sabato 28 febbraio 2015

La diseguaglianza sociale













Lo spread, le aspettative, la realtà

di Alessandro Gilioli

Di fronte alla previsione di uno 0,1 di crescita e allo spread sotto i cento punti, la politica si è divisa prevedibilmente in due: quelli che "la crisi sta per finire" (Renzi e alleati) versus quelli che con lo spread basso e lo 0,1 di crescita ci facciamo la birra finché abbiamo il record di disoccupazione che abbiamo (sentivo ieri Salvini sostenere questa tesi in tivù, ma è la stessa che viene anche da altre opposizioni).

Un po' sono vere entrambe le cose, peraltro.

Sulla prima c'è da fare poco gli schizzinosi: pagare meno interessi sul debito è evidentemente cosa buona per un Paese; e il combinato disposto tra la svalutazione dell'euro e il calo del petrolio ha dato una botta all'export che non si vedeva da tempo.

Anche sulla seconda cosa però non c'è da fare a pugni con la realtà: se e come quei dati si tradurranno in maggior lavoro e in maggior benessere diffuso è cosa su cui nessun economista scommette; e anche nel caso i dati macroeconomici continuino a essere decenti, non è escluso lo scenario di una "jobless recovery", in presenza della la quale con i buoni numeri d'altro tipo continueremmo a farci la birra.

Inoltre sappiamo che per tornare ai livelli pre-crisi occorrerebbero comunque decenni, ad esempio; e - soprattutto - che molte delle cose decise dalla politica con la motivazione o l'alibi della recessione sono ormai qui per restare anche se la crisi dovesse mordere meno: l'età pensionabile che è diventata tra le più alte d'Europa, la licenziabilità che in qualche anno sarà universale, i nuovi rapporti di forza nelle aziende tutti a favore dei datori di lavoro e dei loro manager. Inoltre si è creata in questo Paese una fascia di persone molto vasta che si trova in condizioni di povertà spaventose e ignorate dai media.

Insomma, non è una passeggiata per i nuovi adulti né tanto meno per la classe media che in questi anni si è impoverita e probabilmente non vedrà mai in vita sua il benessere di prima.

Ecco perché la battaglia narrativa che vediamo in politica in questi giorni sui numeri di spread e crescita (Renzi e la maggioranza da una parte, le opposizioni dall'altra) ha comunque il fiato corto. Perché nel giro di un anno o due vedremo se questi dati si trasformeranno o no in un contesto di realtà accettabile per la maggioranza del Paese. Vedremo cioè se alla fine della fase più feroce della crisi, se ne è usciti in una condizione decente dal punto di vista esistenziale, materiale e di speranze, vuoi individuali vuoi familiari.

Da questo dipenderà anche la tenuta dell'establishment e dell'ultima carta che ha giocato, cioè Renzi (dopo il flop di Monti e la meteora Letta).

Le aspettative mediatiche create in questi mesi sono tuttavia alte - e questo rappresenta un rischio di delusione ancora maggiore.

DALL'ESPRESSO BLOG - PIOVONO RANE

Esiste troppa diseguaglianza sociale nelle aziende,è fuori dal mondo che ci siano differenze abissali tra manager e semplici lavoratori,e mi riferisco agli stipendi dei quarantenni e cinquantenni,poichè se si va a verificare ciò che prendono i neo assunti da alcuni anni,personalmente la considero "macelleria aziendale".

Non può esistere alcun rilancio dell'economia con quelle retribuzioni straccione,e vale per i pochi che uno straccio di lavoro hanno la fortuna di reperirlo,con o senza jobs act.

P.s.

Mi sono accorto casualmente su wikipedia,che oggi è il suo compleanno Gilioli.

Auguri!

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