martedì 29 maggio 2012

E-waste:Che fine fanno i nostri rifiuti elettronici?



Rifiuti elettronici, una questione di civiltà

di Maurizio Pallante e Andrea Bertaglio

L’Italia ricicla meno e-waste degli altri Stati membri Ue. Chi l’avrebbe detto? Già nella classifica Eurostat 2008 sulla raccolta di rifiuti elettronici nel vecchio continente, infatti, il Belpaese (ci ostiniamo a chiamarlo così) si era aggiudicato un prestigioso terzultimo posto: solo 2,6 i chilogrammi pro capite. Fanno peggio di noi solo Polonia, con un chilo a testa, e Romania, con 0,8 kg. Chi ricicla di più? Le solite Svezia (14,8), Norvegia (10,5), Finlandia (9,8) e Germania (7,8). Ma anche Paesi dell’’area Pigs’ come Irlanda (9), Grecia (4) e Portogallo (3,9).

Lo scorso autunno l’Ue, presa coscienza delle dimensioni di un problema che non può che ingigantirsi nei prossimi anni, ha così modificato la direttiva relativa ai rifiuti elettronici. Le misure, ora, obbligano infatti i Paesi membri a raccogliere e riciclare un maggiore volume di e-waste, in modo da facilitare il ritiro dei prodotti, e dissuadere i soliti furbi a spedire illegalmente questi rifiuti in quelle nazioni che, spesso fuori dall’Unione Europea, non stanno a badare più di tanto alla pericolosità e nocività dei materiali che li compongono.

Anche gli europarlamentari, dunque, hanno capito l’importanza di creare obiettivi di raccolta e di riciclaggio che, se ambiziosi ma anche realizzabili, possono contribuire al recupero delle molte (e spesso preziose) materie prime contenute al loro interno. Fra gli obiettivi anche quello di facilitare il riciclo per i consumatori. Il Parlamento europeo, infatti, ha ottenuto lo scorso ottobre che ai consumatori sia permesso di restituire il proprio telefonino ai negozi di grandi dimensioni (da 400m2 in su), senza dovere per forza acquistare un altro prodotto.

Sì, lo sappiamo, in questo modo non si facilita il rilancio dei consumi, non si aiuta l’economia a ripartire e non si incentiva lo svuotamento delle nostre logore tasche, ma l’e-waste può in effetti essere ridotto anche evitando di correre ad acquistare, con buona pace non solo degli economisti vecchio stile, ma anche dei seguaci di Steve Jobs moltiplicatisi a dismisura negli ultimi mesi, l’ennesima ultima versione di aggeggio elettronico lanciato sul mercato.

Resta il problema dei rifiuti non riciclati, magari abbandonati in giro. Bene, riguardo all’inciviltà di tutti coloro che, invece di portare rifiuti come telefonini e pc presso i rivenditori autorizzati o vecchi televisori e frigoriferi nelle isole ecologiche, li abbandonano nei campi o ai lati delle strade, probabilmente sarebbe opportuno, soprattutto in caso di flagranza di reato, andare oltre le multe, con esemplari pene che portino questi cafoni a rendere servizio alla comunità. Magari proprio imponendogli di pulire la sozzura con cui gente come loro ammorba il nostro Paese. E il nostro pianeta.



E' probabile che molti rifiuti elettronici nostrani finiscano nei paesi sottosviluppati o in Cina,un documentario trasmesso da Current alcuni mesi fa ha denunciato la situazione allucinante di una mega discarica di componenti elettronici in Cina,molti dei quali in arrivo dall'America e dall'Europa, le condizioni disumane dei lavoratori con le falde acquifere contaminate dagli acidi,alla domanda rivolta ad un disperato se si rendesse conto di rovinarsi irrimediabilmente la salute,la risposta fu che non aveva alternative e che tutto sommato era meglio di morir di fame.

&& S.I. &&


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