
Il vizio della memoria
di Marco Travaglio
Dalla settimana prossima il Fatto pubblicherà ogni giovedì alcune fra le migliori interviste televisive di Enzo Biagi. La Cosa non è affatto piaciuta a Pigi Battista e al Giornale di Sallusti, affetti da sindrome di Salieri. Il primo ha scaricato la sua bile contro il curatore dell'iniziativa, Loris Mazzetti, che ha collaborato per anni come regista e capostruttura ai programmi di Biagi Il Fatto (Rai1) e Rt (Rai3) e ha firmato con lui i suoi ultimi libri. "Ma perché - Twitta Battista - le figlie di Biagi consentono a uno sfaccendato come Loris Mazzetti di sfruttare il lavoro di loro padre". Il Giornale dedica un'intera pagina al "Vizio di fare il portavoce dei morti sicuri di non essere smentiti: da Travaglio a Mazzetti, da Ingroia alla Bindi, ecco chi fa carriera grazie ai Defunti eccellenti". Scrive Maurizio Caverzan: "i portavoce dei morti no abbisognano di nomine e documentazione. Basta un pizzico di millanteria,una certa voglia di carriera e si autocertifica secondo la propria indole ". Mazzetti "ventriloquo post mortem di Biagi", Travaglio "esegeta abusivo di Montanelli", Ingroia "presuntuosissimo continuatore di Falcone e Borsellino". Poi "le Vedove inconsolabili di qualche maître à penser scomparso da decenni, da Pasolini ad Antonioni, da Bobbio a Galante Garrone al Bachelet ripetutamente citato e rimpianto da Rosy Bindi". Ecco, il Caverzan proprio non riesce un concepire che chi ha avuto la fortuna di frequentare quei grandi personaggi ne conservi e trasmetta la memoria. O forse li preferirebbe imbalsamati con teca e piedistallo,come si fa con Garibaldi e gli altri Padri della patria, buoni per tutte le stagioni. E il Battista trova inaccettabile che qualcuno, diversamente da lui, rimpianga Biagi e prenda a modello il suo giornalismo libero anziché quello servile. Ciò che disturba non sono le appropriazioni indebite, ma quelle debite: Gherardo Colombo direbbe "il Vizio della memoria".
Se non fossero esistiti uomini Liberi, ancorché diversissimi fra loro come Pasolini, Montanelli, Biagi, Galante Garrone, Bachelet, Falcone e Borsellino, oggi sarebbe ancor più facile essere servi. Chi ricorda certi morti impedisce a certi vivi di farne dei Santini bipartisan, di larghe intese. com'è accaduto al povero De Gasperi, la cui è fondazione passata dalle mani di tal Franco Frattini (autore di una legge sul conflitto d'interessi che avrebbe fatto arrossire un cattolico liberale come l'Alcide) alle grinfie di tal Angelino Alfano: il quale tre anni fa dedicò la sua controriforma della giustizia a Falcone, che l'avrebbe usata per scopi igienici. Ma per queste tragicomiche appropriazioni indebite nessuno s'indigna. Dà noia che chi ha conosciuto quei personaggi li ricordi per quello che erano, pensavano, dicevano e scrivevano: "divisivi",come si dice oggi nell'orrendo idioma inciucese. Bachelet era un costituzionalista che avrebbe detto e scritto cose terribili sulla deriva presidenzialista di oggi, e la Bindi, sua assistente universitaria che se lo vide ammazzare sotto gli occhi, ha continuato a difendere la Costituzione anche nel suo nome. Lo stesso vale per Falcone e Borsellino,come Ingroia, avendo lavorato con entrambi,che non si stanca di ricordare che erano contro ogni abuso postumo. Idem por Montanelli e Biagi, accomunati dal raro privilegio di essere stati cacciati da B.: l'uno dal Giornale che aveva fondato 20 anni prima, l'altro che dalla Rai aveva servito per 41 anni. Ricordare gli editti del 1994 e del 2002 significa mettere in imbarazzo chi prese il posto di Enzo e Indro senza batter ciglio. Da un lato una serie di comparse, fra cui il Battista (i cui epici ascolti si ricorderanno in imperitura memoria a); dall'altro un trenino di berlusconiani che ha in Sallusti l'ultimo vagone. Povero Caverzan, non ha mai avuto la fortuna di lavorare con Montanelli e Biagi, però un giorno potra raccontare ai suoi Nipoti: "pensate ragazzi, ho Lavorato con zio Tibia". E non sarà un bel momento.

Aver trangugiato rospi durante gli anni di attività di certi giornalisti a schiena dritta è stata dura per certi pennivendoli,vedere riapparire le testimonianza della bontà del lavoro d'informazione pare troppo per loro,e la critica al progetto doveva essere annunciata a priori.
Sul piccolo schermo non sarà possibile prendere atto di quegli anni,il controllo televisivo ormai è completo,perlomeno sul Fatto quotidiano sarà una realtà.
&& S.I. &&
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