giovedì 7 settembre 2017

La pietra tombale governativa sul caso Regeni

















Caso Regeni, l’invenzione della memoria fatta per dimenticare tutto

di Alessandro Robecchi

Trattasi di materia intricata e nobilissima, spesso sommersa dalla retorica, una necessità umana e civile che a volte diventa trucchetto per distrarre tutti. Insomma: la memoria.

Ricordare quello che è stato, cosa è successo, perché. Mantenere vivo il ricordo delle ingiustizie passate in forma di monito per il presente. Il grido “Per non dimenticare” è uno dei più alti e dolorosi nel paese, riguarda stragi, delitti, presunte fatalità, fa parte del sapere popolare, sono ferite aperte che potrebbero guarire se si arrivasse alla verità, cosa che accade raramente, quasi mai.

Per questo risultano strabilianti le comunicazioni del governo, nella persona del ministro degli esteri Angelino Alfano, sul caso Regeni. Perché introducono nel discorso operativo sulla questione un bizzarro tipo di memoria: una memoria che archivia, che nasconde.

Il paradosso di una memoria costruita per dimenticare.

Perché il nostro ambasciatore torna in Egitto, il loro torna qua, l’Egitto è un posto dove abbiamo molti affari, non possiamo permetterci di rompere, eccetera eccetera. In cambio – occhio che arriva la memoria – il governo si impegna a fare un sacco di cose per non dimenticare Giulio Regeni. Gli intitoleranno un auditorium. Il governo si è “attivato con il Coni” (urca!) perché ai Giochi del Mediterraneo, in Spagna, l’anno prossimo, si osservi un minuto di silenzio. E poi, se e quando si farà, potrebbero intitolargli l’Università italo-egiziana, la cui realizzazione Angelino “auspica”. Perbacco. Ecco fatto: garantita la memoria, ufficializzato in qualche modo il senso di ingiustizia che tutti provano, e quindi normalizzata l’indignazione, la missione può dirsi conclusa, il caso Regeni quasi chiuso. Ma sì, ancora si parla (vagamente) di indagini, si allarga il campo tirando in ballo l’Università di Cambridge, addirittura (questo è Cicchitto) si insinua che l’inchiesta del New York Times – l’Italia conosce prove schiaccianti – sia stata ispirata dai servizi americani in chiave Anti-Eni.

In una parola: polverone.

E’ uno di quei casi in cui la memoria ostentata e cannibalizzata dal potere (da chi dovrebbe risolvere il caso, non semplicemente ricordarselo!) si rivela spaventevole ipocrisia. E’ una memoria come concessione, la risposta di Angelino a chi si ostina a dire che non dimentica è la seguente: ok, non dimentichiamo nemmeno noi, ma andiamo avanti, che l’Egitto è partner irrinunciabile in affari.

Non è l’unico caso in cui la memoria fa brutti scherzi. Nel paese della Resistenza e delle sue infinite (e sacrosante!) celebrazioni, per dirne una, si assiste all’avanzata burbanzosa e impunita di alcune milizie fasciste che innalzano labari, stampano fasci littori sui manifesti, scimmiottano lo Schifoso Ventennio, accolte da scuotimenti di teste, piccoli lazzi e molta tolleranza, nonostante esistano leggi in materia (le meno applicate della Galassia).

La memoria, tra l’altro, è variabile, anche in modo veloce e repentino. Sono passati solo un paio di anni da quando si celebrava Lampedusa come terra della salvezza per molti migranti, quando la si candidava al Nobel e ci si commuoveva per le sue storie di accoglienza, quando la si indicava ad esempio. Ora che si è spostato il problema qualche centinaio di chilometri più a sud, nel deserto anziché in mare, quella memoria funziona meno, si tende a scordarla, la si rimuove un po’. Quell’esempio non serve più, non si incastra più con la narrazione corrente, che ora è “aiutiamoli a casa loro”, e quindi il luminoso esempio di Lampedusa che li salva a casa nostra non piace più. Una memoria vera, consapevole, vorrei quasi dire militante, dovrà tener conto anche di questi andirivieni della memoria, valore altissimo in balìa dei venti mutevoli delle furbizie, delle tattiche, delle convenienze del momento.

DAL BLOG ALESSANDROROBECCHI.IT

Ma si dai,basta guardarsi intorno,siamo circondati da gente che i principi non sa se si mangiano o meno,la convenienza innanzi tutto,la verità sull’orribile scomparsa di Regeni non verrà mai fuori,non ci sono prove e ormai sappiamo tutti che il potere in Egitto l’ha messo a tacere perché scomodo.

Gli affari prima di tutto,servirà a poco una ristretta minoranza che non dimentica,alla mostra di Venezia le poche voci assordanti si sono fatte sentire,purtroppo un’altra vittima politica stavolta fuori dai nostri confini, si aggiungerà al lungo elenco.

I.S.

iserentha@yahoo.it

Nessun commento: