martedì 26 gennaio 2016

Una finestra tra Sanders e Clinton










Il resto è perdere

di Alessandro Gilioli

«Se Hillary Clinton non riesce a trovare un messaggio progettuale forte e positivo, e in fretta, rischia di essere spazzata via da Sanders. Una parte delle proposte di Sanders e la sua visione per questo Paese può davvero essere una favola. Ma anche nella gara del 2008 Bill Clinton criticò Obama per la sua posizione sulla guerra in Iraq definendola una "favola". Bene, le favole a volte si avverano, soprattutto se Hillary Clinton batte in testa».

A scriverlo non è un giornalino estremista, ma il New York Times, per la firma di uno dei suoi più prestigiosi editorialisti.

S'intende e sia chiaro: Sanders è ancora l'inseguitore e nessuno considera davvero probabile che riesca a raggiungere la nomination (men che meno la Casa Bianca).

Ma quello che sta succedendo negli Stati Uniti attorno a questo candidato outsider è qualcosa di epocale anche solo per lo sdoganamento delle sue proposte nel dibattito pubblico: copertura sanitaria universale (molto più in là della riforma Obama), fine degli interventi militari americani all'estero, tassazione della finanza e delle corporation per migliorare il welfare, diritto all'istruzione di qualità (anche universitaria) per tutti, politiche ambientali molto forti.

L'aspetto più notevole di queste issue non è solo - come verrebbe da pensare - il loro essere quasi rivoluzionarie nella culla del capitalismo individualista, gli Usa; ma è il fatto che vanno totalmente contromano rispetto al pensiero dominante e alle prassi politiche implementate in tutto il mondo da Reagan e Thatcher in poi, cioè da più di trent'anni.

Ma sono molto interessanti anche le reazioni a queste proposte.

Perché nessuno o quasi dice che Sanders ha torto, nessuno o quasi lo smentisce sui numeri della (eccessiva) disuguaglianza e sull'esigenza di ridurla. L'obiezione è invece sulla fattibilità delle sue proposte, sulla possibilità che queste diventino reali: sul fatto ad esempio che già l'Obamacare ha fatto fatica a passare al Congresso, figuriamoci un servizio sanitario universale; che già adesso la Casa Bianca non è riuscita a chiudere Guantanamo, figuriamoci le più pacifiste proposte di Sanders. E così via.

Non è una critica da poco e non è rivolta solo da ambienti centristi: anche Paul Krugman, ad esempio, è abbastanza su questa linea.

Che si autodefinisce realista, in contrapposizione a quelli che considera utopisti. Quindi nel migliore dei casi inutili, nel peggiore pericolosi (perché farebbero vincere Trump).

A me questo sembra uno dei dibattiti centrali della contemporaneità politica.

Ce lo abbiamo anche noi, qui in Europa. Dove in nome del realismo più spinto e rinunciatario, i vecchi partiti socialisti ormai praticano politiche assai più annacquate e centriste di quelle proposte da Sanders. Con il risultato di aver perso ogni senso e ogni ruolo storico, essendosi trasformati in declinazioni della destra dal volto appena più umano. E con l'effetto collaterale di avere generato e foraggiato opposizioni sociali passatiste e reazionarie, come quelle sovraniste e neofasciste.

Senza un orizzonte verso cui tendere, non c'è politica.

Certo, non siamo bambini né sognatori quindi sappiamo che l'orizzonte non verrà mai raggiunto, ma serve a farci tendere indefinitamente in quella direzione. A camminare con pragmatico radicalismo. Anziché fermarci o tornare indietro, perché "tanto non si raggiungerà mai".

Solo questa è politica: il resto è traccheggiare, rinunciare, perdere.

DALL'ESPRESSO BLOG - PIOVONO RANE

Non ho idea di quali trasformazioni ci saranno in Europa,da ciò che si vede dall'immediato passato e nel quotidiano i movimenti pur differenti in ogni realtà continueranno a fare proseliti,da qui a diventare governativi il passo sarà lunghissimo.
Sono dell'idea che negli States quand'anche Sanders la spuntasse sulla Clinton come candidato premier alla Casa bianca,ecco che si materializzerebbe il partito degli Stati anche da quelle parti,la classica barriera politica per non far passare anche solo un minimo di socialmente utile diventato negli anni praticamente un obbligo, considerate le sempre più profonde disparità tra i pochi ricchi e l'esercito dei poveri.

Quando si va contro il potere supportato mediaticamente l'impresa non è possibile.

I.S.

iserentha@yahoo.it

2 commenti:

Vincenzo Iacoponi ha detto...

Hilary è l'ultima spiaggia. Tra questo Sanders e Trump non ci sarebbe gara.
Altri non se ne vedono.
Dice: ma sei sicuro che tra i Repubblicani vincerà Trump?
Io ho capito una cosa: i veri guerrafondai sono gli USA e il partito dei guerrafondai è il partito repubblicano e nessuno dei candidati repubblicani è più guerrafondaio di Trump.
Se tanto mi dà tanto....

Ivo Serenthà ha detto...

C'è da sperare che i repubblicani non vincano più,con tutti i danni che hanno fatto i Bush,meglio che non vadano più al potere.

Certamente un Sanders che mette in primo piano gli aspetti sociali,che mancano da sempre su quelle latitudini,fa decisamente notizia.

No,davvero non me lo immagino gli States guidati da quel razzista ì,fuori di testa di Trump.