lunedì 8 dicembre 2014

Podemos in Spagna e non Podemos in Italia










Che cos’è “Podemos”

di Alessandro Gilioli

Se il Movimento 5 Stelle non fosse ostaggio delle bizze autoritarie di Grillo e se la sinistra radicale nostrana non fosse prigioniera del vecchio settarismo dei suoi leader, chissà: forse anche in Italia avremmo “Podemos”. Invece no.

È quello che viene un po’ da pensare leggendo il libro di Matteo Pucciarelli e Giacomo Russo Spena che si intitola appunto “Podemos, la sinistra spagnola oltre la sinistra” in uscita in questi giorni per l’editore Alegre (128 pagine, 12 euro).


È il primo studio italiano su questo partito spagnolo e la cosa non deve stupire: fondato nel gennaio scorso, ha debuttato alle urne alle elezioni europee di maggio, prendendo un già incredibile 8 per cento; adesso, secondo un sondaggio di “El Pais”, sarebbe la prima forza del Paese con il 27,7 per cento: un punto e mezzo sopra i socialisti e addirittura 7 in più rispetto ai popolari di Mariano Rajoy, attualmente al governo.

Potrebbe trattarsi di una moda transitoria, certo: ma anche no.

Per provare a capirlo vale la pena di scoprire com’è nato Podemos, che idee ha, quali leader e quali pratiche: e su tutto questo appunto indaga il libro di Pucciarelli (giornalista di “Repubblica”) e di Russo Spena (giornalista di “Micromega”). Partendo dal contesto, naturalmente: quella Spagna arricchitasi nel post franchismo (anni Ottanta e Novanta) e rapidamente sgonfiatasi dopo la crisi iniziata nel 2008; quel connubio di bramosia e corruzione che ha reso quasi indistinguibili i due partiti che si sono alternati finora al potere, popolari e socialisti; fino allo spaventoso allargamento della forbice sociale causato dalla cura imposta dalla Troika, un divario che ha finito per pesare soprattutto sulla generazione più giovane e precaria, privata anche del diritto alla speranza.

Così si è arrivati prima alla protesta (ricordate gli Indignados, le manifestazioni di massa alla Puerta del Sol, nel maggio del 2011?) quindi alla sua canalizzazione in una proposta politica.

Nasce così, Podemos: una trentina di intellettuali, di ex politici di sinistra e di attivisti usciti da quelle manifestazioni che si incontrano in una libreria nel quartiere Lavapiés di Madrid, un giovedì del novembre 2013, con l’idea precisa di «trasformare l’indignazione in cambiamento politico». In un partito, con un programma: lotta ai poteri forti, alle grandi imprese, alla grande finanza, alla casta dei politici; per contro, sostegno alla piccola impresa, alla produzione locale, al trasporto pubblico; “empowerment” dei cittadini, azione diretta e democrazia diretta; massicce politiche di redistribuzione, innovazione, orario di lavoro massimo 35 ore, pensione a 60 anni, eliminazione dei contratti a termine, reddito minimo garantito; e poi: sanità pubblica, istruzione universale e laica, tasse sulla finanza e sui capitali, carcere per gli evasori fiscali sopra i 50 mila euro, imposta patrimoniale, recupero della sovranità rispetto a diversi trattati internazionali, controllo della politica attraverso il massimo della trasparenza, riduzione degli stipendi degli eletti (che non devono guadagnare più di tre volte il salario minimo), diritti pieni delle persone gay ma anche di intersessuali e transessuali. Infine, ambientalismo, territorio, pacifismo, beni comuni, internet.

Ecco perché non è difficile vederci tratti in comune né con il programma del Movimento 5 Stelle, né con i pezzi più svegli della sinistra radicale italiana.

Ma restiamo in Spagna: dove nel nascente Podemos emerge presto la leadership di Pablo Iglesias Turriòn, 36 anni, figlio di un’avvocatessa e di un docente di storia, detto “el coleta” (il codino) per il capello lungo legato sul collo. Studi universitari di Scienze politiche e sociali, ha trascorso un primo periodo in Italia (a Bologna) con il programma Erasmus, quello che Renzi cita sempre senza averlo fatto. Poi si è laureato con una tesi sulle esperienze dei Disobbedienti che trattava anche di quelli italiani: per questo è tornato a lungo nel nostro Paese, questa volta a Padova, dove tra l’altro è diventato amico di Luca Casarini.Grazie a queste due permanenze, Iglesias possiede un italiano quasi perfetto.

Prima di buttarsi a tempo pieno in politica, è stato professore, autore di libri e conduttore televisivo: insomma, ha back ground culturale e parlantina sciolta in abbondanza. Respinge per sé e per il suo partito la definizione di “sinistra”, ma cita Toni Negri e Naomi Klein; in ogni caso, alla contrapposizione tradizionale preferisce quella “basso contro alto”, “democrazia contro oligarchia”, “cittadini contro casta” e forse anche in questo ricorda un po’ il M5S. Ma se per Iglesias «destra e sinistra sono categorie del Novecento», poi gli eletti di Podemos a Bruxelles non hanno dubbi nell’aderire al gruppo del Gue, la sinistra europea il cui azionista principale è il greco Alexis Tsipras. Quindi le contraddizioni non mancano.

Il libro di Pucciarelli e Russo Spena ci aiuta a conoscere un fenomeno nuovo e, finora, arato solo superficialmente, almeno qui da noi. In Spagna invece, come ovvio, se ne parla già molto e la maggiore preoccupazione viene espressa dagli economisti di area liberale: i quali, senza mezzi termini, accusano Podemos di “neomarxismo” o, semplicemente, di fare promesse per le quali mancano le risorse.

Probabilmente, alcune delle critiche sono anche fondate e se per caso Podemos dovesse davvero diventare governo, non sarebbe facile per Iglesias e soci mantenere gli impegni elettorali (a iniziare da quella del reddito minimo, che costerebbe 140 miliardi di euro). Ma in Spagna si vota tra un anno e, come talvolta accade, per adesso la migliore volata a Podemos la stanno tirando proprio i due partiti tradizionali, popolari e socialisti, che mescolano scarsi risultati pratici a continui arresti per corruzione tra le loro fila.

Qui, per chi è interessato, uno stralcio dal libro.

DA L'ESPRESSO BLOG PIOVONO RANE

Se in Italia non nascono movimenti come Tsipras e Podemos,è perchè la nostra società è divisa su molteplici aspetti,altrimenti non si spiega il successo degli uomini soli al comando,più che le idee sono i personaggi che sanno colpire l'immaginario collettivo,anzi,mi auguro che qualcuno domani non si metta a scimmiottare questo movimento spagnolo,il surrogato che ne deriverebbe sarebbe un insuccesso a priori.

Ci si impersona sui vari Andreotti,Craxi o caimani vari in salsa lombarda o toscana che sia,e dall'altra parte la democrazia diretta pilotata da due guru,nel frattempo in Grecia e soprattutto in Spagna inizieranno a sognare,se poi sarà una delusione si vedrà,perlomeno queste società possiedono nuovi stimoli,da noi il trend con tutta probabilità sarà l'inedia dell'astensionismo.

per eventuali notifiche - iserentha@yahoo.it

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