lunedì 19 luglio 2010

Marco Travaglio,il passaparola del lunedì,ad onore di Paolo Borsellino



Il testo integrale dell'intervento

Buongiorno a tutti, siamo a Palermo, all’Hotel delle Palme, ieri sera abbiamo presentato il film in Dvd curato da Marco Canestrari che è qua dirimpetto a me dietro alla telecamera e Salvatore Borsellino, su Paolo Borsellino e si intitola “Via d’Amelio una strage di Stato”.

Via D'Amelio, strage di Stato

Oggi è il 18° anniversario della strage di Via d’Amelio e non possiamo che parlare di questo argomento, argomento che trovate sui giornali di stamattina con dei titoli sulla delusione o sul fallimento delle manifestazioni di ieri per la vigilia dell’anniversario, in realtà non c’è stato nessun fallimento, c’è stato un corteo silenzioso al Castello Utveggio, il Castello da cui, secondo molti esperti, partì prima l’osservazione del momento in cui Borsellino si avvicinava alla pulsantiera dei citofoni di casa di sua madre e in quel momento partì poi l’input elettronico per la detonazione dell’intera piazza.
Quindi c’erano decine di giovani delle Agende rosse, non era una manifestazione oceanica, né lo doveva essere, era un piccolo pellegrinaggio in un grande cinema del centro storico abbiamo presentato questo film e c’era il cinema stracolmo sebbene il clima fosse torrido e l’aria condizionata non funzionasse e all’esterno c’erano anche più persone rispetto a quelle che erano riuscite a entrare che hanno potuto seguire almeno il dibattito collegate con uno schermo, all’interno ovviamente c’era Salvatore Borsellino, Antonio Ingroia, Gioacchino Genchi, Nicola Biondo, il sottoscritto e tutti i ragazzi che hanno animato questa 3 giorni di manifestazione per il 19 luglio, c’era anche Claudio Gioè, l’attore che ha letto il racconto di Manfredi Borsellino sull’ultima giornata del padre nel film di cui vi parlavo.
Ma siccome ieri sera c’erano alcune migliaia di persone vedrete che nessuno ne parlerà, fa molto comodo sulla stampa di regime accreditare l’idea di una Palermo morta, rassegnata, di un paese che se ne infischia delle stragi di Capaci e di Via d’Amelio e di un paese che anche se non arriva la verità non importa. Il problema è che la verità è un po’ più forte di questi tappi e quindi di questi coperchi che si cercano di mettere, ormai complice anche la crisi di sistema che stiamo vivendo ogni giorno aggiunge un pezzo di verità, peraltro ci riflettevo ieri sera vedendo quel film fatto da ragazzi che potrebbero essere miei figli ormai, è un film che denota come ci siano migliaia di persone, anche molto giovani che hanno capito tutto di quello che è successo a Capaci e Via d’Amelio, ci mancano un po’ i nomi e i cognomi di alcuni personaggi chiave di questa storia, ma sappiamo benissimo da dove arrivano, ma sappiamo benissimo quali sono gli ambienti, ma sappiamo benissimo chi ha fatto le trattative e sappiamo benissimo che le trattative non potevano farle due ufficiali del Ros senza avere dietro il Governo e probabilmente anche l’opposizione perché altrimenti mai si sarebbero azzardati a fare una mossa così rischiosa come trattare con Vito Ciancimino e mai Vito Ciancimino si sarebbe azzardato a compiere una mossa così rischiosa, come quella di rappresentare un trait d’union tra Cosa Nostra e le istituzioni, è chiaro che tutti dove essere ben coperti e tutti dovevano rappresentare chi dicevano di rappresentare.
Dicevo che vengono fuori pezzi di verità ogni giorno, anche grazie al lavoro di giornalisti, di intellettuali, di riviste, di editori, di giornali, uno a caso su Il Fatto Quotidiano ieri mentre tutti titolavano su strane cose “Tremonti contrario al governo tecnico” notizie proprio da leccarsi i baffi, Marco Lillo rilevava l’ultima carta che il figlio di Ciancimino consegna alla Magistratura di Palermo e di Caltanissetta che indagano ciascuna nel suo ambito sui retroscena della strage di Via d’Amelio e è una carta molto imputate perché è un appunto manoscritto proprio di pugno del padre, Vito Canciamino il quale scrive nel 1993 a chi? Dice Marco Lillo, un personaggio dell’economia che stava per assurgere al ruolo di Premier, nel 1993 si avvicendano due governi nel mese di aprile, cade il governo Amato, ultimo governo della Prima Repubblica e nasce il Governo Ciampi, quest’ultimo è un governo tecnico presieduto dal governatore uscente della Banca d’Italia, quindi è probabile che sia lui il personaggio dell’economia che allora sembrava poter assurgere al ruolo di Premier, Ciampi fa da cerniera tra la prima e la seconda Repubblica perché dopo quel governo tecnico si va a votare nelle elezioni del 27 allora 1994 e vince Berlusconi.
Don Vito è in carcere, è stato arrestato a dicembre del 1992, subito dopo avere consegnato ai Carabinieri per conto di Provenzano tramite il figlio Massimo che faceva da postino tra le mappe del nascondiglio di Riina, dove Riina il 15 gennaio 1993 è stato poi arrestato a poca distanza dalla villetta di Via Bernini dove latitava, quindi Vito Ciancimino è in carcere in quel momento e scrive una lettera, continua a tentare di farsi sentire dalla Commissione parlamentare antimafia presieduta da Luciano Violante che si guarda bene dal sentirlo e scrive a Ciampi alcune cose molto interessanti se questo documento fosse poi convalidato e certificato come autentico e datato con precisione, sarebbe fondamentale per l’inchiesta e per il processo sulla trattativa perché dice Vito Ciancimino: il regime sta tentando il suo capolavoro finale, chissà a quale capolavoro si riferiva e chissà a quale regime si riferiva, ma il regime per Ciancimino non è un termine generico, Ciancimino chiamava regime quel grumo di poteri marci che si erano spesso serviti di lui e di cui spesso lui si è servito, quindi erano quegli uomini dei servizi che lo bazzicavano da 30 anni, un po’ per tenerlo d’occhio, un po’ per orientarlo, un po’ per esserne orientati, forze di polizia, forze dell’alto commissariato antimafia di Palermo, pezzi di politica con i quali Ciancimino aveva avuto rapporti, quello era quello che lui chiamava il regime e era quella zona grigia che c’è a metà tra lo Stato e la mafia e che però tocca sia pezzi dello Stato, sia pezzi della mafia.

La nuova lettera di Vito Ciancimino

Dice: il regime sta tentando il suo capolavoro finale l’operazione gattopardesca, cambiare tutto perché non cambi nulla, infatti Ciancimino è servito per catturare Riina e per poter esibire il trofeo della testa di Riina e intanto dietro quella testa si nasconde il fatto che lo Stato si è affidato nelle mani di Provenzano, non ha perquisito il covo di Riina, non ha voluto trovare le prove della trattativa.Quelle prove sono rimaste nelle mani di Provenzano, quest’ultimo diventa un’intoccabile, se ne va in giro per l’Italia tranquillo e beato sebbene sia latitante da 30 anni e incontra per 6 volte a Roma, fino a poco prima di essere arrestato nel 2006, Vito Ciancimino quando tornerà agli arresti domiciliari ma non sarà asso sorvegliato o almeno è sorvegliato fino a quando non arriva a trovarlo Provenzano, dopodiché dato che non lo devono e non lo possono arrestare, si dileguano tutti, quindi il capolavoro finale è l’operazione gattopardo che porta alla rimozione di Vito Ciancimino che viene arrestato dopo avere di fatto aiutato la cattura di Totò Riina, viene posato e sostituito da qualcun altro per fare la trattativa finale, il capolavoro finale che porterà di lì a poco alla nascita di Forza Italia, chi è che sostituisce Ciancimino secondo molti inquirenti è Marcello Dell’Utri e infatti si mette in azione proprio tra il 1992/1993 e si inventa il partito di Forza Italia e si incontra nel 1993 2 volte con Vittorio Mangano.
Aggiunge dopo questa prima frase Ciancimino “faccio parte di questo regime e sono consapevole che solo per il fatto di farne parte presto ne sarò escluso” ha già capito che è stato arrestato perché è stato messo da parte, è stato deposto, non serve più, è meglio che stia in galera, almeno così non parla, e poi aggiunge: “dopo un primo scellerato tentativo di soluzione avanzata dal Colonnello Mori per bloccare le stragi, tentativo di fatto interrotto dall’omicidio Borsellino, sicuramente oppositore fermo di questo accordo si è decisi finalmente costretti dai fatti di accettare l’unica soluzione possibile per poter cercare di rallentare questa ondata di sangue che al momento rappresenta solo una parte di questo piano eversivo” poi aggiunge “ho più volte chiesto invano di essere ascoltato dalla Commissione antimafia, noi non sappiamo se questa lettera giunse a destinazione, all’allora personaggio dell’economia che stava per diventare capo del Governo, sappiamo però che sta parlando a pochi mesi dalle stragi di Capaci e di Via d’Amelio e a poco prima delle stragi dell’estate del 1993, infatti dice che questo bagno di sangue è ancora ben lontano dall’essere concluso e infatti di lì a poco ci saranno le stragi di Firenze, di Milano e di Roma e del resto se siamo prima della nascita del Governo Ciampi dovremmo essere prima di aprile del 1993, sabato dopo la cattura di Riina, 6, 7 mesi dopo le stragi di Capaci e di Via d’Amelio.
Questa lettera scrive Lillo è importante per 3 motivi: 1) perché data il tentativo di Mori dopo la strage di Capaci ma prima di Via d’Amelio, poi vi spiego perché è importante, poi perché inserisce le stragi di mafia in un disegno più ampio di tipo eversivo elaborato da un architetto che governa un sistema di cui Don Vito stesso fa parte, anche se per poco, perché sente che la sua stagione è finita, infine perché la lettera, se è autentica naturalmente, conferma le ipotesi più inquietanti della Magistratura sul movente della morte di Borsellino, il giudice amico di Falcone si sarebbe opposto alla trattativa secondo la lettera attribuita a Don Vito dal figlio, questo potrebbe essere stato il motivo dell'accelerazione della sua condanna a morte.
Cosa c'è qui importante? C’è il fatto che il Gen. Mori non nega di avere avuto incontri con Vito Ciancimino, ma sostiene di averli avuti soltanto dopo la strage di Via d’Amelio e così facendo esclude e radice la possibilità che Borsellino sia stato eliminato a causa della sua opposizione alla trattativa, se la trattativa Mori l’ha iniziata dopo la morte di Borsellino, se invece l’avesse iniziata prima della morte di Borsellino allora ci sarebbe il fondato sospetto che Borsellino, avvertito della trattativa, abbia detto “no” e quindi sia stato eliminato per rimuoverlo dalla strada della trattativa.
Questa lettera è utile perché conferma quello che ha sempre raccontato il figlio di Ciancimino oltre a averlo già raccontato diversi pentiti di mafia, che Riina dopo la strage di Capaci e prima di quella di Via d’Amelio era tutto contento e gongolante perché diceva: si sono fatti sotto – i suoi referenti politici – e bisogna dare un altro colpetto e era un colpetto che non conveniva alla mafia, perché la mafia non aveva nessun interesse a uccidere Borsellino subito dopo Falcone, lo Stato se l’era già bellamente dimenticata la strage di Capaci un mese dopo i funerali di Falcone, Francesca Morvillo e gli uomini della scorta, il Decreto antimafia varato sabato dopo Capaci da Martelli era stato immediatamente affossato in Parlamento e non convertito in legge, bastava lasciare tranquille le cose ancora per qualche settimana e l’avrebbero dimenticato lì per sempre.
Invece la strage Borsellino a meno di due mesi da quella di Falcone costringe a furor di popolo lo Stato a varare e a convertire in legge il 6 agosto, credo, quel Decreto antimafia con tutte le norme sui pentiti etc., quindi alla mafia non conveniva ma Riina sa che comunque a lungo periodo quel favore che lui sta facendo a quei referenti che si sono fatti sotto, porterà dei benefici alla mafia, verrà remunerato molto bene e contro l’interesse immediato e spicciolo di Cosa Nostra, fa questo attentato, eliminando Borsellino.

La trattativa c'è stata

Se questa lettera sarà dimostrata autentica e avrà la datazione che si pensa che abbia, è un documento dell’epoca, di pochi mesi dopo quei fatti in cui Vito Ciancimino tenta di dire al Presidente del Consiglio che sta arrivando, finalmente un tecnico, quindi magari un po’ fuori dai giochi di potere dei governi politici e alla Commissione antimafia di Violante che non lo vorrà sentire mai, che lui sa e chi meglio di lui lo può sapere quando il Gen. Mori ha iniziato la trattativa.E dice che è iniziata prima della strage di Via d’Amelio e subito dopo quella di Capaci e questa sarebbe una smentita inoppugnabile perché risale al 1993, prima che nascesse questa diatriba della versione del Gen. Mori che invece la data dopo la strage di Via d’Amelio, infatti nella lettera si legge: dopo un primo scellerato tentativo di soluzione avanzato dal Colonnello Mori per bloccare le stragi, tentativo di fatto interrotto dall’omicidio Borsellino, sicuramente oppositore fermo di questo accordo, si è decisi finalmente costretti dai fatti a accettare l’unica soluzione possibile etc..
E quale era questa soluzione possibile? Evidentemente un accordo più ampio di quello che proponeva inizialmente Mori e qui naturalmente Ciancimino voleva mettere sul gusto i suoi interlocutori per poter raccontare il resto, ma nessuno l’ha voluto ascoltare, la cosa interessante in tutte queste vicende è che parlano molto più i mafiosi o i figli dei mafiosi che non gli uomini dello Stato e delle istituzioni, abbiamo dovuto aspettare 18 anni perché nell’autunno scorso a Annozero Claudio Martelli si ricordasse che il suo Ministero della Giustizia informato di quei contatti tra il Ros e Ciancimino padre, aveva avvertito Borsellino e Borsellino si era detto, come possiamo immaginare questo ovvio, fermamente contrario a quella trattativa, quindi anche Martelli conferma che la trattativa è prima dell’attentato di Via d’Amelio, altrimenti come facevano a avvertire Borsellino, se il Borsellino era già morto? Avrebbero dovuto avvertire un morto se la trattativa fosse partita dopo.
Liliana Ferraro dirigente del Ministero che aveva preso il posto di Falcone anche lei conferma di avere avvertito Borsellino, quindi è evidente che anche per lei la trattativa di Mori e del Ros risale a prima della strage di Via d’Amelio e potrebbe esserne la causa, come dice questo appunto di Vito Ciancimino e poi è arrivato Violante bel bello che l’estate scorsa, dopo che il figlio di Ciancimino ha raccontato queste cose, si è ricordato anche lui, 18 anni dopo, che effettivamente il Gen. Mori spingeva con lui il Presidente dell’antimafia, partito comunista, opposizione, perché incontrasse Ciancimino, il generale dei Carabinieri che sponsorizzava un incontro privato, questo dice Violante, tra il capo dell’antimafia comunista e l’ex Sindaco mafioso di Palermo e Violante non si è domandato perché Mori era diventato una specie di rappresentante delle istanze di Ciancimino e soprattutto non ha mai detto nulla di tutto questo negli anni in cui la Procura di Palermo ha processato Mori prima per la mancata perquisizione del Covo di Riina e poi per la mancata cattura di Provenzano nel 1995 nel casolare di Mezzojuso.
Non ha fatto nulla per aiutare le indagini sul Gen. Mori e solo quando il figlio di Ciancimino ha raccontato che suo padre voleva una copertura anche a sinistra da Violante, allora Violante tarantolato ha ricordato quel particolare che avrebbe potuto essere utilissimo, perché dimostra il link che si era creato strettissimo tra il Gen. Mori e Vito Ciancimino, al punto che il Gen. Mori andava in giro a cercare di piazzare Vito Ciancimino a destra e come abbiamo visto a sinistra.
I mafiosi, i figli dei mafiosi parlano più dei politici, forse sarà un caso se tutti i politici della memoria corta o selettiva o intermittente solo non hanno perso colpi nella loro carriera ma hanno continuato a mantenere altissimo il loro livello di carriera, quelli che hanno dimenticato tutto e quelli che stanno cominciando a ritrovare la memoria soltanto quando vi sono costretti dalle dichiarazioni dallo Spatuzza o del Ciancimino figlio di turno, oppure dalle carte del padre che ritornano, come dall’oltretomba a rivelare delle verità che la mafia è paradossalmente più disposta a raccontare che non lo Stato.


Credo che questo sia il quadro che noi oggi possiamo fare, aspettiamo che i magistrati diano i nomi e i cognomi al trait d’union di quella trattativa e scoprano tutto quello che c’è da scoprire, ma il quadro di insieme di queste stragi l’abbiamo capito e credo che possa essere ben sintetizzato dal film che ieri sera è stato presentato dal movimento delle Agende rosse a Palermo e cioè “Via d’Amelio una strage di Stato” buona settimana, passate parola!

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Non importa se la verità dovrà ancora aspettare nel chiarire le effettive responsabilità delle morti di Falcone e Borsellino,quel giorno si avvicina sempre di più e il teorema dell'accordo stato-mafia pare ormai vicino ad essere provato.

[ Kenzo ]

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