domenica 11 marzo 2012

Storia di drammatica precarietà quotidiana




“IO, LAUREATA IN CHIMICA SENZA LAVORO, SENZA SPERANZA”

Lettera di Marcella, trentenne disperata per il futuro

di Marcella

Sono una laureata in chimica e tecnologie farmaceutiche, ho 32 anni, mi sono laureata a Pavia, parlo tre lingue...e sono esausta. Ho lavorato in ospedale, due anni, a gratis, per la tesi di laurea. Due anni della mia vita! Più uno in farmacia, sempre gratis (per il tirocinio). Ho lavorato in un’azienda farmaceutica. Prima in stage, 400 euro al mese, poi assunta come operaia addetta al campionamento categoria E4, nemmeno 1000 euro di stipendio per lavorare a turni. Lavoro effettivo: convalide metodi di produzione e dei processi di analisi. Ho visto ogni forma di porcheria. Contavano anche il numero di volte che la gente andava in bagno.
SECONDA azienda, contratto a tempo determinato, 1100 euro al mese, assicurazione qualità. Lavoro effettivo: controllare l’incontrollabile e mettere firme su fogli, firme che sarebbero servite a scaricare la responsabilità su di me se e quando fosse successo qualcosa. Ricatti continui: “Tu non sei nella posizione di dire di no”.
Mio padre e morto e io mi sono ammalata di psoriasi. Difficile continuare a lavorare in una azienda chimica. Insegno chimica nelle scuole superiori ora, precaria da 5 anni, in attesa dell’abilitazione. Ho insegnato anche in centri che ti preparano agli esami universitari: 10 euro lorde all’ora . Le donne delle pulizie (con tutto il rispetto) prendono più soldi. Mi sono informata e ho scoperto che biologi, chimici puri, chimici industriali, biotecnologi, tutti possono insegnare matematica alle medie, io no. Ho scoperto che i biologi insegnano biologia ma anche chimica nei licei, io non posso insegnare biologia. Ho scoperto che ora i biologi insegneranno le chimiche tecniche nei licei delle scienze applicate ma io, laureata in chimica, non lo potrò più fare. Ho una laurea considerata importante che viene presa per i fondelli dalle graduatorie di insegnamento che stanno riformando per farle diventare ancora più assurde. Mi sento derisa e presa in giro. Io sono esausta, ho 32 anni e sono incastrata a casa di mia madre senza potermene andare perché non posso affittare casa senza sapere dove lavorerò e se lavorerò il mese prossimo, senza sapere se la potrò pagare.
Non posso avere una vita mia, una famiglia mia, non posso sposarmi né tanto meno posso avere dei bambini, perché non si può essere cosi folli da mettere al mondo un bambino senza un lavoro stabile. Non posso nemmeno comprare un frigorifero a rate; non me lo fanno il finanziamento, non ho un contratto a tempo indeterminato, figuriamoci un mutuo o un prestito.
HO UNA FORMA di psoriasi che non mi permette di svolgere un normale lavoro da chimica a causa dei prodotti con cui verrei a contatto. Una laurea buttata, una laurea sudata di cui non me faccio niente e pare che ora non potrò più nemmeno insegnare visto che il miraggio di un posto si allontana per i tagli e per le assurde riforme senza senso delle classi di concorso. Ora che mi ero anche iscritta ad un corso in Canada (10 settimane) per ottenere il livello C1 di inglese e poter sperare nell’immissione in ruolo, corso in cui ho impegnato i miei pochissimi risparmi, invece di mettere via i soldi per me.
Io sono esausta e ho finito le idee. Lo chiedo a voi: cosa devo fare per poter vivere? A me va bene anche mettere l’Infasil sugli scaffali alla Bennet, ma sono troppo qualificata, non mi assumono. Ho già provato a vivere all’estero ma sono tornata in Italia perché mi mancava il mio paese, volevo vivere qui dove sono nata, ma il mio paese mi ha tradito e mi ha tolto la possibilità di avere una vita normale. Come me ce ne sono tante di persone, vi prego, ridatemi la speranza di poter avere una vita. Io non sono libera, non posso scegliere di fare dei sacrifici per costruire un futuro perché per me sarebbero già un lusso.
Non ho più la speranza che le cose migliorino, vivo nella consapevolezza che peggioreranno e mi inquieta vedere che le persone che stanno decidendo della mia vita, nonostante abbiano sulle spalle il peso della devastazione di almeno una generazione, continuano imperterrite a fare tutto quello che ci ha portato qui, dimenticandosi il principio dei vasi comunicanti: se io affogo, l’acqua prima o poi arriva anche da te. Un gruppo su Facebook dice: “L’unica soluzione è iniziare a sparare”. Io sono troppo stanca anche per questo e se mai sparerò un colpo sarà autoinflitto. Ma qualcuno potrebbe leggere in quella frase l’unica reale soluzione e forse non ha nemmeno tutti i torti.
Con immensa tristezza,
un’italiana.
La lettera è firmata con nome e cognome ma abbiamo scelto di non pubblicarlo per intero per la delicatezza dell’argomento trattato.

I giovani e la crisi

Così non può continuare

di Silvia Truzzi

Abbiamo letto la lettera di Marcella in riunione di redazione. Abbiamo deciso di pubblicarla, non solo perché è bella e drammatica, ma anche perché la sua storia assomiglia a tante. Tutti noi che ascoltavamo abbiamo un amico, una sorella, un cugino che si affanna nella ricerca di un lavoro. E affronta lunghe giornate di “no, grazie”, “le faremo sapere” e porte che si chiudono dietro le speranze. Il giorno dopo, ogni giorno dopo, è sempre più difficile ricominciare la ricerca di un lavoro come se quello fosse il lavoro. E i giorni si fanno mesi. Chi è precario aspetta la fine del contratto come un incubo da cui è difficile svegliarsi. C’è un’aggravante: Marcella come tanti suoi coetanei ha investito sul suo futuro. Ha una laurea, tra l’altro molto specialistica: tanti esami e laboratori, tante spese e tanti anni trascorsi nell’illusione che non fosse tempo buttato, ma la costruzione di un futuro. Come chimico farmaceutico non trova lavoro, come insegnante nemmeno. E neppure come commessa, perché è troppo qualificata. Un paradosso, direbbero gli analisti: ma è un controsenso che imprigiona l’esistenza. “Non posso nemmeno comprare un frigorifero a rate; non me lo fanno il finanziamento, non ho un contratto a tempo indeterminato, figuriamoci un mutuo o un prestito”. Un frigorifero è la misura di una vita che non si può immaginare nemmeno a rate. Maurizio Landini l’ha spiegato molto semplicemente a “Servizio pubblico”: in Italia chi lavora è povero.
Dice Marcella: “Mi inquieta vedere che le persone che stanno decidendo della mia vita, nonostante abbiano sulle spalle il peso della devastazione di almeno una generazione, continuano imperterrite a fare tutto quello che ci ha portato qui, dimenticandosi il principio dei vasi comunicanti, se io affogo l’acqua prima o poi arriva anche da te”. È sacrosanto. Ci chiede che cosa fare oltre la demagogia, oltre il miraggio di una vita altrove, all’estero, già provata e abbandonata. È una risposta difficile, perché l’unica possibile sarebbe trovare, qui e ora, un lavoro decente per Marcella. Anche se potessimo, resterebbero tutti i suoi compagni. E chiaro: quel che resta della politica dovrà trovare in fretta delle soluzioni. Noi possiamo non abbassare l’attenzione, vigilare sull’operato del governo, sostenere chi lotta perché il lavoro diventi il primo punto dell’agenda Monti. Benedetta e benvenuta ogni voce che grida la situazione tragica del lavoro. E poi? Possiamo ascoltare e non girarci dall’altra parte. Anche l’isolamento è parte del dolore di una generazione ostaggio. Delle sabbie mobili, del precariato, dell’inoccupazione, della paura di essere dimenticata. Quello che non possiamo fare è accettare la resa (e non certo per assolvere qualcuno). “Se mai sparerò un colpo sarà autoinflitto”: tutte le volte che avrai questo pensiero, scrivi a noi o a un amico. Chiunque perde l’ultimo barlume di speranza spegne una luce in più nelle stanze di un paese già buio. Così non può continuare o esploderà tutto.



La lettera e la risposta della redazione del Fatto tramite Silvia Truzzi,sono la sintesi più efficace del momento delle giovani generazioni,possiamo augurare ai giovani una inversione di tendenza nei prossimi anni,magari non un'occupazione alla tedesca,unica oasi felice continentale,ma qualcosa che gli assomigli.

Altrimenti tra qualche tempo non sarà più sufficiente il solito welfare familiare,quello poco a poco dovrà necessariamente finire,dopo ci sarà il buio per tutti.

&& S.I. &&


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iserentha@yahoo.it

2 commenti:

Tina ha detto...

Che cosa si può dire davanti a un grido di aiuto come questo?

Ha commesso un solo errore, farsi prendere dalla nostalgia, il resto, sta diventando il quotidiano del mondo.

Ivo Serenthà ha detto...

Se è stata nostalgia ha commesso senza dubbio un errore,non siamo tutti predisposti a vivere in terra straniera,alcuni si adattano e si inseriscono bene,ma non è una regola.

Anche perchè sarebbero troppi a intraprendere questa soluzione.