sabato 1 settembre 2012

La morte laica di Carlo Maria Martini



LA MORTE “LAICA” DEL CARDINALE

Carlo Maria Martini ha scelto la fine senza accanimenti terapeutici

di Luigi Franco


Già quattro anni fa sentiva di essere ormai arrivato “nell’ultima sala d’aspetto”. Il morbo di Parkinson, però, gli ha lasciato altro tempo. I movimenti del corpo sempre più stanchi, la voce ridotta a un faticoso bisbiglio. Fino a ieri, quando a 85 anni Carlo Maria Martini si è avviato lungo il “duro calle”, come ha definito una volta la morte. L’ex arcivescovo di Milano non ha cercato di contrastarla. Anzi, ha rifiutato qualsiasi accanimento terapeutico.
Prima che le sue condizioni si aggravassero giovedì scorso, Martini era lucido. Non riusciva a deglutire più nulla, ma non ha voluto che lo alimentassero con tubicini o sondini.
NELLA STANZA dell’Aloisianum di Gallarate, la residenza dei padri gesuiti in provincia di Varese dove viveva da cinque anni, ha scelto per sé una fine analoga a quella che aveva giustificato per Piergiorgio Welby. “Non può essere trascurata la volontà del malato”, aveva scritto sul Sole 24 Ore nel gennaio del 2007, un mese dopo la morte di Welby, che affetto da distrofia muscolare chiedeva di essere staccato dai macchinari. “Le nuove tecnologie che permettono interventi sempre più efficaci sul corpo umano – continuava il cardinale – richiedono un supplemento di saggezza per non prolungare i trattamenti quando ormai non giovano più alla persona”. Martini, pur rifiutando la legalizzazione dell’eutanasia, era arrivato a sottolineare l’esigenza di una normativa che consentisse di “riconoscere la possibilità del rifiuto (informato) delle cure”. Parole che allora hanno provocato polemiche all’interno della Chiesa. E che hanno scosso il mondo politico, senza però che il Parlamento si sia mai mosso per cambiare qualcosa.
Il cardinale non aveva paura di affrontare gli argomenti più spinosi per la Chiesa. “In talune circostanze il profilattico è un male minore”, ha detto negli ultimi mesi da arcivescovo, parlando di Aids. Nel 2002, raggiunto il limite dei 75 anni di età, ha lasciato la cattedra di Ambrogio e da Milano si è trasferito a Gerusalemme. Lì, teologo e fine ebraista, si è dedicato agli studi biblici che lo hanno sempre appassionato. Soffriva già del morbo di Parkinson, una malattia che non ha mai nascosto. In Italia è tornato nel 2005 per partecipare al conclave dopo la morte di Giovanni Paolo II. Da alcuni media era stato dato anche come ‘papabile’, preferito dai cardinali più progressisti alla ricerca di un anti Ratzinger.
Martini e Benedetto XVI si sono incontrati l’ultima volta tre mesi fa, quando il papa era in visita a Milano per l’Incontro mondiale delle famiglie.
UN DIALOGO PRIVATO, lontano dai flash. Sette minuti in una saletta dell’arcivescovado, prima che Mar-tini facesse ritorno nella residenza di Gallarate, dove abitava dal 2008, dopo essere definitivamente tornato da Gerusalemme per curarsi meglio. Fuori dalla sua porta aveva chiesto che non venisse scritto “card”, ma un più umile “padre Martini”. Lì negli ultimi mesi ha incontrato il senatore del Pd Ignazio Marino per lavorare all’ultima delle sue tante pubblicazioni: ‘Credere o conoscere’, un libro uscito lo scorso marzo in cui vengono affrontate tematiche come la fecondazione artificiale , l’omosessualità, il celibato per i sacerdoti.
E ancora una volta l’eutanasia: Martini continuava a non approvarla, ma si è spinto ad affermare: “Non me la sentirei di condannare le persone che compiono un simile gesto su richiesta di un ammalato ridotto agli estremi e per puro sentimento di altruismo, come pure quelli che in condizioni fisiche e psichiche disastrose lo chiedono per sé”.
È stato voce di un cattolicesimo aperto al dialogo e al rinnovamento. Nato a Torino nel 1927 a 17 anni è entrato in seminario nella Compagnia di Gesù.
Nel 1979 papa Wojtyla lo ha voluto a sorpresa alla guida dell’arcidiocesi di Milano, città di cui è diventato uno dei simboli. La sua autorità è stata riconosciuta persino dalle Brigate Rosse: nel 1984 i militanti dei “Comitati comunisti rivoluzionari” gli hanno consegnato le armi in arcivescovado, chiedendogli di farsi mediatore per la ripresa del dialogo con lo Stato.
Di Martini si ricorderà anche la sua disponibilità ad ascoltare con attenzione chi non si professava cattolico: nel 1987 ha dato il via alla Cattedra dei non credenti, un’iniziativa che sarebbe durata fino al 2002 e che consisteva in incontri a tema aperti a tutti. “Dentro ciascuno di noi – sosteneva - un credente e un non credente dialogano e si inquietano a vicenda”. Oggi dalle 12 sarà allestita la camera ardente in Duomo, dove lunedì si terranno i funerali.



Un prete progressista che ha voluto lasciare l'ultima volontà in sintonia col proprio pensiero,sperando che il testamento biologico diventi realtà,ma sarà dura con i bacchettoni fondamentalisti di cui l'Italia è piena.

&& S.I. &&

per eventuali notifiche - iserentha@yahoo.it

3 commenti:

Unknown ha detto...

Naturalmente , mai sarebbe diventato Papa, perchè la Chiesa teme ogni idea che possa farle perdere il controllo sul suo gregge.
Cristiana

Gianna ha detto...

Di quanti "Martini" avrebbe bisogno la Chiesa!

Ivo Serenthà ha detto...

Come già scritto,mi auguro più sensibilità sull'argomento del testamento biologico.

Buona serata a voi