarlo (...) è presto diventato un simbolo del giornalismo esecrato dai Bocchino, dai Briguglio, dai Granata, quindi da colpire. Questo è perlomeno il messaggio raccolto dal delinquente che l’altra notte ha impugnato la pistola”.QUOTIDIANAMENTE, Libero e Il Giornale pubblicano messaggi raccolti su Facebook, dove qualche maniaco ha aperto il gruppo “Uccidiamo Belpietro”. Ed è proprio la Rete che serve l’assist a Maroni per dire che “l’agguato a Belpietro non sarà l’ultimo”. I due quotidiani danno grande spazio alle dichiarazioni del ministro e anche alla sparata di Gasparri, preoccupato perché a coordinare le indagini è il procuratore Spataro: “Non è in grado di garantire l’imparzialità, mi auguro che la Procura incarichi un altro magistrato”. Nelle aule di Tribunale, è questo il punto, ci sarebbero “amici” proprio di quei giornalisti che su Belpietro hanno rovesciato “menzogne e cattiverie”: “La lotta continua di Travaglio a noi moderati”, è il titolo dell’editoriale con cui, quattro notti dopo l’agguato, Belpietro apre il suo giornale. Giovedì 7 ottobre, Belpietro è ospite di Annozero. La mattina dopo butta in prima pagina uno “Scusate se sono vivo”. Siccome non c'è stato “spargimento di sangue, né un cadavere - si indigna - gli scettici suppongono si tratti di una messa in scena”. “Come negli anni Settanta”, lo consola Il Giornale nell’ultimo scampolo di polemica finita su carta. “Giornali e politici di sinistra hanno sostenuto che l’attentato fosse inventato. Sempre così: se non sono messinscene, questi episodi vengono ridotti a bravate”. Da archiviare, come sembra intenzionata a fare anche la procura di Milano.
Fino a quando le fandonie costruite ad arte dalla corte del sultano,saranno credute da una buona parte dell'opinione pubblica,loro continueranno imperterriti,e dire che sempre il medesimo popolo veniva indicato difficilmente "intortabile",al contrario pare che il Dna sia cambiato,su alcuni,mentre su altri più numerosi,fanno finta di credere e appoggiano queste stronzate,per puro interesse,per quest'ultimi potrebbero essere governati anche da un capo mafia,la massima di Macchiavelli "il fine giustifica i mezzi",va sempre di moda.
“Democrazia senza trasparenza è solo una parola vuota”. Con questa frase Kristinn Hrafnsson, uno dei portavoce di Wikileaks, spiega il manifesto dell'organizzazione guidata dall'hacker australiano. La loro epopea è finalmente raccontata in “Wikirebels”, il film realizzato dalla televisione svedese Svt, sottotitolato e distribuito in esclusiva da ilfattoquotidiano.it. Dall’estate 2010 fino ai primi giorni di dicembre, i reporter Jesper Huor e Bosse Lindquist seguono Assange in giro per tutti quei paesi in cui il sito Internet porta avanti le sue operazioni strategiche. Quali sono gli scopi di Wikileaks? Quali le conseguenze sull’informazione mondiale della pubblicazione di migliaia di cablogrammi? Ma soprattutto, chi è Assange: un campione della libertà, una spia o uno stupratore? Wikirebels risponde a tutte queste domande e ci porta sul terreno ancora caldo dei wiki-scoop: con uno straordinario lavoro giornalistico dà voce anche alle vittime, come i parenti dei civili iracheni rimasti uccisi dell’attacco mortale di un elicottero americano, un episodio diventato noto grazie al video “Collateral Murder” messo in rete proprio da Wikileaks. Questa sera pubblichiamo la prima parte del documentario: “La nascita dei Wikirebels” con un racconto delle rivelazioni che hanno dato al sito una ribalta mondiale. Domani sera la seconda parte: “Guerra e altri orrori” con le terribili immagini e testimonianze dall’Iraq e numerose riflessioni sull’informazioni di guerra ai tempi di Internet. Giovedì trenta dicembre, la terza e ultima parte: “Caccia al soldato Assange” con le divisioni interne all’organizzazione, la caccia all’uomo scatenata dai governi di mezzo mondo, le accuse di stupro, l’ “ideologia” che muove l’hacker australiano. Tutte le puntate durano circa 20 minuti e saranno visibili anche in seguito sul nostro sito. Buona visione a cura di Stefano Citati, Lorenzo Galeazzi, Federico Mello
Non ci si rende conto di quanto siano sgraditi al potere politico-economico globale,ma tutto ciò è la verifica della qualità e della realtà Wikileaks.
Lo schiacciassi e la tabella inserita parlano chiaro, continuare a lavorare ed essere competitivi per gli operai,vorrà dire lacrime e sangue,dovranno alternarsi su turni elastici,anche notturni,dove in alcuni momenti sarà la CIG a fare la differenza,al contrario in altri momenti dovranno lavorare anche nel week end,
Se non avete mai lavorato in catena di montaggio,non ne avete idea della fatica e del consumo fisico a riguardo, lungo tutta una vita lavorativa.
Tanto il ricatto suona come "se vi piace questa minestra bene,altrimenti salterete il pranzo,naturalmente anche la cena per sempre".
Decenni di lotte sindacali per migliorare le condizioni di lavoro buttate nel cesso dal re della Chrysler,forse solo più di quella realtà oltre oceano.
Buongiorno a tutti, questo è uno dei due passaparola che abbiamo registrato prima di Natale e quindi mentre vi sto parlando non so quale sarà la situazione nel lunedì in cui questo passaparola va in onda, vorrei però approfittarne per fare memoria, su un fatto tragicomico.
La sicurezza della Lega
Sappiamo benissimo tutte le polemiche che sono state fatte sulla sicurezza, violenze di piazza, proposte più o meno repressive per arginare il ritorno agli anni di piombo etc., è una buona cosa che si sappia che questo governo ha, un paio di mesi fa, depenalizzato il reato di associazione militare con finalità politiche, la cosiddetta banda armata, direte: sono impazziti?
No, non sono impazziti, c’è un processo a Verona per questo reato contro una trentina di attivisti e dirigenti leghisti che coinvolgeva inizialmente i massimi vertici della Lega per avere fondato 14 anni fa le Camice verdi, un’organizzazione paramilitare, con finalità politiche, completamente illegale visto che non si possono creare bande armate a sostegno di questo o quel partito, milizie private a sostegno di questo o quel partito e quindi l’allora Procuratore Papalia avviò questo processo, processo che ne ha viste di tutti i colori per cercare di salvare i leghisti beccati con il sorcio in bocca in intercettazioni etc. a parlare di armi e di organizzazione militare, gli eventi di contrasto contro lo Stato che pretendeva addirittura di tutelare la propria unità contro la secessione vaneggiata da questi squilibrati!
Non sapendo più come salvare i loro attivisti dalle conseguenze penali di questa milizia, la Lega ha costretto il Governo a depenalizzare il reato di cui questi signori erano accusati e lo ha fatto con la frode, ragione per cui, si spera, che presto il Parlamento voterà la mozione di sfiducia che è stata sollevata dall’Italia dei valori, contro il Ministro Calderoli che si è segnalato per un notevole attivismo in questo senso, quindi dobbiamo sapere che questo governo che a parole dice da contrastare la violenza, ha depenalizzato uno dei reati chiave per punire la violenza di chi si organizza in armi per fare violenza a scopo politico.
Per salvare sé stessi hanno disarmato lo Stato di uno strumento giuridico, penale fondamentale per reprimere eventuali fenomeni di questo genere.
Partiamo dall’inizio, il 9 ottobre è entrato in vigore il Decreto Omnibus (perché dentro c’era di tutto) che contiene il nuovo codice dell’ordinamento militare, è il Decreto Legge 15 marzo 2010 N. 66 che è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale l’8 maggio, con il titolo “Codice dell’ordinamento militare, in questo decreto ci sono 2272 articoli, più sono meno i parlamentari quando devono approvarli in due minuti possono verificare cosa stanno facendo, come si fa a leggere e a capire 2272 articoli? Uno degli ultimi, l’articolo 2268 ha centinaia di commi, il comma 297 dell’Art. 2268 di questo decreto, abolisce un altro decreto che era stato varato nel febbraio 1948 alla vigilia delle famose elezioni del 1948, fronte popolare contro Democrazia Cristiana e i suoi alleati, momento di altissima tensione, erano le prime elezioni politiche dopo la Costituente. Il Decreto quindi che viene abolito è il Decreto 14 febbraio 1948 N. 43 e era il Decreto che puniva con il carcere da 1 a 10 anni chiunque promuove, costituisce, organizza o dirige associazioni di carattere militare, le quali perseguono anche indirettamente scopi politici e si organizzano per compiere azioni di violenza o minaccia.
Il trucco l’avete capito, si fa un provvedimento che abroga una miriade di vecchie norme, anche spesso inutili, e che viene usato per nascondere, camuffare la depenalizzazione di un grave reato che è purtroppo attualissimo, il Capo dello Stato ha regolarmente firmato questo Decreto e di chi è l’idea? Ufficialmente il nuovo codice dell’ordinamento militare, è responsabilità del Ministro della Difesa, La Russa, ma può La Russa pensare di depenalizzare il reato di banda armata di fatto? No, non è stato lui, a attivarsi in questo senso è il Ministro della semplificazione normativa leghista Roberto Calderoli, cosa gli è venuto in mente a questi che sollevano sempre allarmi sulla rinascita del terrorismo, di depenalizzare le bande militari e paramilitari di stampo politico? Quello che vi dicevo prima, l’esistenza di questo processo che è in corso di 14 anni a Verona, a carico di politici, dirigenti e attivisti della Lega del Piemonte, della Liguria, della Lombardia e del Veneto e dal 1996 sono accusati di avere organizzato una formazione paramilitare, la guardia nazionale padana, quella che si vestiva con le camice verdi, i guardiani della secessione, nelle intercettazioni si sentono questi signori, compreso Bossi, parlare di armi. Il processo fino a qualche mese fa vedeva imputati anche Bossi, Maroni, Borghezio, Speroni, tutti parlamentari italiani o europei e 5 alti dirigenti della Lega in aggiunta a quelli che ho citato che nel 1996 erano parlamentari, tra questi Calderoli.
All’inizio i capi di imputazione formulati dal Procuratore Guido Papalia erano 3: attentato alla Costituzione, attentato all’unità e integrità dello Stato, costituzione di una struttura paramilitare fuori legge in virtù di quel Decreto.
Ma i primi due reati con un’altra legge ad legam, sono già stati di fatto depenalizzati nel 2005, sono stati modificati e quindi l’attentato alla Costituzione e l’attentato all’unità e integrità dello Stato sono reati soltanto quando concretamente viene usata la violenza, mentre quando uno si propone di fare queste cose, ma non ha ancora messo in campo comportamenti violenti, non è più reato e quindi i due reati, il primo e il secondo contestati da Papalia sono stati cancellati dal Parlamento per salvare gli imputati di questo processo nel 2005, uno degli ultimi atti del Governo Berlusconi 2.
Restava in piedi il terzo, quello di costituzione di una formazione paramilitare con scopi politici fuori legge e è proprio il reato che viene depenalizzato con il decreto di maggio che è entrato in vigore a ottobre, il Decreto La Russa – Calderoli. I leader leghisti rinviati a giudizio, i Bossi, i Maroni etc. erano già stati salvati dal processo perché il Parlamento li aveva protetti con insindacabilità parlamentare, sostenendo che persino il reato di banda armata, attentato alla Costituzione, all’integrità e un’unità dello Stato, fossero coperti dal diritto dei parlamentari di esprimere le loro opinioni, come se l’organizzazione di una banda paramilitare fosse un’opinione.
E’ un reato che salva le opinioni dei parlamentari e che in realtà l’istituto dell’insindacabilità nasce per difendere le opinioni dei parlamentari e invece è stato applicato, abusandone, per salvarsi dalle conseguenze di avere fondato o cofondato una banda armata, ok? Quindi improcessabili per grazia ricevuta del Parlamento.
Papalia è ricorso alla Corte Costituzionale facendo due conflitti di attribuzione contro il Parlamento che aveva impedito che venissero processati questi parlamentari, ma non è riuscito a ottenere ragione, a quel punto sono rimasti gli altri imputati, quelli che non avevano avuto la prontezza di rifugiarsi in Parlamento per farsi proteggere dai loro colleghi che erano comunque 36, tra i quali anche Giampaolo Gobbo, segretario della Lega Veneta e Sindaco di Treviso e il Deputato Matteo Bragantini che era arrivato dopo in Parlamento e che quindi quando i reati secondo i PM erano stati commessi, non era ancora parlamentare.
Ma a ottobre nella prima udienza del processo davanti al Tribunale di Verona, dopo tutto quell’andirivieni di conflitti, attribuzioni etc., gli avvocati dei leghisti si sono alzati e hanno detto ai giudici: ma lo sapete che il reato non c’è più? Anche il reato di formazione paramilitare fuori legge è stato appena cancellato dal Decreto voluto da Calderoli, da uno degli ex imputati di questo processo, i giudici allibiti non se ne erano neanche accorti che era passato dal decreto con tutte quelle norme, quindi sono andati a verificare e hanno scoperto che era vero e quindi ne hanno preso atto e hanno rinviato il dibattimento in attesa di dichiarare praticamente chiuso perché è sparito il reato, l’ultimo anche dopo gli altri due, grazie all’ennesima legge ad legam.
Esce un pezzo su Il Fatto Quotidiano, lo scrivo io a ottobre, panico, il governo si accorge di avere depenalizzato un reato così grave, La Russa tramite gli uffici del suo Ministero fa sapere che è stato un errore materiale, sapete che quando c’è un errore materiale in un decreto può essere corretto con una procedura breve, non è che bisogna rifare tutto l’iter parlamentare, ma dal Ministero della semplificazione normativa arriva l’alto là, si dice: no, non è stato un errore, era voluto, naturalmente Calderoli non dice: l’ho voluto io, altrimenti si capirebbe perché l’hanno fatto, dice: questo suggerimento di cancellare questo decreto e quindi questo reato, ci è arrivato da una Commissione ministeriale che era stata istituita a suo tempo per riformare il Codice dell’ordinamento militare dal governo Prodi, è il solito discorso, è colpa del governo precedente, sono loro che ci hanno detto: cancellate quella norma e noi l’abbiamo cancellata, ma i responsabili di quella Commissione, tra cui un generale fanno sapere che non è vero niente, loro non avevano affatto detto di cancellare quella norma, sono stati gli uffici di Calderoli a aggiungerla, quindi non si provassero a dare la colpa alla Commissione istituita dal Governo Prodi perché l’hanno fatto loro surrettiziamente, cercando poi di attribuirlo a quella Commissione.
Calderoli mente al suo stesso governo
Noi siamo di fronte a un governo che è stato raggirato, se tutte le cose che ci siamo detti sono vere. E secondo l’Italia dei valori che ha sollecitato e ha aperto la richiesta di sfiducia individuale del Ministro Calderoli, quest’ultimo ha mentito al Parlamento e al suo governo, addirittura, impedendo che venisse corretto quello che era talmente assurdo da far pensare a un errore materiale.
Sostenendo che invece non era un errore materiale ma era giusto fare così e che a fare così era stato indotto da una Commissione, mentre in realtà quella Commissione non l’aveva indotto, era stato lui a prendere l’iniziativa, e sappiamo con quali conseguenze il salvataggio dei 36 imputati a Verona. Adesso bisognerà vedere quando viene fissata la votazione e la discussione in Parlamento della sfiducia individuale a Calderoli, perché quest’ultimo ha già detto: se ci fossero le prove che ho mentito al Parlamento me ne andrei io per primo, la posta in gioco l’ha sintetizzata Massimo ?Donadi?, capogruppo dell’Italia dei Valori alla Camera che ha fatto degli accertamenti sull’iter di questo strano codicillo che è stato aggiunto all’ultimo momento nel Decreto sull’ordinamento militare e che è molto interessante, soprattutto in questo periodo in cui il Governo fa la faccia feroce e finge di essere il tutore dell’ordine pubblico.
Donadi ha scritto una lettera al Presidente della Camera Fini che è stata pubblicata da Il Fatto Quotidiano che aveva tirato fuori per primo questa depenalizzazione di questo reato innescando poi tutto quello che è successo dopo, sono cose gravissime, non le avete mai sentite raccontare in televisione, sui giornali etc., ma sono cose gravissime, proprio per questo non ve le hanno raccontate! “Gentile Presidente fini – le è ben noto, scrive Donadi – che a ottobre è stata illegittimamente abrogato il reato di associazione militare con scopi politici e che di questo ritengo essere responsabile il Ministro per la semplificazione normativa – Calderoli – il Ministro che ci accusava di averlo attaccato ingiustamente, le ha scritto in una lettera che mentire al Parlamento è un fatto di tale gravità e se mai lo avesse fatto si sarebbe prontamente dimesso. Nel corso della discussione sulla mozione il Ministro ha mostrato il testo di uno schema di Decreto Legislativo, affermando che si trattava del “testo prodotto dal Comitato scientifico, la Commissione istituita da Prodi, inviato alle concertazioni interministeriali con lettera dell’aprile 2009 e che già riporta il Decreto Legislativo del 1948 tra quelli da abrogare, colpa del Comitato Prodi”. Ciò appare in netto e inconciliabile contrasto sia con la lettera inviata a me e allo stesso Ministro dal Magistrato che ha presieduto il Comitato scientifico - il quale dice: noi non abbiamo mai fatto niente di tutto questo – sia con un’altra lettera datata 6 ottobre inviata dallo stesso magistrato al Ministero per la semplificazione e al Ministero della difesa, in cui c’è scritto “il Comitato ha chiuso i lavori di collazione dell’intero corpus normativo, in vista della consegna al Signor Ministro della Difesa prevista per il successivo lunedì 30 marzo 2009, alla data di sabato 28 marzo, hanno chiuso i lavori di assemblaggio di queste norme che mandavano al Ministero perché fossero abrogate o modificate alle 21,30 del 28 marzo 2009, dopo avere scrupolosamente controllato quale ultimo adempimento l’elenco delle fonti abrogate e che a quella data l’abrogazione in questione non era presente in alcun modo negli schemi.
Già da queste due lettere emerge che o ha mentito il Ministero, o hanno mentito un magistrato del Consiglio di Stato che presiedeva quel Comitato scientifico e altri 4 magistrati di quel Comitato scientifico che non hanno mai smentito le affermazioni del Presidente della Commissione tecnica che dice “noi non abbiamo mai indicato quella norma tra quelle da abrogare”. Ci sono tuttavia altri documenti in grado di dimostrare che il testo dello schema di Decreto Legislativo che il Ministro Calderoli ha fornito ai deputati, è falso, la prova di ciò si trova nei 3 seguenti documenti protocollati presso il Ministero della difesa: 1) il verbale della riunione plenaria e del Comitato scientifico insieme con i tecnici del Ministero coinvolti, 18 febbraio 2009, nella quale si è deciso il calendario futuro delle riunioni del Comitato; 2) il verbale della riunione plenaria svoltasi dal 26 al 28 marzo 2009, nel corso della quale si è proceduto al controllo formale delle norme primarie abrogate e si è chiusa la bozza dello schema da consegnare al Ministero - non c’è l’abrogazione del decreto del 1948 -; 3) il file informatico sorgente contenente la bozza dello schema su cui ha lavorato il Comitato scientifico che è un file legale che conserva le tracce delle modifiche che si sono succedute, delle persone che le hanno apportate e dell’ora in cui sono state fatte, in questi documenti vi è la prova che il Ministro per la semplificazione normativa, Calderoli, ha mentito al Parlamento italiano e che sua è la responsabilità dell’illegittima abrogazione del reato di associazione militare con scopi politici. Ritengo che il Ministro per la semplificazione normativa debba mettere a disposizione del Parlamento i documenti che ho indicato per permettergli di valutare i fatti nella loro successione e completezza.
Le ho scritto questa lettera con grande rammarico per la gravità che i fatti accaduti hanno per le istituzioni democratiche e ho fiducia che questa vicenda, per l’importanza che riveste non venga ridotta a una mera polemica politica strumentale, mi auguro che in tutti sia forte il senso dello Stato e della difesa delle istituzioni”.
A questo punto o Donadi sta mentendo o i 5 magistrati del Comitato scientifico hanno mentito o gli uomini del Ministero della Difesa hanno mentito dicendo: noi non abbiamo proposto niente del genere, oppure noi non sapevamo niente del genere è stato un errore materiale e allora si devono dimettere il Ministro La Russa, Donadi, bisogna cacciare questi magistrati contabili che hanno formato la Commissione del Governo Prodi, oppure ha mentito Calderoli, nel qual caso se ne deve andare non dal governo, dalla politica, deve sparire perché un Ministro che mente al Parlamento presentando carte false, non può semplicemente lasciare il governo, deve lasciare la politica, secondo voi così a naso chi ha mentito? E perché l’informazione non parla di questo scandalo che se è possibile, è ancora più grave di tanti altri scandali che occupano le pagine dei giornali? Mistero ma noi di Passaparola, noi de Il Fatto, del blog di Beppe Grillo serviamo a questo, a dare le notizie che gli altri non danno e quindi sappiate che tutti quelli che pontificano, contro il ritorno agli anni 70 hanno abolito un reato fondamentale per punire eventuali comportamenti tipo anni 70, quelli che loro evocano continuamente, vogliono la galera per gli studenti e hanno abolito la galera per le bande paramilitari, per salvare dalla galera i loro amichetti della Guardia nazionale padana e questo è sicuro, chi ha mentito lo deciderà il Parlamento e speriamo che quando verrà scovato chi ha mentito, venga cacciato dal governo e dal Parlamento.
Leggeteci ancora su Il Fatto, buone feste ancora una volta, vi ricordo che c'è la possibilità fino all'Epifania di regalare a qualche amico un abbonamento de Il Fatto e essendo un abbonato che regala un altro abbonamento al suo amico, per il secondo abbonamento ci sono forti sconti sul sito de Il Fatto trovate tutto, passate parola e buon inizio di anno!
AGGIORNAMENTO
Dopo la registrazione del Passaparola, il 22 dicembre la Camera dei deputati ha votato la mozione di sfiducia proposta dall'Idv contro il ministro Calderoli per lo scandalo della depenalizzazione del reato di associazione paramilitare con finalità politiche. E l'ha respinta grazie ai voti di Pdl e Lega, alle astensioni di Fli, Udc e dei 6 radicali eletti col Pd, ma anche grazie alle abbondanti assenze tra le file del Pd.
Tutti presenti i deputati della Lega (100%) e dell’Idv (100%), quasi tutti quelli del PdL (91,4%), mentre il Pd schierava solo l’82,9%, con ben 35 assenti. Eccoli: Bersani, Bobba, Bossa, Bressa, Bucchino, Causi, Cavallaro, D'Alema, De Micheli, De Torre, Duilio, Fadda, Fedi (malato), Ferrari, Fioroni, Garavini, Garofani, Gentiloni, Ginoble, Grassi, Letta Enrico, Lulli, Marini Cesare, Marroccu, Mastromauro, Mecacci, Melandri, Merloni, Mogherini (ha appena partorito), Nicolais, Piccolo, Pizzetti, Rigoni, Sanga. Altri 5 del Pd, quelli provenienti dal Partito radicale, han fatto di peggio e si sono astenuti insieme al Terzo Polo: Beltrandi, Bernardini, Coscioni, Turco, Zamparutti.
Risultato finale: presenti 545, votanti 481, astenuti 64, maggioranza 241, favorevoli (alla sfiducia) 188, contrari 293. Mozione respinta, Calderoli salvo.
Dopo la cucina Scavolini a Montecarlo,la stampa del sultano se n'è inventata un'altra...
Girano strane voci a proposito di Fini. Non so se abbiano fondamento, se si tratti di invenzioni oppure, peggio, di trappole per trarci in inganno. Se mi limito a riferirle è perché alcune persone di cui ho accertato identità e professione si sono rivolte a me assicurandomi la veridicità di quanto raccontato e, in alcuni casi, dicendosi addirittura pronte a testimoniare di fronte alle autorità competenti. Toccherà quindi ad altri accertare i fatti. La prima storia è ambientata in Puglia, anzi, per la precisione ad Andria, un grosso comune da poco diventato capoluogo della neonata provincia di Bat, Barletta, Andria e Trani. Qui qualcuno avrebbe progettato un brutto scherzo contro il presidente della Camera. Non so se sia giusto parlare di attentato, sta di fatto che c’è chi vorrebbe colpirlo in una delle sue prossime visite e per questo si sarebbe rivolto a un manovale della criminalità locale, promettendogli 200 mila euro. Secondo la persona che mi ha fatto la soffiata, nel prezzo sarebbe compreso il silenzio sui mandanti, ma anche l’impegno di attribuire l’organizzazione dell’agguato ad ambienti vicini a Berlusconi, così da far ricadere la colpa sul presidente del Consiglio. Per quel che ne ho capito, l’operazione punterebbe al ferimento di Fini e dovrebbe scattare in primavera, in prossimità delle elezioni, così da condizionarne l’esito. Vero,..
Se avete ancora voglia di leggere stronzate,compratevi Libero,anzi occupato da sappiamo chi...
Michela Vittoria Brambilla minaccia Il Fatto. E chiede un risarcimento da tre milioni di euro per l’articolo “Ufficio di collocamento Brambilla”, l’inchiesta pubblicata il 13 novembre scorso che ha svelato come una decina di fedelissimi della rossa di Calolziocorte (Lecco) abbiano beneficiato di contratti pubblici al ministero del Turismo da lei diretto. La Brambilla considera “gravemente diffamatorio” il contenuto dell’articolo e annuncia “di avere già dato mandato all’Avvocatura generale dello Stato di esperire un’azione risarcitoria al fine di ottenere il ristoro dei danni prodotti all’immagine del Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del Turismo e della Struttura di missione per il rilancio dell’immagine dell’Italia”.
Secondo il ministro, “l’elevata richiesta di risarcimento dei danni” è giustificata dal fatto che l’articolo è stato pubblicato nuovamente il 17 dicembre. Ma la Brambilla dimentica di dire il motivo della doppia pubblicazione. Il 17 dicembre, infatti, è il giorno in cui la Corte dei Conti ha comunicato di avere aperto un’indagine, per valutare l’eventuale danno erariale che potrebbe essere stato causato proprio dalle consulenze sospette denunciate dal Fatto.
Oltre ai contratti fatti agli amici, ci sono altre ombre nell’attività della Brambilla al ministero. Il Fatto ha denunciato la sua abitudine di farsi portare in giro da elicotteri pagati con i soldi dei contribuenti e la nomina del suo compagno Eros Maggioni nel consiglio direttivo dell’Automobile club di Milano. Deve essere stata proprio una domanda sulla sistemazione del fidanzato all’Aci a innervosire la Brambilla: l’ha fatta tre giorni fa Luca Telese, giornalista del Fatto, al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Che, senza difendere una ministra del suo governo, ha parlato di “casi spiacevoli”, aggiungendo che “su 100 persone è impossibile trovare 100 santi, qualcuno può essere abbastanza lontano dalla santità”. Salvo poi fare marcia indietro qualche ora più tardi, con una nota del portavoce Paolo Bonaiuti: “Il presidente Berlusconi ha potuto verificare l’assoluta e totale inconsistenza delle infondate accuse mosse al ministro Brambilla in cui il presidente ripone assoluta fiducia e che ha sempre dimostrato grandi capacità nella più assoluta trasparenza del suo agire”.
Nella sua richiesta di risarcimento al Fatto, la Brambilla non dimentica il Paese a cui si dedica con tanto impegno, visto che i tre milioni “saranno devoluti ad iniziative di valorizzazione e rilancio dell’immagine dell’Italia nel mondo”. Ma non basta, il ministro ha un ultimo desiderio: “Che la sentenza di condanna venga trasmessa all’Ordine dei giornalisti per l’avvio del procedimento di sospensione degli autori della diffamazione e del Direttore responsabile per un periodo non inferiore a tre mesi”.
Alla responsabile del dicastero del Turismo replica la direzione del nostro giornale: “La ministra Brambilla minaccia Il Fatto e lo fa a scoppio ritardato, visto che gli articoli sulla sua molto personale gestione del ministero del Turismo sono stati pubblicati a novembre, preceduti da una memorabile puntata di Report sulle nomine al vertice dell’Aci. Siamo comunque lieti di poter affrontare in giudizio la ministra che, annuncia, si farà difendere dall’Avvocatura dello Stato, pagata con i soldi nostri. Saremo inoltre lieti di dedicare sul Fatto all’esemplare servitore dello Stato Brambilla una storia della sua mirabolante carriera. Infine, appena ricevuta la querela, la citazione e quant’altro, sarà nostra cura convocare i corrispondenti stranieri in Italia presso la sede della Stampa estera per illustrare al mondo da chi siamo governati”.
Ancora oggi la Brambilla torna all’attacco. Con due diverse note. Nella prima, i suoi legali, in “riferimento alla minacciata convocazione da parte della direzione del Fatto quotidiano di una conferenza stampa internazionale il cui oggetto sarebbe la persona del ministro”, definiscono il modus operandi adottato dal nostro giornale “a dir poco intimidatorio e ritorsivo”. Nella seconda nota, il capo di gabinetto del ministro, Claudio Varrone, sostiene che l’azione di risarcimento danni proposta dalla Brambilla “non è volta a tutelare l’immagine del ministro ma quella delle strutture ministeriali oggetto dell’articolo” e pertando è di competenza dell’Avvocatura dello Stato. “Il preteso onere finanziario è pertanto già ricompreso nella voce del bilancio statale prevista per il funzionamento di tale fondamentale istituzione – continua Varrone -. Tale azione è del tutto autonoma da quella che l’on ministro del Turismo ha dato incarico a un legale di sua fiducia di esperire nei confronti del giornalista Telese, o di quella che eventualmente vorrà intraprendere, a titolo personale, a tutela della sua onorabilità nei confronti del Fatto quotidiano. Del pari, resta nella sua libera disponibilità sottoporre alla valutazione di legale di sua fiducia le eventuali iniziative giudiziarie per contrastare quelle che la direzione del Fatto quotidiano si riserva di intraprendere nei suoi confronti”.
La libera informazione da quelle parti non sanno manco dove stia di casa,il tutto confutato dall’apertura dell’inchiesta della corte dei conti.
Però mi chiedo? Qualora la ministra dovesse perdere la causa,le spese legali sono accollate alla collettività? Poichè sarebbe troppo comodo farsi forza con la devoluzione della somma in caso di vittoria in beneficenza, e le spese legali pagate da tutti noi.
La rossa ministra che fa girare il mondo,si fa per dire,se le paghi di tasca sua.
PARIGI: ENTRO IL 2020 IMPIANTI MOSSI DAL VENTO FINO A 25 MILA MW, DI CUI 6 MILA IN MARE
Energia: Francia e GB puntano su eolico offshore e microgenerazione diffusa
Londra: promozione di piccoli impianti, anche casalinghi, fino a 50 kW elettrici e 300 kW termici
Anche la Francia, tra i principali Paesi al mondo produttori di energia nucleare in percentuale sul totale energetico nazionale, investe sull'eolico offshore. A gennaio, infatti, è previsto il primo bando per la concessione di aree destinate alla realizzazione dei primi parchi eolici marini per una potenza complessiva di circa 3 mila MW. Il governo francese si è posto l'obiettivo entro il 2020 di produrre da fonti rinnovabili il 23% della domanda energetica nazionale. Il che vuol dire che solo con l'eolico occorreranno impianti per un totale di 25 mila MW, di cui 6 mila MW in mare. L’investimento previsto è di circa 20 miliardi di euro. Attualmente sono circa trenta i progetti eolici offshore già proposti in Francia, per una capacità complessiva di circa 8 mila MW. «Non vogliamo ripetere con l'eolico gli stessi errori che abbiano fatto nel settore dell’energia solare», ha dichiarato un portavoce del governo, riferendosi al ritardo dell’industria francese nel settore del fotovoltaico, che costringe a importare quasi tutti i componenti necessari.
GRAN BRETAGNA - La Gran Bretagna ha annunciato il prossimo avvio di un ampio programma di promozione della microgenerazione diffusa di energia. Le tecnologie che si intende promuovere riguardano impianti fino a una potenza di 50 kW elettrici e 300 kW termici, relativi a pompe di calore innovative, fotovoltaico, solare termico, biomassa, microgenerazione in generale ed eolica in particolare, mini-idroeletrica, celle a combustibile, recupero del calore dai fumi. Il ministro dell’Energia, Greg Barker, ha diffuso il 22 dicembre un documento sulla strategia da seguire. Il documento si propone di aumentare la fiducia dei consumatori verso la sostenibilità energetica e garantire le migliori condizioni per il più ampio accesso alle informazioni sulle tecnologie della microgenerazione. «Vogliamo piantare i semi per far fiorire la piccola generazione nelle case, nelle aziende e nelle comunità», ha detto il ministro. «Abbiamo già promesso sostegni finanziari per incoraggiare la gente a installare pannelli solari e pompe di calore. Il documento servirà a dare all’industria e ai consumatori la fiducia necessaria a investire».
Spiegatelo all'attuale esecutivo che su tutto il globo nessuno ormai investe sul nucleare,si potrebbero organizzare moltissimi parchi marini e sfruttare il sole soprattutto nel centro-sud del paese.
Gli ingenti investimenti sulla tecnologia nucleare se dirottati anche sulla tecnologia geotermica,potrebbero produrre energia pulita senza il problema dello stoccaggio delle scorie e dei costosissimi oneri dovuti alle dismissioni delle centrali nucleari quando finiranno il loro corso.
Preferita la versione di Gesù bambino,probabilmente offre più garanzie,di questi tempi....
Mancano pochi giorni e i vostri diritti andranno perduti per sempre.
Vi hanno lasciato a casa dopo una sfilza di contratti a termine o a progetto e dopo avervi fatto le solite promesse? Non perdete tempo. Tirate fuori i vostri contratti dal cassetto ed impugnateli.
Avete tempo fino al 23 di gennaio.
Contro la precarizzazione si puo’ vincere.
San Precario e’ con voi
"Caro Gesù Bambino, ciò che vorremmo quest'anno per Natale noi giovani lavoratori precari è avere più tutele e più garanzie sul lavoro. E quindi poter metter su famiglia, magari dei figli e poi, con calma, diventare vecchi. Ma forse nemmeno tu questo ce lo puoi regalare subito. Allora abbiamo pensato di chiederti una cosa che richiede più tempo: una pensione". Inizia così la lettera natalizia scritta da Eleonora Bianchini (giornalista), Benedetta Cosmi (autrice di "Non siamo figli contro-figure"), Eleonora Voltolina (direttore de "La Repubblica degli Stagisti"), Antonio Incorvaia e Alessandro Rimassa (autori di "Generazione Mille Euro"), che si rivolgono a Gesù bambino, ma soprattutto ai ministri Tremonti e Sacconi. Tutto nasce dal tam tam sul web provocato da una recente dichiarazione del presidente dell'Inps Antonio Mastrapasqua: "Se dovessimo dare la simulazione della pensione ai parasubordinati rischieremmo un sommovimento sociale" (leggi l'articolo). Da qui l'idea e l'impegno: massima collaborazione nella lotta all'economia sommersa. "I parasubordinati diventano sentinelle antievasione, richiedendo fatture e scontrini fiscali. In cambio lo Stato accantona per le loro pensioni il 25% del nero recuperato". Una proposta che è anche un messaggio di legalità: il modo migliore per augurare a tutti un buon Natale.
La verifica della condizione occupazionale in Italia è molto facile da comparare,è sufficiente prendere atto della diversa situazione nel resto d'Europa,dove a parte le sconquassate economie irlandese e greca,il resto del continente non ha assolutamente le condizioni del nostro paese a riguardo,tutto ciò è frutto delle mancate riforme,sempre promesse dal re del marketing mai pervenute e dell'ottimismo spalmato da due anni,cercando di convincere il paese d'essere in un altra dimensione.
E la leggenda dell'economia e dell'occupazione stile gambero pare continuare!
Processo Amiat, il Comune di Torino non si costituisce parte civile Il Comune di Torino aveva promesso di costituirsi parte civile al processo Amiat ma non ha mantenuto la parola. E una settimana dopo l’udienza preliminare (che si è tenuta il 13 dicembre) non ha ancora chiarito ufficialmente i motivi. Il caso è quello di Raphael Rossi: vale la pena di ricordare la sua storia. Ex vicepresidente dell’Amiat (Azienda municipale per la raccolta rifiuti torinese), Rossi blocca l’acquisto di un macchinario inutile da 5 milioni di euro, evita un danno all’azienda, si vede offerta una tangente per non impedire l’acquisto, va in Procura, denuncia il tentativo di corruzione, collabora alle indagini fingendo di accettare la proposta illecita e favorendo intercettazioni ambientali – diventa quello che in gergo si chiama agente provocatore – per smascherare il meccanismo. Un esempio di pubblico amministratore virtuoso, insomma. Che dall’Amiat, però, è stato cacciato. Ora siamo al processo, che si avvia con un’altra novità inattesa: il reato contestato passa infatti da corruzione a istigazione alla corruzione.
Nonostante una petizione – promossa dal Fatto Quotidiano – che ha superato le 40mila firme, nonostante l’impegno del Consiglio Comunale, che il 29 novembre ha approvato all’unanimità un ordine del giorno in cui si chiedeva al Sindaco Sergio Chiamparino di costituirsi parte civile, la Città di Torino, per ora, non è stata rappresentata nell’aula del Palazzo di Giustizia.
“Mi aspettavo”, spiega Rossi (leggi il suo blog sul nostro sito), “che accanto a me avrei trovato l’avvocato del Comune. Non mi ero nemmeno posto il problema. Certo, sono convinto che il Comune si costituirà parte civile come si è impegnato a fare, ma avrebbero potuto provvedere da subito per recuperare le brutte figure fatte”.
La seconda sorpresa è che il Pm ha chiesto la derubricazione del reato contestato agli imputati, da corruzione a istigazione alla corruzione. Pochi dubbi, comunque, sulla ricostruzione dell’accaduto: l’avvocato difensore di Giorgio Giordano, l’ex presidente dell’Amiat accusato di avere proposto la tangente a Raphael, ha chiesto il patteggiamento a un anno di reclusione (con sospensione della pena). “Questo”, dice Rossi, “taglia la testa al toro sulle responsabilità, se ce ne fosse ancora bisogno”.
Il paradosso è che il comportamento virtuoso di Raphael è l’eccezione. Al punto che c’è poca giurisprudenza in merito: è infatti rarissimo che un pubblico ufficiale ne denunci un altro, quando si tratta di bustarelle. Di solito le denunce giungono dai privati che ritengono di aver subito un danno. Rarissimo anche che qualcuno non abbia un prezzo, in un Paese in cui si fa compravendita persino in Parlamento. E così, quello di Raphael Rossi, diventa un comportamento quasi eroico, anche se dovrebbe essere la norma. “Bertold Brecht diceva: sfortunato quel popolo che ha bisogno di eroi. E questo è un caso paradigmatico. Il mio è un atteggiamento normale. L’atteggiamento straordinario e da stigmatizzare dovrebbe essere quello delle istituzioni che non fanno il loro dovere”.
Per fortuna, accanto a Raphael, c’è il calore dei cittadini: “Questo fa da contraltare alla freddezza delle istituzioni. E comunque, sono già soddisfatto, anche se mi aspetto che sia fatta giustizia. Rifarei quel che ho fatto, perché la corruzione è liquida: se non passa attraverso di te passa attraverso quello accanto a te. Quindi dire di no non basta, Bisogna denunciare, in modo che questo fenomeno non si riproduca”.
La Città di Torino avrebbe tutti gli interessi, come qualsiasi amministrazione pubblica, a non far ripetere fenomeni come questo. Ma per ora la costituzione a parte civile non è arrivata. Forse per il parere negativo dell’Avvocatura, che venerdì scorso ha fatto sapere che il tribunale potrebbe respingere una richiesta del Comune in questo senso, in quanto si è già costituita parte civile l’Amiat, azienda municipalizzata legata all’amministrazione. Ma Giuseppe Castronovo, presidente del Consiglio comunale di Rifondazione comunista, rilancia: “Secondo me il Comune dovrebbe costituirsi. Se poi il giudice respinge, non fa niente, ma almeno si lancia un messaggio ai cittadini”.
Per scoprire se la Città di Torino chiederà o meno di essere parte civile, non resta che attendere la prossima tappa di questa storia, l’11 gennaio 2011, giorno in cui è stata rinviata l’udienza: gli avvocati della Vm Press (la ditta che propose l’acquisto del macchinario) sostengono di dover studiare “la cornucopia di nuovi elementi emersi dalle motivazioni della costituzione di parte civile del Rossi”. Una “cornucopia” che deriva dalla rarità di un comportamento virtuoso, evidentemente.
Anche questa storia fa parte del vecchio detto cinese,ovvero "punirne uno per educarne cento",al di là delle parti in causa,sarà la giustizia ad emettere l'ultima parola,ma che il comune di Torino prometta di prendere posizione come parte civile e poi non si presenta in giudizio,risulta effettivamente oltre che vergognoso,anche grottesco,invece di proteggere chi denuncia le truffe comunali gli volta le spalle,incassiamo anche questa brutta vicenda da una giunta comunale di centro sinistra.
Botta e risposta tra Berlusconi e Telese
Durante la conferenza stampa di fine anno del premier il giornalista del Fatto pone una domanda, il Cavaliere risponde ma in serata con una nota corregge il tiro solo sulla Brambilla. E il ministro del Turismo annuncia una querela
Oltre due ore di conferenza stampa, 39 domande da parte dei giornalisti ma soltanto una meritevole addirittura di doppia risposta: la prima da Berlusconi in diretta tv, chiara e immediata; la seconda dall’ufficio del portavoce del premier dopo alcune ore, studiata a tavolino, per correggere il tiro. Forse qualche ministro non ha gradito le parole del Cavaliere. Inutile dire che a indispettire il presidente del Consiglio durante il consueto incontro di fine anno con la stampa, è stato un giornalista del Fatto Quotidiano: Luca Telese. La conferenza di Berlusconi è stata trasmessa in diretta da Sky e da Rai Uno integralmente. Il direttore del Tg1 Augusto Minzolini ha persino posticipato il telegiornale per non interrompere l’intervento fiume del premier. Per dovere di cronaca vale la pena trascivere integralmente, per chi si fosse perso il video, domanda e risposta. Seguite, ovviamente, dalla nota, postuma e correttiva, di Palazzo Chigi.
Al minuto 128 (due ore e 8 minuti) della conferenza stampa, dopo diversi siparietti tra il premier e alcuni giornalisti (“Saluti a lei e alla sua famiglia, che conosco”, risponde Berlusconi al cronista delMessaggero; “un uccellino mi ha detto che lei oggi compie gli anni, auguri per i suoi splendidi 23 anni”, dice alla giornalista del Corriere della Sera che sorride imbarazzata) arriva il turno di “Luca Telese del Fatto Quotidiano”, annuncia il presidente dell’Ordine nazionale dei Giornalisti, Enzo Iacopino.
“Buongiorno presidente, lei sa che la seguiamo con particolare attenzione”. Berlusconi tenta di interromperlo: “Sì direi non con imp..” ma Telese aggiunge: “anche con affetto, simpatia, slancio. Siamo i principali esegeti dell’operato del suo governo”. Il premier sorride: “Se non ci fossi io non esistereste editorialmente”. Telese arriva alla domanda: “Oltre alle realizazzioni del suo governo, che lei ha elencato in estrema sintesi, ce n’è anche altre: il ministro Scajola ha sistemato la casa a sua insaputa, l’ex ministro Lunardi ha sistemato l’azienda e ha avuto il buon cuore di ammetterlo, il ministro Brambilla ha sistemato il compagno all’Aci, il ministro Bertolaso ha sistemato moglie e cognato, non poteva non farli lavorare; il ministro Bondi ha avuto la simpatia di sistemare il figliastro e l’ex marito della compagna con una consulenza al suo ministero, diceva però che erano casi umani. Allora volevo chiederle: visto che molti elettori del centrodestra sono delusi da questo, non del centrosinistra, che cosa pensa di questo passaggio dal governo del fare a quello del sistemare? Si sente di condannare questi atteggiamenti?”.
Il premier risponde: “Se andiamo a vedere cosa ha fatto la sinistra, e cosa fa dove è al governo nelle regioni rosse dove c’è l’occupazione della sinistra, questi diventano casi di puro dilettantismo, a fronte del professionismo della sinistra. Sono casi spiacevoli, ma su 100 persone è impossibile trovare 100 santi, qualcuno può essere abbastanza lontano dalla santità. Succede nell’apparato umano, succede in tutta la società. Succede nei corpi che ammiriamo. Succede tra i Carabinieri, l’86% degli italiani ama l’arma dei Carabinieri, ma abbiamo visto che ci sono Carabinieri che fanno cose indebite. Succede tra i sacerdoti, in altre categorie. Succede perché l’uomo e la donna non sono esseri perfetti”.
Una risposta chiara, esauriente. Con tanto di sondaggio sul gradimento dei Carabinieri. Certo non entra nel merito della domanda, non una parola sui casi di cui Telese aveva chiesto chiarimenti o una condanna da parte del Presidente del consiglio. Solo alle 19 verrà toccato il caso del ministro Brambilla: nel comunicato stampa inviato da Palazzo Chigi. Una nota battuta dalle agenzie dal titolo “Illazioni e accuse infondate”.
L’ufficio del portavoce del premier, Paolo Bonaiuti, scrive: “In relazione alla risposta data dal presidente Berlusconi alla domanda del giornalista Luca Telese de Il Fatto Quotidiano, si deve precisare che le indicazioni esposte dal giornalista stesso sono frutto di mere illazioni e sue personali supposizioni. La risposta del presidente perciò non conteneva alcun giudizio di disvalore su quelle vicende, da lui mai approfondite; si trattava soltanto di un’osservazione di carattere generale. In particolare, il presidente Berlusconi ha potuto verificare l’assoluta e totale inconsistenza delle infondate accuse mosse al ministro Brambilla in cui il presidente ripone assoluta fiducia e che ha sempre dimostrato grandi capacità nella più assoluta trasparenza del suo agire. Inoltre, le elezioni dell’Aci sono avvenute con la massima regolarità e i consiglieri ricoprono un incarico meramente onorifico e non retribuito”.
Passa un’altra ora e, sempre dalle agenzie, arriva la voce del ministro Brambilla che comunica di “avere dato mandato ai suoi legali di procedere nelle sedi competenti nei confronti del giornalista Luca Telese, per le affermazioni del tutto mistificatorie e distorsive della realtà, riguardanti l’Automobile club di Milano, da lui fatte durante i programmi televisivi Exit, Mattino cinque e la conferenza stampa del presidente del Consiglio trasmessa quest’oggi sulle reti Rai”. Un recidivo dell’informazione, questo Telese, per Brambilla. Che non dimentica il lato umano della vicenda e annuncia che “devolverà la somma richiesta in sede di causa civile per il risarcimento del danno di immagine subito ad un ente benefico”. Telese si sentirà in colpa: se vince la causa (quando e se perverrà) l’ente benefico non vedrà neanche un euro.
Dunque il ministro del Turismo, Michela Vittoria Brambilla, non avrebbe sistemato nessuno all’Aci, scrive la presidenza del Consiglio. Per le dichiarazioni riguardo Sandro Bondi, Claudio Scajola, Pietro Lunardi e Guido Bertolaso, nulla da eccepire, non ha approfondito. Ricapitolando: “Il ministro Scajola ha sistemato la casa a sua insaputa, l’ex ministro Lunardi ha sistemato l’azienda, il ministro Bertolaso ha sistemato moglie e cognato, non poteva non farli lavorare; il ministro Bondi ha avuto la simpatia di sistemare il figliastro e l’ex marito della compagna con una consulenza al suo ministero, diceva però che erano casi umani”.
Secondo il premier senza di lui il Fatto Quotidiano non esisterebbe, ma anche i suoi ministri gli danno una buona mano.
Effettivamente per un personaggio come il sultano,giornali come "il fatto" devono apparire come una visione aliena,lui abituatissimo ad avere intorno cortigiani di prima qualità.
Al di là delle rispettive battute,il teorema che non esistano santi ovunque non sta in piedi,poichè chi dovrebbe dare l'esempio è il primo a dimostrarsi indegno della carica che ha investito da troppi anni,il tutto si è materializzato,non in una monarchia o in un regime dittatoriale,bensì in una libera democrazia nella quale il popolo sovrano legittima da quasi vent'anni un tipetto del genere.