lunedì 16 gennaio 2012

Luigi Magistro:Come far pagare gli evasori fiscali fino all'ultimo centesimo





di Giorgio Meletti e Marco Travaglio

Tutto quello che volevate sapere sull’evasione fiscale: fatti e cifre, tempi e metodi, leggi, abitudini e culture. E tutto sulla caccia agli evasori. Ne abbiamo discusso per oltre due ore con Luigi Magistro, 52 anni, direttore centrale dell’accertamento all’Agenzia delle Entrate, dopo oltre 20 anni di carriera nella Guardia di Finanza. Detto in chiaro, è l’uomo che guida la lotta all’evasione fiscale, a capo di un esercito di 15 mila ispettori, poco meno di metà dei dipendenti dell’Agenzia

“Sono troppo pochi gli ispettori”, chiarisce subito Luigi Magistro, “tre anni fa eravamo 17 mila, ma non sostituiamo chi va in pensione. Dovremmo essere almeno il doppio”.

Il 2012 è iniziato con le polemiche sul blitz dei suoi 80 ispettori a Cortina. Stato di polizia fiscale?
Questo che chiamiamo blitz, per capirci, in realtà è una attività ordinaria e neppure rilevantissima. Lo definiamo “presidio del territorio”, e se ne occupa principalmente la Guardia di Finanza, con circa 500 mila controlli l’anno. Noi ne facciamo 50 mila.

Il clamore suscitato stavolta è però indubbio.
Me lo spiego con il momento storico. Si sta determinando, finalmente, molta sensibilità nell’opinione pubblica: mai come in questo momento le persone oneste si sentono esasperate dalla pressione fiscale, e l’evasore rimane doppiamente inviso.

Lei dice che non è stata un’iniziativa estemporanea.
No. L’estate scorsa abbiamo fatto oltre 20 operazioni del genere nelle località turistiche, mi ricordo Capri, la riviera romagnola, la costiera amalfitana…

Qui si parla di imprese piccole o individuali. Ma sui grandi evasori che cosa fate?
È quello di cui ci stiamo occupando sempre più intensamente. Abbiamo messo nel mirino le grandi imprese, quelle con oltre 100 milioni di euro di fatturato. Sono 3500 in Italia, di cui mille solo in Lombardia. Questo ha determinato il venir fuori di tutta una serie di casi importanti, in una misura che fino a qualche anno fa non si vedeva proprio.

Ci ricordi qualche esempio.
Il caso recente delle banche che evadevano con operazioni sull’estero ha avuto particolare risalto, si è parlato recentemente poi di multinazionali come la Bosch, la Luxottica di Del Vecchio (300 e passa milioni di euro), il gruppo Menarini, più di 400 milioni di euro.

A queste 3500 grandi imprese quanto attribuite dell’evasione totale?
Io ho un’idea che utilizzo per disegnare le strategie di controllo. Ho diviso il mondo dei contribuenti in cinque categorie. I grandi di cui abbiamo parlato, poi ci sono le medie imprese, da cinque a cento milioni di fatturato, che sono 60 mila, e infine le piccole con il lavoro autonomo, circa cinque milioni di soggetti. Del fatturato generale delle attività economiche, le tre categorie rappresentano un terzo ciascuna, ipotizzo anche un terzo ciascuna dell’evasione.

Ne ha dette tre.
La quarta è più piccola, ma ci sono violazioni molto gravi: è il cosiddetto non profit. Sono circa 200 mila enti non commerciali, ma molti di essi sono finti: i famosi ristoranti camuffati da associazioni, le palestre…

E la quinta categoria?
È la massa delle persone fisiche, circa 30 milioni di soggetti tendenzialmente a non alto rischio d’evasione, dove però si annida il sommerso, quei lavoratori dipendenti che, quando hanno finito l’orario, magari si mettono la tuta da idraulico…

Avete un’idea di quanti siano gli evasori fiscali che producono i famosi 120 miliardi all’anno di imposta evasa?
Se ci riferiamo alle attività economiche, per capirci alle partite Iva, che sono 5 milioni e dispari, è chiaro che parliamo di diversi milioni di evasori, anche se per importi molto variabili.

Sono più della metà?
Con buona probabilità sì. E tra le persone fisiche? Non so se potrebbe valere il detto evangelico che chi è senza peccato scagli la prima pietra…

Possiamo quindi dire che gli evasori in Italia siano almeno 10 milioni, uno su tre?
È difficile dirlo, ma se ci mettiamo il sommerso direi di sì, tranquillamente. Quindi parliamo di una delle lobby più potenti d’Italia.

Ma nel suo vocabolario quando scatta la parola evasore?
È complicato, è un fenomeno caratterizzato da tante sfaccettature. Per esempio, c’è una cosa di cui dopo trent’anni non posso dire di non essermi accorto: c’è un’evasione che io definisco di sopravvivenza. Determinate microimprese familiari, se non evadessero, non potrebbero stare sul mercato.

Qual è la sua stima dell’evasione fiscale, in euro?
Leggo tante cifre, ma non la loro dimostrazione. L’unico metodo più o meno scientifico è quello di seguire il prodotto interno lordo, quello che fa l’Istat, che stima un sommerso di 275 miliardi di euro. Ma io non sono nella condizione di dire quanta evasione si realizza a seguito di questo sommerso. Buona parte di esso, se non fosse tale, non esisterebbe.

Molti con l’evasione si assicurano un buon tenore di vita.
Ed è il nostro problema. Quando intercetti uno di questi signori, sarà difficile farsi restituire quello che non ha pagato, e per un motivo molto semplice: non ce l’ha più, se l’è speso! Una parte consistente dei nostri accertamenti non vengono nemmeno impugnati, il contribuente se ne infischia e non paga! Una parte grande, grazie a Dio sempre maggiore, siamo ormai sul 55 per cento, definisce il contenzioso e paga. Una parte, circa il 15 %, porta il caso davanti ad un giudice. Però abbiamo una parte in mezzo consistente, circa un 30 per cento, che non chiude, non impugna e dice: “Venitemi a prendere!”.

Dopo il blitz di Cortina che cosa succede alle persone che sono state controllate?
Sono in approfondimento, bisogna dimostrare che hanno evaso in quel modo durante tutto l’anno, e si tratta di provarlo.

E con la caccia al Suv com’è andata?
Ai nostri che sono andati è stato detto: “Visto che vi trovate lì e il presidio di cassa è anche un po ’ noioso, magari date un’occhiata fuori e prendete la targa di qualche auto di lusso che passa, in modo tale che poi ci ragioniamo”. Voi direte: “Ma tu hai già il PRA!”. Nessuno meglio di me lo sa, ma vedere la macchina di lusso nel posto di lusso ci consente di avere un indizio in più.

Quali sono le cifre effettive dell’evasione recuperata?
C’è da fare chiarezza sul rapporto tra i nostri dati e quelli della Guardia di Finanza. La grande differenza è che la Guardia di Finanza fa solo contestazioni, l’Agenzia delle Entrate fa anche contestazioni e poi le sviluppa assieme a quelle fatte dalla Guardia di Finanza: diventano quello che si chiama tecnicamente accertamento o erogazione delle sanzioni, poi deve incassare. I dati che dichiara la Guardia di Finanza sono le violazioni che ha constatato. Bisogna vedere se si riesce a tramutarle in un incassato. Non solo. La Guardia di Finanza accerta gli imponibili evasi, poi quante imposte ci siano da pagare su quegli imponibili lo può stabilire solo l’Agenzia delle Entrate.

Quindi?
A spanne, per il 2010 la Guardia di Finanza ha contestato una quarantina di miliardi di imponibili, che aggiunti a quelli contestati da noi ha dato luogo all’accertamento di maggiori imposte dovute per 30 miliardi. Alla fine tra pagamento spontaneo in sede di definizione e riscossione con i ruoli e con Equitalia, nel 2010 abbiamo portato a casa 10, 5 miliardi, nel 2011 abbiamo superato gli 11 miliardi. Rimane la quota considerevolissima di quelli che non pagano.

Categoria simpatica.
Io li chiamo “evasori da riscossione”. Qualcuno lo fa per necessità, vuol essere corretto, io la dichiarazione la faccio ma non ho i soldi per pagare. Oppure temono la violazione pena-le, chi dichiara tutto e non paga non incorre in fatti penali. Ma ripeto: abbiamo proprio tantissimi livelli diversi di evasione.

A questo proposito, non vi ponete il problema che le vostre modalità operative possano finire per compattare il grande e il piccolo evasore?
Pensiamo alle cartelle esattoriali indecifrabili di Equitalia. C’è un problema obiettivo: queste materie sono talmente ostiche per loro natura che è veramente difficile renderle fruibili a chi non ha la minima dimestichezza. È vero, certe volte non la capisco io la cartella, il che la dice lunga… Vedete, il vero dramma di Equitalia è soprattutto sulla massa dei crediti dei Comuni, le multe e via dicendo. Il problema è avere un soggetto riscossore diverso dal creditore, questa è la scelta che è stata fatta in Italia.

Sulla lotta all’evasione ci sono nuovi input da parte del governo Monti che state seguendo?
La nostra attività ha un trend che non viene influenzato immediatamente da direttive specifiche. Quello che incide è il quadro normativo, perché gli strumenti me li dà la legge, non è che io mi posso attribuire dei poteri da solo. Questo governo ci ha dato importanti carte: tutti i movimenti finanziari comunicati dagli operatori finanziari, il controllo sui conti correnti, poi c’è la norma secondo la quale non dire la verità nel controllo fiscale costituisce un illecito penale.

Però la sanzione penale è blanda: uno può evadere 50, 100 mila euro, ma in galera non ci va.
Non c’è Paese in Europa che persegua l’infedele dichiarazione come reato. È reato la frode, cioè nascondere i redditi al fisco con artifici e raggiri. E lì colpiamo duro.

A proposito, cinque grandi banche italiane hanno appena pagato circa un miliardo per evasione fiscale. Però continuano a dire che pagano pur essendo innocenti.
Sa perché lo dicono? Perché gli amministratori temono l’azione di responsabilità da parte degli azionisti. Devono sempre dire e fare risultare dagli atti societari che pagano solo per chiudere il contenzioso, anche se tutti sappiamo che se hai ragione col cavolo che chiudi, mi dai 300 milioni perché hai ragione?

Intesa San Paolo, all’epoca dei fatti, era guidata dall’attuale ministro dello Sviluppo economico…
E che cosa dovrebbe dire Passera? Che ha fatto le violazioni, che ha fatto l’abuso, che ha fatto l’elusione? No, lui dice: “Io non ho fatto niente, ma pur di togliermi di torno queste sanguisughe del fisco gli ho dato 350 milioni di euro”.

Perché tutti i i grandi casi di evasione si concludono con lo sconto?
Non è uno sconto, appare così ma si chiama definizione condivisa. Proprio perché la prova dell’evasione non è sempre univoca, si parte da un impianto accusatorio e alla fine si arriva a un’analisi approfondita e a un accordo sull’ammontare dell’evasione che il contribuente accetta di ammettere.

Torniamo alle nuove norme. Voi dal primo gennaio ricevete dalle banche tutti gli estratti conti mensili degli italiani?
Neppure per sogno. L’estratto conto non ci serve a niente. A noi servono le movimentazioni accorpate, il totale di dare e avere dell’anno. Le banche ci vogliono mandare gli estratti conto perché sono già pronti, ma io voglio il dato elaborato per andare a incrociarlo con il reddito dichiarato. Se c’è discrepanza per me si accende la lampadina. Ma io non vado a curiosare nell’estratto conto. Tutti i discorsi sulla privacy che si sono sentiti non hanno fondamento. Io sono napoletano, a Napoli si dice: “Si parla a schiovere”, cioè ognuno parla senza sapere una mazza e senza chiederci spiegazioni.



Mi auguro che il Direttore abbia ragione sugli accertamenti e le probabili retate dei pesciolini e quelli più grandi dediti all'evasione,del resto con l'accentuarsi della crisi economica la sensibilità dell'opinione pubblica è aumentata a dismisura,la pressione fiscale è diventata insopportabile sommato al ritorno del pagamento dell'Ici,chi evade è diventato finalmente per la collettività "un ladro".

&& S.I. &&


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