giovedì 5 febbraio 2015

Quando la madonnina Boschi diventa Pinocchio













Il fact checking è passato di moda: la cazzata (meglio se in tv) è libera

di Alessandro Robecchi

Devo essermi perso qualcosa a proposito di una moda abbastanza recente, molto propagandata e di cui tutti parlano bene, la moda del fact checking. Non è colpa mia se si dice in inglese (mi adeguo), ma tanto per spiegare di cosa si tratta consiglio la lettura di quel vecchio gioiellino che è Le mille luci di New York, primo romanzo di Jay McInerney (1984), dove il protagonista, prima che gliene capitino di tutti i colori, lavora al “Reparto Verifica Fatti” di una famosa rivista. Un lavoro spossante: se un articolo dice che il tale tizio aveva un cappello di pelliccia, lui si attacca al telefono e controlla: è vero? Che pelliccia? Di che forma? Ok, ok, paradosso letterario. Esagerato controllare ogni virgola. E però, sull’onda del sempiterno innamoramento per il giornalismo anglosassone e con la spinta del citizen journalism, sembrava che il fact checking avesse preso piede anche qui, o almeno se ne faceva un gran parlare. Poi capita che un ministro – la ministra delle riforme Boschi – vada in tivù, ospite di una popolare trasmissione (L’Arena, Raiuno) e, nel difendere una contestata norma prima approvata dal Consiglio dei Ministri e poi ritirata con imbarazzo, citi una legge francese. Insomma, è il succo, qui si fa tanto casino per uno sconto con soglia del tre per cento a chi froda il fisco, mentre in Francia quella soglia è del dieci per cento. Spettatori: tra i tre e mezzo e i quattro milioni di persone.
Ecco. Verifica fatti. Fact cheking. Uno si aspetta, il giorno dopo, elaborate infografiche sui giornali, sapienti schemini che mettano a confronto la legge francese con quella italiana. Un lavoro di verifica che riveli alcune cose come, per esempio, che la legge francese dice ben altro, che riguarda l’evasione per errore (per carità, può capitare) ma non la frode, che la soglia è fissata in una manciata di euro (153 per la precisione), che riguarda singole voci dell’imponibile e non, come si è proposto qui, l’intero utile lordo (l’imponibile) di un’azienda, che è una bella differenza. Invece niente, con l’eccezione di questo giornale, qualche sito particolarmente attento e qualche tweet spiritosello.
Ecco. Non è che interessi più di tanto qui dirimere la questione dello sconto fiscale, o tracciare una differenza tra chi sbaglia la dichiarazione dei redditi e chi invece tira a fregare. E nemmeno riflettere su come e se e quando (il 20 febbraio) verrà riproposta, magari riveduta e corretta, la norma. Ci fermiamo un passo prima, e cioè su come e se e quando si possa intervenire con una “verifica fatti” su vere e proprie bugie conclamate, insomma se la moda del fact checking sia una cosa che resiste ai tempi e al fascino di chi mente o se sia uno di quei capi che si tengono nell’armadio e si indossano solo ogni tanto, quando fa comodo. Se così fosse, allora liberi tutti. Sapete cosa fanno in Nuova Zelanda a chi guida contromano? Gli offrono un gelato. E sapete in Polonia cosa accade a chi caccia di frodo? Niente cinema per due anni. Vale tutto, tutto è buono e tutto passa, scorre via come acqua nei tubi e più ampia è la platea che si è abbeverata ai rubinetti della bugia e più sembrano patetici e innocui i puntini rimessi sulle i da pochi volenterosi e tignosi “verificatori di fatti”. Tutto qui: si discute molto di premi di maggioranza nelle leggi elettorali, passate e future, e si pensa poco ai premi di maggioranza concessi alle bugie di chi comanda. Lo sapete che in Scozia se frodi il fisco ti regalano una cornamusa? Ah, non è vero? E vabbé, pazienza.

Da Alessandro Robecchi.it

Come prendere atto che dopo vent'anni non è cambiato nulla,una diffusa parte del paese si beve quello che passa la Tv,il  vecchio convento,e fa solletico la sua puntualizzazione e quella del Fq online la sera stessa,i numeri danno ragione alla madonnina pinocchietta....

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