martedì 17 maggio 2016

Comunali a Roma:L'intervista a Giachetti










La prima delle interviste che questo blog dedica alle elezioni romane.

di Alessandro Gilioli

Roberto Giachetti, 55 anni, candidato sindaco di Roma, parlamentare alla quarta legislatura, vicepresidente della Camera. Nato e cresciuto a Roma, via Dandolo, zona Monteverde, la stessa in cui ancora abita. Liceo scientifico Kennedy, poi una manciata di esami a Scienze Politiche, intanto attivista dei radicali, dove conosce Francesco Rutelli. Quando questi viene eletto sindaco - 1993 - Giachetti diventa il suo capo di gabinetto in Comune, a 32 anni. Segue Rutelli anche nella Margherita e di lì arriva al Pd. Eterodosso ai tempi della segreteria Bersani, alle primarie del partito fa endorsement per Renzi, di cui oggi nel partito è sostenitore. I sondaggi nella capitale gli danno buone possibilità di arrivare al ballottaggio, dopo Virginia Raggi: un secondo posto che Giachetti si gioca con Giorgia Meloni e soprattutto con Alfio Marchini.

Giachetti, iniziamo da cose molto concrete: se si chiede ai romani qual è il problema maggiore della città, 9 su 10 rispondono che è il traffico.
«Sì, in media la gente passa un'ora e mezzo nel traffico. E al netto dell'attesa dei mezzi pubblici».

Nessun sindaco ha avuto mai il coraggio di far multare le auto che stanno in seconda fila dappertutto. Si fa finta che non ci siano.
«In una città di 1.250 chilometri quadrati per multare tutte le auto messe male non basterebbe la Nato. Ma quando arriverà un sindaco rigoroso e determinato, tutta la cittadinanza dovrà avere un nuovo approccio di comportamento quotidiano. E io mi impegno a usare la mano pesante».

Già: per corsie preferenziali a Roma s'intende quelle dove tutti preferiscono passare. Privilegiati a centinaia con tanto di pass e gente che non ha alcun pass ma ci entra lo stesso.
«Intanto le preferenziali vanno fatte in senso contrario al flusso libero del traffico, non parallelo: così la gente o ci entra all'inizio, dove mettiamo una videocamera, o non ci può entrare più. Poi bisogna restringere i permessi, certo: solo mezzi pubblici, taxi, bus, polizia etc. Nessun pass per nessun altro: né ambasciate, né Vaticano né auto blu. A tutti quelli che non sono mezzi pubblici o polizia etc, il permesso va tolto. In sintesi, il mio obiettivo è: raddoppio delle preferenziali, tutte con un solo ingresso videosorvegliato, permessi solo a mezzi pubblici e forze dell'ordine. E multe a casa a chi sgarra».

Poi ci sarebbe il problema delle buche. Peggio della Parigi-Dakar.
«Qui c'è una doppia operazione da fare: una immediata, con il servizio "06-Zerobuche" una task force che ripari dove necessario, in ogni municipio, sulla base delle segnalazioni telefoniche dei cittadini; poi una grande opera programmata di manutenzione straordinaria, da fare attraverso gare normali».

E gli autobus turistici enormi, che ingolfano le strade e se trovano un'auto in seconda fila fermano tutto mezza giornata?
«Fuori. Si devono fermare fuori dal centro storico. Ci saranno aree di scambio con la metropolitana e le Fs, come durante il Giubileo del 2000. È un impegno formale».

“Ci sono più probabilità di vincere al Superenalotto che di incontrare un controllore su un autobus”, ha detto l'ex assessore Stefano Esposito. A Roma c'è una percentuale di “portoghesi” del 29 per cento. ll doppio della media nazionale.
«Nell'ultimo periodo i controllori sono stati aumentati, circa 150 in più. Li aumenteremo ancora. In metropolitana ci vuole un controllo reale e diffuso ai tornelli e la vidimazione obbligatoria del biglietto anche in uscita, come avviene dall'inizio dell'anno a Milano. Poi voglio puntare sul biglietto elettronico per stroncare la stampa di molti biglietti falsi, che è l'altra faccia del problema».

All'Atac ci sono 79 dirigenti che costano all'azienda circa 15 milioni di euro l'anno. Che pensa di fare?
«Sì, Alemanno ha riempito Atac di dirigenti. Le cose stanno già cambiando, con il nuovo direttore generale, Marco Rettighieri. Comunque bisogna ridurne ancora il numero, anche attraverso licenziamenti, quando si può, o non rinnovando i contratti quando finiscono. Voglio 150 autobus nuovi in più nel mio primo anno da sindaco e parecchi dirigenti in meno».

L’altro giorno in città c’è stata una manifestazione di gente che non ha la casa, Tronca non li ha voluti ricevere, loro hanno cercato di entrare e la polizia li ha fatti sfollare con gli idranti. Come pensa di affrontare il problema della cosiddetta emergenza abitativa?
«Si possono fare diversi interventi, con un'unica cabina di regia. Bisogna liberare le case occupate da chi non è in graduatoria, creare un'agenzia comunale che si occupi di trovare case in affitto a prezzi accettabili per chi ne ha bisogno, andare avanti con il “buono casa” fatta da Marino (una delle migliori cose fatte dalla vecchia giunta), fare accordi con i costruttori per cui gli si dà il permesso di abbattere vecchie strutture e riedificare in cambio di un'assegnazione ad affitti calmierati di una parte dei nuovi alloggi».

È giusto staccare la luce e l'acqua a chi occupa case, come prevede a livello nazionale il decreto Lupi?
«Se sono persone davvero bisognose no, la risposta non può essere quella. Bisogna trovare sistemazioni legali, nei modi che le ho detto. Non credo che la politica delle ruspe o di staccare le utenze sia quella da perseguire».

L’anno scorso a Roma le strutture comunali per l’accoglienza ai migranti erano zero. Senza la Croce Rossa, le Ong e il Baobab migliaia di persone avrebbero dormito per strada. Gli sbarchi stanno ricominciando. Il Baobab è stato fatto sgomberare da Tronca e Alfano.
«Voglio una città nella quale è l'amministrazione a mettere a disposizione delle associazioni delle strutture per l'accoglienza. Ce ne sono tante, abbandonate, che possono essere dedicate anche a questo. Il mio obiettivo è mettere a disposizione del Baobab e delle altre associazioni che fanno accoglienza delle strutture, non di andare avanti a occupazioni e sgomberi».

Cosa vuol fare con i campi rom?
«Le ruspe non servono a niente: ogni volta che sgomberi un campo con le ruspe ne nasce un altro da un'altra parte. Ci sono invece un alcuni progetti che mi piacciono, molto simili tra loro. Alcuni sono proposti da associazioni da tempo impegnate sul tema. Uno in particolare è stato proposto,con una raccolta di firme per una delibera di iniziativa popolare l'anno scorso, dai Radicali. In sostanza si tratta di fare un censimento serio e poi - per chi davvero non ha modo di affittare una casa - prevedere un percorso si un inserimento abitativo graduale fuori dai campi, in appartamenti veri: costerebbe molto meno di quanto oggi viene dato per la gestione dei campi. Naturalmente l'assistenza non sarebbe incondizionata: ad esempio, le famiglie devono mandare i loro figli a scuola».

Che giudizio dà dell’operato di Tronca in questi mesi?
«Sui tagli agli affitti di favore ha fatto bene e proseguirò quel lavoro. Ha fatto molto male invece decidendo di nominare i membri del cda delle assicurazioni di Roma a pochi giorni dalla fine del suo mandato».

Voto su Tronca da uno a dieci?
«Sei».

Invece, quali sono state le cose peggiori e le cose migliori dell’esperienza amministrativa di Marino?
«Le migliori sono state la chiusura della discarica di Malagrotta, che ha fatto insieme a Zingaretti, e il buono casa che le ho già citato. La chiusura al traffico dell'area attorno al Colosseo è stata una grande operazione ma Marino se l'è venduta malissimo: si è parlato solo delle proteste di alcuni residenti e non della nuova area archeologica pedonalizzata, una vetrina splendida».

Ma scommetto che non è questo il maggior errore che lei imputa a Marino.
«No, certo. Il peggior errore è stato che non si è dimesso quando è scoppiata Mafia Capitale. Lui non c'entrava nulla, poteva far saltare il tavolo e ricandidarsi, come si fa in politica. Invece non l'ha fatto. L'errore originario stava proprio nello slogan con cui si è presentato tre anni fa: “Questa non è politica, è Roma”. Se tieni fuori la politica, poi questi sono gli effetti».

Ha letto il libro di Marino?
«No, non ho avuto tempo».

Non mi prenda in giro.
«Dico davvero. Sono due mesi che leggo solo delibere e carte amministrative».

Ma non ritiene che la lettura dell’esperienza dell’ex sindaco possa essere utile in vista del suo eventuale mandato? Racconta tutti i problemi che ha avuto, anche dal Pd.
«Ma io li conosco già i problemi che ha avuto Marino».

Lo leggerà o no, il libro?
«Boh, vedremo».

Voto da uno a dieci dei due anni e mezzo di Marino?
«Cinque vah, e siamo generosi».

Hanno fatto bene o male i consiglieri comunali del Pd ad andare a dimettersi davanti al notaio per mandarlo a casa?
«Hanno fatto bene, perché Marino si era dimesso».

Ma poi aveva ritirato le dimissioni per andare in consiglio comunale a confrontarsi.
«Quando un sindaco si dimette manifesta la chiusura di un rapporto di fiducia con la città. E dal '93, da quando c'è l'attuale legge sui sindaci, non era mai accaduto che un sindaco desse e poi ritirasse le dimissioni».

Ma se un anno fa Renzi e Orfini hanno fatto dimettere Marino con la forza, cosa ci garantisce che non facciano altrettanto con lei?
«Marino non l'hanno fatto dimettere Renzi e Orfini. Si è dimesso perché si era rotto un rapporto di fiducia con la città e perché aveva avuto anche qualche problemino aggiuntivo di moralità rispetto alla vicenda scontrini. Atteggiamenti che hanno manifestato l'incapacità di guidare la città. Questo a me non accadrà perché avrò la forza di amministrare bene questa città, anche con la saggezza di non dire che la politica deve essere tenuta fuori dalla porta»

Scusi, forse non ho capito bene: Marino non l'hanno fatto dimettere Renzi e Orfini?
«No».

Ma se è stato Orfini, commissario di Renzi per Roma, a comunicare ai consiglieri che dovevano sfiduciare Marino.
«Marino ha dovuto lasciare perché si era rotto un rapporto di fiducia con la città».

Andiamo avanti. Adesso lei ricandida diversi degli ex consiglieri che erano andati dal notaio per far cadere Marino. Proprio come aveva detto Orfini: chi non sfiducia Marino non sarà ricandidato.
«Non è che una persona perché è stata tot anni in Campidoglio deve essere esclusa. Io ho posto un paletto che non era stato mai messo prima: quello delle liste pulite, cioè niente carichi pendenti. Questo principio è stato osservato. E nelle liste del Partito democratico c'è un grande rinnovamento. Solo una parte dei consiglieri comunali si ricandida».

Tra loro Michela Di Biase, la moglie del ministro Franceschini, che è stata la prima a correre dal notaio per mandar via Marino, poi vantandosene. Ora nel Pd romano si dice che sia diventata molto potente. E che qualche ex consigliere che avrebbe potuto farle ombra nelle liste si è ritirato, ma poi sarà risarcito con una poltrona al ministero del marito. Solo voci malevole?
«Non ne ho la più pallida idea».

Ma possiamo stare sicuri che ex consiglieri che stranamente non si sono ripresentati non avranno presto una bella nomina al Mibac?
«Non ne so nulla. È una cosa che non dipende né da me né dalla mia eventuale elezione a sindaco».

È vero che c'è un eccessivo peso della coppia Franceschini-Di Biase?
«Io di questo peso proprio non mi sono accorto».

Ancora sulle sue liste. Sono pulite sotto il profilo giudiziario, ma con qualche riciclato della destra. Ad esempio l’imprenditore di Locri Rocco Belfronte, che nel 2008 era candidato a Roma con il Pdl di Berlusconi. O Elisabetta Campus, che nel 2013 era candidata per “Cittadini per Roma -Alemanno sindaco” e prima ancora era il lista con Samorì. Entrambi ora sono in lista per lei. Ritiene che sia rispettoso verso gli elettori di centrosinistra candidare riciclati della destra?
«Il “riciclato” è un concetto strano. Anche il candidato del M5S alla presidenza del XI municipio la scorsa volta era in lista con l'Italia dei Valori, il che tra l'altro viola le regole dello stesso M5S. Qualcuno può legittimamente cambiare idea, nella vita. Tra l'altro una delle due persone che lei mi cita non era direttamente con Alemanno, stava solo in una lista civica che lo appoggiava. Se lei guarda il complesso delle candidature nelle diverse liste che mi appoggiano vedrà che sono di straordinaria qualità. Su 350 candidati che corrono con me, ce ne sono un paio che provengono dalla destra e nel frattempo hanno cambiato opinione: scusi, ma chissenefrega. È una goccia in un mare».

Nel caso in cui lei non venisse eletto sindaco, farà il consigliere comunale conservando anche la vicepresidenza della Camera? O lascerà subito il Campidoglio?
«Lo valuterò lì per lì».

Non pensa che ciascuno dei due ruoli meriti il suo impegno a tempo pieno?
«Ripeto: in caso, valuterò se riesco a tenere insieme i due impegni. Adesso non mi pongo il problema perché sono convinto che diventerò sindaco».

I sondaggi dicono che potrebbe anche non arrivare al ballottaggio.
«I sondaggi sono da prendere con le molle, quando c'è il 50 per cento di indecisi. Io giro la città e posso garantire che andrò al ballottaggio».

Se invece così non dovesse accadere, quindi se ad esempio dovessero passare Raggi e Marchini, lei chi sceglierebbe?
«Non esiste, non è un problema che mi pongo perché al ballottaggio ci vado io».

Facciamo l'ipotesi, puramente accademica, che invece no. Chi sceglierebbe?
«Non prendo in considerazione l'idea».

Allora mettiamola così: fra gli altri tre candidati - Marchini, Meloni, Raggi - quale le è meno lontano?
«Sono equilontani. Hanno tutt'e tre poco interesse per Roma. E rispondono tutt'e tre a Milano»

A Milano?
«Sì. Marchini a Berlusconi, Meloni a Salvini e soprattutto Raggi alla Casaleggio e Associati, addirittura attraverso un contratto in cui c'è scritto che le decisioni più importanti per Roma verranno prese da loro, nella sede di Milano. Mi piacerebbe sapere se, come gia ammesso dai candidati cinque stelle di Napoli e Bologna anche la Raggi ha sottoscritto questo contratto che appalta le decisioni più importanti della città al non meglio identificato "staff di Beppe Grillo"».

C’è una campagna del Pd che accusa Raggi di essere "di destra”. Lo dice anche lei?
«Raggi si rivolge sicuramente a un elettorato di destra usa un linguaggio più di destra che di sinistra».

Ma secondo lei è di destra o no?
«Che cosa sia Raggi non lo so, non è una cosa facilmente comprensibile. So che sta facendo una campagna che guarda a destra».

Lei invece si autodefinisce di sinistra, ma è un uomo di Renzi: a qualcuno può sembrare un ossimoro.
«A Roma deciderò io. E a Renzi parlerò solo perché il governo mantenga gli impegni nell'interesse di Roma».

DALL'ESPRESSO BLOG - PIOVONO RANE

Giachetti nonostante i distinguo,fa parte della grande "famiglia" pidina,la quale con tutte le responsabilità che ha avuto Marino nel periodo da primo cittadino,lo ha fagocitato tramite tutto ciò che esiste intorno alla congrega,

Possono inserire un santo o chi preferite voi,il risultato sarà sempre uguale,e come ho già scritto sarà terribile per chiunque amministrare la capitale,se ne accorgeranno le probabili stelline,povera Raggi quante mail dovrà comunicare al direttivo,e non se ne dimentichi vorranno sapere tutto subito....

In quanto a masochismo paiono molto originali,rispetto al centinaio e più di indagati e colpevoli dalle parti di Giachetti & company,dove le spallucce sono abituale pratica,probabilmente anche un rito!

Le famose babbbbarie del professionista di Salerno

I.S.

iserentha@yahoo.it

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