mercoledì 16 maggio 2012

Caso Mills-caimano:Una giustizia uguale per tutti...



Giustizia volontaria

di Marco Travaglio

L’Italia, com’è noto, è l’unico paese al mondo in cui si può uscire indenni da un processo anche se palesemente colpevoli. B. ne è la prova vivente, avendo collezionato una miriade di sentenze favorevoli che escludono regolarmente la sua innocenza: amnistie, indulti, prescrizioni, depenalizzazioni di reati fatte da lui stesso. Ora le motivazioni della sentenza sul caso Mills, depositate dalla giudice Francesca Vitale, aggiungono un’altra scappatoia alla sua invidiabile collezione: l’inutilizzabilità della prova regina. Non perché essa sia stata acquisita illegalmente, o estorta con torture o inganni. Anzi è un documento autentico e genuino, sequestrato dal fisco inglese e trasmesso ai pm milanesi: la famosa lettera con cui Mills confessava al commercialista Drennan di avere ricevuto da “Mr. B” 600 mila dollari in cambio di due false testimonianze per salvarlo “da un mare di guai”. Sentito dalla Procura, Mills confermò l’autenticità e la veridicità della lettera. Poi cambiò idea e disse di essersi inventato tutto. Versione ripetuta sia nel suo processo (concluso con la condanna in primo e secondo grado a 4 anni e mezzo e la prescrizione in Cassazione), sia in quello a carico di B. I giudici naturalmente credono alla prima versione, quella fedele al documento: la ritrattazione “è un atto di contrizione (mal) recitato per tentare di allontanare da B. ogni sospetto”, “infarcita di incongruenze, imprecisioni, inverosimiglianze”, “in sé non credibile”. Ergo – imporrebbe la logica – B. era colpevole e, se non fosse scattata la prescrizione una settimana prima della sentenza, sarebbe stato condannato? Eh no, troppo facile: la giudice Vitale fa capire che l’avrebbe assolto per insufficienza di prove. E non perché le prove fossero insufficienti (anzi c’era la lettera-confessione di Mills, confermata nel primo interrogatorio). Ma perché la prova regina è inutilizzabile. Motivo: la Cassazione nel 2009 avrebbe stabilito che, se uno accusa un altro per iscritto, questa non è una prova se non è “accompagnata da ulteriore illustrazione orale da parte dell’autore” in tribunale. Dunque Mills è un bugiardo quando ritratta, ma gli basta fingersi bugiardo l’unica volta che diceva la verità per “svuotare di significato quale mezzo probatorio la lettera e a cascata le deposizioni dei fiscalisti Drennan e Barker, genuini e attendibili”. Cioè: tutti, anche i giudici, sanno che B. è colpevole, ma “nessuna verità, neppur processuale, può dirsi raggiunta” (e pazienza se la Cassazione ha già accertato che Mills fu corrotto nell’interesse di B). Come dire: Riina scrive un pizzino in cui dice di aver ordinato a Tizio di uccidere Caio. Ma il pizzino può esser usato solo contro Riina. Per condannare Tizio, occorre che Riina confermi il pizzino o, si capisce, che Tizio confessi l’omicidio: se no Tizio è assolto con tante scuse. Tralasciamo altre amenità della sentenza. Tipo lo scaricabarile per dar la colpa della prescrizione alla Procura e all’altro collegio, presieduto da Nicoletta Gandus, che separò le sorti di Mills da quelle di B. dopo il lodo Alfano per riuscire a giudicare almeno Mills (non l’avesse fatto, anche Mills avrebbe avuto la prescrizione nel 2012 senza neppure una sentenza). O i silenzi sulla ex Cirielli (che tagliò la prescrizione da 15 a 10 anni) e sul tempo perso dalla stessa Vitale, che partì nel marzo 2011 con un rinvio di due mesi e tenne udienza solo il lunedì a gentile richiesta di B., salvo poi svegliarsi sul filo di lana; o sulla scelta suicida di far sentire due volte i testi dell’accusa, prima dal pm poi dalla difesa. Più seria la critica alla Corte d’appello, che fece prescrivere il processo alla vigilia del verdetto dichiarando ammissibile la ricusazione presentata in extremis dai legali di B. e fissando in ritardo l’udienza per respingerla: chissà se il Csm valuterà eventuali responsabilità disciplinari dei giudici di appello. Da oggi comunque, almeno per i potenti, vige la giustizia volontaria: può essere condannato solo chi ne fa espressa richiesta, e non è mica detto.



L'aver stralciato una prova cosi' palese.dichiarandola non ammissibile,equivale alla fine della giustizia,si potesse ricorrere alla possibilita' di far radiare dall'albo dei professionisti un giudice del genere,perlomeno potrebbe ridare un minimo di fiducia alla giustizia stessa.

&& S.I. &&


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2 commenti:

francesca ha detto...

Articolo ineccepibile. A differenza di Marco,però, avrei aperto l'articolo dicendo che " In italia si può uscire indenni da un processo solo se colpevoli o palesemente colpevoli".
Ciao.
Francesca

Ivo Serenthà ha detto...

Trovo la tua riflessione amara,ma corretta,i cosiddetti reati dei colletti bianchi sono praticamente inesistenti,rischio zero per costoro.

Hai notato che le ragioni di questa sentenza,sono reperibili con questo risalto solo su Fq?

Ciao