giovedì 6 settembre 2012

La coerenza sotto i tacchi di Massimo D'Alema


E di alcuni compagni di "avventura".....



Abiura Maxima: “Marchionne? Mai stimato”

di Wanda Marra

Per la verità, non sono mai stato un estimatore di Marchionne. Al nostro paese non ha dato molto, forse ha fatto di più per gli Stati Uniti. Ha portato anche molta conflittualità più che risultati”. Ancora: “Non ha mai portato avanti un programma industriale . In Italia ci sono fior di imprenditori che fanno industria e competono nel mondo". Massimo D’Alema, 4 settembre, Festa democratica di Reggio Emilia. Tempo d’abiure. Tanto per marcare la presa di distanza il Lìder Maximo osserva: “Un grande imprenditore mi ha detto che Steve Jobs andava in giro in jeans, ma aveva costruito un impero. Marchionne invece dovrebbe togliersi il pullover e mettersi la cravatta”.
Se cambiare idea è lecito, un po’ meno potrebbe sembrarlo negare posizioni espresse in passato. Diceva D’Alema nel maggio del 2009: “Ho sempre pensato che il destino della Fiat fosse quello di una forte internazionalizzazione in una fase caratterizzata dalla concentrazione della produzione di automobili . Marchionne lo sta facendo nel modo migliore”. D’altronde a sinistra si era in piena fase di innamoramento. Il primo fu Chiamparino, allora sindaco di Torino, che nel 2005 definì “impensabile” un’Italia senza Fiat e poi commentò: “L’azienda sta tornando forte, dinamica, creativa e con i conti in ordine”. Entusiasmi seguiti a ruota da Piero Fassino e Romano Prodi.
Ancora D’Alema, il 2 settembre 2010, riconosceva da parte di Marchionne “errori” e “atteggiamenti sbagliati”, ma parlava di “errori” anche da parte della Fiom. Siamo tra i referendum di Pomigliano e Mirafiori, sulle nuove condizioni di lavoro imposte dai lavoratori. Ma con l’avvicinarsi di quello nello stabilimento di Torino, a metà gennaio 2011, D’Alema decise di schierarsi.
Dichiarò in un’intervista al Tg3 il 29 dicembre 2010: “L'accordo che sarà sottoposto al giudizio dei lavoratori credo sia accettabile nella parte produttiva perché prevede rinunce ai lavoratori ma anche forti investimenti e garanzie occupazionali. Quello che non è accettabile è la decisione politica della Fiat di escludere chi non condivide gli accordi”. D’Alema riservò anche una replica acida al leader della Fiom Maurizio Landini, che aveva invitato i politici filo-Marchionne ad assumere il punto di vista dell’operaio in catena di montaggio: “Sono polemiche che non hanno molto senso.
Neanche Landini lavora alla catena di montaggio”.
In poche parole, Baffino portava il partito sulle posizioni di Marchionne, “scavalcando” i tentativi di Bersani di non prendere posizione, né dare indicazioni di voto, e dando man forte agli anti-Fiom come Enrico Letta, Giuseppe Fioroni e Franco Marini, e il partito dei torinesi (il sindaco Sergio Chiamparino e l’aspirante sindaco Piero Fassino, schierati sulla linea “fossi un’operaio firmerei”). Poi, qualche giorno dopo, provava a sfumare”: “Io non sto né con la Fiom né con Marchionne. Non è questo il compito di un partito politico”, diceva l’11 gennaio a “Otto e mezzo”. Parole ben diverse dalla disistima retrospettiva espressa oggi.



Non è da oggi che tutto ciò che comprende il Pd,sia all'opposizione o durante i fugaci mordi e fuggi governativi,siano stati più che deludenti,ma assolutamente incapaci,infatti uno come il caimano ha potuto stare sulla cresta dell'onda quasi per vent'anni grazie a costoro.

Le dichiarazioni che si contrappongono nei mesi e negli anni ne sono la verifica impietosa.

&& S.I. && 

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