giovedì 4 dicembre 2014

Alla memoria dell'imprenditore galantuomo Leonardo Martini
















Capitale umano

di Massimo Gramellini

E poi, per fortuna, ci sono ancora storie come questa. Leonardo Martini era un artista dei cruscotti per auto. Intorno al suo talento imprenditoriale aveva costruito una piccola azienda che dava da vivere a venticinque famiglie nel Vicentino. Alla boa dei settant’anni è stato colto da un male rapido e implacabile. Non aveva figli e la sua ossessione era che la fabbrica a cui aveva dedicato l’esistenza finisse in mani asettiche o malfidate. Così, sul letto di morte, ha deciso di lasciarla ai suoi operai. I quali forse adesso si scanneranno, dando ragione alla massima secondo cui l’unica società che funziona è quella dove gli azionisti sono in numero dispari inferiore a tre. O magari no, perché l’esempio non muore necessariamente con chi lo dà.

Ma qualunque sarà l’esito finale dell’eredità di Leonardo Martini, nulla potrà cancellare la speranza che il gesto di quell’uomo ha donato a questi giorni tristi e terribili, attraversati da lupi mannari che straziano le carni di una comunità nazionale già indebolita dalla crisi con sopraffazioni continue. Il capitalismo sociale non è un controsenso, ma un pezzo di storia italiana che forse ci eravamo dimenticati. In Italia non tutto è mafia, corruzione o finanza spietata che sposta i capitali come fiches, infischiandosene delle conseguenze sulla vita delle persone. Esistono, e resistono, tanti Martini che si ostinano a considerare la loro azienda un bene comune e i loro dipendenti degli esseri umani, degli amici, talvolta persino dei figli.



Un gesto più unico che raro,non avendo eredi diretti ha potuto compiere il nobile gesto,ora saranno i lavoratori dell'azienda nel riuscire a nobilitare il galantuomo,affinché l'esperienza possa e forse diventare un trend ove possibile.

In questi tempi di job act straccione,questa storia pare quasi un oasi nel deserto.

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