mercoledì 29 ottobre 2014

Lo straconosciuto intreccio media-potere












Ri-media

di Alessandro Gilioli

Dopo l’uscita alla trasmissione di Barbara D’Urso, Matteo Renzi è andato da Lilli Gruber e poi ha rilasciato un’intervista a “Oggi”.

Il ritorno in video di Gruber era un evento atteso, dopo la malattia della conduttrice. Non era una puntata qualsiasi, insomma, e Renzi l’ha colta al volo.

“Oggi” è invece un potente settimanale popolare, molto radicato in un target di lettori medio-basso fin dai tempi in cui fu lanciato da Edilio Rusconi. Il numero a cui Renzi ha concesso l’intervista è particolarmente pompato dall’editore, perché è quello che ne festeggia il 75° compleanno.

Sceglierlo per la prima intervista post Leopolda, e dopo le due comparsate televisive di cui sopra, mi pare che in termini comunicativi confermi due o tre cose a proposito del declamatissimo mito della “disintermediazione” mediatica renziana.

Primo: il premier usa i vecchi media “intermedianti” eccome. Solo che li sceglie diversamente dai suoi predecessori del Pd. Se Veltroni e D’Alema si parlavano a suon di pallose interviste tra “Corriere” e “Repubblica”, lui invece parla agli imprenditori attraverso “il Sole 24 Ore” e alla pancia del Paese attraverso la D’Urso, Gruber e “Oggi”. Probabilmente si tratta di scelte più azzeccate. Ma che non hanno nulla a che vedere con la disintermediazione.

Secondo: questo tipo di scelte non è nuovo. Berlusconi è sceso in campo usando le trasmissioni popolari di Mike Bongiorno, Raimondo Vianello e Davide Mengacci. Il suo “Oggi” si chiamava “Chi”. La novità, semmai, è che adesso lo fa il leader del Pd. Ma, di nuovo, non è certo comunicazione 2.0, please.

Terzo: se si escludono i tweet talvolta compulsivi (peraltro spesso lanciati per essere ripresi dall’Ansa e di lì finire sui giornali) non si registrano allo stato altre forme di comunicazione recenti che siano ispirate alla disintermediazione, cioè al colloquio diretto e non filtrato dai gatekeeper della comunicazione. Al contrario, si nota una crescente e studiata tendenza a creare frasi ad effetto, immagini e slogan (dal “Fassina chi?” fino al “gettone che non entra nell’iPhone”, passando per i “professoroni” e i “gufi” etc etc) che si prestano proprio a essere amplificati dai media e a diventare, attraverso questi, immaginario vincente e produttori di consenso.

Insomma, mi pare un po’ pigra, o quanto meno esagerata, l’immagine di Renzi che “disintermedia”.

Al contrario, usa i vecchi media, scegliendo bene quali usare, come cercano di fare tutti i politici: qualcuno con più efficacia qualcuno con meno.

Fra l’altro, se parliamo di Rete: le e-news, che abbondantemente Renzi utilizzava quando era sindaco, sono praticamente abbandonate; il sito Matteorenzi.it è fermo oggi alla presentazione della Leopolda (che è invece stata veicolata su tutti gli old media) ed è aggiornato pochissimo; e anche su Facebook l’attività di Renzi è scarsina, l’interattività peggio.

(Semmai, quindi, si tratta di intendersi sul concetto di “disintermediazione”, dato che forse alcuni intendono con questo termine “puntare a piacere più alla pancia del Paese che al suo establishment e ai gatekeeper mediatici”; ma questa è altra questione, che comunque passa attraverso i media e che in Italia ha precedenti carismatici che vanno da Mussolini a Grillo, passando per Craxi e Berlusconi, ciascuno con i suoi mezzi e le sue strategie).

DAL BLOG L'ESPRESSO PIOVONO RANE

Direi che le riflessioni sull’intreccio tra potere e media non sono una novità, da vent’anni lo sopportiamo sulla propria pelle.Il vecchio può riposarsi e sta permettendo il successo del giovane,con tutte le garanzie concordate.

La cosiddetta pancia del paese può continuare ad essere veicolata,un laboratorio che continua ad aver successo poiché la nostra non è una società evoluta,questo modello non è esportabile in Europa,quella democraticamente sviluppata,non attecchirebbe.

per eventuali notifiche - iserentha@yahoo.it

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