mercoledì 23 settembre 2015

Prossimo passo del capitalismo,ridurre robustamente il sonno













Basta sonno: è un ostacolo alla crescita

di Alessandro Gilioli

Il tempo del sonno è dannoso per la crescita economica.

Pensateci bene: se avete un po' d'insonnia, di notte fate cose tipo guardare la tivù (con pubblicità annessa), navigare in rete (idem), scaricare app; oppure mangiate qualcosa che sta in frigo; se siete tabagisti probabilmente fumate un paio di sigarette in più; se siete free agent a partita Iva o simili capita perfino che smaltiate un po' di lavoro. In alcuni casi, nelle città, non è strano andare a farsi un giro in macchina e qualche acquisto al super aperto anche di notte.

Se non dormiamo, insomma, consumiamo o produciamo: quindi facciamo cose utili a far girare l'economia. Mentre se dormiamo, siamo del tutto inservibili.

Ecco perché «nella nostra epoca in ogni parte del mondo, a causa dei livelli assai elevati di competizione economica, è in atto una vera e propria erosione del tempo dedicato al sonno», come scrive Johnatan Crary, docente alla Columbia University, nel saggio "24/7", appena uscito in Italia per Einaudi: un libro che si inserisce perfettamente nel dibattito nostrano sui negozi eternamente aperti così come in quello francese sull'invadenza dei messaggi di lavoro fuori orario.

Crary parte da alcuni simpatici dati di realtà. Ad esempio, la riduzione del sonno per notte di un americano adulto dalle dieci ore del primo Novecento alle sei e mezzo di adesso, in media. Ma anche le ricerche scientifiche sempre più avanzate (specie al Darpa) non solo per farmaci che eliminano il bisogno di sonno, ma anche di terapie geniche basate sullo studio di un uccello migratore, il passero dalla corona bianca, che è in grado di stare sveglio in volo per un'intera settimana senza riposarsi: un modello biologico, per andare verso l'uomo capace di produrre e di consumare ininterrottamente. Ma ci sono pure i tentativi di alcune istituzioni locali, in accordo con corporation private, di illuminare a giorno le città quando non c'è il sole, con un sistema di specchi in orbita, in modo da eliminare quanto più possibile la notte.

Il fatto è che, proprio come le festività, anche il sonno riduce le capacità di crescita di un'economia. E lo fa in modo molto più robusto, dato che nonostante i passi "in avanti" in questo senso, il dormire ci impedisce ancora di consumare e produrre per ben un quarto del nostro tempo.

Ecco perché «il nuovo capitalismo va all'assalto del sonno», come scrive Crary.

Un assalto che avviene, prima ancora che con la ricerca tecnoscientifica per ridurlo o eliminarlo, con l'egemonia culturale del 7/24, con il mito del always open, con la colpevolizzazione di chi non si adegua ai nuovi ritmi (anzi, con l'eliminazione del concetto stesso di ritmo, di alternanza) e con l'invenzione di un presunto diritto del cittadino a consumare in ogni momento.

Il tempo del riposo umano - diventato troppo costoso per poter essere contemplato nella struttura del capitalismo contemporaneo - viene gabellato quindi come caratteristica dei deboli, dei perdenti, dei "drop out" sociali.

L'obiettivo finale è la bioderegulation, applicazione alla biologia del dogma liberista dell'assenza di regole, tempi, bilanciamenti. E questo mito del 24/7 si nutre - allo scopo di persuadere tutti - anche di un altro mito: quello della modernità, ineluttabilità e inevitabilità di una dinamica always on di produzione-consumo. Come se non fosse invece anche quella una scelta, semplicemente una scelta di tipo culturale, esistenziale e politico.

Così come una scelta politica - determinata dal conflitto tra lavoratori e datori - è stata l'accettazione da parte del primo capitalismo di una riduzione graduale dell'orario di lavoro, dalle 16 ore al giorno a cui erano costrette le operaie delle filande fino alle otto conquistate 45 anni fa, prima che i rapporti di forza si invertissero di nuovo e il capitalismo riprendesse l'attacco al tempo delle persone attraverso la flessibilizzazione e la precarizzazione (ma anche le liberalizzazione estrema degli orari dei negozi, che ovviamente producono dumping temporale tra concorrenti, quindi corsa al ribasso in termini di tempo dedicato al riposo, una cosa che come abbiamo visto è del tutto inutile all'economia).

Sicché oggi, scrive Crary, il sonno è (provvisoriamente) rimasto l'unica barriera all'estensione totalizzante del capitalismo globale, che è già ovunque nello spazio territoriale del pianeta e vuole essere ovunque anche nel tempo delle persone. Il sonno ancora «rappresenta l'affermazione irrazionale e scandalosa» che possono esserci dei limiti alla compatibilità degli esseri umani con le forze apparentemente irresistibili del neocapitalismo. Non solo il sonno è dannoso in termini economici, ma anche è anche un tentativo di sottrazione al panopticon, al controllo-torsione dell'individuo e delle sue abitudini, che dev'essere appunto 24/7.

Di qui la necessità (anche "bullistica", simbolica e culturale) di abbatterlo, questo sonno. Il neocapitalismo, si sa, considera un intollerabile "lacciolo" qualsiasi limite, compresi quelli della biologia.

Non l'avremmo mai detto: ma alla sinistra di domani - o a ciò che ne prenderà il posto nella difesa delle persone dai dogmi al potere - toccherà occuparsi anche del sonno.

DALL'ESPRESSO BLOG - PIOVONO RANE

Lavorare per vivere o vivere per lavorare, ora il capitalismo va anche all'attacco del sonno,i prossimi passi? Regolamentazione della pausa pranzo a un fugace break,toilette a minuti da scontare in busta paga,sensore all'interno della pelle per regolamentare prestazioni sessuali,se si va oltre nessuna carriera.

E chi ne ha di più ne metta pure.

I.S.

iserentha@yahoo.it

2 commenti:

Katrina Uragano ha detto...

Sono l'anticapitalismo fatta persona, a quanto parere.
Io dormirei sempre.

Ivo Serenthà ha detto...

Ma a parte l'effetto ghiro,che può andar bene in certi momenti di particolare stanchezza,penso che le giornate vadano distribuite con saggezza,poichè secondo me si lavora per vivere e non il contrario.

Saluti