venerdì 4 gennaio 2013

I pifferai mediatici che la Tv non conta in campagna elettorale






L’Era Glaciale

di Marco Travaglio

Sono vent’anni che alcuni noti paraculi detti “terzisti” ci spiegano come la televisione non sposti voti. Naturalmente lo sanno benissimo che li sposta eccome, tant’è che i politici fanno a gara per andarci, possedendola o almeno controllandola. Ma i terzisti non vogliono prender posizione per non inimicarsi nessuno, e insistono con la favoletta che la tv non conta. Ancora a luglio Pigi Battista scriveva sul Pompiere che “il controllo della Rai, nella Seconda Repubblica, non ha portato ai partiti nemmeno un voto”, con buona pace degli “ossessionati del ‘decide tutto la tv’... un minimo di aderenza ai fatti dimostra che il controllo più o meno soffocante della Rai non ha mai favorito il partito dei controllori”. Ora potrebbe spiegarlo al professor Monti e al cavalier Berlusconi, cioè al nuovo padrone della Rai e al vecchio padrone di Mediaset, che da giorni bivaccano da una rete all’altra in ogni programma a ogni ora del giorno e della notte, con relative piaghe da decubito. Presto l’uno farà capolino dietro i cirri e i nembi del meteo l’altro, per non esser da meno, sbucherà dal segnale orario. Perchè lo fanno, incuranti delle lezioncine dei Pigi? Perchè a ogni comparsata guadagnano punti nei sondaggi, a scapito di chi in tv non c’è mai (o, se c’è, è per esserne massacrato, come Grillo e Di Pietro). Le cose non andrebbero così se in tv i padroni di casa fossero i giornalisti e le balle dei politici venissero rintuzzate a una a una (oggi pubblichiamo una mini antologia delle ultime di B. e Monti). Invece i padroni sono i politici: compreso Monti che, travestito da tecnico, s’è nominato il presidente e il direttore generale Rai (Tarantola & Gubitosi) e il presidente dell’Autorità delle Comunicazioni (il bocconiano Cardani), poi ha gettato la maschera ed è passato alla cassa. Inutile inseguire i moniti dei vertici Rai, i regolamenti e le par condicio dell’Agcom, i gridi di dolore dell’ottimo Zavoli, le batracomiomachie fra commissari della Vigilanza che non han mai vigilato su niente. Le chiacchiere stanno a zero, a due mesi dalle urne la partita è chiusa: quella televisiva, e dunque quella elettorale. Chi sta in Parlamento fa il bello e il cattivo tempo in tv, chi sta fuori non può nemmeno avvicinarsi per farsi conoscere dagli elettori. E purtroppo nessuno è autorizzato a indignarsi. Non il centrosinistra, che non ha mai sfiorato il conflitto d’interessi, preferendo mettersi a tavola e raccogliere le briciole (Rai3 e Tg3); e negli ultimi quattro mesi, grazie alle primarie, ha monopolizzato 213 ore nei tg e 21 negli altri programmi fra Renzi e Bersani. Non Monti, che vanta 160 ore di presenza nei soli tg, fra notizie, dichiarazioni e interviste nella sua veste di premier e di candidato-non candidato. Non B., che possiede Mediaset, occupa mezza Rai e, dopo un anno di autoesilio televisivo (per non dover giustificare l’appoggio a Monti), nell’ultimo quadrimestre ha avuto nei soli tg di 100 ore per sé e 325 per il suo Pdl. Non Casini, che è dappertutto. Potrebbe, anzi dovrebbe lamentarsi Grillo, che nei tg vanta 27 ore, quasi sempre appaltate ad altri per dipingerlo come la reincarnazione del Duce. Ma non può perché l’ha detto lui che “la tv è morta” e non bisogna metterci piede, a vantaggio di Internet che però in certe fasce sociali e in certe regioni resta un oggetto misterioso. Insomma, tutti fanno da alibi a tutti. E chi più ne risente sono i movimenti nuovi come Rivoluzione Civile di Ingroia & C., che non appaiono da nessuna parte e molti elettori non sanno neppure che esistano.
Ps. A Domenica In, quand’è entrato B. per la cosiddetta intervista con Giletti, la temperatura dello studio è stata abbassata di una decina di gradi perché le mummie, intorno ai 20, si sciolgono. È l’inizio dell’ibernazione. Ma anche la migliore metafora della televisione italiana, dunque della politica italiana.



Poveri fruitori della Tv,è da un paio di settimane che esercitano uno zapping mostruoso pur di non vedere mister loden e il caimano,i nuovi elettori del bocconiano e i vecchi del caimano,li voterebbero ancora anche se non li sopportano più.

Una "sindrome di stoccolma" epocale che si spegnerà con la dipartita degli attuali torturatori,purtroppo anche i prossimi che deterranno il potere hanno capito come si possa riuscire facilmente a mantenerlo,è sufficiente promettere qualsiasi cosa in un caso e non fare nulla dopo o affermare seriamente che i sacrifici sono necessari solo per i soliti e con le banche ed enti religiosi ad esserne esenti.

E da quella scatola che trasmette immagini lo spettacolo può continuare...

&& S.I. &&

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