venerdì 20 luglio 2012

Il record dell'evasione fiscale e' tutto italiano



EVASORI MONDIALI

Record della pressione fiscale sugli onesti, colpa di chi non paga. E ora ci tocca ridurre il debito

di Stefano Feltri

Una, due, tre emergenze. E per affrontarne una si rischia di non riuscire a gestire le altre. La prima è quella fiscale. I dati sono noti, ma fanno sempre effetto: secondo un rapporto presentato ieri dalla Confcommercio in Italia la pressione fiscale reale, cioè quella percepita da chi le tasse le paga, è pari al 55 per cento. Per ogni 100 euro di Pil prodotti, un italiano non evasore ne paga 55 di tasse. Questo “record mondiale”, secondo Confcommercio, “dipende più dall'elevato livello di sommerso economico che dall'elevato livello delle aliquote legali”. Se non ci fossero 154 miliardi di evasione, insomma, le tasse sarebbero sostenibili (tesi questa non condivisa da molti).
PER RISOLVERE questa emergenza bisognerebbe ridurre le aliquote o combattere l’evasione fiscale. La prima opzione sembra impensabile in questo contesto: anche l’agenzia di rating Fitch ieri ha previsto un calo del Pil italiano dell’1,9 per cento nel 2012. La seconda offre risultati nel medio periodo e lo slancio del governo tecnico – dai blitz nei negozi a Cortina ai vincoli all’uso del contante – sembra un po’ esaurito. Se migliorare la situazione è difficile, peggiorarla è invece molto più semplice. L’occasione la offre il trattato internazionale ratificato ieri alla Camera, il fiscal compact imposto dalla Germania (traducibile come “patto di bilancio”). I partiti hanno mugugnato, i tre segretari della maggioranza ABC (Angelino Alfano, Pier Luigi Bersani, Pier Ferdinando Casini) non si sono neppure presentati in aula, qualche deputato del Pdl si è opposto, ma il trattato è stato alla fine ratificato con 368 voti a favore (non moltissimi) senza grandi polemiche. Eppure questo trattato, ora da confermare in Senato, blocca la politica italiana dei prossimi decenni. Recependo e integrando la normativa europea già in vigore del six pack (sei regolamenti e una direttiva), il fiscal compact prevede che l’Italia riduca ogni anno di un ventesimo la parte in eccesso del suo debito, cioè quella che supera il 60 per cento del Pil. Significa un risanamento da 45 miliardi all’anno circa. Se non si rispetta l’obiettivo, si rischiano sanzioni fino allo 0,1 per cento del Pil, che per noi sarebbero 800 milioni di euro, ma soprattutto si va incontro alla punizione dei mercati che ci mettono un attimo a scaricare sullo spread ogni perdita di credibilità nella gestione dei conti. Servono anche i capitali da conferire al Meccanismo europeo di stabilità, il nuovo fondo salva Stati creato da un altro trattato internazionale ratificato ieri: 14,7 miliardi entro il 2012, ma il conto può salire fino a 111 per il meccanismo “a chiamata” dei versamenti.
DOVE TROVARE tutti questi soldi? Il fiscal compact impone il pareggio di bilancio in Costituzione (e quello lo abbiamo approvato), cioè deficit zero. Tenendo il bilancio in avanzo primario, cioè avendo più entrate che uscite prima di considerare gli 85 miliardi di euro che paghiamo di interessi, il debito si riduce in automatico, soprattutto se c’è un po’ di crescita. Perché ogni anno c’è meno bisogno di rifinanziare il vecchio debito accumulato. Ma siamo da capo: se si esagera con le tasse, la recessione peggiora, il gettito cala, l’avanzo primario e il pareggio di bilancio diventano impossibili. Come ha calcolato il Sole 24 Ore, dall’inizio della legislatura le varie manovre che si sono accumulare hanno comportato un risanamento da 330 miliardi, 150 di tagli alla spesa e 180 di nuove tasse (guarda caso quasi il 55 per cento del totale).
E veniamo alla terza emergenza: lo scudo anti spread chiesto da Mario Monti è rimandato, ben che vada, a ottobre. Mentre lo spread resta altissimo a 480 punti e la situazione della Spagna – si avvertono scricchiolii nelle finanze pubbliche dopo la crisi del sistema bancario – rischia di trasmettere ulteriore instabilità all’Italia. Per questo Monti si sta preparando ad affrontare questa emergenza: i membri delle Commissioni bilancio sono allertati, non possono andare in vacanza perché devono poter tornare al lavoro in poche ore anche ad agosto.
Per fare che? Ovvio, vagliare provvedimenti urgenti: si parla di un taglio alle agevolazioni fiscali che eviti l’aumento dell’I-va anche nella seconda metà del 2013. Ci sono 177 miliardi di agevolazioni considerate eliminabili. C’è un dettaglio semantico: ridurre gli sconti fiscali significa, nella pratica, aumentare le tasse.
Che è proprio quello che rischia di peggiorare le altre due emergenze, l’eccesso di pressione del fisco sui contribuenti onesti e la tenuta dei conti nel medio periodo. I tre problemi andrebbero affrontati tutti allo stesso tempo. Ma questo sembra troppo anche per i tecnici.



L'evasione fiscale e il lavoro in nero sono cosi' radicati sul territorio,che non basterebbe un esercito molto nutrito di finanzieri per riuscire a debellare il fenomeno.
I controlli dimostrativi di alcuni mesi fa in alcune localita' dei cosiddetti vip,risultano specchietti per allodole,fanno effetto,riempiono i giornali ma girato l'angolo degli uomini in divisa tutto torna come prima.

E dire che basterebbe adottare la severita' di alcuni Stati,i quali reprimono senza pieta' i ladri della collettivita',mission impossible pero' in Italia.

&& S.I. &&


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