venerdì 6 gennaio 2017

Riflessioni sulla deflazione e sui rimedi possibili










La ricchezza, la deflazione, la bussola

di Alessandro Gilioli

Per molti anni, in passato, il dibattito economico tra sinistra e destra è stato sulla "creazione" versus la "distribuzione" delle ricchezze.

A destra, come noto, si sosteneva che distribuire troppo la ricchezza prodotta mortificava la creazione della stessa; in altre parole, che le ricette di sinistra finivano per redistribuire solo povertà.

Io non credo, come alcuni, che questa teoria sia stata una creazione a tavolino dei "ricchi" per avere l'alibi di non ridistribuire: anzi, in passato è stata vera, è successo così. Bisogna dirlo in onestà intellettuale. Il cosiddetto socialismo reale è fallito (anche) per questo.

Adesso forse - dopo trent'anni in cui ha avuto l'egemonia culturale e politica- la destra economica dovrebbe interrogarsi sul contrario, tuttavia. Specie in Italia e in tempi di deflazione.

Dovrebbe interrogarsi cioè sull'ipotesi - che a me sembra molto suffragata dai dati di realtà - che l'eccesso di concentrazione della ricchezza a sua volta soffochi la produzione della stessa.

Ad esempio, deprimendo i consumi.

Ma anche provocando quella parcellizzazione sociale (il tutti contro tutti tra categorie e tra fasce che stanno in basso) che è il contrario della coesione sociale; e che a sua volta provoca sfiducia e scarsa progettazione del futuro, cioè le condizioni ideali per una spirale di recessione.

Forse ci si potrebbe anche utilmente chiedere, da quelle parti, se la "flessibilizzazione" a lungo evocata (ad esempio, la licenziabilità e il precariato estremo) alla fine ha effetti più negativi che positivi: perché chi non ha un minimo di certezza del reddito non consuma, non fa girare la macchina dell'economia. Quindi l'imprenditore, tutto contento perché può assumere e licenziare a piacimento anche solo per un'ora, poi si scopre un po' meno contento perché nessuno compra più nulla.

Negli ultimi trent'anni la sinistra ha fatto profonda e spesso fondata autocritica sugli errori dei suoi dogmi economici; un'autocritica che ha talvolta portato la sinistra stessa a sposare incondizionatamente e acriticamente la visione opposta. Il governo Renzi, in questo, è stato emblematico - anche se non certo l'unico né il primo: ha scommesso cioè tutto sugli imprenditori, ha dato loro miliardi di euro in incentivi e mani libere nel mercato del lavoro, ha applicato in modo quasi religioso le teorie classiche della destra economica sperando che producessero una ripresa dellla dinamica produzione-consumi. Risultato, siamo in deflazione: non credo che sia troppo aggressivo dire che quella scommessa è clamorosamente fallita.

A proposito: non è ancora alle viste alcuna autocritica della destra economica né di chi, pur provenendo da altra storia, i dettami di quella destra ha sposato: benché questi abbiano portato non solo alla crisi iniziata nel 2008 ma anche al disastro sociale-civile contemporaneo, ai Trump e alle Le Pen, alla cieca rivolta dei ceti medi impoveriti e senza bussola.

Eppure, forse, oggi - con i dati di realtà inoppugnabili sulla enorme concentrazione di ricchezze che è avvenuta negli ultimi trent'anni e sulla situazione drammatica in cui troviamo, anche in termini di stabilità e prospettive comuni - si potrebbe avanzare l'ipotesi che redistribuire un po' sia utile non solo a chi se ne avvantaggia direttamente, ma a tutto il sistema economico.

E sì, credo che sia questo il principale dibattito da fare nel 2017, in Europa e in Italia.

DALL'ESPRESSO BLOG - PIOVONO RANE

Se il toro non lo prenderanno per le corna,e a tempi brevi,la paralisi economica sarà inevitabile,la deflazione mai vista da cinquant'anni a questa parte è ormai una realtà.

Direi che il reddito di cittadinanza che decade se si rifiuta un lavoro decente,è un decreto legge inevitabile,penalizzare le aziende italiane che producono all'estero,specie nell'est del mondo,è un'altra possibilità,inserire dazi sui prodotti che arrivano dallo sfruttamento del lavoro,a me pare più che plausibile.

E dulcis in fundo,prendere in considerazione di lavorare meno per far lavorare tutti,necessariamente con una limatura di stipendio,magari compensato da un rilancio dell'economia,non sarebbe male.

Ecco ciò che dovrebbe fare una politica ragionevole,che non guardi in faccia nessuno e gli interessi di chicchessia,altrimenti continuino a scimmiottare le politiche fatte nei decenni scorsi,sbattendo contro un muro definitivamente.

I.S.

iserentha@yahoo.it

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