giovedì 28 gennaio 2016

Come abituare agli stage lavorativi gratuiti












Liceali, tutti al lavoro in estate. Come e dove? Questi sono dettagli

di Alessandro Robecchi

Ruspante come una sagra di paese e sbuffante come una trebbiatrice in action, il ministro del lavoro Giuliano Poletti lo aveva detto: i ragazzi italiani fanno troppe vacanze, non come lui che mungeva le mucche a sei anni, o i suoi figli che d’estate andavano a spostare le cassette della verdura. Insomma, una lezione di vita, una madeleine degli anni Cinquanta, tipo quei nonni che dicono ai nipoti: “a te ti ci vorrebbe una bella guerra”. Ecco, il folklore è sistemato, e passiamo alle leggi dello Stato, piuttosto folkloristiche anche loro. Perché con la famosa “buona scuola” dovrebbe partire anche quella “innovazione storica” (cfr, la ministra Giannini) che è l’alternanza scuola-lavoro, diventata obbligatoria. Un discreto numero di ore (400 per gli istituti tecnici e 200 per i licei, su tre anni) in cui i ragazzi, alla fine della scuola, cioè a giugno, verranno smistati in aziende, consorzi, associazioni, istituzioni culturali, fabbriche, cascine, musei, start-up (sempre metterci le start-up, che fa fico) eccetera, eccetera. Quanti ragazzi? Almeno mezzo milione quest’anno e, a regime, un milione e mezzo: una specie di migrazione biblica.
C’è anche il manuale d’uso, complesso e trionfalistico (vi risparmio la retorica renzista e le parole inglesi), ricco di spiegazioni. Ad esempio si istituisce il “Registro nazionale delle imprese” disposte a fornire accoglienza e formazione, ma poi si dice (pagina 16) che non è necessario stare in quell’elenco per ospitare studenti in cerca di stage: basta che ve li pigliate.
Tutto pomposo e trionfante, tutto bello e luccicante. Finché non si entra in una scuola.
Se gli istituti tecnici conoscono un po’ la questione, la sarabanda riguarda i licei. Dove mandare migliaia di sedicenni affamati di vacanze dopo nove mesi di lezioni? Dove fargli incontrare il mondo del lavoro che li stupirà con il suo sistema etico, produttivo, culturale? Mistero. Nelle circolari dei presidi, nelle assemblee dei genitori, nelle mail accorate che girano tra le famiglie c’è un’agitazione che somiglia al panico. Musei, associazioni, istituzioni culturali non possono assorbire una simile massa di “volontari” obbligati ad esserlo, e a volte non vogliono, o non possono. Perché, dannazione, serve un tutor (eh, già) educativo, e anche un tutor (eh, già) aziendale… insomma, serve gente che ci lavori, e chi paga non si sa. I ragazzi, ovvio, lavorerebbero gratis, che forse è il fine ultimo del disegno: abituarli. E poi servono assicurazioni varie, che un liceale di Caserta o di Sondrio non esploda in un laboratorio di chimica o non finisca sotto un trattore.
Nelle scuole, specie nei licei, è il si salvi chi può. Genitori perplessi si chiedono come mai il figlio, piegato per mesi su Ovidio, debba finire in una stalla o in un ufficio a completare il proprio “percorso formativo”, i ragazzi ridono e scuotono la testa, i presidi fanno miracoli di creatività. Tipo inventare “l’impresa simulata”, cioè in molti casi finirà con gli studenti in classe, in giugno, che fanno finta di fare un’azienda: siamo a un passo dall’Allegro chirurgo, ma meno divertente e, soprattutto, obbligatorio. Le belle parole inglesi, la strabiliante riforma, le sorti luminose e progressive, i toni da rivoluzione culturale (via, via, tutti spostare cassette, non avete sentito il sor Poletti?) si infrangono contro la realtà. Le lettere dei presidi ai genitori per chiedere se non abbiano per caso un’aziendina, un’attività, un laboratorio dove piazzare qualche alunno e far bella figura nelle statistiche, stringono il cuore. La buona scuola, l’alternanza, la formazione, il project work, il problem solving, l’action-oriented learning finiscono lì: dai, su, prendete qualche liceale, fategli fare le fotocopie ed è fatta: siamo o non siamo modernissimi?

DA ALESSANDROROBECCHI.IT

Ragazzi o lavoratori meno giovani che hanno avuto esperienze simili all’estero,in Europa s’intende,non testimoniano di stage lavorativi gratuiti,un minimo di soddisfazione tocca darglielo,non penso che all’infante mungitore governativo venisse dato solo un po’ di latte da bere,considerata l’età qualche mancetta sarà pur arrivata,sfruttare gli stage che raramente si dimostrano solo didattici,bensì dopo alcuni giorni di lavoro gratuito si tratta,non è tollerabile.

E sono sempre lì,a fare i fighetti con il posteriore degli altri è facile,anche perchè i figli dei politici da qualche parte si infilano,mentre se sei uno sfigato rischi la precarizzazione selvaggia sino alla matura età.

I.S.

iserentha@yahoo.it

2 commenti:

Vincenzo Iacoponi ha detto...

Questo finocchietto dall'incedere ondulante a bascula circonflessa sta cercando in tutti i modi di imitare il nostro DUX, sì quello appeso per i piedi a Piazzale Loreto.
Anche i fascisti volevano forgiare il maschio italico, l'homo novus il discendente degli antichi romani. Ma ve li immaginate i nostri ragassi, dopo nove mesi di letteratura latina e greca, di traduzioni e di interpretazioni dantesche e virgiliane nonché omeriche che si mettono la pala in spalla e vanno a spalar letame con stivali di gomma e pantaloni grezzi, mentre i non studenti a panza per aria prendono il sole.
Ma andate afc.

Ivo Serenthà ha detto...

L'attuale governo è stato deciso a tavolino,più che altro dall'Europa e sta molto bene anche dalle parti confindustriali,infatti la benevolenza mediatica è pressocchè assoluta,staremo a vedere alle prossime elezioni politiche che percentuali ci saranno,se gli italiani gli daranno per la prima volta il potere,in questo caso potremo affermare che se lo sono voluto,altrimenti aria e camminare.