mercoledì 21 ottobre 2015

Com'è bello stare in coda da Trieste in giù!












Vietato imprecare come una volta: ora stare in coda è fighissimo

di Alessandro Robecchi

Un nuovo genere letterario si sta imponendo con grande successo: l’elogio della coda. Di colpo, dopo aver sentito bestemmiare in più lingue ogni volta che bisogna mettersi in fila anche solo per due minuti, ecco spuntare Oh! di ammirazione e applausi scroscianti a mezzo stampa. Fanno sette ore di coda per il padiglione Giapponese! Che bravi! Quattro per Padiglione Italia! Molto bene! Ora per spiegare questa tendenza, vediamo qualche tipo di coda e come lo storytelling corrente possa farla diventare gradevole.
Le code all’Expo. Trattasi di valutazione ideologica. Essendo diventata l’Esposizione Universale una disputa socio-antropologico-politica (la solita: furbi contro gufi), si è diffusa la furbata che l’Expo sia un successo sulla base dei biglietti venduti. E’ questo il motivo per cui da almeno un mese te li tirano dietro (il due per uno è il minimo, a volte sono veri e propri regali). Folle oceaniche, e code spaventose, salutate come la risposta della nazione al successo del grande evento. Dunque, si esalta la coda come sinonimo di successo (quattro ore! Sette ore! E giù battimani), mentre solitamente chiunque sta in coda è un po’ seccato dalla disorganizzazione che ha creato così tante code (su un flusso atteso, sbandierato, propagandato da mesi). Alcune prestigiose istituzioni come i parchi Disney, ma anche Gardaland, hanno risolto il problema alla vecchia maniera, cioè con la cara, intramontabile questione di classe: se paghi di più salti la fila (si chiama fast-pass, o se preferite, Capitalismo, il ricco passa davanti al povero). Ma resta il genere letterario dell’elogio della coda (titolo di un grande quotidiano: “Rassegnati alla lunga attesa ma felici”), dove si scambia un disagio dell’utente pagante per garrulo entusiasmo.

Che la coda faccia pubblicità è noto. Ma solitamente – a differenza delle code all’Expo – i media ne parlano con malcelata ironia. La code per comprare il nuovo telefonino vengono stigmatizzate dai grandi pensatori dell’oggi come manifestazioni di ottusità popolare. E quando in un centro commerciale di Roma finì a botte per le offerte speciali, l’ondata di sdegno fu totale, qualcosa di simile a “come sono ineleganti questi poveri che si menano per una lavatrice in saldo”. Esistono servizi per evitare le code. In estate, durante i grandi esodi di vacanzieri, ci si affanna a mettere bollini rossi e neri sulle date a rischio, ad avvertire: occhio che se parti domani stai in coda. Con la logica dell’Expo bisognerebbe invece esultare: ehi, guarda che successo quest’anno le vacanze, il signor Gino ha fatto tre chilometri in sei ore, fico, eh! L’Italia riparte!
Tra le code famose dei giorni nostri ci fu quella dei turisti fuori dal Colosseo chiuso per assemblea. Per qualche giorno un’assemblea sindacale fu trattata come l’Armageddon, la piaga purulenta che frena la nostra crescita. Contemporaneamente, si chiudono al pubblico musei e regge per “eventi privati”, o incontri istituzionali, e sulla fila dei turisti fuori, esclusi, nessuna notizia.
Ora il pericolo è che questa divertente narrazione che stare in coda è bello e aiuta le sorti del Paese si trasferisca ovunque. Uno scenario tipo: Franca la coda per la mammografia è lunga due anni! Oh, che bello, Gino, vedi quanta gente vuole fare gli esami? E’ segno che il paese riparte, che c’è entusiasmo! Naturalmente anche lì c’è il fast-pass: se paghi la mammografia la fai domani. Dove si dimostra che le ideologie sono tutt’altro che morte. Anzi, fanno la coda.

DAL BLOG ALESSANDROROBECCHI.IT

Le 7-8 ore di coda per un po' di sushi sono indefinibili e non riesco a commentarle,davvero ho cercato di sforzarmi per comprendere ma non ci sono riuscito.

Sul marketing governativo ormai chi vuol capire ha compreso,se riesce a far contenti tanti,vuol dire che ci vuole poco ormai per soddisfare,sono dell'idea però che se riesce a giganteggiare così e perchè manca un'alternativa credibile,essendoci il vuoto in alternativa anche un piccolissimo pacchettino confezionato pressochè di aria evidentemente fa la sua porca figura.

Buone code a tutti vanno di moda,ma attenti a scegliere quelle giuste...

I.S.

iserentha@yahoo.it

2 commenti:

giovanotta ha detto...

quanto sono contenta che l'idea di andare all'Expo non mi abbia neanche sfiorato!
ciao :)

Ivo Serenthà ha detto...

Ho il medesimo stato d'animo,mi sono fidato delle prime riflessioni di Carlin Petrini,di come abbiano organizzato una esposizione senza tener conto di chi produce in primo luogo l'alimentazione.

Ciao