martedì 17 novembre 2015

Paris attack e le bufale mediatiche di questi giorni


















Sai la fretta

di Alessandro Gilioli

Le bufale mediatiche di questi giorni

CLICK NEWS

Quelli di Valigia Blu, che fanno un po' gli anticorpi del giornalismo italiano, hanno pubblicato un breve debunking di alcune bufale apparse sui quotidiani, la più grottesca delle quali è sicuramente il barbuto sikh photoshoppato e spacciato per terrorista.

Tra l'altro su quest'ultima vicenda, a causa di un sineddoche tipica del lessico familiare, appena la verità è venuta a galla mia moglie mi ha rapidamente messo in croce per responsabilità di colleganza - e mi pare di esserci cascato mani e piedi con una svogliata e inopportuna difesa del tipo: "Sai, la fretta".

Già, la fretta.

Dopo aver dovuto convenire con la consorte sulla figura di palta della mia categoria, ci ho un po' riflettuto, sulla fretta.

Forse mai come dopo la strage di Parigi abbiamo avuto tutti molta fretta.

I giornalisti, certo: parte dei quali hanno appunto abboccato a panzane o ne hanno create in proprio.

Ma noi tutti, in generale, con una diversità di grado determinata soltanto dalla possibilità di esprimerla, questa fretta.

Tanti di noi, quindi, sui social network: nel dibattere, contrapporsi, incazzarsi; altri, un gradino sopra per celebrità mediatica, nei talk show televisivi (su cui ormai andrebbe steso un velo pietoso); altri ancora - più su nella gerarchia politica e mediatica - nei telegiornali, sulle prime pagine dei quotidiani, nei Palazzi della politica.

Tutti con una gran fretta, peraltro inversamente proporzionale alla qualità dei contenuti prodotti.

Eppure c'è qualcosa di strano in questa fretta.

Quando nella vita ci capita un lutto o un trauma, per un po' rimaniamo senza parole. Storditi, ammutoliti. Ci mettiamo del tempo a elaborare. A far partire una riflessione. Giorni, non ore. A volte settimane. C'è un bisogno (umano) di un time-out più o meno lungo per rimettere in ordine i pensieri.

Perché questo non è successo dopo la mattanza di Parigi? Perché a corpi ancora caldi e sangue ancora fresco avevamo già deciso non solo torti e ragioni, ma anche tattiche e strategie, strumentalizzazioni e partigianerie, paragoni e citazioni? Perché non abbiamo sentito uno straccio di bisogno di fermarci un attimo, tacere, aspettare, riordinare le idee?

E, ripeto, non sto parlando solo del flusso sui social: sto parlando di tutti o quasi, anche a livelli (presunti) più alti.

Non ho una risposta certa, ma ho il dubbio che, al netto delle apparenze, non l'abbiamo davvero vissuta come un lutto, questa cosa. Voglio dire: non abbiamo capito (ancora) quanto ci riguarda e ci riguarderà da vicino. E non solo nella scomodità di togliersi la cintura e le monete anche quando si prenderà un treno, o quisquilie simili.

Forse invece le cause di questa premura collettiva sono altre, chissà.

Certo è che la fretta ha partorito mostri, tanti mostri: e in questi giorni abbiamo ascoltato una discarica di corbellerie impressionanti, altro che il povero sikh scambiato per jihadista.

Ecco, quello a cui non pensiamo (forse perché c'è fretta, quindi non ne abbiamo il tempo) è che la fretta provoca conseguenze che poi abbassano il livello del contesto: pertanto ci fa vivere tutti di più in mezzo al pattume. Pattume di istinti, impulsi, errori, riflessi pavloviani, rabbie, superficialità, pressapochismi.

In pratica, esercitando questa fretta non abbiamo cura di noi stessi, dell'ambiente in cui le nostre menti abitano.

Siamo in una stanza che inquiniamo da soli: per fretta.

A occhio, credo che se abbiamo una chance di uscire vivi dagli integralismi e dai terrorismi, questa passi proprio attraverso il rigetto della fretta.

Trattandosi di una droga mediatica, dev'essere un esercizio difficilissimo: tipo smettere di fumare per chi si fa due pacchetti al giorno. Ma con effetti ancora più rilevanti per la salute di tutti.

DALL'ESPRESSO BLOG - PIOVONO RANE

In Tv,al lavoro,al bar o in un qualsiasi social non c'è molto tempo da riflettere con dei tagliagola,ora trasformati anche in terroristi sotto casa,con tutte le responsabilità e gli incroci incomprensibili dell'occidente,questi ci hanno dichiarato guerra,e mi pare logico che a qualsiasi livello il tempo non possa permettere di tergiversare.

Stasera è stata cancellata con evacuazione dei tifosi incorporata,la partita di calcio Germania-Olanda a Hannover,tramite un ambulanza che si è rivelata carica di dinamite,e mica dica lei cosa c'entrino gli olandesi e i tedeschi con i bombardamenti

Questa è una guerra non convenzionale,ma di questo si tratta,la verifica? Una certa paralisi dell'occidente si sta materializzando,aggiungendo la partita che avrebbe dovuto svolgersi in Belgio.

I.S.

iserentha@yahoo.it

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