mercoledì 19 dicembre 2012

Il quarto polo arancione:Ingroia si,Ingroia no



È l’uomo giusto per la nuova resistenza

di Oliviero Beha

IN ALTRI TEMPI sottoscriverei per intero il fondo di ieri del Direttore su Ingroia, “meglio magistrato che politico”. Esattamente per i motivi indicati da Padellaro, troppo ovvi e sensati per doverli ripetere. Magari aggiungendo che un Ingroia che non cambia pelle sarebbe una buona notizia in un Paese camaleontico in cui spesso i magistrati in politica hanno fatto danni scomponendo l’idea stessa del giudice che segue una legge uguale per tutti. La politica è roba di parte e di partito, dunque per certi versi proprio l’opposto. Ma i tempi sono questi, e con questi dobbiamo fare i conti. Siamo ancora ben dentro una stagione di “pace incivile” in un Paese più stravolto che nel secondo dopoguerra. Se Ingroia intende rappresentare una resistenza al degrado e al disonore come ha fatto da magistrato specie nell’ultimo clamoroso caso del negoziato “Stato-mafia” e insieme un nuovo inizio, bè, mi si dimostri che c’è in giro di meglio e solo allora converrò con il Direttore. Questo in via di principio. Andando alla sostanza politico-elettorale della questione, per cui il nascente o neonato Quarto Polo sub specie arancione rischierebbe un autentico flop elettorale con le conseguenze immaginabili per Ingroia e coloro che gli stanno vicino, qui il discorso è ancora più semplice: costruire in poche settimane una base elettorale resistenziale e innovativa è certamente un’impresa, ma guardandosi attorno è forse l’unica impresa politica degna di nota in tempi così grami. Quindi capitalizzare la stima e le firme per il magistrato senza macchia e senza paura che non ha guardato in faccia nessuno, dal Colle in giù, in chiave elettorale dovrebbe essere un piacere e un onore, non un miraggio. Altrimenti vorrebbe dire che “cambiare non si può né si deve”.


Rischia di buttare a mare la sua coraggiosa storia

di Marco Lillo

NON BISOGNA leggere i giornali berlusconiani per capire perché la candidatura di Ingroia è un errore, un danno alle indagini e uno sfregio all’immagine della magistratura. Per capire perché Ingroia non deve candidarsi basta leggere la sua memoria nell’indagine sulla
trattativa Stato-mafia.
In quel documento, firmato assieme ai colleghi Di Matteo, Del Bene e Tartaglia, Ingroia scrive che “due sono i politici-cerniera, le cinghie di trasmissione della minaccia della mafia allo Stato: Mannino prima e Dell’Utri dopo”, aggiunge che “il lungo iter della travagliata trattativa trovò finalmente il suo approdo nelle garanzie assicurate dal duo Dell’Utri-Berlusconi” con l’avvento della Seconda Repubblica e “la definitiva saldatura del nuovo patto di coesistenza Stato-mafia”. Ingroia ha scritto questo atto d’accusa devastante per Mannino e Dell’Utri, ma anche per Berlusconi solo il 5 novembre scorso. Tre mesi dopo competerà alle elezioni, magari con Dell’Utri e Mannino, mentre a Palermo è in corso l’udienza che dovrà stabilire se ci sono le prove per mandare a giudizio i suoi ex indagati e futuririvali.Qualcunomeditaaddiritturauna sua velleitaria candidatura a premier, magari contro quel Berlusconi accusato da Ingroia di aver siglato un patto con la mafia. Se si candidasse davvero, Ingroia permetterebbe a Berlusconi di passare per vittima e squalificherebbe la sua coraggiosa ricerca della verità sulle stragi e le origini di Forza Italia a mera arma di lotta politica. Tutto questo per cosa? Per creare una lista di ex pm alleati di Pd e Sel? Talvolta è più difficile dire “Io non ci sto” che scrivere appelli intitolati “Io ci sto”. Dottor Ingroia ci ripensi: è meglio essere ricordato per la foto ingiallita con il suo maestro Paolo Borsellino piuttosto che per una spruzzata di arancione sulla foto di Vasto.



Sono interessanti entrambi le versioni,personalmente nulla da eccepire sulla nascita del quarto polo,per come sono messi gli altri tre,ho speranze di intravedere una poltica diversa dalla solita casta e da un paio di guru che pretendono d'avere delle marionette al loro servizio.

Nutro forti perplessita' sulla candidatura del P.M. emigrato di recente in Guatemala,la serieta' non e' in discussione,ma le recentissima inchiesta stato-mafia e il breve tempo per preparare la campagna elettorale rischiano di bruciarlo,insieme al movimento.

&& S.I. &&

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2 commenti:

Tina ha detto...

Questa volta sono allineata con il tuo pensiero senza se e senza ma, ma anche con la parte finale di Marco Lillo, meglio essere ricordato in un foto in bianco e nero assieme a Borsellino che in arancione nella foto di Vasto, mi pare che nella foto di Vasto ci sia un ex magistrato che di guasti in politica ne ha saputi fare.

Buon pomeriggio Ivo ;-))

Ivo Serenthà ha detto...

Le elezioni ci saranno a breve,penso che l'organizzazione delle tante anime che comporranno il movimento sarà difficile metterla a punto,in ogni caso a parte le firme per potervi partecipare,pare che sia nata una vera e propria alternativa,composta da una società civile con i fiocchi.

Su Ingroia,se ritiene necessario rischiare la precoce scesa in campo,a lui il successo o la trombatura...

Saluti a te