giovedì 23 gennaio 2014

Italiani all'estero:Due testimonianze opposte


“Italiani all’estero, ecco come non passano le loro giornate”

Italiani all’estero, ecco come passano realmente il loro tempo

di Matteo Cavezzali

Tutto era iniziato con la fuga dei cervelli. Vi ricordate? Giovani talentuosi che andavano all’estero per dare pieno appagamento al proprio talento. Poi hanno iniziato ad andarsene pure quegli altri. Quelli normali, diciamo. Che non si sa mai, all’estero, magari ‘sti inglesi o ‘sti fiamminghi sono zucconi e ci facciamo comunque una bella figura. E quello è stato l’inizio della fine.

Ma poi per le feste tornano tutti a casa. Per abbuffarsi di lasagne e tortellini, per salutare i parenti. Ma soprattutto, per spiegare a noi “italioti” come si sta al mondo. Vuoi mettere la soddisfazione? Là in Svezia o in Francia è pieno di italiani, e dirlo con loro non dà gusto, invece venirlo a spiegare a noi… che siamo ancora qua a vedere il faccione di Silvio al Tg come negli anni ’90, che siamo ancora qua a sorbirci il campionato la domenica, a litigare al semaforo, a fare la fila alle poste e a pagare il canone Rai… dirlo a noi sì che dà gusto.

E allora parte il disco, che loro mica lo sanno che la stessa cosa te l’hanno già detta gli altri dieci prima di loro, uguale. O forse lo sanno benissimo, ma tanto fa niente. E si comincia con i “Ma come fai a stare ancora in Italia?” e i “Che paese incivile”, e i “Ma qua da voi non cambia mai niente” e io gli risponderei “Da voi?! Ma da voi cosa, che stai a Londra da tre settimane! Che se non lo scrivevi venti volte su facebook non se ne accorgeva nessuno che non c’eri più e pensavano che c’avessi avuto un’influenza”. Ma non è finita perché poi rincarano la dose con l’immancabile: “Se uno come te, con le tue idee, venisse a London (!?) sai quante cose faresti?”. Ma de che?

E allora ho deciso di andarli a trovare tutti. Andare a vedere dove stanno, cosa combinano e se stavano bluffando. Ma non era possibile, ci voleva troppo tempo. Allora ho chiesto in giro. Ho fatto “un’indagine trasversale” diciamo. Ed ecco cosa fanno i cervelli all’estero:

1. Girano solo con altri italiani. Sì, avete capito bene, se ne sono andati perché “basta degli italiani non ne posso più” e girano solo con italiani (i sardi poi girano solo coi sardi).

2. Sanno tutto dell’Italia, in particolare di Berlusconi e della sua vita sessuale. Se ne sono andati per non sentirne più parlare e poi evidentemente gli è venuta nostalgia.

3. Hanno freddo. Vivono in paesi in cui spesso non sorge nemmeno il sole. Stanno morendo di freddo, ma non lo ammetteranno mai. Mai.

4. Mangiano da schifo. Pesce affumicato, wurstel, orsetti gommosi, patate fritte. I più fortunati trovano un asporto cinese o un kebabbaro. Cercano disperatamente una pizza decente, alcuni giurano anche di averla trovata. Ma stanno mentendo.

5. Fanno lavori del cavolo che in Italia non avrebbero mai fatto. Se ne sono andati al grido di “Non posso stare in Italia a pulire dei cessi, ho una laurea io!” e ora puliscono cessi a Nantes. Che vuoi mettere un cesso di Nantes contro un cesso di San Lazzaro di Savena!?

6. Fregano. Sì, proprio come gli italiani qua, non pagano il biglietto del tram, passano con il rosso, cercano in ogni modo di evadere le tasse. E si credono ancora più furbi perché anche se sono in un paese “serio” e “europeo” riescono a farla franca.

7. La nota più dolente. Non possono più tornare in Italia senza un senso di fastidio. Non tanto per il fatto di essere in un paese allo sbando, ma perché non potrebbero mai ammettere di aver scoperto di essere anche loro solo degli italiani.

Ps: il contenuto di questo post è dettato prevalentemente da un sentimento che alcuni mi dicono chiamarsi invidia. Molti dei miei migliori amici vivono oggi a Parigi, Londra, Berlino, Bruxelles, Monaco, Barcellona. Ho per altro scoperto con grande stupore che leggono anche le cose che scrivo quindi: Volevo dirvi che vi voglio molto bene e non parlavo assolutamente di voi. Davvero. Poi ve lo dico di chi stavo parlando. Ma in privato. Quando tornate per le prossime feste.




Italiani all’estero: saluti dal Canada felix

di Ernesto Salvi

Vivo a Vancouver da lunedì 11 agosto 1997 e la prima cosa che ho pensato dopo aver letto il post di Matteo Cavezzali è stata: “ma-che-diavolo-ne-sai-tu-di-quello-che facciamo-noi-all’estero?

Poi, con calma, ho acceso il computer ed ho iniziato a scrivere.

Noi italiani in esilio non non siamo siamo né cervelli in fuga né giovani particolarmente talentuosi. Noi siamo gente normale che vorrebbe avere una vita normale in un paese normale.

Normale è un paese dove le tasse non cambiano nome ogni 5 giorni, normale è una paese in cui all’ufficio postale non vendono pentole, normale è un paese in cui i pregiudicati non fanno riforme costituzionali.

Noi, è vero, sappiamo tutto di Silvio, lo sappiamo perché dobbiamo difenderci da risolini e battutine dei nostri concittadini e lo sappiamo perché Silvio fa notizia anche da noi.

E’ vero, provo un piacere sottile nel vedervi fare la fila alle poste, litigare al semaforo e nel vedervi sommersi di carte, scartoffie e timbri. E’ una sensazione che provo “non perché sia un dolce piacere il tormento di qualcuno, ma perché è dolce vedere da quali mali tu stesso sia privo” (Lucrezio, Libro 2, vv. 1-61)

Secondo Cavezzali noi:

1. Giriamo solo con altri italiani. Non è vero, non avremmo mai imparato la lingua del posto.

2. Sappiamo tutto dell’Italia. E’ vero, ci informiamo su internet che è un tantino più libera del Tg4.

3. Abbiamo freddo. Vi informo che ormai siamo non solo a Londra o a Vancouver ma anche in Messico e in Costa Rica.

4. Mangiamo da schifo. In Italia nessuno mangia wurstel, pesce affumicato, orsetti gommosi e patate fritte?

5. Facciamo lavori che in Italia non avremmo mai fatto. E’ vero, nell’estate del 1986 non sono andato in vacanza, ho pulito i cessi di un fast food di King’s Cross a Londra per imparare l’inglese. L’ho fatto con la speranza di un futuro migliore, futuro che è puntualmente arrivato. Pulire i cessi di Londra, vi assicuro, è cosa ben diversa dal pulirli a San Lazzaro di Savena.

6. Freghiamo. Guarda, caro il mio Cavezzali, l’Italia e’ il paradiso dei ladri. Quasi tre gradi di giudizio, prescrizione breve, processo lungo, decreti svuota-carceri, amnistia, indulto, condono ed indulgenze parziali, plenarie con annesse benedizioni urbi et orbi. Se avessimo voluto delinquere impunemente (o impunemente peccare) saremmo rimasti da quelle parti.

7. Non possiamo tornare in Italia senza un senso di fastidio. E’ vero esattamente il contrario. Quando torniamo in Italia (lo faccio ogni anno) ci rendiamo conto di quanto siamo fortunati all’estero. Mangiamo, beviamo e visitiamo le città d’arte. Poi vi lasciamo in fila alle poste, con l’Imu, la Tasi, la Tarsu, la Ius e la Service Tax da pagare, con servizi pubblici da terzo mondo, scuole sgarrupate e le antenne arrugginite di Marconi sui tetti mentre sui giornali si discute da 9 anni del sistema elettorale inglese, israeliano, tedesco ed ora spagnolo corretto alla francese in salsa pregiudicata con 3 sbarramenti, coalizioni, doppio turno e listini bloccati.

Prima di salutarvi auspico che usciate dall’euro (la causa di tutti i mali) prima della prossima estate: con le bungalire le nostre vacanze in Italia costeranno molto meno.

Saluti dal Canada felix.



Due posizioni contrapposte,ognuno si sarà fatto un'idea,la realtà dei giovani o meno giovani lavoratori che vivono oltre confine potrebbe essere di molte tonalità,il bianco o il nero,misto al grigio chiaro-scuro,parrebbe come generalizzare ed è un pò come sparare a caso,esisteranno entrambi gli stereotipi,non ho testimonianze personali a riguardo,ma sono dell'idea che la stragrande maggioranza cerca di impegnarsi bene,le opportunità al contrario del nostro paese pare ci siano,e la meritocrazia è un particolare abbastanza praticato,cosa rara sulle nostre latitudini.

Sul sondaggio non ho perplessità,sono con la maggioranza di chi ha scelto.

per eventuali notifiche - iserentha@yahoo.it

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