mercoledì 6 febbraio 2019

Non è colpa del reddito di cittadinanza se gli stipendi dei neo assunti sono da fame













I poveri che non lavorano prenderanno come quelli che lavorano, perbacco!

di Alessandro Robecchi

Uno spettacolo impareggiabile, quello dei poveri che picchiano i poveri, una battaglia deprimente che ognuno può vedere come vuole attraverso le sue lenti: un effetto del darwinismo sociale quotidiano, oppure un’abile strategia per dividere i poveracci tra buoni (quelli che lavorano e sono poveri) e cattivi (quelli che non lavorano e prenderanno il reddito di cittadinanza, restando peraltro poveri).

Il nodo della questione l’hanno sollevato in parecchi (nessun povero) l’altro giorno: se diamo 780 euro ai poveri disoccupati senza casa, chi vorrà andare a lavorare per 800 euro? Lo hanno chiesto in rapida successione il presidente dell’Inps Boeri e Pierangelo Albini di Confindustria (auditi in Commissione Lavoro) e l’immancabile Carlo Calenda (cuoricinato via twitter). Siccome è tradizione tirare in ballo i morti che non possono mandarti a quel paese, Calenda si è addirittura nascosto dietro il grande leader del passato: “Berlinguer sarebbe inorridito davanti a un sussidio superiore a un reddito da lavoro”.

(Qui vorrei aprire una parentesi. Se dovessimo chiederci davanti a quali cose degli ultimi trent’anni sarebbe inorridito Berlinguer, la lista comincia qui e finisce a Pasqua, quindi lasciamo perdere, ma temo che Calenda sarebbe nell’elenco, vabbé, torniamo al punto).

Dunque si accetta e certifica da parte di un aspirante leader del centrosinistra (eh?) che in Italia 700-800 euro siano un “reddito da lavoro”, cioè il denaro che consente a una persona di vivere decentemente la sua vita. Il presidente dell’Inps mette anche le virgole: lo stipendio medio di un under trenta italiano è 830 euro e (avvertenza, dato strabiliante) al Sud il 45 per cento dei lavoratori privati ha redditi inferiori a quello di cittadinanza al suo massimo (cioè guadagnano, lavorando, meno di 780 euro). Questi i dati, più o meno.

Ora, seguendo i ragionamenti di Calenda, potremmo chiederci cosa farebbe più inorridire Berlinguer, se lo scandalo di dare un sostegno ai più poveri o il fatto che in Italia vivano milioni di lavoratori galleggianti sulla soglia dell’indigenza. Magari, che so, Berlinguer si chiederebbe come mai siamo tra i pochissimi paesi a non avere un salario minimo fissato per legge. Oppure si chiederebbe perché i salari italiani sono tra gli ultimi in Europa, perché il potere d’acquisto è sceso, perché si è permesso al mercato di spezzettare, cottimizzare, precarizzare il lavoro, svalutarlo e pagarlo poco. Come mai si può demansionare un dipendente rendendolo ricattabile, per esempio.

Insomma, seguendo il chiacchiericcio di Calenda su twitter e le analisi economiche di Boeri, lo scandalo dovrebbe essere quello dei salari da fame di chi lavora, non quello di darne uno a chi non ce l’ha. Ed ecco la guerra dei poveri, le truppe calendate affollano i social: mia figlia guadagna 720! E ne danno 780 a chi non fa niente! Mio cugino si fa un culo così per 800 e potrebbe stare sul divano a prenderne 780! Un rosario, una giaculatoria, di chi, povero al lavoro, vede aiutare i poveri senza lavoro. E così, con mossa perfetta, la famosa “invidia sociale” (come i liberisti chiamano la lotta di classe) si ferma ai piani bassi, che se la vedano tra loro, quelli del seminterrato, che tanto nell’attico si continua a stappare. Dopotutto è la plastica conseguenza della filosofia corrente dell’accontentarsi sempre e comunque: meglio un lavoro di merda che nessun lavoro, tra niente e piuttosto, meglio piuttosto, eccetera eccetera. Resta, se può servire, il pesante odore del paradosso: per dire che il reddito di cittadinanza è troppo alto si prendono ad esempio i salari, e si scopre (non che non si sapesse) che sono troppo bassi, indecentemente bassi e che è lì, sulla politica dei redditi (avrebbe detto Berlinguer) che si è scaricata gran parte della crisi.

DAL BLOG ALESSANDROROBECCHI.IT

La buonanima di Enrico più che rivoltarsi nella tomba,ne avrebbe date di pedate nel posteriore a gente come D’Alema,su Renzi e Calenda avrebbe usato altro di ben più pesante.

Ah però,il reddito di cittadinanza è servito,eccome è servito,nel far prendere atto anche ai più distratti del lavoro da straccioni esistente,che non potrebbe mai e poi mai rendere il lavoratore indipendente se non avesse qualcuno che lo aiuta.

Un po’ come retribuire da tenore di vita moldavo in un contesto ben diverso,alla faccia della forbice sociale ormai sempre più ampia,ma l’unico dato sorprendente è il perdurare della pace sociale.

Sto reddito di cittadinanza ha proprio rotto le uova nel paniere,in ogni caso tranquilli,l’usura dei divani non è compromessa,se non si accetteranno i lavori da fame,bye,bye il reddito non ci sarà più…

I.S.

iserentha@yahoo.it

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