sabato 14 febbraio 2015

La rivoluzione ambientalista auspicata da Naomi Klein









Naomi Klein, la rivoluzione: perché il capitalismo non è sostenibile

di Gianluca Ferrara

L’ultimo libro della scrittrice e attivista canadese Naomi Klein, Una rivoluzione ci salverà, è un’utile lettura per riflettere sulla più pericolosa crisi che l’umanità sta vivendo: quella ecologica. Come la stessa autrice ha ammesso, solo di recente ha compreso come sia prossimo il limite ambientale. Un limite che se superato può farci precipitare in un baratro da cui la nostra specie non potrebbe più sollevarsi.

Il problema è che se un’attivista impegnata come la Klein, solo da qualche anno ha compreso che i gas climo-alteranti immessi nell’atmosfera hanno cucito una coperta termica che sta facendo lievitare le temperature e di conseguenza fondendo i ghiacciai e desertificando sempre più terreni, figuriamoci il cittadino medio tenuto volutamente all’oscuro.

Il testo della Klein non è particolarmente originale. A chi analizza certi fenomeni, molte delle tesi espresse risulteranno pleonastiche, tuttavia per un lettore esordiente in materia è una lettura consigliata. Specie per un lettore americano, Paese dal quale ancora gran parte di una classe politica nega persino l’esistenza del surriscaldamento in atto che invece è asserito dalla totalità del mondo scientifico. Del resto proprio dagli Usa viene elargito dai responsabili dell’alterazione climatica un miliardo di dollari all’anno per far affermare a giornalisti, politici ed economisti che il cambiamento climatico è una chimera.

Nel nostro Paese agli slogan ambientalisti del governo poi seguono leggi in linea al pensiero unico della crescita. Si pensi allo Sblocca Italia che permetterà nuove estrazioni di petrolio, nuovi incenerimenti di rifiuti e nuove colate di cemento.

Il libro della Klein è un assist da cui possono scaturire riflessioni più articolate in materia economica. Ma non solo, può essere anche un’occasione per un’auspicabile autocritica sulle scelte fatte dal frastagliato mondo ambientalista. Gli economisti di diversa estrazione, ma tutti devoti al dio della crescita, in Tv come dei bravi conduttori di una televendita cercano di piazzare il loro anacronistico paradigma di una crescita infinita in un pianeta finito. I neoliberisti tentano di piazzare Von Hayek, Friedman e i Chicago boys, i keynesiani, John M. Keynes e il gruppetto di marxisti sopravvissuti, Karl Marx. Tutti fautori di modelli economici e di visioni politiche nate nel secolo scorso che hanno in comune il miraggio della crescita. Una crescita che oggi, a prescindere dall’impatto ambientale, potrà essere solo effimera perché gonfiata da bolle monetarie. Inoltre, persino gli studi finanziati da multinazionali (le principali responsabili dell’attuale sfascio ambientale) indicano che nei prossimi anni, puntando ancora sulla crescita e quindi sullo sviluppo della tecnica, l’occupazione umana decrescerà in maniera esponenziale. In occidente crescita non è sinonimo di occupazione.

La Klein opportunamente fa notare come il movimento ambientalista sia spesso subordinato o usato per gli interessi di coloro che a monte causano i disastri ambientali. Un esempio italiano è il sinistro accordo tra il centro di ricerca Rifiuti Zero di Capannori e McDonald’s. Ad un ambientalismo che si fa strumentalizzare dalle multinazionali per farsi dare una pennellata di verde, si affiancano delle frange autoreferenziali che accettano la partecipazione solo di coloro che possiedono la medesima tessera ideologica.

La rivoluzione propugnata dalla Klein si può avere solo aprendosi a tutti, avendo come unico obiettivo la consapevolezza dei più in grado di farsi Stato. Lo Stato si deve riprendere le chiavi di quel potere esecutivo donato da una politica impavida a corporation che hanno come unico fine il profitto. Un profitto che pur di realizzarlo ha permesso di esternalizzare i costi inquinando l’aria, l’acqua, la terra e i nostri corpi sempre più vittime di malattie nefaste. Solo uno Stato efficiente, libero dalle cricche ed aperto a tutti i cittadini può sovvertire questo paradigma creato a vantaggio di pochi.

La storia è colma di esempi di rivoluzioni a cui sono seguite controrivoluzioni e restaurazioni. Una rivoluzione ci salverà solo se prima si realizza una rivoluzione personale. Una rivoluzione che libera da quella brama di potere e di visione elitista che a volte coincide tra chi contesta e chi causa i disastri ambientali ed economici. In altri termini serve una conversione. Una conversione che poi sia anche ecologica come propugnava l’indimenticato Alexander Langer.



E' certamente auspicabile la rivoluzione che l'ambientalista canadese racconta,toccherà raggiungere una componente essenziale però,fino a quando l'uomo sarà schiavo del profitto a tutti i costi e senza rispetto per i suoi simili e per la natura,difficilmente potrà iniziare la consapevolezza ecologica.

Anche perchè quando tutto sarà compromesso,non ci sarà la possibilità di aggiustare la catastrofe,un po' come un effetto domino.

per eventuali notifiche - iserentha@yahoo.it

4 commenti:

giovanotta ha detto...

torno a leggere con più attenzione, sbaglio o l'autore è un po' critico verso la Klein? (ma forse è solo un'impressione)
io dico magari ce ne fossero di più di Klein, l'ho vista a Roma quando è venuta a presentare il suo libro, due sale non una, piene! certo con la traduzione di perdono tante sfumature e alla fine.. non avevo neanche abbastanza soldi per comprare il libro! (che tonta :-)
di sicuro, il tema non è urgente, pere me è proprio drammatico, ma i nostri hanno da discutere di notte le riforme (e con metà aula vuota...).. vomito
buona domenica!

Ivo Serenthà ha detto...

Non mi ha dato la prima impressione che hai colto sull'articolo pubblicato,ha inizialmente scritto che prima della Klein la larga parte della scienza ha lanciato il grido d'allarme sul surriscaldamento del pianeta,condivide con l'autrice del libro-denuncia,che lo sviluppo e le produzioni all'infinito sono un'utopia,quindi se non ci sarà una decrescita organizzata,addio homo sapiens.

Direi che il grande dubbio,e non ci sono responsabilità degli ambientalisti,almeno quelli di nuova generazione,è che la rivoluzione ambientale dovranno sostenerla insieme l'umanità e le potenze economiche,ovvero le vecchie e le emergenti economie,anche perchè la linea del non ritorno purtroppo non è distante da venire.

Buona serata a te

Anonimo ha detto...

Tutto questo è assolutamente vero, l'uomo presto sparirà dalla faccia della terra. L'intelligenza dell'uomo è un dono speciale, che a seconda di come viene usato può rivelarsi un'affilata e pericolosa lama che l'uomo sta stupidamente rivolgendo contro se stesso.
Se la gente ascolterà Klein le più famose multinazionali le manderanno un sicario, quindi non ci sono speranze. Klein mi ha colpito perché ha molta più volontà di me.
Non che io possa fare molto ma lei fa la sua parte, ostinata, anche se sa che nel 90% dei casi non succederà nulla.

Ivo Serenthà ha detto...

Sono anch'io dell'idea che l'uomo insieme all'intera umanità andrà a sbattere contro un muro,l'intelligenza che possiede l'ha reso schiavo dalla legge del profitto,il quale deve esistere,ma portato alle estreme conseguenze come interpretato negli ultimi secoli,insieme all'incremento demografico,saranno un mix che non lascia speranza.

E se è nata una piccola coscienza ambientalista in occidente,dopo aver inquinato per un paio di secoli,sono spuntate le economie emergenti che faranno collassare definitivamente il pianeta.