domenica 5 settembre 2010

Gianfranco Fini con il suo intervento sentenzia la fine dell'attuale esecutivo



Fini: “Governare non è comandare”

Il presidente della Camera si scaglia contro i tagli, difende i precari della scuola, Capo dello Stato e la magistratura: "caposaldo della democrazia". E invoca la nomina del ministro dello Sviluppo economico
“Il Parlamento non è depandance dell’esecutivo, governare non significa comandare, ma garantire l’equilibrio dei poteri”. E poi: “Non esiste il reato di lesa maestà, perché non esiste un popolo di sudditi, ma di cittadini e di militanti”. Solo due dei tanti passaggi del discorso di Gianfranco Fini a Mirabello. Un discorso in cui ha disteso lo sguardo su tutto ciò che sta accadendo prendendo posizioni nette. ”Napolitano è il caposaldo della democrazia”, ha detto. Su Gheddafi una “genuflessione poco decorosa”. E ha ricordato: “Il popolo non è suddito”. Ma il cofondatore del Pdl si è spinto ben oltre e ha definito molto chiaramente la situazione del Popolo delle libertà: “Non c’è più, ora c’è al massimo il partito del predellino. Una Forza Italia allargata, con colonnelli che hanno cambiato solo il generale e magari sono pronti a cambiarli ancora”. Riferendosi ai ripetuti inviti di tornare nel Pdl Fini è stato chiaro: “Non si rientra in ciò che non c’è più”.

Fini ha cominciato ricordando l’importanza di Mirabello: “Qui affondano le mie radici”. Sul palco di Futuro e Libertà Gianfranco Fini ha detto di avere ”il cuore disastrato dalle emozioni forti. Non è mai stato così emozionato. Mirabello è la capitale della politica italiana. E la gente non è qui peché è stata precettata, ma perché c’è venuta qui col cuore. Voglio dare il mio contributo di chiarezza. Non me ne sono andato ma mi hanno cacciato. Quel 29 luglio quando mi hanno espulso dal partito”. La mia espulsione “dal Pdl è stata un atto illiberale e autoritario” degno del “peggior stalinismo”.

“Non c’è stata alcuna fuoriuscita, nessuna scissione, nessun atteggiamento volto a demolire al Pdl: c’è stata di fatto la mia estromissione dal partito che avevo contribuito a creare, un atto che forse è stato ispirato, da chi lo ha scritto, libro nero del comunismo. Solo nelle pagine del peggior stalinismo – ha ammonito Fini – si può essere messi alla porta senza nessun tipo di contraddittorio, con il tentativo di annullare ogni tipo di diversità”.

“Non si comprende cosa è accaduto – dice Fini – se non si vede cosa è accaduto quando tutto è cominciato il 29 di luglio, quando l’ufficio politico del Pdl, in mia assenza, ha decretato di fatto la mia espulsione da quel partito che avevo contribuito a creare”. Il presidente della Camera è tornato a criticare le conclusioni del documento stilato al termine di quella riunione, soprattutto dove si sosteneva che l’atteggiamento di Fini e dei finiani “rappresentava una partecipazione attiva al gioco delle procure. Questa è da ridere” ha detto Fini dal palco, cosi’ come la conclusione del documento. E cioè che Fini “è assolutamente incompatibile con i principi ispiratori del Pdl”. Allora, “per fare chiarezza – ha aggiunto il presidente della Camera – non c’è stata alcuna fuoriuscita, nessuna scissione, nessun atteggiamento volto a demolire il Popolo della Libertà. C’è stata la mia estromissione dal partito che avevo creato con un atto illiberale e autoritario”.

“Nessuno, nessuno troverà mai una mia dichiarazione o una dichiarazione di qualcuno di Fli, contrarie al Lodo Alfano o al legittimo impedimento, perché noi siamo convintissimi del fatto che occorre risolvere una questione: quella del diritto che Berlusconi ha di governare senza che ci sia l’interferenza o il tentativo da parte di segmenti iper-politicizzati di metterlo fuori gioco. Ma bisogna rovesciare l’approccio alla questione, bisogna finirla di affidare a quel simpatico ‘Dottor Stranamore’ che è l’onorevole Ghedini il compito di trovare una soluzione con il risultato che la soluzione non si trova mai il problema finisce per incancrenirsi ancor più”, ha proseguito Fini. “Non ci vogliono leggi ad personam, ma leggi che tutelano il capo del governo, non la cancellazione dei processi, ma la loro sospensione”.

Fini ha poi ricordato la crisi economica, la necessità di una svolta delle politiche governative a favore dei giovani, delle fasce deboli, dei precari. E ha ammonito: “Ma vi pare possibile che nonostante il ‘ghe pensi mi’ si debba attendere ancora di conoscere il nome del ministro dello Sviluppo economico? Ma in quale altro Paese avverrebbe una cosa del genere? E’ un ministero importante non uno strapuntino”.

“Dico una cosa che so che non piacerà a Berlusconi, ma qualcuno mi ha detto: ma aspetta, non avere fretta, sei più giovane… ma io credo che se vogliamo fare qualcosa per l’Italia e soprattutto per il popolo del centrodestra, la dobbiamo piantare con l’utilitarismo, con il calcolo del farmacista, con la logica dell’attendere domani e piuttosto di gettare il cuore oltre l’ostacolo”, ha detto Fini.



Da stasera l’attuale esecutivo ha terminato la sua corsa,se vogliamo chiamarla così.Mi auguro che il popolo sovrano sappia scegliere finalmente un alternativa al sultanato,ormai diventato improponibile sotto tutti gli aspetti.
A prescindere dalle idee personali di tutti noi,toccherebbe abbandonare la grottesca,surreale epopea del re del marketing con tendenze ad personam.
Il suo successo per un arco così lungo di tempo,lo ritengo uno dei tanti misteri italiani.

&& S.I. &&

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