sabato 2 maggio 2015

A proposito di Milano,delle violenze e della indifferenza













L'indifferenza degli invisibili

di Alessandro Gilioli

Ci sono diverse minoritarie categorie di persone che, in vario modo, si sono interessate a quanto è accaduto ieri a Milano - e ne hanno parlato, magari litigandoci.

Prima di tutto, quelli che fanno politica o giornalismo più o meno a destra: che hanno usato gli incidenti per chiedere più repressione, più polizia, o addirittura meno democrazia; poi, quelli che hanno puntato le loro carte politiche o economiche sull'Expo, che ne hanno immediatamente tratto la narrazione di 'Expo buono contro contestatori cattivi'; infine, quelli che invece dell'attuale modello di capitalismo globale sono avversari e che si dolgono della delegittimazione mediatica e reputazionale delle loro argomentazioni, seppellite dagli eventi violenti.

Con ogni probabilità io faccio banalmente parte di questa terza categoria, ma questo non ha alcuna importanza.

Ciò che ha importanza invece è quella molto più ampia fascia di persone a cui oggi né di Expo né degli incidenti provocati dai sedicenti anti Expo frega assolutamente una mazza, perché hanno cazzi loro da cui sono molto più emotivamente coinvolti: un lavoro qualsiasi da trovare, una casa in cui abitare, un debito da pagare, un figlio da campare. E sono più poveri dell'anno scorso, e dell'anno prima e di quello prima ancora, e del futuro hanno solo paura e non ci vogliono pensare, e della politica non gli importa proprio nulla perché è una cosa lontana, inutile, dannosa, ladra.

Ora, è perfino possibile che qualcuno degli spaccatori di ieri si sentisse delegato di questa disperazione, e per questo abbia spaccato: nel caso sappia tuttavia che la delega se l'è inventata lui, che i disperati manco sanno chi sia - e di lui comunque non gli frega nulla. Così come nulla gli frega dei suoi conflittuali obiettivi, né di chi oggi condanna, si indigna o distingue.

Il grande problema contemporaneo è proprio qui: nell'indifferenza totale degli invisibili. Alla politica, a ogni ipotesi di trasformazione sociale, alla violenza come alla non violenza.

Ce la cantiamo e ce la suoniamo tra noi, qui o altrove a litigare di politica, mentre fuori il mondo si fa disperatamente i cazzi suoi.

DALL'ESPRESSO BLOG - PIOVONO RANE

Sono d'accordo che le violenze,tipo quella di ieri è da condannare,ci mancherebbe altro,bastasse spaccare tutto per ottenere più giustizia sociale,e qui mi collego con le sue riflessioni,ovvero di quel popolo silente,disperato nel cercare di sbarcare il lunario,quasi come si vivesse staccato da ogni contesto.

E' ciò che vogliono,se un tempo remoto il dividi e impera consentiva il potere,ora è proprio il disinteresse a cui puntano per continuare a spadroneggiare,con i tanti piccoli disperati da manipolare,sbarrando e ostacolando a livello politico-mediatico chi vorrebbe organizzarsi politicamente da ciò esiste in questo momento.

Ricordando e puntualizzando senza incertezze,che le forme di violenza del potere si materializzano con la precarietà,gli stipendi da fame,gli stage lavorativi gratuiti,e le ricchezze spropositate dei manager,altro che meritocrazia,ciò che vediamo di questi tempi è il moderno schiavismo che hanno organizzato puntando sull'oblio e la rassegnazione,un po' come far ingoiare merda, con i degustatori che gradiscono come se fosse ottimo cioccolato.

per eventuali notifiche - iserentha@yahoo.it

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