domenica 7 dicembre 2014

Le prospettive delle nuove generazioni precarizzate


















Se si sveglia la “maggioranza invisibile”

di Alessandro Gilioli

Nell’Italia che che sta entrando nel 2015 esistono, grosso modo, tre “blocchi sociali”, per usare un’espressione imprecisa ma di immediata comprensione.

Il primo, il più fortunato, è quello di chi per bravura personale o ricchezza familiare sta bene, quindi ha in uggia il vecchio stato sociale, visto come ostacolo al proprio cammino e al proprio benessere; il secondo, storicamente numeroso ma ogni giorno più sottile, è quello dei garantiti, dei lavoratori con il posto fisso e la tredicesima, che invece difende i propri residui diritti; il terzo, che invece è sempre più ampio, è l’aggregato enorme e confuso dei “perdenti”: i precari, i disoccupati i “neet”, i pensionati sotto i mille euro, i migranti etc.

I primi due blocchi hanno varie forme di rappresentanza politica o sindacale, sicché ancora votano o fanno cortei; il terzo – che non è un blocco ma una galassia disordinata e priva di coscienza di sé – invece no, pur trattandosi ormai della maggioranza: circa 25 milioni, su 47 milioni di aventi di diritto al voto.

È questa – molto ridotta a all’osso – la tesi di fondo del saggio di Emanuele Ferragina che si intitola appunto “La maggioranza invisibile” (Bur, 284 pagine, 14 euro). Emanuele Ferragina è un giovane sociologo italiano che insegna a Oxford.

Nel 2013, scrive Ferragina, questa “maggioranza invisibile”, in verità, aveva dato un segnale della propria esistenza anche alle urne, ma le premesse con cui il M5S ne aveva conquistato il voto in quanto forza antisistema non sono state poi mantenute nel passaggio successivo, cioè nella trasformazione della protesta in un progetto politico articolato che consentisse a questo «gruppo sociale in potenza» di assumere appunto coscienza di sé e soprattutto dei cambiamenti concreti che sarebbero stati nei suoi interessi. Sicché oggi siamo daccapo, cioè in una situazione in cui gran parte di questi 25 milioni è lontana dall’avvertirsi come corpo coeso, come soggetto sociale, come proposta politica: ed è piuttosto immenso pulviscolo disperato senza rappresentanza.

E prego gli amici simpatizzanti del M5S di non saltar subito sulle sedie arrabbiati: quella di Ferragina non è esultanza, in proposito. Peraltro molto più dure sono le sue critiche nei confronti della sedicente sinistra italiana nel sesto capitolo del libro, quello in cui ne recita il «requiem» (testuale) per l’accettazione non passiva ma proprio attiva del pensiero e delle politiche che hanno creato l’immensa massa dei “fuori gioco”, con la perdita della stessa ragione sociale della sinistra, cioè la difesa dei deboli.

In ogni caso, il saggio di Ferragina è molto più economico-sociale che politico in senso stretto: vi si spiega ad esempio, dati alla mano, come si è creata questa galassia di senza voce, attraverso quali processi e quali leggi dello Stato che li hanno assecondati; fino a ipotizzare, per contro, quali sarebbero le decisioni concrete che costituirebbero interesse comune della maggioranza invisibile, quindi che potrebbero riunire queste categorie di sconfitti vuoi «in un progetto politico» vuoi in un gruppo di pressione «abbastanza forte da ottenere concessioni considerevoli da parte dell’élite dominante».

Perché «la maggioranza invisibile è un gigante bambino che deve ancora prendere coscienza della sua forza: chi riuscirà a svegliarlo e a renderlo attivo farà la storia questo Paese».

Di tutto questo si parlerà mercoledì 10 dicembre, alla libreria Fandango di Roma, dalle 18,30, con l’autore e le altre persone che vedete nella locandina qui sotto; l’incontro è organizzato da Tilt. Se siete a Roma e volete fare un salto, ci si vede li.


DAL BLOG L'ESPRESSO PIOVONO RANE

Non ho idea di quanto e quando la maggioranza silente si organizzerà e riuscirà a farsi sentire,se c’è un dato incontrovertibile è che se rimarrà così questa moltitudine di disperati senza futuro,a mio parere trascinerà la stragrande maggioranza degli attuali garantiti e a tutti i livelli nel baratro della povertà,se non esistono garanzie del proprio futuro e le retribuzioni saranno a singhiozzo e da paesi emergenti ma con un tenore di vita da nord Europa,l’economia non potrà che andare a farsi friggere sempre di più.

La ristretta casta dei ricchi sfondati emigreranno delocalizzando oltre le imprese anche se stessi,ma per l’intero sottobosco dei benestanti “l’attuale maggioranza” i cazzi arriveranno eccome.

Sono dell’idea che può esistere un’alternativa al catastrofico trend,solo se i paesi dell’area mediterranea si coalizzeranno economicamente sganciandosi dal resto dell’Europa,le rispettive economie potranno viaggiare con la velocità che si potranno permettere,e se da una parte il capitalismo globalizzante trionferà,dall’altra si potrà materializzare un andamento sociale dai risvolti umani,nella quale l’ansia di prestazione nel diventare sempre più ricchi sfondati sarà solo un brutto ricordo.

Correre dietro alla Bce e ai tedeschi,forse anche i francesi hanno capito che si andrà a sbattere,e l’ago della bilancia a mio parere saranno proprio i transalpini nel poter riorganizzare la sozzeria sociale esistente.

per eventuali notifiche - iserentha@yahoo.it

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