
Aldo Molaro, Ezio Raselli, Patrizia Guglielmotto e Fausto Grosso
Citano Marx. Chiamano i dipendenti «collaboratori». Finché hanno potuto resistere, non hanno licenziato. E quando si sono dovuti arrendere ai conti in rosso, hanno aiutato i loro lavoratori a trovare una nuova collocazione.
La crisi economica plasma le coscienze e cambia le carte in tavola. Addio lotta di classe, qui è guerra totale. Strani davvero questi quattro imprenditori rinchiusi nell’ufficio di un capannone alle porte di Piobesi Torinese, da ieri in sciopero della fame. «Un tempo si chiamava rischio d’impresa. Oggi è suicidio d’impresa» dice Patrizia Guglielmotto, unica donna del gruppo, al momento. Gli altri sono Aldo Molaro e Fausto Grosso. Ma l’ideatore dell’iniziativa è un vulcanico industriale metalmeccanico: Ezio Raselli. «Nei prossimi giorni - dice - saremo in tanti, perché qui bisogna fare qualcosa. La maggior parte delle aziende è in ginocchio. E cosa fanno le istituzioni? Solo parole. Dicono: faremo, daremo, vedremo. Ma non cambia nulla».
Si apprestano a passare la prima notte. I telefoni squillano, il tam tam si diffonde: giornali, tv, agenzie. Arrivano i delegati di associazioni, i sostenitori di categoria. La lotta è iniziata e non si torna indietro. «Avanti ad oltranza».
Ma questa protesta è l’ultima spiaggia di una rivolta spontanea nata la scorsa primavera a Moretta, in provincia di Cuneo. Quaranta imprenditori hanno dato vita ad un blog che poi si è trasformato in movimento, contando un migliaio di industriali. Si chiamano: «impresecheresistono». Negli ultimi mesi hanno fatto vari pellegrinaggi istituzionali, a denunciare i problemi del settore: mancanza di liquidità, commesse a vuoto, leggi inadeguate. «Quando siamo andati in Regione a proporre le nostre soluzioni - dice Cinzia Merlo, delegata del movimento - ci hanno ascoltato ma hanno detto che non ci sono soldi. Siamo andati al Ministero delle Finanze e la risposta è stata la stessa. A Palazzo Chigi ci siamo sentiti dire che le nostre istanze non erano originali e che la crisi è cosa nota. Ma di soldi nemmeno l’ombra».
Ciò che chiedono qui, a Piobesi, non è molto. Un sistema economico più flessibile, dilazione dei pagamenti, un meccanismo Iva differente, una disciplina dei pagamenti più rigido, sul modello francese. Il movimento ha partorito un decalogo della sopravvivenza, da proporre ai politici. «Oggi, non domani. Altrimenti sarà tardi». Alla protesta della fame aderisce anche l’Arca, l’associazione consulenti aziendali. «Se muoiono loro, moriamo pure noi» dice il presidente Luca Matteja. L’Arca ha presentato in Regione un disegno di legge in collaborazione col movimento degli imprenditori. Un documento anticrisi in 7 punti. Obiettivo: sostenere la liquidità delle aziende con interventi semplici e immediati.
«Ecco - dice Matteja - cosa proponiamo: con 220 milioni di fondi pubblici si potrebbe generare un volano di 2 miliardi e mezzo di euro». Ad esempio: recuperare le risorse spese per gli investimenti, finanziare il pagamento delle tasse nei prossimi tre mesi, sostegno per i dipendenti in cassa integrazione reintegrati in azienda. Basterà uno sciopero della fame per scuotere le istituzioni? «Ormai non abbiamo via d’uscita - afferma Raselli -. Siamo qui per ottenere impegni concreti e rapidi. Altrimenti non ci sarà futuro. Per nessuno».
[ da La stampa ]
Sono settimane,mesi che non si fa altro che parlare di gossip,almeno prevalentemente tra i media,ormai il senso delle misure si è perso,si è educato il pubblico che ancora s'informa in questo modo e si continua senza sosta,o nel citare enfaticamente della crisi economica mondiale,sui riflessi dell'occupazione,cassa integrazione e l'irrefrenabile delocalizzazione,senza alcuna idea o proposta seria per aiutare le imprese nel cercare di superare la maledetta crisi con qualche accorgimento di natura politica e fiscale,e imponendo alle banche d'essere più elastiche nell'elargire finanziamenti.
Dopo i lavoratori sui tetti,ormai diventata l'unica forma di protesta per poter far parlare della drammatica situazione,ora anche gli imprenditori si stanno scuotendo e nella fattispecie a Piobesi fanno sul serio,l'articolo inserito fa intravedere quanto siano una razza speciale gli imprenditori che hanno interpretato la protesta con lo sciopero della fame,il loro rapporto con i dipendenti era ed è stato di assoluto rispetto.
Il loro blog
IMPRENDITORI CHE RESISTONO
Il blog Freedom si augura che al più presto le autorità locali riescano ad organizzare qualsiasi intendimento pur di aiutare gli imprenditori che stanno protestando e di riflesso la difesa occupazionale dei lavoratori interessati.
[@#& blog Freedom &#@]
4 commenti:
NON C'E' PIU' TEMPO !!!! E' ORA CHE QUALCUNO FACCIA QUALCOSA O QUA SCOPPIA UNA RIVOLTA ... VEDREMO QUANDO MILIONI DI DIPENDENTI DI QUESTE PICCOLE REALTA' NON AVRANNO PIU' UN SOLDO , ECCO ALLORA SI SARANNO GUAI ...
L'impoverimento del paese e nella fattispecie della vecchia Europa,ormai è un dato di fatto,quando nei paesi ex socialisti,in Cina e in India,il costo del lavoro è irrisorio,lor signori vanno ad investire da quelle parti.
Ci vorranno decenni e quando la povertà sarà un dato di fatto,torneranno ad investire in occidente,nel frattempo gli scontri sociali saranno una realtà,fronteggiare tutto ciò con delle politiche economiche è possibile,perlomeno nel salvare il salvabile,staremo a vedere!
Da questo sciopero della fame di "facciata" sono passati diversi mesi e l'ipocrisia ancora una volta ha regnato sovrana visto che qualcuno da questa storia a ricavato solo la solita pubblicità "si profit". Andate a vedere la situazione dei dipendenti della Grande sas a mesi di distanza da questi eventi. Di loro, tutti ovviamente si sono dimenticati e di ciò ne pagano ovviamente le conseguenze.
L'intento degli imprenditori mi era parso positivo,nel cercare un motivo eclatante per far emergere la difficile situazione,non ho seguito tutta la storia sino ad ora,certo è che se qualcuno ha approfittato della situazione per lucrare affari,non c'è dubbio che faccia schifo.
Mi auguro che non sia così e mi dispiace tantissimo della condizione dei lavoratori,le vittime vere della situazione economica-occupazionale del paese.
&& S.I. &&
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