giovedì 17 giugno 2010

Roberto Saviano da fastidio anche tra le fila del partito democratico



di Marco Travaglio

Finché il tiro al Saviano veniva da destra, anzi da questa banda che si fa chiamare destra, si poteva tranquillamente ignorarlo: tutti i migliori giornalisti e scrittori hanno assaggiato in questi sedici anni le stesse manganellate, catodiche e a mezzo stampa. Che, vista la provenienza (Berlusconi, Fede, il Giornale, Libero, Il Foglio…), sono medaglie al valore. Non è un caso se, dall’iniziale coro unanime di applausi, si è passati alla gragnuola di attacchi non appena Saviano ha iniziato a fare i nomi dei politici collusi con la camorra (dal più noto Nicola Cosentino a meno noti peones del centrodestra e anche del centrosinistra) e a lanciare appelli contro le leggi vergogna. Ora però che le critiche piovono anche da sinistra, e da personaggi apprezzati e disinteressati come il sociologo Alessandro Dal Lago (nel pamphlet “Eroi di carta” edito da Manifestolibri) e il jazzista Daniele Sepe (in un’intervista al Corriere del Mezzogiorno), è il caso di occuparsene. Non perché Roberto Saviano non possa e non debba essere criticato, anzi: il peggior servigio che gli si può rendere è quello di imbalsamarlo in una nicchia di santità e infallibilità, con tanto di piedistallo. Nemmeno il fatto di vivere blindato e scortato, sotto la perenne minaccia di morte della camorra, può esentarlo da contestazioni “a prescindere”. Né può valere l’argomento vagamente ricattatorio che ogni critica rischia di “fare il gioco della camorra”. Ma le critiche e le contestazioni, per essere tali e dunque legittime, devono partire dalle cose che Roberto scrive e fa. Altrimenti sono attacchi gratuiti e ciascuno è autorizzato a chiedersi da dove nascano. Persino a immaginare l’insorgere di una nuova, fiorente figura merceologica: quella dei professionisti dell’anti-Saviano. La domanda dunque è: le critiche di Dal Lago e Sepe (lasciamo perdere, per carità di patria, quelle dei calciatori Borriello e Cannavaro, naturalmente rimangiate dans l’espace d’un matin) sono fondate sui fatti e sugli scritti di Saviano? Non sempre, anzi quasi mai. Molto spesso partono da parole mai dette e da frasi mai scritte da Saviano, o da citazioni monche di suoi libri, articoli e interviste. Vediamo.

La griffe anticamorra

Nella fascetta che accompagna “Eroi di Carta” distribuito col manifesto, si legge: “Dal Lago cerca di venireacapodelfenomenoSaviano-Gomorraana-lizzando esclusivamente ciò che l’autore ha scritto”. Purtroppo non è così. Metà delle citazioni del sociologo dell’Università di Genova non appartengono alla produzione letteraria o giornalistica di Saviano. Dal Lago spiega, nella prefazione, che “lo stesso Saviano ha dichiarato di muoversi a suo agio nei media e anzi di voler lanciare una moda”. E cita “un passo di un articolo su una manifestazione anticamorra a cui ha partecipato lo scrittore”. Un articoletto senza firma uscito su Repubblica all’indomani dello speciale di Che tempo che fa con Fabio Fazio, quando Saviano non disse affatto di voler lanciare una moda, disse molto di più e di meglio: “Perché non deve essere anche conveniente combattere questi poteri, perché non bisogna anche creare una moda di combattere contro di loro, perché dobbiamo sempre essere minoritari e marginali?”. Bastava poco (un giretto su YouTube) per procurarsi il video del programma tv visto da milioni di persone (non di una manifestazione anticamorra) e riportare le parole effettivamente pronunciate dallo scrittore. Scrive ancora Dal Lago: “Chi lo crocefigge, Savia-no, a parte ovviamente i camorristi? A me sembra che esista un movimento d’opinione unanime a suofavore”.Poigliconcedecheisuoiunicinemici non camorristi sarebbero Bruno Vespa, Licio Gel-li,eFabioCannavaro.Ora,aparteilfattocheVespa non ha mai detto né scritto nulla contro Saviano (Dal Lago lo confonde con Fede), come dimenticare Berlusconi? L’ultima sparata, come quella del senatore Quagliariello, è successiva alla pubblicazione del libello. Ma già il 28 novembre il premier aveva detto: “Se trovo chi ha fatto le nove serie de La Piovra e chi scrive libri sulla mafia che ci fanno fare una bella figura, lo strozzo”. E guardacaso, da allora, iniziò il fuoco di fila contro Saviano da tutti gli house organ del capo del governo: Dal Lago non li cita mai, limitandosi ad accennare a imprecisati blog di centrodestra che “sfottono” o “punzecchiano ” lo scrittore campano. Dal Lago aggiunge che “la critica mainstream, quella accademica, è abbastanza abbottonata” su Gomorra, a parte un passo molto lusinghiero di Giulio Ferroni. E dimentica pareri altrettanto favorevoli di mostri sacri della critica come Goffredo Fofi, Romano Luperini, Mario Barenghi e Walter Pedullà; ma anche di Mario Vargas Llosa (che ha definito Gomorra “un’opera che cambia il modo di vedere il mondo” e ha inserito Saviano fra i grandi della let-teraturaaccusatidiaverdiffamatoilproprioPaese, comeFlaubertdenunciatoperMadameBovaryeJoyce , il suo Ulisse fu proibito in Irlanda per mezzo secolo) e di giornali come il New York Times e The Economist (che hanno inserito Gomorra nei cento libri fondamentali della letteratura mondiale).

Citando lo scrittore e poeta Tiziano Scarpa, Dal Lago sostiene che Saviano è fissato con la camorra, monomaniaco,monotematico,trascurando“lealtre mafie” e “gli immigrati che annegano a centinaia davanti a Lampedusa”. Ma Roberto, dopo Gomorra, ha sempre denunciato anche le altre mafie. Infatti, in una nota scritta in piccolo, il sociologo si contraddice e ammette che Saviano “è intervenuto spesso a favore dei migranti con articoli e interviste, anche se la sua prospettiva… è quasi esclusivamente quella della lotta alla camorra o alle altre mafie”. E allora perché poco sopra aveva scritto il contrario?

Saviano, secondo Dal Lago, è anche un mezzo visionario, tant’è che riesce a vedere camorristi anche in Spagna, e persino turchi e afghani che approdanosuquelle“costesolatie”.Interrogativoinquietante:“HamaisvoltoSavianoindaginisutante cose di cui parla, a parte la camorra?”. Ma l’infiltrazione camorristica (e anche mafiosa) in Spagna è storia vecchia e documentata, suffragata dagli arresti di tanti boss latitanti in Spagna. Ultimo della serie: Raffaele Amato, capo degli “scissionisti” di Scampia, detti non a caso “gli spagnoli”. Altre indaginihannodocumentatocomeancheiproventi del narcotraffico (oppio ed eroina esportati dall’AfghanistanallaSpagnatramitelaTurchia)abbiano finanziato gli attentati terroristici di Madrid. “L’opinione corrente – scrive Dal Lago – è che Saviano abbia rivelato in Gomorra i rapporti fra crimine ed economia globalizzata (...) E tuttavia non può essere ridotta a un’equazione leggibile nei due sensi. Che la camorra, come la mafia e la ‘ndranghetasiglobalizzieinvestaintuttoilmondo non significa che l’economia globale sia camorrista”. E chi diavolo ha mai sostenuto una simile corbelleria?Saviano?Gomorra?L’opinionecorrentea sinistra? La tecnica polemica di attribuire una cretinata a qualcuno per poi dargli del cretino, è antica come i sofisti, ma ben poco onesta.

Mai dire peste

A questo punto Dal Lago è pronto per lanciare la prima freccia avvelenata: Saviano riduce “tutto a una questione di lotta contro il Male”, naturalmenteperproporsicomel’unicoeroeemartire,inuna visione manichea e superomistica, fumettistica e alla fine reazionaria. Il campione del Bene contro il Male che usa metafore dozzinali: “Soprattutto ‘peste’, parola con cui Saviano ama sintetizzare quello che succede in Campania”, “un’immagine che chiama in causa untori e appestati”. Qui occorrerebbeun’analisiinformaticadellericorrenze e concordanze nell’intero corpus letterario e giornalistico dello scrittore. Ma Roberto, che sa bene quel che ha scritto, giura di aver usato la parola “peste” solo tre volte e sempre riferita agli effetti devastantidellosmaltimentoillegaledeirifiutitossici. Tant’è che l’unico riferimento alla “peste” camorristicaDalLagolotraedauntitolodi Repubblica (“Imprese, politici e camorra: ecco i colpevoli della peste”): forse non sa che i titoli dei giornali sono opera di redattori anonimi, non degli autori degli articoli. Stesso giochetto fa Dal Lago a proposito della parola “Olocausto”, per poi domandarsi: “Non ci si rende conto che definire olocausto gli ammazzamenti di camorra significa violare ogni senso delle proporzioni, e quindi vaporizzare i fatti nelle iperboli?”. Ma poi non cita una sola parola scritta o detta da Saviano, bensì un articolo della redazione napoletana di Repubblica. Dal Lago lascia intendere che Saviano sia anche un po’ razzista, perché in Gomorra bolla un autista cinese col termine “Minotauro” e definisce “merda cinese” le merci contraffatte e contrabbandate nei laboratori clandestini: “D’altronde in Gomorra i criminali sono spesso descritti come animali”. Davvero? Poi si scopre che Dal Lago si riferisce ai boss Gennaro Licciardi detto “a scigna” (la scimmia) e Nunzio De Falco detto “o lupo”: peccato che quei soprannomi non li abbia inventati Saviano, ma la camorra stessa. Saviano, per Dal Lago, sarebbe affetto da uno stile “feuilletonistico” e da una sostanziale inattendibilità. Sullo stile, ciascuno può pensarla come crede. Ma l’inattendibilità non è un’opinione: quale ne sarebbe la prova? Secondo Dal Lago è impossibile che, contrariamente a quanto racconta Gomorra, il sarto Pasquale abbia tagliato il vestito bianco indossato da Angelina Jolie nella notte degli Oscar 2004, perché quella sera l’attrice portava un abito lungo a spalle scoperte. Ma – per scendere a questo livello – esiste pure un tailleur pantalone del 2001 che corrisponde perfettamentealladescrizionefattanellibroedèstato immortalato in alcune foto reperibili su diversi blog. Altra prova che Saviano sarebbe inattendibile: prima descrive le “scarpe sportive” del camorrista che testa la cocaina sui “Visitors”, ma più avanti le definisce “stivali”. Non è vero: in Gomorra si parla di “stivaletti”, e di “stivaletti” sportivi ne esistono parecchi in commercio. Per esempio, quelli di marca “Hogan’s” e simili.

Altre fondamentali contestazioni Dal Lago muove a Saviano a proposito dell’abbigliamento (jeans e maglietta o vestito attillato?) e dell’abbronzatura (o meno) di Annalisa Durante, la ragazza quattordicenne morta ammazzata a Forcella. La stessa critica era già stata rivolta allo scrittore da un sito di cronache locali del Casertano, che ha osato sostenere un film dall’eloquente titolo “Un camorrista per bene” come risposta alle balle di Gomorra. Davvero il vestito e la carnagione di una ragazzina possono diventare l’unità di misura dell’attendibilità di un libro come Gomorra? Davvero si può tacciare Gomorra, come fa Dal Lago, di “documentazione inesistente” solo perché non è appesantito dalle note a pie’ di pagina? Ma si è accorto, il sociologo, che nelle parti più propriamente saggistiche Saviano lancia continui rimandi a indagini giudiziarie e risultanze processuali più volte confermate da magistrati, esperti e forze dell’ordine?

Nomi e cognomi

Il Saviano descritto in Eroi di carta è un mezzo esaltatochesiautoerigeunmonumentodaeroe,quindi non è di sinistra (e chi se ne frega, verrebbe da dire), ma addirittura un criptofascista e soprattutto un furbetto paraculo che tiene molto a conservare i suoi consensi bipartisan senza mai prendere posizione, se non contro la manovalanza criminale dei Casalesi. Resta da capire perché allora, da un anno a questa parte, anziché godersi quel consensounanime,Savianoabbiausatolasuaenormepopolarità e credibilità per denunciare con nomi e cognomi i politici collusi presenti nella maggioranza e nel governo di centrodestra (Cosentino, ma non solo), ma anche collusioni e inquinamenti di settori del Pd campano; e poi per mettere alle corde Berlusconi con l’appello contro il ddl sul “processo breve” (“Il rischio è che il diritto in Italia possa distruggersi, diventando uno strumento solo per i potenti, a partire da lei”) o con quello contro la legge-bavaglio che – ha scritto Roberto su Repubblica–nongliavrebbeneppureconsentitodi scrivere Gomorra.

LepericolosetendenzedestrorsediSavianoemergerebbero dalla sua passione per film come 300 di Zack Snyder sulla battaglia delle Termopili e da una sua citazione (una sola in tutta l’opera) di Beowulf, l’eroe del poema epico dell’antica Inghilterra che strappa le braccia all’orco che terrorizzava la Danimarca. Dal Beowulf citato da Saviano, Dal Lago estrapola una frasetta (“il nemico più scaltro non è colui che ti porta via tutto, ma colui che lentamentetiabituaanonaverepiùnulla”),omettendoquel che Saviano scrive subito dopo, chiudendo il pezzo incriminato: “Proprio così, abituarsi a non avere il diritto di vivere nella propria terra, di capire quello che sta accadendo, di decidere di se stessi. Abituarsianonaverepiùnulla”.Perbendiecivolte Dal Lago martella nel suo pamphlet il nome dell’eroe superomista Boewulf (citato, lo ripetiamo, una sola volta in tutta l’opera di Saviano), come se fosse quello – e non il sistema di potere camorristico-politico-imprenditoriale che infesta la Campania e l’Italia tutta – il nucleo centrale della sua battaglia civile.

Dal Lago aggiunge che Saviano ricorda più Malaparte che Pasolini (e ri-chissenefrega). Poi, rispondendo alla direttrice del manifesto Norma Rangeri, che difende Saviano, aggiunge un altro capo d’imputazione da ergastolo: Roberto “legge Pound ed Evola, l’ha detto lui stesso…”. Ha pure confessato, il fellone. Al rogo.

Liquidati così Gomorra e dintorni, Dal Lago ricorda che un giorno Saviano “viene invitato a parlare a Roma3 dagli studenti dell’Onda, orientati a sinistra e comunque antigovernativi”. E gli attribuisce, con una citazione ad hoc, l’intenzione di volerli convertire a una sorta di qualunquismo antimafia moralistico e lontano dall’ideologia di sinistra. Il passo sembra tratto da un articolo che riassumeildiscorsodiSavianoaglistudenti.Inrealtàsi tratta di una nota d’agenzia dell’Adnkronos, riportata da Libero, su un’intervista radiofonica in cui Savianoparladeisolititemieaccennaall’incontroda tenere l’indomani all’Università Roma3. Inoltre la citazione Adnkronos-Libero non corrisponde alle parole dello scrittore, facilmente reperibili. Saviano infatti non dice che “ la battaglia sulla criminalità è una questione che, come dire, moralmente, viene prima di tutto…”, ma l’esatto contrario: “La battaglia sulla criminalità non è, come dire, una questione che moralmente viene prima di tutto…”. È saltato semplicemente un “non”, che sarà mai. La tesi finale del libello è che Saviano il superuomo, l’eroe, il personaggio mediatico, l’uomo-simbolo, lo scrittore che diventa protagonista dei suoi scritti,èlacontrofiguraomologadiBerlusconi,ovviamente agli occhi di una “sinistra” beota e ingenuacheloidolatra.Basterebberiprendereunadelle mille volte in cui Roberto ha dichiarato “io non voglio essere un eroe, perché gli eroi sono morti e io sono vivo. Io voglio vivere e voglio sbagliare”. Ma di queste frasi, pur sovrabbondanti, in Eroi di Carta non si trova traccia alcuna. Perché smentirebbero la tesi preconcetta di Dal Lago. Il quale, alla fine, usa gli stessi artifici sofistici che rimprovera (a torto) a Saviano: semplificazioni, approssimazioni, falsi sillogismi, che poco somigliano all’intenzione dichiarata di condurre un’“analisi seria, rigorosa e argomentata” della sua opera. Somigliano molto di più alle tecniche manipolatorie della società dello spettacolo. La quintessenza del berlusconismo.

Sotto le stelle del jazz

Daniele Sepe è un ottimo musicista napoletano, dichiaratamente “comunista”. Ha appena pubblicatoundiscodaltitolo“CronachediNapoli”incui ne dice di tutti i colori a Saviano. E rincara la dose in un’intervista al Corriere del Mezzogiorno, supplementocampanodelCorrieredellaSera,direttodaun amico di Mastella (è lo stesso quotidiano che il 16 gennaio scorso è giunto a paragonare Saviano al boss Giuseppe Setola: “Simili e contrari… entrambi ingoiati (fino a qualche giorno fa) dall’ombra che li circondava e li proteggeva. Entrambi pronti a una vita di relazione, ma bloccati dal fato, da una scelta di campo personale, dal loro talento (letterario o criminale che sia). Roberto Saviano e GiuseppeSetola,crociatiincampoavverso,polonord e polo sud, sembrano gli estremi che si toccano... Roberto ‘o scrittore’ e Peppe ‘o cecato’ hanno qualcosa in comune. Lo stile. Quello della barba lungaeispida.Eillookchericorreallastessagriffe, quella del bassotto, la napoletana Harmont&Blaine, una delle firme più note del made in Italy che veste con la stessa nonchalance la star dell’editoria internazionale e il serial killer sanguinario. Uno con il “chiodo”, l’altro con la felpa a strisce. C’è un valore simbolico culturale e comunicativo, in questa coincidenza? Forse avrà davvero ragione Henrik Vejlgaard, il pioniere della sociologia dei trend: vestendosi allo stesso modo si vuole manifestare la comunanza che si ha nel cuore. Forse Saviano e Setola avrebbero voluto entrambi una vita diversa…”. Testuale. Anche qui: critiche fondate sui fatti o qualcos’altro? Vediamo.

“Oltre a quello dei conosciutissimi boss, Saviano ha fatto mai qualche nome?”, domanda Sepe: “Se lui sa che i Casalesi fanno affari con i grandi della politica e della finanza, perché non ci dice chi sono? Oppure i Casalesi il business lo fanno con i cinesi morti? Dice di sapere tutto dello scandalo-rifiuti in Campania. Ma quali aziende ha denunciato ?Nessuna.Perattaccareunpolitico–vediilcaso Cosentino–aspettacheigiudicitirinofuorilecarte. Saviano è solo una bella cortina fumogena. Se devo informarmi su che cosa è la camorra, scelgo sempre il buon vecchio Napoli fine Novecento. Politici, camorristi, imprenditori di Francesco Barbagallo”.

Ecco un altro artificio tipico della peggiore sofistica: attribuire a Saviano un ruolo che non ha

mai preteso di ricoprire per demolire quello

che invece ricopre. Saviano non s’è mai spacciato per storico della camorra, né per un testimone oculare o per un poliziotto in grado di

“denunciare” camorristi e affini. Saviano è un

giornalista e scrittore che racconta quello che

sa,spessocitandoattigiudiziari.Contrapporlo allo storico Barbagallo è ridicolo, anche perché si dàilcasocheRobertosiasuoallievoeabbiascritto (si suppone non all’insaputa dello storico) la quarta di copertina al suo libro Il potere della camorra (librocheBarbagallohadedicato“aRobertoSaviano che voleva combattere la camorra e l’ha fatto”). OltretuttoillibrocitatodaSepeèanch’essozeppo di carte giudiziarie. Saviano ha sempre fatto nomi e cognomi non solo di camorristi, ma anche di imprenditori a loro legati. Non solo a Casal di Principe e dintorni, ma anche a Milano, in Emilia Romagna e in Abruzzo. Raccontando la storia di un lussuoso palazzo al centro di Milano ha fatto perdere,conunsoloarticolo,parecchimilionidieuro alproprietario,perchéchil’avevacompratohasubito rotto il contratto.

L’invidia della scorta

Sepe ha da ridire persino sulla scorta che protegge Saviano:“Amerisultache,asuotempo,ilcapodella Mobiledetteparerenegativoallaconcessionedella scorta. E per avere espresso questo punto di vista è stato rimbrottato addirittura dal capo della Polizia. Ma allora io mi chiedo: in Italia non c’è solo Padre Pio tra gli intoccabili? Possibile che si possa criticare il Papa, e Saviano no? Che persino Berlusconi accetti il contraddittorio, e Saviano no? Perché non posso dirgli: ‘Guagliò, stai dicenno ’na strunzata?’”. E chi l’ha detto che non glielo può dire? Infatti gliel’ha detto (ed è stato subito applaudito dagli house organ della banda). E quando mai Berlusconi avrebbe “accettato il contraddittorio”? Dopodiché Saviano, non essendo un politico, sceglie di confrontarsi con chi gli pare. Magari con giornalisti e scrittori, e non con un pur bravo musicista. Quanto alla scorta, che c’entra col sacrosanto diritto di critica?Perfortuna–anzipurtroppo–esistonoipareri di fior di magistrati anticamorra (da Raffaele CantoneaFrancoRoberti,giàcoordinatoredellaDdadi Napoli, ora procuratore capo a Salerno), che testimoniano il rischio che incombe su Roberto e l’as-solutanecessitàcheloStatotutelilasuaincolumità. Solo un pazzo, del resto, vivrebbe (si fa per dire) blindato giorno e notte da quattro anni se non fosse in pericolo di vita.

Sepe evidentemente queste cose non le sa, infatti pontifica: “Ma chi minaccia Saviano, e perché? Da cittadino italiano avrei il diritto di saperlo: quali sono ’ste minacce? Le telefonate anonime? Non che la cosa mi scandalizzi: in Italia ci sono tante scorte inutili, una in più, una in meno...”. E le decine di informative delle forze dell’ordine? E le dichiarazioni dei pentiti? E la lettera minacciosa dei boss Antonio Iovine (latitante da 14 anni) e Francesco Bidognetti (detenuto al 41-bis) che, tramite i loro avvocati, scrivono nel 2008 alla Corte d’assise d’appello di Napoli per chiedere il trasferimento del processo per legittima suspicione in quanto la magistratura napoletana sarebbe stata condizionatadalletramedelpmCantone,diSavianoedella coraggiosa cronista del Mattino, Rosaria Capacchione? L’avvocato che lesse in aula quel documento delirante, Carmine D’Aniello, ovviamente candidato del Pdl, è stato arrestato appena qualche settimana fa. Altro tocco di classe: “Fede (Emilio, ndr) è sotto scorta da 15 anni – osserva Sepe – però continuiamo a criticarlo. E invece Saviano no, è incriticabile?”. Fede viene criticato per le cose dice e che non dice nel suo Tg4. Pure Saviano può essere criticato per le cose che dice e per quelle che non dice, ma Sepe non ne indica nemmeno una. Ma Sepe si rende conto dell’enormità del parallelo tra Fede e Saviano? Anche Sgarbi, anche Ghedini, anche Vespa, anche Mastella hanno la scorta: Savia-no, solo perché ce l’ha anche lui, dovrebbe essere accostato anche a queste altre preclare figure? Ma che senso ha tutto ciò?

In un’altra intervista Sepe accusa Saviano di essere di destra (e ri-ri-chissenefrega) e addirittura avere riabilitato Giorgio Almirante. Davvero l’autore di Gomorra è un nostalgico del fondatore del Msi, morto nel 1988 quando lui aveva 9 anni? Naturalmente no. Ha semplicemente dichiarato, in un’intervista del 2008 al Corriere della Sera: “Io sono cresciutoinunaterradovePcieMsistavanodallastessa parte, contro la camorra. E vorrei tanto che il centrodestra riprendesse i valori dell’antimafia, quelli che aveva Giorgio Almirante e che avevano ispirato Paolo Borsellino. Li vedo trascurati, nonostante una base che al Sud ha voglia di sentirli affermare” . Ecco: invitare la destra più illegalitaria e collusa dell’universo a riscoprire la tradizione della destra legalitaria e antimafia, che in gioventù avevaattiratonellesuefileanchePaoloBorsellino, sarebbe nostalgia del fascismo e apologia di Almirante?

Burattino senza fili

Con notevole coerenza, nella sua canzone, Sepe taccia Saviano di filoberlusconismo (etichetta parecchio incompatibile con quella di neofascismo almirantiano). Infatti lo definisce “narciso” e “burattino manovrato” da Berlusconi. Narciso passi, è un giudizio soggettivo, dunque legittimo. Ma burattinoemanovratosonodueparoleimpegnative: o sono vere o sono false. Così come l’identità del presunto manovratore: secondo il jazzista, “il capoburattinaiochepagal’affittoaSaviano”sarebbe nientemeno che Berlusconi. Le prove? “Non sono ilcapodeiservizisegretienonhoprovedaportare – risponde furbetto Sepe – anche se prendo atto che Saviano è sempre molto deferente verso il suo editore. Del caso Saviano io faccio un’analisi politica: ciò che sta accadendo intorno a questo autore è funzionale a una destra populista, in cui il fenomenodellacamorraèridottoallacattiveriain-nata di ceti popolari dediti al malaffare e al loro desiderio di fare soldi il più in fretta possibile. Secondo questa analisi il problema si risolve con più 41 bis, con più esercito, più polizia come vuole Maroni, non a caso amatissimo da Saviano”.

Eh no, per dire che Saviano è una marionetta del Cavaliere bisogna portare qualche prova. E non basta certo la scelta (opinabilissima, si capisce) di Saviano di pubblicare anche il suo secondo libro con Mondadori (il primo, Gomorra, fu rifiutato da altrieditorielaMondadoriebbel’indubbiomerito dicrederciedilanciarlo).Dopoquelchehandetto Berlusconi e la figlia-clone Marina, presidentessa della casa editrice di famiglia, Saviano farebbe bene a cambiare editore. Ma è appena il caso di ricordare che Roberto non deve nulla al Cavaliere: semmai è il contrario, visti i milioni di copie vendutedaGomorra.Quantoal41-bis,Savianononl’ha mai indicato come la prima e unica arma contro la camorra: anzi, ha sempre parlato in ogni angolo del mondo e scritto (su Repubblica, sul New York Times, su El Paìs, su Die Zeit) di economie criminali da scardinare con nuove regole che ne trasformino i meccanismi perversi. E dove, di grazia, Saviano avrebbe attribuito la camorra “alla cattiveria innata dei ceti popolari”? Al contrario, ha sempre denunciato un sistema economico perverso che avvantaggia soprattutto i ceti più abbienti con ramificazioni soprattutto nel Nord Italia. Certo, questa marionetta del teatrino berlusconiano è proprio bizzarra: anziché difendere le leggi vergogna del suo burattinaio, o almeno fare il pesce in barile e andare a farsi un giro, Saviano gliele impallina l’una dopo l’altra con i suoi appelli, rischiando un’eccessiva sovraesposizione e scatenandogli contro i milioni di lettori che lo seguono e lo stimano. Forse è il burattinaio che non è più quellodiunavolta:mentreFiniprendeledistanze, Tremonti si smarca, la maggioranza si sfalda, i sondaggi precipitano, la crisi incombe, il Cavaliere non riesce più neppure a manovrare il suo burattino più “ossequiente”. L’ipotesi alternativa – con tante scuse a Dal Lago, Sepe & C. – è che Saviano non sia né un eroe di carta o di altro materiale, né la marionetta di nessuno.Ma,moltopiùsemplicemente,unoscrittore libero, un cane sciolto che va per la sua strada. Si attendono smentite. Stavolta, possibilmente, documentate.



Sono parecchio dilettanti nel portare critiche a chi non dovrà mai essere considerato un'icona intoccabile,ma ci vorrà più professionalità in futuro,altrimenti imitando il quaquaraqua alla "Emilio Fede"non si fa una bella figura.

Più impegno,almeno per la vostra dignità d'essere considerati professionisti,magari con la poltrona incorporata,saldissima nel non nuocere al piacere dell'editore di riferimento,ma un tantinello di deontologia professionale non guasterebbe...

&& S.I. &&

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