venerdì 22 gennaio 2021

Fake news:Come portare cene e pranzi con gli scatoloni sulle spalle e diventare benestanti...

 















Fake news. Quella finta storia del rider ricco felice: La Stampa dà i numeri  

di Alessandro Robecchi 

Dacci oggi il nostro veleno ideologico quotidiano, ovvero come piegare la realtà ai propri desideri e vivere felici. Chiedo scusa se dopo il solenne Giorno del Pallottoliere (ieri al Senato) mi occupo di piccole pieghe della vita reale, ma corre l’obbligo, e capirete perché. Tutto comincia la scorsa settimana, con una rubrica di Antonella Boralevi, illustre scrittrice, sull’illustre quotidiano La Stampa. Titolo: “Da commercialista a rider felice”. Storia edificante: si parla del signor Emiliano, 35 anni, che aveva uno studio di commercialista, ma “il Covid gliel’ha fatto chiudere” (sic). Lui non si è perso d’animo e ha cominciato a fare il rider, a consegnare pizze e pranzi e cene, pedalando in bicicletta per “100 km al giorno” (sic) e guadagna 2.000 euro netti al mese e in certi mesi addirittura 4.000. “Uno stipendio da manager. Ed è felice” (sic). 
Segue virulenta intemerata sulla dignità del lavoro, il rispetto di sé, la vergogna del Reddito di Cittadinanza elargito a due milioni e passa di persone che – manigoldi – stanno a casa a far niente, mentre potrebbero anche loro guadagnare “come un manager” consegnando pizze. Insomma una notizia, seguita dalla moraletta, la solita vecchia solfa sulla colpa dei poveri, che sono poveri e assistiti perché non muovono il culo pedalando per 100 km al dì. Troppo bello per essere vero. E infatti non è vero. Il rider felice non si chiama Emiliano (ma Emanuele), non ha 35 anni (37), non ha mai avuto uno studio di commercialista, fa il rider dal 2018 (quindi prima del Covid), non in bicicletta (moto), non guadagna né 2.000 né 4.000 euro al mese, ma arriva a 1.600 se lavora nove ore al giorno tutti i giorni della settimana, tutte le settimane dell’anno. Ciliegina sulla torta, viene fuori che questo Emiliano/Emanuele è un grande sostenitore del cottimo, già organizzatore di un sindacato giallo messo su di concerto con qualche azienda del settore, favorevole al contratto truffa sottoscritto solo da un minuscolo sindacato di destra che tutti i rider del regno schifano e denunciano come abusivo. Tutto benissimo: la storiella edificante che la signora Boralevi usa per insultare chi è costretto a chiedere un aiuto allo Stato è un tale concentrato di menzogne, imprecisioni e assurdità perfettamente ricamate da rasentare il falso ideologico. 
Qualcuno – en passant – fa notare che al regime di paghe attuale per incassare 4.000 euro netti consegnando pasti bisognerebbe correre dalle 18 alle 20 ore al giorno, sette giorni si sette, ma pazienza, basta imparare a dormire pedalando. Naturalmente non è l’incidente giornalistico della signora Boralevi che ci preoccupa, anche se ha provocato parecchie contusioni alla realtà, alla verità e al buonsenso. 
La parte illuminante della storia è invece il sottotesto, antico ma mai morto: i poveri (sette milioni e passa, nel Paese) non hanno dignità né rispetto di sé, mentre il signor Emiliano/Emanuele, la cui storia (inventata) sembra alla signora Boralevi “non di ‘colore’, ma di speranza” (sic), ci dà una lezione di vita. Insomma, un esempio per tutti quegli sciagurati che stanno sul divano a far niente incassando un lauto (?) assegno mentre potrebbero fare la Milano-Sanremo carichi di pizze tutti i giorni, vivere felici, e perdipiù mostrare con il loro luminoso esempio che i poveri d’Italia, Covid o non Covid, sono gente senza dignità. Una buona dose di veleno ideologico, insomma, un po’ di sale soavemente liberista sulle ferite aperte di chi non ce la fa e chiede aiuto invece di pedalare. 

Che stronzi, eh?

DAL BLOG DI ALESSANDROROBECCHI.IT 

Vabbe dai i giornaloni, dalla busiarda come ha ricordato Giovanni sono il braccio dei potentati, corsera in che mani è finita e repubblica diventata della famiglia torinese sono diffusamente barzellette, in questi giorni hanno sponsorizzato il neo patriota di sta cippa insieme alle Tv. 
Come si fa ad asserire che un commercialista in difficoltà, unico al mondo nel suo genere, è diventato ricco con i disperati che portano pranzo-cena a casa, tocca non fare spargere la voce, altrimenti l’Africa si svuota per pedalare a portare scatoloni sulla schiena. 
Aggiungo che l’illustre Giannini, direttore del giornale torinese, domenica nel suo editoriale ha adombrato coinvolgimenti di Conte su opache trame tra servizi segreti e presunti misteriosi poteri. Il tutto in uno scoop senza capo, né coda, altro che lato sciocchezze borallevi… 
Ma a parte chi compra i giornali, quei pochi, è in Tv che la realtà viene distorta in modalità assurda, prima il verdognolo ora la sorrate d’Italia lì fanno apparire come degli statisti. Persino lady mastella le ha ricordato dell’air scilipoti… 

Povera Italia, poveri noi!

I.S.

iserentha@yahoo.it

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