giovedì 9 luglio 2015

Renzi alla frutta tendente al suonato

















Il problema non è la narrazione, è che non sanno farla

di Alessandro Robecchi

E’ un po’ difficile immaginare Napoleone che, osservando dalla collina il suo esercito in rotta a Waterloo, si volta verso i generali e dice: “Ecco, non abbiamo saputo comunicare le cose buone che abbiamo fatto! Chiamatemi quelli della comunicazione!”. Altri tempi, paradosso improponibile. Proviamo con uno più moderno. I difensori del Brasile, sotto di sette pappine con la Germania, si guardano tra loro e si dicono: “Peccato, siamo più bravi noi, ma non riusciamo a farlo capire alla gente che guarda la partita”.
Ecco, un pochino sta andando così a Matteo Renzi: l’altro giorno, con l’Europa che sobbolliva, Hollande e Merkel che facevano il loro vertice senza di lui, la Grecia che gridava il suo no, la Borsa di Milano in picchiata, interveniva a un incontro con i suoi deputati e senatori per dire che “dobbiamo comunicare meglio”. Ora, qui non è che si scende dalla montagna del sapone, e si sa benissimo – essendo nati e cresciuti dopo Carosello – che la comunicazione, la sua manipolazione e il suo sapiente uso sono faccende strategiche. Che la “narrazione” – o lo storytelling, come lo chiamano i renzisti col master – sia importante è noto. E però è noto anche che bisogna saperla fare. Piccolo esempio. Se il cielo è nuvoloso con qualche sprazzo d’azzurro, potrai anche dire che tornerà il sole, e che nel caso sarà merito tuo. Se invece consigli la gente di mettere il costume, le infradito e il doposole e di correre al mare mentre diluvia e tira vento, la tua narrazione non solo è truffaldina, ma ti fa fare un po’ la figura del pirla. Sembra scienza (Wow! Scienza delle comunicazioni! Cool!), ma è una cosa piuttosto semplice. Chiedete al signor Silvio se ripeterebbe quella frase su “i ristoranti sono pieni” mentre la crisi mordeva le chiappe a (quasi) tutti. No, non lo farebbe. Il rischio di sbagliare la narrazione (va tutto bene, ottimismo, tranquilli, ci pensa lui, guarda che meraviglia!) si complica poi strada facendo. Perché ti costringe a una scelta: o insisti con quella, anche a costo di smentire una realtà che vedono tutti, oppure cambi narrazione, nel qual caso la gente penserà (ecco, sto fatto che la gente pensa è una variabile di cui al Pd tengono poco conto) che dici la prima cosa che ti salta in mente, purché ti serva.Ma non facciamo gli ingenui e non attribuiamo al povero renzismo in affanno problemi che sono di tutti. Presentare una pasta scotta e mal condita come un manicaretto da chef stellato è un tipico vizio della politica (tutta), e può persino funzionare. Ma funziona solo a patto che chi si inventa la bugia (pardon, la narrazione) sappia qual è la realtà. Invece, pare che ai burbanzosi colonnelli renzisti, per non dire del generale in capo, sfugga questo principio fondamentale: è una scemenza farsi convincere dalla propria stessa propaganda. Un errore fatale, che le vicende greche hanno magistralmente mostrato. I “comunicatori” del Pd hanno passato così tanti giorni (insieme ai poteri forti, ai grandi giornali, a tutte le tivù) a dire che i greci avrebbero votato “sì” con grande responsabilità, che ci hanno creduto davvero. Fare “il mediatore” tra Berlino e Atene ora non sarà facile, dopo aver tifato Berlino, portato allo stadio lo striscione “viva Merkel”, insultato in tutti i modi Tsipras e Varoufakis, tirato in ballo Pericle col famoso metodo “a cazzo. Perché nella narrazione e dello storytelling renzista bisogna tenere a mente anche questo: passato un anno e mezzo, la gente non ci crede più, e però se lo ricorda, prende nota, e la prossima volta non ascolta nemmeno. Urge riflessione, insomma, e invece lì siamo ancora al pensiero binario: “noi ottimisti / voi gufi”. Bisognerà regalare ai “narratori” un neon gigantesco con scritto: “Non funziona!”. E magari anche un altro che dica: “Ancora coi gufi, che palle!”

DA ALESSANDROROBECCHI.IT

Quanto può far riflettere la parabola a scendere del toscano con i tweet ormai andati a male,così repentina rispetto al caimano,quando si hanno poche cartucce mediatiche e non sono di proprietà.

Ma sa qual’è il problema? È che la probabile novità da qui ad un paio d’anni sia l’altro Matteo col caimano incorporato,roba da mille e una notte della scarsezza di un paese.

No,non ci “salvineremo” mai….

per eventuali notifiche - iserentha@yahoo.it

2 commenti:

Unknown ha detto...

Nel cul-de-sac si va di tavoletta e freno a mano

Ivo Serenthà ha detto...

Cosa vuol dire avere le spalle coperte temporaneamente!