mercoledì 18 maggio 2016

I rottamatori del Pd alle prese con le connessioni sentimentali gramsciane













Gramsci, la connessione sentimentale e il Partito della (mezza) Nazione

di Alessandro Robecchi

Le amministrative sono qui, il referendum-fine-di-mondo è là, sullo sfondo, e ci aspetta. In mezzo ci sarà un lunghissimo estenuante match di propaganda, colpi bassi, gomitate, ginocchiate nelle palle, falsità e o-vince-il-sì-o-moriremo-tutti. Va bene, questo si sa.

Ma intanto è bene controllare se chi propone la famosa riforma costituzionale ha ben presente il polso del paese, se, insomma, ha allacciato con l’Italia un’intesa ideale. Qualche tempo fa i guru della comunicazione di Matteo Renzi spingevano assai su questo tasto: creare una “connessione sentimentale” con i cittadini. E’ una bellissima sintesi, questa della “connessione sentimentale”, e infatti mica è loro, ovvio, è di Antonio Gramsci che ne parlava a proposito del rapporto tra intellettuali e popolo-nazione. Rubata in fretta e furia a Gramsci quella bandierina, si prese ad agitarla freneticamente e oggi forse – quasi due anni e mezzo dopo l’incoronazione del premier – si può verificare se quella “connessione sentimentale” c’è stata o no, se qualcosa è cambiato, se quel senso di nuovo dinamico e berluccicante che twittava “arrivo, arrivo” dalle stanze del Quirinale si è “connesso” con il paese.

Parrebbe di no.

Lentamente, inesorabilmente, il nuovo è un po’ invecchiato. La fiducia nei politici e nella politica in generale non sta messa meglio di prima, anzi. La sensazione che si siano intaccati certi privilegi non esiste, il concetto di rinnovamento della classe dirigente (rozzamente definito “rottamazione”) si infrange sulla ghigna verdiniana. Sul jobs act si sono date cifre false ed esagerate e qualcuno comincia a pensare che con 19 miliardi si sarebbe potuta aumentare l’occupazione in modi più efficaci. In compenso i vecchi lavoratori precari (precariato più volte dichiarato abolito dal premier) macinano voucher come antichi cottimisti delle filande.

Si potrebbe continuare, passare per la buona scuola, o per lo straordinario volano economico che l’Expo avrebbe messo in moto, che però non si vede, o per la famosa questione morale. O si potrebbe dire dell’incauto innamoramento governativo per la classe imprenditoriale, tutta quella retorica su il “fare impresa” e il “made in Italy”. Bello, rubare frasette a Gramsci e programmi a Confindustria, fa molto Partito della Nazione. Ma poi si scopre (notizia un po’ silenziata) che 60.000 aziende hanno truffato l’Inps per avere incentivi dal Jobs act, che i soliti noti hanno i soldi chissà dove (ma non qui), per tacere della ministra Guidi. Ecco, anche questa narrazione si è un po’ arenata contro quello scoglio insormontabile che è il principio di realtà.

Ora, se ti dicono che non sei più precario e ti ritrovi precario come o peggio di prima, fai un po’ fatica ad avere ‘sta famosa “connessione sentimentale”.

Ma non è finita. Il lavoro di costruzione della nostra Costituzione (1947) è stato un delicato, perfetto, precisissimo lavoro di cesello. Anche se nel Paese i Don Camillo e i Peppone si prendevano ancora sonoramente a legnate, una connessione sentimentale tra il paese e la sua legge principale – e con l’assemblea che faticosamente la scriveva – c’era eccome. Per la Costituzione che si propone ora no. La sua scrittura pare sciatta e frettolosa, gli argomenti con cui la si sostiene sono impostati come un testa o croce sul premier attuale. In poche parole: il paese è diviso, queste riforme sono divisive e quelli che cianciavano di “connessione sentimentale”, comunque vada, avranno di fronte un paese diviso e incattivito dallo scontro. Chi teorizzava, avvolto inn una bella frase gramsciana, un’armonica unità d’intenti del paese e un abbraccio di amorosi sensi tra cittadini e “nuovo corso”, ha finito per dividere e lacerare. Insomma, un’altra narrazione farlocca per il Partito della (mezza) Nazione.

DA ALESSANDROROBECCHI.IT

Per l’idea che mi sono fatto sulla riforma della Costituzione,ovvero un potere assoluto per chi vince le elezioni,un Senato che dovrà comunque discutere e validare le leggi della Camera,con i senatori che arrivano dalle regioni,e che saranno anch’essi unti dall’immunità parlamentare e con diaria incorporata,mica ci vengono a gratis,il tutto con la giustificazione che gli attempati politici si sono ridotti di numero,bè signori,il mio no è già stato scritto sul certificato elettorale.

Anche gli attempati costituzionalisti,hanno affermato che si rende la Costituzione ancora più farraginosa e interpretabile,direi che il no al referendum sia ancor più determinato.

Scomodare Antonio Gramsci tramite le connessioni sentimentali con il popolo sovrano,direi che il suo sconforto apparirebbe senza appello per costoro,basta e avanza cosa è diventato il giornale che ha fondato.

I.S.

iserentha@yahoo.it

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