martedì 31 luglio 2012

La cinghia da tirare per i soliti




Spen Ding Reviù

di Massimo Gramellini

Diffidare delle parole inglesi che fioriscono sulla bocca degli italiani, please. C’è stato un tempo, e c’è ancora, in cui per estrometterti da una poltroncina di responsabilità e sostituirti con uno più affidabile, cioè più opaco e obbediente di te, tiravano in ballo problemi di «governance». Questa invece, nei ministeri e negli uffici, è l’estate della spending review. Tagli sanguinosi (bloody cuts) sembrerebbe espressione più sincera, ma suona male. Revisione della spesa è concetto sfumato e dall’esito aperto: una spesa è rivedibile anche al rialzo, volendo e soprattutto potendo. Il guaio è che non si può più. In questa crisi al buio chi non muore si rivede, ma solo al ribasso.

Spen Ding Reviù: la formula magica ha una sua morbidezza di vaselina, indispensabile quando la verità fa paura. Chi osa dire ai cittadini elettori che lo Stato Sociale novecentesco non è più sostenibile e che oltre agli sprechi bisognerà rivedere anche i diritti? Arriva il tempo delle scelte dure, persino etiche: è sano che uno studente fuoricorso non lavoratore si sovvenzioni da solo la propria pigrizia. Ma se la spending review asciuga ingiustizie, ne crea anche di nuove. La si usa indifferentemente per togliere un privilegio e per tagliare un precario. Una cosa è certa: gli italiani assistono a quest’ultima ossessione del potere con aria da esperti. Loro la spending review l’hanno già sperimentata in casa, rinunciando a quasi tutto il rinunciabile. Soltanto l’hanno chiamata in altro modo: tirare la cinghia. Se preferite: tighten your belt.



La cinghia la tira solo una parte consistente della popolazione,gli altri liberi e quasi legalizzati nell'evadere tutto ciò che si può,possono gozzovigliare ed essere presi quasi come modello di capacità,peccato che i tagli colpiscano sempre i primi,i quali sono quasi tutti attenti e incantati dei secondi...

&& S.I. &&


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