mercoledì 25 luglio 2018

L'inaccettabile ingiustizia sociale del neo capitalismo


















Agiografia o insulti: il vero dibattito resta quello sul capitalismo

di Alessandro Robecchi

Se si scava con pazienza, con tenacia, se si spostano come piccoli massi che ostruiscono lo scavo le cretinate feroci dei troll della rete, se si solleva con un paranco la massa inerte dell’agiografia obbligatoria; insomma se si va al nocciolo della faccenda, molto sotto la superficie del chiacchiericcio social o a mezzo stampa, si vedrà che le diverse valutazioni su Sergio Marchionne contengono un dibattito tutt’altro che banale. Il dibattito sul capitalismo – italiano e non – che si vorrebbe far passare per una querelle datata e novecentesca e che invece sta lì, a bruciare sotto la cenere fredda.

Sono cose complicate e antiche, per esempio il conflitto tra capitale e lavoro, una cosuccia che non si è risolta negli ultimi duecento anni, da Karl Marx in poi, e che non si risolverà certo ora a colpi di tweet. Le fazioni, però, sono ben delineate: chi ringrazia Marchionne per aver applicato certi standard del capitalismo moderno – molta finanza, molte delocalizzazioni, molto globalismo, compreso portare la sede legale qui, la sede fiscale là, ma mai più in Italia. E chi, dall’altra parte, vede l’ammazzasette delle relazioni sindacali, i licenziamenti e lo sfoltimento della forza lavoro, la riduzione delle pause alla catena di montaggio per la mensa o per pisciare, la pretesa di fare un sindacato giallo e tagliare fuori dagli accordi chi combatte sul serio.

Per qualche anno, la questione è passata come un conflitto tra “moderno” e “antico”. Stupidaggini, perché il problema è ancora quello di capire se questa “modernità” ci piace e ci conviene o se piace e conviene a pochissimi. Per dire, nella gestione Marchionne oltre ventimila posti di lavoro in Fca sono evaporati: ventimila famiglie lasciate senza un reddito a fronte di una famiglia che ha salvato la baracca (gli Agnelli e successive modificazioni) e di alcune che hanno moltiplicato risparmi e investimenti (gli azionisti). Insomma, la vecchia, cara lotta di classe, che oppone chi ha molto e chi ha poco.

Al centro di questo dibattito di lungo respiro c’è un’emergenza costante e visibile a tutti, che è l’aumento delle diseguaglianze. Per dirne una e giocare con il paradosso, si ricorda che Valletta, storico amministratore delegato Fiat, negli anni Cinquanta, guadagnava come quaranta operai e Marchionne invece come più di duemila (vale anche per calciatori, divi di vario genere, eccetera eccetera). Cioè la forbice tra rendita e lavoro, tra profitti e salari si è allargata in modo indecente e inaccettabile, eppure accettata di buon grado anche a sinistra. Caliamo un velo pietoso sulle scempiaggini renziane a proposito di Marchionne e del marchionnismo, ma è certo che una corrente filosofica filopadronale è egemone da anni. L’idea un po’ balzana è che aiutando i ricchi (sgravi, favori, decontribuzioni, forse addirittura flat tax…) si aiutino, diciamo così, a cascata, anche i poveri. Che se la tavola dei ricchi è ben imbandita, qualche briciola cadrà sotto il tavolo, una manna per chi non ha niente, o poco.

Quando si fa notare che questo paradosso non ha funzionato, che i ricchi sono più ricchi e i poveri più poveri (vedere l’indice Gini sulla diversità, siamo in testa alle classifiche, per una volta), la risposta è standard: si allargano le braccia e si dice “è il mercato che governa il mondo”, intendendo una forza potente, libera e incontrollabile che decide le cose (è il terremoto, è lo tsunami, cosa vuoi farci) e che non può essere regolata. Ecco. Il nucleo, sotto la tempesta di reazioni alla fine dell’era Marchionne, è questo: il mercato è immutabile e incontrollabile come conviene a pochi, oppure si può governarlo come converrebbe a molti? Bella domanda, alla faccia della solita solfa sulla morte delle ideologie. Il resto – dalle agiografie agli insulti – è rumore di fondo.

DAL BLOG ALESSANDROROBECCHI.IT

Inaccettabile la profonda differenza tra un Valletta che fu e ciò che percepisce un amministratore di questo secolo,e se una forza di pseudo sx va a tarallucci e vino con un trend del genere,parlare di maionese impazzita diventa un eufemismo.

Ed è per questo motivo che va visto con occhio benevolo,chiunque nel presente e nel futuro,possa rimettere in ordine un minimo di giustizia sociale.

Molto interessante l’articolo sul Fq di ieri sui numeri produttivi dell’era Marchionne,ovvero che il gruppo in 14 anni produce lo stesso numero di auto,a fronte del raddoppio di produzione di un conosciutissimo produttore tedesco,cioè di fatto ha salvato la famosa famiglia e gli azionisti,certamente men che mai il lavoro e i lavoratori.

I.S.

iserentha@yahoo.it

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