CHI VOTA NO Maria Epifania, 39 anni, operaia
“TORNEREMO A 30 ANNI FA”
Si chiama Maria Epifania, fa l’operaia alla catena di montaggio: sorriso radioso, voce battagliera. Ragazza madre, un figlio di sei anni. La sua scelta è stata difficile, ma è granitica: “Voterò No. E faccio campagna fino all’ultimo”. Per raccontare la sua storia, però, bisogna dire che prima di lei altri quattro operai hanno declinato l’invito. Chi per continuare la battaglia senza esporsi, chi perché ti dice: “Entro un mese firmo, come tutti, una lettera di licenziamento. Non voglio aiutare la Fiat a non darmi quella di riassunzione”, dalla vecchia MIrafiori alla NewCo Fiat-Chrysler. Paure esagerate? Forse. Ma è necessario sapere di questi rifiuti, per capire lo stato d’animo di chi si oppone all’accordo in queste ore: “La leggo negli occhi dei miei compagni, la paura. Quando si votò per Pomigliano i capi dicevano: ‘State tranquilli, da noi non accadrà’. La Fiom diceva: ‘Accadrà’. Cisl e Uil rispondevano: ‘Balle’. Adesso vado da loro e dico: ‘Chi le raccontava le balle?’ La risposta è negli occhi bassi”.
MARIA ENTRA in Fiat nel 1997. Oggi sorride: “Pensa che lavoravo sulla Punto. La vecchia Punto, due Punto fa!”. Pausa. “Pensavo che nella vita avrei fatto la maestra d’asilo. Poi, per una brutta malattia, ho dovuto lasciare gli studi. Una volta guarita sono andata in fabbrica”. Altri tempi: “C’erano ancora i vecchi, alla catena. Si lavorava con un senso del rispetto maggiore, se c’era da fare straordinari nessuno si tirava indietro. Amo il mio lavoro”. La sua prima macchina è una Fiat, la Seicento, fatta in Polonia: “Oggi una Fiesta usata, quello che mi posso permettere”. L’ultimo stipendio intero? “Quasi un anno fa, 1.300 euro, adesso 900 o 1.000, in cassa integrazione. E quella differenza ti cambia la vita”. Anche il lavoro è cambiato: “Entrare e uscire a singhiozzo, per chi sta alla catena, è terribile. Perdi i riflessi, i tempi, la lucidità. Quest’anno ho lavorato una settimana al mese, ma anche un giorno sì e uno no”. Sta sulla catena della Musa e dell’Idea, reparto ‘Delibera finale’: “Monto gli ultimi pezzi. Un giorno la batteria, l’altro i tergicristalli. Devo fare 50 operazioni all’ora, ho 1 minuto e 30. Se perdo il ritmo devo rincorrere la catena”. Dice: “Se vedo Chaplin in Tempi moderni con gli amici loro ridono, a me viene il magone: 80 anni e non è cambiato nulla”.
DICONO che la Fiom fa saltare tutto per 5 minuti di pausa: “Questa dentro non la possono raccontare. Ci abbiamo messo 30 anni per avere quei 5 minuti, ce li hanno tolti in un secondo”. Cosa fa nella pausa? “Quello che fanno le persone normali. A volte sto avvitando il bullone e vorrei bere, e allora penso: ‘Devo guadagnare almeno venti secondi su quattro macchine, così posso prendere la bottiglietta. Quando mi cola il naso vorrei spararmi”. Marchionne dice che quella pausa sarà monetizzata: “A Marchionne i 25 euro glieli regalo. Meglio la salute. Abbiamo proposto la pausa a rotazione per non fermare la catena, lui non ha nemmeno risposto. Il 90 per cento degli operai la pensa come noi”. E perché non vota No? “Ti dicono. Come facciamo? Abbiamo i figli. Rispondo che ai figli bisogna raccontare che si è stati a schiena dritta, non che si può strisciare come i vermi”. Pensa di rischiare qualcosa? “Spero di no. Ma sono disposta a rischiare. A mio figlio dico tutto. Mi ha visto triste: ‘Sai, potrei perdere il lavoro’. E lui: ‘Mamma non ti preoccupare, tanto da grande faccio il cuoco…”. E io: ‘Che c’entra?’. Mi ha sorriso: ‘Apro un ristorante e ti riassumo!’”.
CHI VOTA SÌ Giosuè Mao, 45 anni, delegato Fim
“PERCHÉ CREDO NEL RILANCIO”
“Votare no significa disoccupazione, o al massimo affidarsi alla clemenza di qualcuno. Chi dice che in caso di sconfitta Marchionne non potrà chiudere, perché la politica dovrà intervenire per forza, è un povero illuso. Ma lo hanno sentito Berlusconi? Ci dovremmo aspettare un aiuto da questa politica? Ma non scherziamo!” Giosuè Mao, 45 anni e due figli, lavora a Mirafiori dal 1988 dove è delegato Fim. Risponde al telefono direttamente dall’interno della fabbrica e non ha il minimo dubbio sul referendum: “Voterò Sì. E le dirò di più: continuare a scannarci su questa cosa è una mancanza di rispetto nei confronti di chi un lavoro non ce l’ha”.
Non crede che questa decisione sia una responsabilità troppo grossa sulle spalle dei lavoratori?
Lo è. E chi vuole votare No ci deve pensare non una, ma mille volte. L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, ma il lavoro chi me lo dà? Il presidente della Repubblica? O un imprenditore che investe un capitale?
Dunque lei crede a Marchionne. L’investimento si farà, anche se nell’accordo c’è solo una paginetta di comunicato stampa datato 26 novembre? L’investimento ci sarà, non solo: qui nel 2013 assumeranno. Non è pensabile affrontare quel volume di produzione con l’attuale organico. Ho due figli, come tanti altri. Dobbiamo capire che abbiamo un obbligo nei confronti delle generazioni future. Anche con le nuove condizioni di lavoro imposte? La Fiom sta facendo terrorismo psicologico, dipingono un quadro che non esiste. Certo, la diminuzione di 10 minuti della pausa è un elemento peggiorativo, ma fa parte di una metrica del lavoro che applichiamo da più di due anni. In Francia e in Germania è così, non mi si venga a dire che finiremo per lavorare come in Cina perché non è vero. E il diritto di sciopero? Non è vero che viene negato. Le faccio un esempio: quando si discuteva con l’azienda di lavorare il sabato, e venivano contrattualizzati, guarda caso c’erano sigle sindacali che dichiaravano sciopero proprio il sabato. Ora, l’azienda, ha semplicemente previsto sanzioni per chi firma e poi non rispetta gli accordi. Ma nessuno mi vieta di scioperare se d’inverno una finestra è rotta e fa un freddo cane. Lo sciopero è un diritto costituzionale e nessuno me lo toglie. E anche la storia della malattia non retribuita è mal posta: l’accordo dice che chi nel corso di un anno si assenta – di nuovo guarda caso – nei giorni precedenti o successivi alle festività o al turno di riposo settimanale, l’azienda paga i giorni di assenza le prime due volte, dalla terza non più! “O il referendum passa con il 51% oppure me ne vado”. Detta così non le sembra un ricatto? Chi dice così, credo, lo fa per dare una giustificazione al suo voto, per una forma di vittimismo. Secondo questa logica, allora, ogni contratto di lavoro è un ricatto. E poi diciamolo, magari ci fossero altri imprenditori che ti ricattano con un assegno da un miliardo di euro in mano! Quale sarà l’atmosfera in fabbrica se vince il Sì? Tranquilla e rilassata. Solo quelli della Fiom faranno fuoco e fiamme, saranno neri. E se vince il No? L’ambiente sarà molto più pesante, con l’incubo di Marchionne che chiude o l’illusione di qualcuno che ci venga ad aiutare. Sa cosa farò se vince il No? A fine turno esco a cercarmi un altro lavoro, non mi va di aspettare l’elemosina.
Si,sono e siamo per molti versi degli eroi,in una società dove paga poco più di un tozzo di pane tanti sacrifici,dove chi dirige e tira i fili guadagna degli spropositi a confronto,Una società dove esistono questi equilibri inesistenti, non ha futuro,almeno nei rapporti umani d'un certo valore.
Dividere i lavoratori tra chi non accetta di diventare degli schiavi moderni e un'altra parte che china la testa pensando alla propria famiglia,è un crimine umanitario,un'ingiustizia sociale che dovrebbe far vergognare chi ha il potere!
[@#& blog Freedom &#@]
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