lunedì 9 novembre 2015

A Luciano Gallino













Un umanista, un riformista

di Alessandro Gilioli

Ho visto che oggi anche la renzianissima Unità ha concesso un elogio postumo a Luciano Gallino, definendolo "studioso dalla parte dei lavoratori". Si vede che bisogna morire per uscire dalla gogna degli intellettuali gufi e rosiconi, categoria di cui Gallino fino a ieri faceva parte secondo la macchina comunicativa del governo.

In realtà anche la bonaria definizione di oggi dell'Unità è riduttiva. Certo, Gallino è stato anche acuto e partigiano sociologo del lavoro, ma era molto di più. Era un umanista sociale a tutto tondo, idealista ma non ideologico: le sue analisi partivano sempre da dati di realtà, non da immaginazioni etiche.

Basta sfogliare il suo ultimo libro, un testamento filosofico e scientifico che affronta il capitalismo globale nella sua interezza, nella sua voracità e nei suoi doppi effetti ambientali e sperequativi.

Il collegamento strettissimo tra la devastazione del pianeta e l'aumento delle disparità sociali è come noto uno dei temi di dibattito più attuali, da Rifkin all'ultima enciclica di Bergoglio: Gallino vi si inserisce con una analisi profonda che attraversa anche i meccanismi perversi della finanza e quelli dei media. Già, i media, complici attivi nell'anestetizzazione del pensiero critico e nella deformazione delle democrazie, su cui molto insiste il volume.

Gallino si è interessato alle grandi trasformazione tecnologiche nella produzione fin dagli anni Settanta, cercando di capire come queste impattassero non solo sul lavoro, ma su tutta l'esistenza sociale degli esseri umani. Non stupisce quindi che nel suo ultimo libro diverse pagine siano dedicate alle conseguenze dell'intelligenza artificiale e degli algoritmi. La famosa frase secondo cui "la tecnologia crea più posti di lavoro di quanti ne distrugga" ha smesso di essere vera a partire dagli anni 80 del secolo scorso e sarà sempre meno vera in futuro, spiega Gallino, dati alla mano: «Poche, pochissime professioni saranno risparmiate dalla terza rivoluzione industriale».

Il capitalismo è insomma entrato in un'epoca in cui ha sempre meno bisogno degli esseri umani come produttori, pur non potendone fare a meno come consumatori, il che provoca difficoltà nel vendere tutto ciò che si produce.

Di qui le contraddizioni del tumultuoso presente - lo status quo è molto più instabile di quanto la sua egemonia culturale lasci trapelare - e di qui anche altri eventi recenti: come «la guerra del capitalismo contro la terra», cioè la devastazione del pianeta per la massimizzazione dei profitti; e la finanziarizzazione dell'economia, vale a dire quel processo in base al quale «si è cominciato vendere come merce un'entità immaginaria: il futuro».

Qualcuno ha interpretato questo libro, specie nei giorni immediatamente successivi alla sua uscita, come intriso di tristezza e pessimismo.

Non è vero, o meglio è vero solo in parte.

Perché da un lato Gallino inizia il suo libro ammettendo la sconfitta - personale e della sua generazione - nella battaglia contro le disuguaglianze e l'alienazione: una sconfitta indubbia se - come ha notato Leopoldo Fabiani - un riformista olivettiano oggi viene considerato un estremista di sinistra radicale, per il solo fatto di essere rimasto coerente a se stesso.

D'altro lato però Gallino mostra - come accennato - tutta la fragilità degli equilibri del neocapitalismo, quindi le potenzialità di emancipazione umana e le tracce di un ribaltamento valoriale ed esistenziale, oltre che ovviamente politico-economico.

Del resto, «non sta accadendo qualcosa a cui assistiamo dall'esterno: siamo noi gli attori primi del destino che stiamo preparando a noi stessi e ai nostri discendenti».

Ed è questo il messaggio che, come conseguenza di tutti gli altri, Luciano Gallino oggi ci lascia.

DALL'ESPRESSO BLOG - PIOVONO RANE

Quest'uomo è stato un grande,tramite i suoi testi ha spiegato le contraddizioni del capitalismo, l'avidità e l'idiozia che lo contraddistingue, e pare facile comprendere che non può esistere economia solo con l'automazione e una moltitudine di disoccupati, contro una minoranza di ricchi sfondati.

Il pianeta non potrà mai reggere così,però si va ugualmente verso questo vicolo cieco a sbattere.

I.S.

iserentha@yahoo.it

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