lunedì 11 maggio 2009

Il dopo terremoto in Abruzzo,la fiera e attenta ricostruzione degli abruzzesi



«Vogliamo controllare tutto...»

di Enrico Fierro - articolo pubblicato su L'unità

Inviato a L'Aquila Altro che meridionali fancazzisti pronti ad attaccarsi alla mammella del dopo-terremoto. Tra le macerie dell’Abruzzo terremotato si sta affermando prepotentemente una gran voglia di fare da sé. Uomini e donne, giovani la maggior parte, professionisti e intellettuali, «luigini e contadini», che vogliono lavorare per la rinascita della loro terra.

Si mettono insieme, aprono siti internet, organizzano comitati, stampano giornali sotto una tenda, studiano leggi, ordinanze e provvedimenti. Informano. Insomma: vogliono controllare passo dopo passo come verrà speso dal primo all’ultimo centesimo dei soldi stanziati. Pochi, maledetti e destinati ad arrivare tardi. Un gran fervore fatto anche di piccoli gesti individuali. «Nella tendopoli non ci andiamo. Non ci metteremo mai in fila per un piatto di pasta o una doccia. Il campo ce lo siamo organizzati con i nostri soldi». Ennio Evangelista è il promotore e l’organizzatore del «Campo colle 2. I dimenticati» (così c’è scritto su un cartello).

È una zona di villette plurifamiliari in cima a Paganica, il paese raso al suolo dal terremoto. «Le nostre case sono danneggiate, ma ancora in piedi. Il giorno dopo il terremoto ci siamo guardati in faccia e abbiamo deciso di autorganizzarci. Abbiamo procurato le tende, le abbiamo montate, non c’era l’acqua e abbiamo risolto il problema, il metano era saltato e abbiamo comprato gli scaldini elettrici. Ed eccoci qui: una decina di famiglie che possono badare alle loro esigenze senza pesare sulla Protezione civile».

La mensa collettiva è in un garage di mattoni forati e copertura in legno, la cucina in un box. Ennio è un impiegato dell’Inps. «Ho ripreso subito il mio lavoro perché era l’unico modo per non impazzire e ritrovare un minimo di normalità. Ho un ufficio mobile giu’ in paese, molti pensionati hanno perso libretti e documenti, c’era bisogno di una persona del posto per aiutarli». Nel garage mensa e salone per le feste di compleanno per i bambini della mini tendopoli c’è un nipote di Ennio. E’ giovane e ha moglie e due figlie, con un socio gestisce un bar che ha due dipendenti. «Il locale è integro, se mi danno un certificato di agibilità mi rimetto al lavoro. E’ passato un mese e ancora niente. Se avvio l’attività lo Stato risparmia gli 800 euro che deve dare a me e al mio socio e la cassa integrazione per i miei due dipendenti. Chiedo solo di lavorare nel mio».

La tenda, il bar e internet. «Collettivo 99» è una associazione di ingegneri, avvocati e architetti. «Tutti giovani under 40 – spiegano nel loro sito internet – perché solo i giovani hanno la capacità di immaginare il futuro». «Non vogliamo scelte calate dall’alto. La ricostruzione non deve rovinare la nostra città, deturparla peggio di come ha fatto il terremoto. Per questo ci siamo organizzati». Tiziano Frezza è un ingegnere e ci racconta dei colleghi che avevano trovato spazio e lavoro in rinomati studi internazionali di architettura. «Sono tornati», dice con orgoglio. Pensiero, speranze e professionalità si mettono in moto.

Il 24 maggio quelli di «Collettivo 99» presenteranno in un convegno pubblico il loro progetto per la ricostruzione. Dagli architetti al giornalista. Angelo Venti è un rompicoglioni di notevoli proporzioni. Ha una piccola casa editrice, un sito internet (www.site.it), e stampava una rivista free-press che nella Marsica vendeva fino a 40mila copie. Dal giorno del terremoto ha piazzato sotto una tenda computer e un ciclostile e stampa un giornale per i terremotati. I suoi collaboratori girano i paesi con telecamere e digitali. «Dobbiamo sapere tutto, documentare ogni piccola cosa. Chi sta lavorando nei campi, a chi vanno gli appalti, quali ditte vengono da fuori. Se sono in odore...».

«Vogliamo una ricostruzione pulita, senza mafie e soprattutto della gente». Il programma di “3,32” (l’ora della scossa del 6 aprile) è forte e chiaro. «Passati i primi giorni abbiamo capito che bisognava organizzarsi. Le tendopoli sono state militarizzate, c’è poca informazione, i terremotati non conoscono i loro diritti». Antonio Cacio di professione fa l’agricoltore. «Il G8 a l’Aquila è una passerella inutile. Non risolverà i problemi, li aggraverà. A chi vuole venire a manifestare dico di legarsi al territorio. Noi siamo qui e vogliamo intervenire nelle scelte che si fanno, parlare del lavoro e del nostro futuro. Presto con le altre associazioni metteremo in piedi un osservatorio permanente sulla ricostruzione».

Ragazzi, studenti e anche professori universitari di “3,32” nei giorni scorsi hanno incontrato quelli che negli anni Ottanta furono i giovani dei comitati dei terremotati dell’Irpinia. Si sono fatti raccontare le storie degli imbrogli di quel grasso dopoterremoto (64mila miliardi). Di come è finita 30 anni dopo. Al telefono la voce di Annamaria Bonanni è squillante, oggi alle dieci del mattino lancerà il suo Comitato. Di professione è commercialista e revisore dei conti del Comune de l’Aquila. «La gente è poco informata, non conosce il decreto, non sa come accedere ai contributi. Il rischio è che prenda il sopravvento lo sciacallaggio degli incompetenti e dei furbi. Faremo un sito internet dove metteremo in rete tutto, anche i preventivi per le riparazioni delle case, così la gente potrà controllare la congruità dei prezzi». L’Abruzzo, ferito a morte, non vuole morire per una ricostruzione sbagliata. E si muove.

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E'necessario diffondere lo spirito degli abruzzesi,feriti e volenterosi di riprendere al più presto la normalità perduta.
La volontà di vederci chiaro sugli appalti della ricostruzione e la critica sul prossimo G8,sono due aspetti importantissimi,vigilare e non farsi prendere in giro è obbligatorio.

&& S.I. &&

2 commenti:

Pierprandi ha detto...

Qualcuno proverà sicuramente ad approfittare della ricostruzione per lucrare... oncordo con te è importante vigilare...A presto

Anonimo ha detto...

Grazie per averlo postato.

Buona notte!