giovedì 8 dicembre 2011

Riforma pensioni:Come avere la botte piena e la moglie ubriaca




Più poveri, precari o disoccupati: gli over 60

di Stefano Feltri


Nella riforma delle pensioni del ministro Elsa Fornero c’è un paradosso: per risparmiare sugli assegni previdenziali lo Stato tiene al lavoro uomini e donne fino a 66 anni (e un domani fino a 70) anche se le imprese non sanno che farsene di dipendenti a fine carriera, costosi e magari demotivati perché costretti a rimanere controvoglia in azienda. Per dirla più esplicita: le aziende vogliono liberarsi dei lavoratori over 60, finora non potendoli licenziare cercavano di pre-pensionarli (come è successo in massa nei giornali). Ma ora lo Stato non se li vuole più accollare. Con il quadro di regole attuali si arriverebbe a uno stallo.
“Cambiare le pensioni è relativamente facile, mentre fare in modo che tutto si tenga in un’economia e una società che cambiano, è più difficile”, ha detto due giorni fa alla Camera il ministro Fornero. Infatti la riforma delle pensioni prevede un secondo round – nel mercato del lavoro – i cui effetti non sono stati ancora affrontati nel dibattito pubblico. Il tema, senza perifrasi, è questo: decidere se i lavoratori over 60 devono rassegnarsi, oltre a rimandare la pensione, a guadagnare meno, a trovarsi disoccupa-ti o a diventare precari. Lo dimostra la promessa freddamente tecnica della Fornero di intervenire sulla “curva retributiva”. La situazione è stata riassunta da Mario Draghi in una lezione del 2007: in Italia e Francia le retribuzioni crescono in modo lineare, a metà carriera si guadagna più che all’inizio e alla fine più che a metà. In Germania e Gran Bretagna, invece, la curva degli stipendi ha la forma di una U rovesciata: si guadagna poco all’inizio, molto all’apice della carriera, meno alla fine. Per dirla con le parole di Draghi, tra i lavoratori tedeschi e inglesi “le retribuzioni raggiungono un apice in corrispondenza delle età più produttive, calano negli anni successivi”. Dettaglio non irrilevante: stando a dati un po’ vecchi, 2001-2002, in Italia le retribuzioni mensili nette sono in media inferiori del 20 per cento a quelle tedesche, del 20 a quelle britanniche e del 25 a quelle francesi. Guardando la curva, un lavoratore tedesco a fine carriera guadagna circa come un italiano all’apice.
Ma dopo la riforma delle pensioni, le cose sono destinate a cambiare. Ed è già chiaro che l’obiettivo del governo è ottenere una curva a U rovesciata anche in Italia. Lo dice, a modo suo, anche la Fornero, sempre durante l’audizione alla Camera: “Ci sono rigidità per cui la retribuzione cresce sempre ma non la produttività. Una crescita per la quale i lavoratori anziani finiscono con il costare troppo a fronte di una produttività discendente e dunque con l’essere spinti fuori”. Il governo si pone quindi l’obiettivo di “correggere questo meccanismo e prevedere la possibilità di impiegare i lavoratori anziani senza espellerli dal ciclo produttivo”. Anche perché, con un sistema tutto contributivo, perdere il lavoro a fine carriera significa rinunciare a contributi molto pesanti (visto che sono in percentuale su una retribuzione alta) e quindi ritrovarsi poi con una pensione misera.
L’intento del governo, tutelare i lavoratori anziani, è lodevole. Ma nella sua traduzione politica rischia di violare parecchi tabù con novità finora inconcepibili. Primo: che al progresso della carriera possa corrispondere un calo nelle stipendio. Secondo: che anche gli over 60 debbano conoscere una flessibilità, se non un precariato, simile a quello dei giovani che entrano nel mercato del lavoro. Terzo: che si debbano immaginare mansioni diverse per fasce d’età, con un ruolo tutto da inventare per i lavoratori d’esperienza.
Un’Italia in cui metalmeccanici restano alla catena di montaggio fino a 70 anni, i giornalisti ammuffiscono inchiodati alla scrivania, i professori alla cattedra, i postini al motorino e così via, non è interesse di nessuno. E neppure lo scenario in cui, magari dopo una revisione dell’articolo 18 che renda più facili i licenziamenti, ci siano migliaia di over 60 senza reddito per anni in attesa di una pensione da fame.
La soluzione mediana che la Fornero lascia intravedere è quella di un sistema in cui i lavoratori a fine carriera si occupano di formazione dei giovani, di consulenza, o comunque svolgono mansioni in cui la produttività declinante può essere compensata dall’esperienza. Ma si tratta di compiti da svolgere magari part time, sicuramente con uno stipendio ridotto rispetto a quello dei lavoratori più giovani (e forse con meno contributi, vero punto dolente che potrebbe richiedere un intervento pubblico). Chissà, a molti 65enni con nipotini magari non dispiacerebbe lo scambio: meno denaro ma più tempo libero. Comunque sia, anche se nessuno se ne è ancora accorto, il modo in cui stanno cambiando le pensioni costringerà il mondo del lavoro e quindi la società tutta a trasformazioni profonde che richiederanno un grande talento politico e capacità di visione. O i sacrifici dolorosi di oggi saranno niente rispetto a quelli del futuro.



L'articolo omette di segnalare,che se è pur vero che nella parte finale della carriera lavorativa in Europa,quella seria s'intende,si guadagna di meno ma i lavoratori più maturi sono in ogni caso tutelati,il welfare per loro consiste in uno stipendio garantito per sopravvivere nel caso di perdita del lavoro e forme di collocazioni possibili tenendo conto dell'età.

Qui al contrario si prendono come esempio i limiti pensionistici europei e si tralasciano tutte le protezioni,ottenendo il risultato che dopo 40 anni di onesto lavoro si possa diventare con molta facilità dei "barboni di strada".

&& S.I. &&


per eventuali notifiche


iserentha@yahoo.it



2 commenti:

Tina ha detto...

Bah...lo avevo letto a metà, l'ho trovato uno bizantinismo fine a se stesso, prima voglio vedere come finisce la discussione tra camera e senato.
Pepe su reppublica ha scritto bene:

Contestiamolo Monti, contestiamo la sua riforma...ma non commettiamo mai l'errore di dimenticare perchè Monti è la.
Buon pomeriggio Ivo.

Ivo Serenthà ha detto...

Personalmente sono dell'idea che siamo passati dalla brace alla padella,le riforme "queste" lo scorso esecutivo non le avrebbe mai potute fare.

C'è un però,non sono per nulla equilibrate,nulla sul fronte dell'Ici estesa anche alle proprietà commerciali della chiesa,sull'evasione fiscale,sui privilegi della casta politica,un tetto ai super stipendi,una tassazione congrua sulle rendite finanziarie,ora siamo solo al 12%,gli unici in Europa ad averla così bassa.

E sui capitali all'estero se dovessero rientrare,il 5% di tassazione.

Come vedi si poteva fare molto di più,ma l'essere appesi per le palle dai berluscones,questo vuol dire.

In ogni caso "ringrazio" tutti i giorni il popolo sovrano,anche perchè sempre sull'unto dal signore,pare che riacquisti punti ogni giorno,dopo che ha distrutto il paese.

Strano popolo il nostro,vero!