martedì 19 luglio 2016

Alimentazione,allevamenti intensivi e il lavoro delle giunte comunali










Di vegetariani, Suv, Appendino e libertà

di Alessandro Gilioli

Era abbastanza prevedibile che - in un documento programmatico fin troppo lungo - si parlasse quasi soltanto di quelle due righe.

Quelle, dico, in cui la giunta Appendino - all'interno del capitoletto sulla "promozione della cultura ambientale" - dopo aver parlato di acqua pubblica e rifiuti dice anche di voler «promuovere la dieta vegetariana e vegana come atto fondamentale per salvaguardare l'ambiente, la salute e gli animali, attraverso atti di sensibilizzazione sul territorio».

Era prevedibile per tante ragioni: i vegani sono spesso robustissimi rompiballe, la carne è parte della nostra cultura e delle nostre tradizioni, ma soprattutto nessuno vuole sentirsi dire cosa deve e non deve mangiare.

E allora, giù tirate contro lo "Stato etico" che vuole entrare nella mia cucina, ironie contro i talebani della verdura, e «a #Torino chi disobbedisce andrà a letto senza cena» etc etc.

Peccato che la questione sia un filo più complessa, in una società dove siamo tutti interconnessi: dove cioè il comportamento di ciascuno incide sulla vita di tutti.

Tipo: come buttiamo i rifiuti, se usiamo o no la macchina per arrivare al bar dell'angolo, se raccogliamo o no le deiezioni del cane. Ed essendo noi umani tanti, sempre di più e sempre più interconnessi, questo vale sempre di più. L'assoluta libertà ce l'ha solo chi vive nella giungla e si ciba di frutta. Gli altri una qualche mediazione la devono trovare, tra libertà personale e interesse collettivo.

Ecco: il punto è dove è giusto che abiti questa mediazione.

Quando ero ragazzo io, ad esempio, si poteva fumare anche al cinema e nei treni; fino a pochi anni fa, al ristorante. Adesso abbiamo capito che negli spazi chiusi no, non si fuma, quali che essi siano: la mia libertà di accendere una sigaretta finisce dove iniziano i polmoni degli altri.

Allo stesso modo, è stato deciso che, quasi ovunque, non abbiamo la libertà di entrare nei vicoli dei centri storici con la nostra automobile: e anche lì, quante geremiadi ho sentito, dalla chiusura di Corso Vittorio Emanuele a Milano fino a quella dei Fori a Roma. Adesso pare a tutti ovvio che sia così.

Ricordo anche quando è stato deciso il casco obbligatorio (1985): non c'erano solo i singoli ribelli, ma addirittura gruppi di centauri che inscenavano cortei rombanti per Milano proclamando la propria libertà di circolare liberi e belli. Oggi è accettato comunemente che in moto si va con il casco.

Già: il concetto di autonomia individuale si misura e cambia seconda della sensibilità culturale di una società. Negli Stati Uniti, ad esempio, è considerato un diritto inalienabile dell'individuo comprarsi una pistola in un negozio. Da noi no.

E la carne, in tutto questo, c'entra.

Perché non è più segreto - almeno dai tempi in cui Rifkin scrisse "Ecocidio" - il catastrofico effetto degli allevamenti industriali sulla salute del pianeta. Più che lasciare l'auto accesa mentre si aspetta la ragazza.

Anche il comportamento alimentare di ciascuno di noi, insomma, ha un impatto su tutti noi.

Sia chiaro: nessuno sano di mente oggi pensa di "vietare la carne". Nessuno cioè pensa di spostare così in là l'asticella nel rapporto tra libertà individuale e interessi collettivi, in una questione sensibile come il cibo che scegliamo.

Anche perché il problema ambientale non è costituito da un consumo moderato e sobrio di carne, ma dagli allevamenti intensivi e industriali: frutto di un iper consumo. Peraltro del tutto estraneo alla famosa società contadina che viene (erroneamente) brandita come emblema della tradizione carnivora: e dove in realtà il consumo di carne a persona era molto più limitato di quanto non sia oggi.

Ma un po', senza integralismi e partendo dalla moral suasion, proprio perché c'è un ipercorsumo che impatta su tutto il pianeta, questa asticella andrà spostata anche nel campo dell'alimentazione, quando questa incide appunto sul nostro habitat comune.

Le campagne di informazione e di sensibilizzazione e la promozione di stili alimentari meno devastanti sono quindi fin dalle scuole un diritto-dovere di una società che vuole vivere meglio.

Altro che Stato etico.

Altro che "chi disobbedisce andrà a letto senza cena".

Questo almeno se crediamo, come il mahatma Gandhi, che ciascuno debba essere il cambiamento che vuole vedere nel mondo.

In alternativa, potete quindi perculare chi promuove una riduzione collettiva dell'iperconsumo di carne: ma per coerenza fatelo dal vostro Suv, sgasando verso una scolaresca delle elementari, mentre il vostro alano immerda il marciapiedi e voi sparate per aria con il revolver appena comprato da Wall Mart.

DALL'ESPRESSO BLOG - PIOVONO RANE


Ho votato la Appendino e penso che quelle due righe,la giunta se le potevano evitare,anche perché non sono le giunte comunali che devono educare all'alimentazione a mio parere.

I vegani e i vegetariani hanno moltissimi canali per promuovere la propria dieta,sono dell'idea di libertà gastronomiche per chiunque,e personalmente consiglio di non esagerare con le carni rosse e in generale,la salute ne gioverà sicuramente.

Appendino e la Raggi a Roma pensino ad amministrare le relative città,chi più,chi meno conosce le pessime condizioni degli allevamenti intensivi e l'impatto che hanno sull'ambiente,ma c'è un particolare importante,stiamo andando verso i 7 miliardi di abitanti sul globo,qualcosa dovremo pur mangiare.

I.S.

iserentha@yahoo.it

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