venerdì 6 aprile 2012

Articolo 18-Grazie Fiom-Cgil,lavoratori,Il fatto quotidiano,Servizio pubblico e pochi altri




Col senno di prima

di Marco Travaglio

Sempreché sia vero che il governo ha fatto retromarcia sulla cosiddetta “riforma” dell’art. 18, è soltanto grazie alla Fiom, alla Cgil, all’Idv, a Sel, a un paio di programmi televisivi (tra cui Servizio Pubblico) e a un altro paio di giornali (tra cui Il Fatto), che hanno costretto Bersani a mettersi di traverso, sebbene l’ala confindustriale del Pd non ne volesse proprio sapere. In assenza di queste poche voci libere che fanno stecca nel coro del pensiero unico, il governo Monti sarebbe andato avanti come un caterpillar, spianando i diritti dei lavoratori e regalando un’altra arma di ricatto agli imprenditori. È una buona notizia, perché dimostra che nulla è ineluttabile, nemmeno dinanzi al sacro totem del “ce lo chiede l’Europa”. Quando pezzi importanti di società civile trovano un canale per manifestare visibilmente il proprio malcontento, lorsignori sono costretti a tenerne conto, anche se dispongono della più bulgara maggioranza politica, culturale e mediatica dai tempi del fascismo. Ma a questo punto qualche domanda si impone. Se, salvo trucchetti dell’ultim’ora, il governo ripristina la possibilità di reintegro giudiziario contro ogni tipo di licenziamento, compreso quello giustificato o mascherato da motivi economici, e cioè tutto torna come prima, che la fanno a fare la riforma dell’articolo 18? E, se Monti dice la verità quando afferma che la retromarcia non inficia la portata “storica” della riforma, perché per ottenerla ci son voluti tre mesi di braccio di ferro con Fiom e Cgil, scioperi generali, mobilitazioni di migliaia di lavoratori? Se, nonostante il ritorno al reintegro, la riforma rimane storica, europea, foriera di formidabili investimenti esteri, sviluppo, lavoro e crescita, perché il governo voleva abolire il reintegro, giurando che reinserirlo avrebbe fatto infuriare l’Europa, la Bce, i mercati, lo spread, dimostrando che “il Paese non è pronto per le riforme”, impedendo al governo di salvare l’Italia e causandone la caduta? Delle due l’una: o Monti e madama Fornero mentivano ieri sulla riforma prendere-o-lasciare, oppure mentono oggi sulla riforma lasciata. È importante saperlo, in vista delle “riforme” prossime venture: anch’esse saranno giustificate con l’Europa, i Mercati, lo Spread, lo Sviluppo, il Salva-Italia. Ma non è detto, anzi la parabola dell’art. 18 lo farebbe escludere, che sia sempre tutto vero. I giornali, sull’art. 18, si erano divisi. Il Fatto e il manifesto chiedevano la possibilità di reintegro giudiziario sempre e comunque, per ogni tipo di licenziamento. Su Repubblica lo scrivevano Mauro e Giannini, ma non Scalfari, convinto che Monti sia Cavour reincarnato e dunque attestato sull’irrilevanza dell’art. 18. Corriere, Stampa, Messaggero, Sole 24 Ore, Giornale, Libero, Tempo e Foglio erano invece spalmati sulla linea dura di Monti&Fornero prima della cura. Ora è comprensibile che la stampa berlusconiana schiumi di rabbia per la ritirata sul reintegro (“Monti cala le brache”, titolano in stereo Sallusti e Belpietro). Ma è stravagante la posizione del Corriere: gli andava bene la riforma senza reintegro, gli va bene la riforma col reintegro. Ma come: i pompieri della sera non ci avevano spiegato che chi voleva il reintegro era un pericoloso sovversivo, un residuato bellico da rottamare, un nemico del riformismo e del cambiamento? Viene in mente il caso del Tav Torino-Lione: grandi partiti e grandi giornali plaudivano al primo progetto da 25 miliardi, ora plaudono al secondo da 5-8 (low cost). Ma, se si è passati dal primo al secondo (entrambi inutili, ma almeno si risparmia), è solo grazie alle lotte del movimento No Tav, sempre dipinto come un ferrovecchio passatista e allergico al nuovo che avanza, anche quando diceva del tracciato A le stesse cose che oggi dicono i tifosi del tracciato B. Sull’art. 18, sul Tav, sulla corruzione e su tutte le questioni cruciali, la grande politica e la grande stampa non ne hanno mai azzeccata una, però seguitano a insegnarci a vivere. Come cantava De André, “la gente dà buoni consigli se non può dare cattivo esempio”.



Nonostante il sobrio abbia lanciato messaggi subliminali agli imprenditori,la sua massima esponente è avvilita per non riuscire da domani a buttare fuori dal ciclo produttivo chi gli interessa,giocando al ribasso delle retribuzioni tramite l'oceano del precariato.

La Fiom giustamente non è ancora soddisfatta di una riforma che non fa dormire sogni tranquilli i lavoratori,anche se probabilmente è il massimo che si può raggiungere considerato i tempi che viviamo.

Quindi grazie a noi stessi e chi ho citato,per aver limitato il più possibile una riforma che ci avrebbe portato indietro ai primi del novecento.

&& S.I. &&


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1 commento:

Unknown ha detto...

Esssssì, hanno pure il coraggio di lamentarsi, ma il successore è stato più accorto.
Ciao e AUGURI!
Cristiana