sabato 7 aprile 2012

Lavoro:When a wonderful world al contrario




Dal blog-Espresso "piovono rane" di Alessandro Gilioli

Probabilmente lo vedremo bene negli anni che cosa significa concretamente il concetto di ‘manifesta insussistenza’ dei motivi economici che – secondo l’ultima riformulazione – consentirà al lavoratore licenziato di provare a ottenere il reintegro. Vedremo cioè se ha ragione Bersani quando esulta o Monti quando riduce l’eventualità a un’ipotesi accademica.

A occhio però mi pare che abbia ragione il secondo. Chiunque abbia un filo di esperienza in un’azienda sa benissimo che non c’è nulla di più facile per la medesima che dimostrare la sopravvenuta inutilità di un lavoratore e delle sue funzioni: basta affidargli una mansione non strategica, o inaridire gradualmente il senso della stessa nelle dinamiche di produzione, o esternalizzarla, o affidarla ad altri colleghi, o barbatruccare quanto basta i numeri con un paio di di partire di giro (specialità quest’ultima nella quale gli imprenditori italiani sono maestri riconosciuti worldwide).

Resta quindi abbastanza evidente il senso profondo di questa riforma del lavoro: spostare ancora un po’ più in là i rapporti di forza a favore di chi già li dominava, creare un clima se non di aperta paura almeno di maggiore sottomissione, insomma tutto fuori che il celebre ‘modello tedesco’, cioè un virtuoso patto sociale tra i diversi soggetti della produzione per uscire insieme dalla crisi.

Il tutto, senza affrontare il nodo più importante della questione, per quanto riguarda gli (ex) ‘garantiti’, cioè la riacquisizione degli skill professionali per essere decentemente al passo con un mondo del lavoro in cui i know how professionali cambiano del tutto ogni tre o quattro anni, quindi dove chiunque diventa obsoleto (e pertanto licenziabile, ma soprattutto non più riassumibile) se non cambia e rinnova le proprie vendibili capacità.

Tralasciando il resto, cioè la mitica facilitazione dell’ingresso nel mondo del lavoro, con il promesso e disatteso riordino del gran caos attuale e la bottarella finale ai precari per dare il contentino ai sindacati.

Questo è il piatto che ci hanno ammannito, alla fin fine.

I due obiettivi principali comunque sono stati raggiunti: salvare la faccia a Monti di fronte alla Bce e salvare la faccia a Bersani di fronte ai suoi potenziali elettori.

Ah, dite che che forse ci dovevano essere anche altri obiettivi?

Mi sa che non ci avevano pensato.



Non posso che condividere buona parte dell'articolo,chi se ne intende dell'habitat nelle aziende,può immaginare come diventeranno i rapporti tra i sottoposti e chi ha potere gestionale.

Rincresce fondamentalmente come vivranno le nuove generazioni nel mondo del lavoro,fino a quando il mix da sfruttati e maltrattati diventerà insostenibile e torneranno nuovamente le lotte sindacali,probabilmente molto movimentate....

&& S.I. &&


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2 commenti:

valerio ha detto...

Se un datore di lavoro non ti vuole più in fabbrica, non c'è articolo 18 che tenga , te ne devi andare,ti renderanno la vita lavorativa inferno.

PS ma questi politici hanno mai lavorato in fabbrica ? credo di no , ed allora come fanno a sapere cos'è?

Ivo Serenthà ha detto...

Non posso che condividere la realtà che hai descritto,vivo anch'io e conosco la situazione.

Questo passaggio voluto fortemente dagli imprenditori è per far si di giocare al ribasso delle retribuzioni,più precariato ci sarà meno dovranno spendere per i dipendenti.